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pierangelo daccò

Vacanze difficili per Formigoni

Adesso che hanno sequestrato la barchetta Formigoni ha un serio problema personale: le vacanze. E l’ennesima smentita su un sistema che ormai non risulta più credibile a nessuno. E mentre affonda (mai verbo migliore, no?) il “sistema Lombardia” la Lega prova ad abbaiare. Non dovevano fare il tagliando mensile? Che diagnosi scriveranno su questo mese di luglio di sequestri e indagini?

Perché il punto politico di oggi per la Lombardia è questa notizia, non la Minetti:

E dopo gli arresti arrivano i sequestri nell’ambito dell’inchiesta Maugeri, quella in cui risulta indagato anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Gli uomini della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato stanno sequestrando beni  oltre 60 milioni di euro per lo scandalo che ha travolto nuovamente la sanità lombarda. I beni sono stati sequestrati alle cinque persone arrestate lo scorso aprile tra cui il faccendiere Pierangelo Daccò, l’imprenditore che pagava le vacanze al governatore lombardo e i cui ultimi verbali sono stati secretati. Gli investigatori stanno eseguendo il sequestro in Sardegna, Liguria e a Venezia; tre immobili a Olbia, località Schina Manna; quattro a Sant’Angelo Lodigiano (Lodi); uno a Venezia; quattro a Milano; cinque a Bonassola. Sigilli anche alle quote societarie di numerose società con sede in Italia ed all’Estero (Svizzera, Olanda, Inghilterra, Irlanda, USA, Seychelles, Panama, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Singapore, Hong Kong); varie automobili di grossa cilindrata e motocicli. 

Nel mirino della Procura è finito la yacht  ”America”, l’ex “Mi amor”, un Ferretti di proprietà di Daccò. Oltre alla barca, di oltre 30 metri, sono state sequestrate mille bottiglie di vini pregiati per un valore di oltre 300mila euro che uno degli indagati aveva depositato presso la cantina di un noto ristorante di Milano.L’indagine coordinata dai pm di Milano Luigi Orsi, Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore, infatti, ipotizza l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata a plurimi al riciclaggio, l’appropriazione indebita pluriaggravata ai danni della Fondazione Maugeri (composta da diverse cliniche specializzate nella raibilitazione), la frode fiscale, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Dalle casse dell Maugeri, per la Procura di Milano, sono usciti poco meno di 70 milioni di euro di cui Daccò era in qualche modo il “tesoriere”.  

Gli arresti erano stati eseguiti il 13 aprile scorso. In manette per la distrazione di fondi oltre a Daccò finirono l’ex assessore regionale alla sanità (anni ’90) Antonio Simone, il direttore amministrativo della clinica pavese Costantino Passerino (il primo a parlare in un interrogatorio quando era semplice teste dei rapporti Daccò Formigoni, ndr), un consulente, un commercialista e il presidente della Fondazione. Nelle carte dell’inchiesta erano immediatamente emersi  i contatti tra Passerino e Daccò “uomo importante per i suoi rapporti con il presidente” ed erano già nota l’amicizia dell’imprenditore, già arrestato nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffaele per cui la Procura ha chiesto 5 anni e mezzo. è.

[…]

Un contributo importante allo sviluppo dell’indagine è arrivato da due indagati arrestati ad aprile: “Deve rilevarsi – scrive il gip  come la situazione fotografata a quella data (il riferimento è all’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti degli indagati nell’aprile scorso, ndr) sia profondamente mutata per effetto delle dichiarazioni degli indagati Passerino e Mozzali e di ulteriori soggetti escussi quali Parricchi e Fenyo”. Gli interrogatori di Daccò invece, alcuni in parte vincolati al segreto, hanno poi smentito di fatto le dichiarazioni di Formigoni sulle vacanze di gruppo, ai Caraibi in barca. Il faccendiere in un interrogatorio aveva fatto sapere che mai gli erano stati restituiti i soldi di quei viaggi e del resto Formigoni non ha mai mostrato le ricevute di cui parlava. Le indagini sono state dirette anche sui soldi usati per le ville in Costa Smeralda, senza dimenticare che nell’ambito dell’inchesta San Raffaele era emerso che Formigoni aveva aiutato l’amico Alberto Perego  a comprare da Daccò Villa Li Grazii, a cinque chilometri da Porto Cervo. EAlberto Perego, convivente del presidente, è stato stato condannato in primo grado a quattro mesi per falsa testimonianza per aver negato di essere il beneficiario di un conto bancario svizzero nell’inchiesta della Procura di Milano. Sull’operazione di sequestro a chi gli chiedeva spiegazioni Formigoni ha risposto: ”Non ne so nulla, l’ho appreso dalle agenzie”. 

 

Questa non è la Lombardia: tutti gli indagati

Non è l’immagine della regione che dovrebbe rappresentare:

Daniele Belotti (Lega Nord) è indagato per una vicenda di tifo violento verificatasi a Bergamo l’8 febbraio 2011. E’ ritenuto l’anello di congiunzione tra le istituzioni e la tifoseria; deve rispondere di concorso in associazione per delinquere.

Monca Rizzi (Lega Nord), indagata a Brescia per presunti dossieraggi nei confronti di avversariall’interno del Carroccio, si è dimesso il 16 aprile 2012.

Davide Boni (Lega Nord) il 6 marzo 2012 il presidente del consiglio regionale lombardo viene indagato per corruzione per un totale di circa un milione di euro, soldi che potrebbero essere finiti nelle casse del partito di Umberto Bossi. L’indagine si concentra su presunte tangenti in campo urbanistico.

Renzo Bossi (Lega Nord) indagato a Milano per truffa ai danni dello Stato nell’inchiesta sui fondi della Lega, con il padre Umberto e il fratello Riccardo il 16 maggio 2012. 

Nicole Minetti (Pdl) il consigliere regionale è indagata insieme a Lele Mora ed Emilio Fede per induzione e favoreggiamento della prostituzione nella vicenda di Ruby. L’iscrizione nel registro avviene il 15 gennaio 2010.

Gianluca Rinaldin (Pdl) il 16 aprile 201o viene iscritto nel registro degli indagati per corruzione, truffa aggravata, finanziamento illecito ai partiti e falso. L’inchiesta riguarda presunte tangenti nel settore turistico del lago di Como. L’indagine era stata ribattezza la “Tangentopoli lariana”.

Massimo Ponzoni (Pdl) il 19 settembre 2011 l’ex assessore regionale all’Ambiente é indagato per bancarotta e poi per corruzione, nonché coinvolto nella maxi-operazione Infinito contro la ‘ndrangheta. Arrestato.

Franco Nicoli Cristiani (Pdl), ex vicepresidente del Consiglio regionale lombardo, è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta per una presunta tangente da 100 mila euro. Le indagini hanno portato anche al sequestro di alcuni cantieri della Brebemi in territorio di Milano e Bergamo. Le manette scattano il 30 novembre 2011.

Angelo Giammario (Pdl) il 14 marzo 2012 riceve la visita dei carabinieri che indagano il consigliere per l’ipotesi di corruzione e finanziamento illecito dei partiti. La vicenda in questione è legata agli appalti per il verde pubblico, soprattutto tra Milano e la Brianza.

 Romano La Russa (Pdl)l’assessore alla sicurezza della regione Lombardia e fratello dell’ex ministro alla Difesa viene indagato il 19 marzo 2012 per finanziamento illecito ai partiti nell’ambito dell’inchiesta sul caso Aler.

Roberto Formigoni (Pdl) presidente della Regione Lombardia è stato iscritto nel registro degli indagati il 23 giugno 2012, nell’inchiesta della Procura di Milano sui 70 milioni di euro che il polo privato della sanità Fondazione Maugeri ha pagato negli anni al consulente-mediatore Pierangelo Daccò.

Filippo Penati (Pd) è indagato dal 20 luglio 2011, per presunte tangenti per gli appalti dell’area Falck, si è dimesso dalla sua carica nel Consiglio regionale della Lombardia, dove era vicepresidente, mai da consigliere.

Alessandra Massei ex dirigente alla Programmazione sanitaria è indagata il 7 giugno 2012 per la vicenda giudiziaria che ruota intorno alla fondazione Maugeri.

Carlo Lucchina il direttore generale dell’assessorato alla Sanità compare il 14 giugno 2012 come indagato, perché accusato di turbativa d’asta su finanziamenti regionali, stanziati e in alcuni casi già erogati dalla Regione Lombardia, nell’ambito degli accordi stipulati tra aziende private.

La salute prima del profitto

È lo striscione che dice più di mille parole esposto oggi dai lavoratori del San Raffaele in sciopero.

La manifestazione ha visto sciopero e corteo da via Olgettina a San Raffaele Turro. I motivi “sono molto seri: su tutti l’assunzione dei lavoratori precari, per evitare la riduzione degli organici, che significa anche riduzione della qualita’ dell’assistenza. Infatti, i contratti scaduti nelle ultime settimane non sono stati rinnovati e molti scadranno a fine mese”. La Rsu torna anche sulla questione incentivi, perchè un altro motivo di protesta è appunto “la riduzione dei salari avvenuta per la mancata erogazione del saldo incentivi, in un periodo in cui tutti i lavoratori hanno messo anche maggiore impegno rispetto al passato, proprio per le condizioni di incertezza dovute alla crisi economica che ha colpito l’ospedale”.
Ma la lista è lunga: “C’e’ la tutela della sicurezza e la salute, di lavoratori e pazienti”, tema su cui i sindacati ribadiscono l’intenzione di “respingere ogni ipotesi di risparmio sui costi di gestione e manutenzione che abbiano risvolti negativi”. E ancora “l’avvio di corrette relazioni sindacali e il rispetto degli accordi, poiche’ il confronto, ad oggi, e’ stato solo a senso unico e ad ogni richiesta dei lavoratori, la risposta e’ stata no”, si legge nella nota.

È il solito cortocircuito della sanità lombarda: i soldi sono pubblici, i conti però non ci competono perché le strutture sono privati, quindi i reati eventuali scivolano addosso a Formigoni (vorrebbe, lui) e comunque è un’eccellenza che non si deve mettere in discussione. E i diritti dei lavoratori non sono cosa nostra.
Ah, intanto Carlo Lucchina (il direttore della Sanità pubblica) è indagato con altri trenta, tra l’altro.
E sperano che qualcuno ci caschi ancora.

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Il punto politico non è la barca ma gli amici degli amici

Lo scrive il Corriere della Sera molto chiaramente:

Il vero problema di Formigoni, infatti, non si chiama «Ad Maiora», lo yacht di Daccò che notoriamente ha ospitato spesso tra tanti amici anche il governatore senza che questi concorresse mai alle spese: questo (al pari degli aerei e delle ville) resta un problema serio di opportunità, che sinora non pare però essere stato molto avvertito dal governatore.

No, il vero problema di Formigoni si chiama «Ojala»: è un’altra barca di Daccò, ma la differenza è che in questo caso è come se Daccò nel 2007 avesse dato 144 mila euro a Formigoni attraverso l’affitto gratuito e l’utilizzo esclusivo di questa barca per quattro mesi. Talmente gratuito ed esclusivo che, essendo la barca totalmente a disposizione di Formigoni e del suo amico Perego senza la presenza a bordo del proprietario Daccò, la società austriaca di Daccò che possedeva la nave si preoccupò di fabbricare apparenti contratti di noleggio da parte di Perego: cioè documentazione che, in caso di controlli in mare, potesse giustificare Formigoni e Perego sulla barca e non li facesse passare per dei «pirati» che l’avevano rubata.

La rogatoria svizzera
Galeotta per Formigoni è stata una rogatoria inoltrata dalla Procura di Milano alle autorità svizzere, che in risposta hanno spedito in Italia anche alcuni contratti che uno dei collaboratori di Daccò, Giuseppe Danzi, aveva inviato a Giancarlo Grenci, il fiduciario elvetico di Daccò, per conto del quale gestiva la società austriaca «M.T.B».

I contratti riguardano l’apparente noleggio dell’imbarcazione «Ojala» nell’estate 2007 tra la titolare della barca, appunto la «M.T.B.» di Daccò, e Perego, un commercialista con società a Torino, come Formigoni aderente ai «Memores Domini» (comunità laicale cara a Comunione e Liberazione), in primo grado nel 2011 condannato a 4 mesi (pena sospesa) per falsa testimonianza per aver negato ai pm la invece documentata paternità di un conto bancario svizzero nell’inchiesta «Oil for Food» sul rappresentante personale di Formigoni in Iraq, quel Marco Mazarino De Petro la cui condanna in primo grado per corruzione internazionale si era prescritta in appello.

Contratti per coprire
Il problema di quei contratti di apparente noleggio della barca è che sono fittizi. Come ammette anche Daccò: «Sono contratti mai eseguiti, nel senso che non è mai stato pagato il corrispettivo previsto dai contratti».

La loro ragione stava nel fatto che, «dovendo ospitare Formigoni e Perego per alcune settimane, il mio fiduciario mi ha consigliato di stipulare contratti di questo tipo in modo che in caso di controlli da parte delle autorità, Formigoni e Perego potessero giustificare l’utilizzo della barca».

Questa copertura aveva cioè senso soltanto se i cosiddetti ospiti navigavano sulla barca da soli, cioè senza che a bordo ci fosse mai anche il proprietario Daccò (che negli altri casi, come per la barca «Ad Maiora», poteva invece sostenere di essere molto generoso e di ospitare a proprie spese gli amici).

Daccò conviene con i pubblici ministeri sul fatto che «la reale motivazione» di quei contratti è che si trattava appunto di «documenti pro forma per coprire gli utilizzatori della barca: «Effettivamente sì, sono contratti necessari a giustificare l’utilizzo dell’imbarcazione per quattro mesi da parte di Formigoni e Perego in via esclusiva e comunque senza la mia presenza in luglio, agosto, settembre e ottobre del 2007». E qui c’è il problema dei soldi: perché «non è stato pagato alcun corrispettivo per l’utilizzo dell’imbarcazione, nonostante nei contratti fosse previsto un corrispettivo di 36 mila euro al mese a carico di Perego».

Dunque Daccò in questo modo ha dato a Formigoni e Perego l’equivalente di 144 mila euro sotto forma di barca «Ojala»: non è bello, ed è anche pericoloso se si pone memoria al fatto che l’anno scorso il sindaco di un grosso comune dell’hinterland milanese è stato arrestato per aver ricevuto in uso gratuito per qualche tempo una Ferrari. Peraltro per un controvalore di «solo» 20mila euro in 40 giorni.

«Sapeva cosa facevo in Regione»
«Formigoni sapeva che svolgevo l’attività di intermediario nel settore della sanità in Regione» dove dal 1978 «sono accreditato, nel senso che rappresento grandi realtà ospedaliere» come via via negli anni «il Fatebenefratelli, la Fondazione Maugeri, il gruppo Ligresti in occasione dell’incidente alla Camera iperbarica», ma – assicura Pierangelo Daccò – «non ho mai parlato con Formigoni di queste questioni. Ovviamente, negli anni ho sfruttato la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi di fronte ai miei clienti».

Il presidente della Regione Lombardia usato dal suo amico come specchietto delle allodole per gli affari del suo amico: non è lusinghiero lo spaccato del Formigoni-uomo di governo che Daccò restituisce ai pubblici ministeri, pur palesemente tutto preso a difendere il presidente da ogni ombra.

Lo scrivevo ieri e lo sottoscrivo oggi: il problema di Formigoni non è recuperare gli scontrini ma prendere coscienza che questo suo ventennale insediamento ha piantato una rete antisociale di rapporti che stendono un’ombra sulle decisioni politiche lasciando l’eterno dubbio di non essere semplicemente figlie di posizioni e programmi. Alcuni recenti casi (Nicoli Cristiani con la cava di Cappella Cantone o Massimo Ponzoni con il piano di governo del territorio della città di Desio, per fare alcuni esempi) hanno evidenziato come essere vicino alle persone che contano sembra facilitare iter amministrativi. Insomma Formigoni è un “amico degli amici” in senso più ampio. Per Daccò varrebbe la famosa frase di Buscetta quando disse che amico degli amici è uno che può esternare di essere vicino alla gente che conta.
E per dissipare questa selva di ombre non servono (e non bastano) gli scontrini.

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La bugia a vela di Formigoni

La vicenda delle vacanze di Formigoni mi ha sempre entusiasmato molto poco. Mi annoiano generalmente le polemiche che gocciolano su vicende molto notiziabili mentre trascurano il punto politico: Formigoni è il Presidente eletto con firme false, Formigoni (e l’Aprea) stanno distruggendo la scuola pubblica, Formigoni è l’uomo spaventoso che emergeva già ai tempi di Oil for food, Formigoni ha devastato (devastato, sì) il suolo con un consumo dissennato e affaristico, Formigoni continua sistematicamente a privatizzare i servizi e lottizzare la sanità. Insomma, ho sempre prensato che il tema politico su Formigoni e Regione Lombardia sia grande come una casa e molto più ampio degli scontrini delle sue vacanze. Ma la dichiarazione di Daccò che si legge stamattina su Repubblica ha un senso anche politico:

MILANO – “Da anni, da giugno a settembre lo yacht Ad Maiora è a disposizione di Formigoni… Il presidente è stato mio ospite per tre capodanni ai Caraibi, non mi ha restituito nulla…”. Arriva dal carcere di Opera la risposta alla domanda che Repubblica pone da tempo a Roberto Formigoni su chi gli abbia pagato le recenti, lussuose vacanze. Arriva dal verbale rilasciato sabato scorso da Pierangelo Daccò, il lobbista-consulente-faccendiere, detenuto dal 15 novembre.

LA VERITÀ DEL MARINAIO
Non è raro che a bucare le versioni più blindate siano i dettagli. In questo caso è il marinaio responsabile dello yacht dal simbolico nome “Ad Maiora” a permettere ai pubblici ministeri un salto di qualità: “Tutte le estati, da giugno a settembre – questo si legge in sintesi sul verbale – lo yacht era messo nella disponibilità esclusiva del presidente della Regione Lombardia. Daccò usava l’altra barca, riservando “Ad Maiora” a Roberto Formigoni”.

A STAGIONE COSTA 50MILA EURO
Quando il procuratore aggiunto Francesco Greco e i suoi sostituti mettono questa verità portuale (e non politica) sotto gli occhi del milionario detenuto, Daccò reagisce. È ritenuto il perno delle inchieste nate sul crac dell’ospedale San Raffaele e sul dissanguamento dei conti della fondazione Maugeri. Cerca di trovare le parole giuste: “Non si può definire come un’esclusiva, perché qualche volta m’imbarcavo anch’io. Però effettivamente ogni anno, da diversi anni, da giugno a settembre “Ad Maiora” è a disposizione di Formigoni”. 

In Liguria, in Sardegna, per i week end, e con la mania del presidente per il fax, che costringe a deviazioni di rotta, in modo da poter ricevere e trasmettere ritagli di giornali e documenti. La barca costa, quanto?, domandano i magistrati. “I costi oscillano tra i 30mila e i 50mila euro a stagione”, è la risposta.

Contributi, divisione spese? Zero. Sa o no Roberto Formigoni che Eurosat Telecommunication Ltd, la società irlandese di Daccò, ha pagato quasi 150mila euro di costi vivi dello yacht “Ad Maiora”, escluse le spese del personale, che comprendono stipendio e carta di credito per le spese quotidiane? “Formigoni era mio ospite, non mi ha mai restituito nulla”, ammette Daccò. Tanti parlano di “amicizia”, in questa storia, e non di favori, benefici, regali di varia natura. Nemmeno parlano di lobby, anche se “Ricordo che Daccò mi disse che era opportuno continuare ad avere la disponibilità della barca perché – si legge nel verbale del “socio” di Daccò, l’ex assessore dc Antonio Simone – poteva servire per le pubbliche relazioni”.

Roberto Formigoni è un bugiardo. Ed è un bugiardo che è andato a sbriciolarsi sul caso di una barca al mare come un adolescente con i pantaloni abbassati in cameretta che nega all’infinito perché non ha più il senso della realtà, ha perso la responsabilità di dare delle risposte e si è arroccato come si arroccano quelli che sanno benissimo di non potere dare troppe spiegazioni su troppi punti.

Forse il governatore non si rende conto che essere smentiti da un faccendiere in carcere (e il suo marinaio) lascia un senso di desolazione generale peggiore del Trota o della Minetti su Regione Lombardia perché svela la bugia sistematica accettata come strumento di potere e di comunicazione con gli elettori, racconta di luoghi non istituzionali che puzzano di decisioni politiche prese “fuori scena” successivamente giustificate e travestite in Consiglio e Giunta e illumina uno stile completamente scollegato dai cittadini. Poi ci viene a dare lezioni sull’antipolitica. Lui.

 

Maugeri: quando si parla senza sapere (e senza esserci stati). Lettera aperta al ‘collega’ pidiellino Vittorio Pesato.

Toh, apro il giornale e leggo le parole del “collega” Vittorio Pesato (consigliere regionale PDL protofascista fondatore della corrente “i patrioti“, per dire) su La Povincia Pavese:

Il caso Maugeri fa discutere i consiglieri regionali. A Giulio Cavalli e Chiara Cremonesi (Sinistra ecologia e libertà) che avevano chiesto il blocco dei finanziamenti ai progetti della fondazione replica Vittorio Pesato (Pdl). «Una richiesta fuori luogo per 3 motivi: innanzitutto perché significherebbe mettere in ginocchio un centro importante della sanità a livello nazionale, che concorre peraltro a produrre una quota pesante del pil di Pavia e provincia. In secondo luogo è sbagliato creare allarmismo tra gli utenti e tra il personale che deve invece poter lavorare sereno. Terzo punto: se chi fa politica si vuole occupare di sanità deve documentarsi in modo serio senza strumentalizzazioni». Pesato, che l’altra mattina si è recato alla Maugeri per manifestare solidarietà ai lavoratori «perché non paghino errori di altri e n on vedano sminuita la loro professionalità», tocca un’altro tema. Lo fa in modo provocatorio: «In una città come Pavia dove la sanità è preponderante nel tessuto produttivo più che in altri distretti è necessario che i manager siano del luogo, vivano sul territorio, si espongano al confronto diretto con i cittadini-utenti»

Ora, senza spendere ancora troppo tempo, per non dovere rispondere a tutti i Pesato del mondo, finalmente si può chiarire, visto che il collega pone tre questioni chiare:

Noi non abbiamo chiesto il blocco dei finanziamenti. So che La Provincia Pavese sembra non essersene accorta ma basta leggere la mozione così com’è stata discussa in Aula. Abbiamo chiesto che venisse verificata la rendicontazione dei finanziamenti ricevuti (così magari si trovano i 70 milioni di euro che mancano, no?) e che Regione Lombardia si prendesse la responsabilità di verificare il corretto utilizzo dei prossimi soldi da liquidare. Al giornalista sarebbe bastata una consultazione online o, perché no, una telefonata. A Vittorio Pesato sarebbe bastato essere presente in Aula perché ha ragione quando dice che bisogna essere informati e, quindi, essere presenti a fare il lavoro per cui si è pagati.

La serenità dei lavoratori della Maugeri e l’eccellenza professionale sarebbe meno allarmata se non ci fosse qualcosa di più di un dubbio che un faccendiere come Pierangelo Daccò abbia curato interessi propri sfruttando le amicizie con un ex assessore regionale come Simone e il compagno di vacanze Roberto Formigoni. Che, guarda caso, sono compagni (so che non ti piace il termine, Vittorio, eh) di partito del consigliere regionale Pesato nel “fu” Popolo delle Libertà.

– Sono curioso di sapere se Pesato durante la sua visita di solidarietà ai lavoratori della Maugeri sia anche riuscito a raccontare quanta forza lavoro si potrebbe stabilizzare con una cifra di 70 milioni di euro. Perché è vero che questo Consiglio Regionale della Lombardia ormai è un cumulo di barzellette ma noi cerchiamo di lavorare sulle cose importanti. E la politica pelosa ci interessa poco.

Per qualsiasi altra cosa sono qui.

 

Il povero lodigiano Daccò e la sua banca (impopolare)

«La consultazione dell´Anagrafe tributaria ha evidenziato che Daccò, dal 2001, non ha mai dichiarato redditi imponibili in Italia né all’estero». E risiede a Londra dove i cittadini “non dom”, cioè i non residenti, non pagano le tasse. La figura dell´imprenditore Pierangelo Daccò emerge dalle carte dell´indagine milanese sull´ospedale San Raffaele. A lui viene contestato il reato di concorso in bancarotta, per aver distratto attraverso presunte false consulenze circa 3,5 milioni di euro. Una delle ipotesi degli inquirenti è che fosse un collettore di denaro, soprattutto contante, da girare ad alcuni referenti politici. Il suo nome è stato spesso accostato a quello del governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, non fosse altro che per la loro amicizia che, come ha confermato ieri lo stesso Formigoni in una intervista a la Repubblica, dura da vent´anni. Tra le banche preferite, per ragioni anagrafiche, vi è proprio la Popolare di Lodi (il nome di Erika Daccò è stato trovato nelle agende di Gianpiero Fiorani), ma la più importante è la Unicredit (80 rapporti). L´immobiliarista della famiglia è la moglie con 14 appartamenti in quel di Lodi e due case a Bordighera. Ma gli inquirenti sono pronti a scommettere che attraverso fiduciarie possieda il Residence Baia delle Ginestre a Teulada, alcune case ad Arzachena e una villa a Bonassola. Più una barca (e forse altre due), il Mi Amor, sul quale è stato fotografato con Formigoni. Su Repubblica la vergognosa storia di un’Italia e una Lombardia (e un lodigiano) che offende l’intelligenza, oltre che infrangere le regole.

10 domande a Formigoni per il prossimo Consiglio

RIFIUTOPOLI: DIECI DOMANDE, FORMIGONI RISPONDA. E POI SI DIMETTA

“Caro Presidente Formigoni,

appreso che lunedì sarà presente in Aula per riferire sulle circostanze che hanno portato all’arresto del vicepresidente del Consiglio Nicoli Cristiani e considerato che di norma i suoi interventi su qualsiasi tema si riducono a relazioni conclusive senza alcuna possibilità di confronto, abbiamo preparato in anticipo dieci domande per facilitarle il compito di chiarire ogni aspetto politico della vicenda. Le lasciamo tutto il tempo per ponderarle. Aspettandoci, naturalmente, risposte esaustive. 

  1. Lei ha dichiarato a più riprese che la sua Giunta e la sua persona siano del tutto estranee alla questione. Oltre all’arresto di un dirigente di un’agenzia del sistema regionale, oltre all’arresto del vicepresidente Pdl del Consiglio che è stato due volte assessore in sue Giunte e che si dichiara tuttora in stretto contatto con lei, oltre a un iter procedurale come la Via che è di stretta competenza della Giunta, può spiegarci cosa serve ancora affinché vi sentiate chiamati in causa?
  1. Lei ha sostenuto che l’iter della Via alla discarica per amianto di Cappella Cantone sia stato impeccabile. Ma da garantista qual è, non dovrebbe spingersi a ipotizzare una regolarità che allo stato attuale è tutta da dimostrare. Dobbiamo altrimenti credere che l’eventuale tangente sulla quale ruota l’impianto accusatorio sia stata pagata per un’autorizzazione che sarebbe arrivata con gli stessi tempi anche gratis?
  1. Sempre in nome del suo garantismo, non ritiene opportuno annullare immediatamente l’iter autorizzativo a Cavenord per il nuovo impianto in attesa dello sviluppo delle indagini e del giudizio?
  1. Lei ha affermato di “aver detto sì” a Nicoli Cristiani per l’incontro tra il sottosegretario Paolo Alli e “un imprenditore che voleva partecipare ad Expo”. Indipendentemente dal fatto che tale imprenditore sia identificabile nell’arrestato Pierluca Locatelli, perché ha avallato questo incontro? Dobbiamo dedurre che per la partecipazione a Expo esista una via differente dall’appalto pubblico, che passa da incontri tra le imprese e la Giunta al fine di ottenere un placet politico?
  1. Noi lo pensiamo doveroso: lei non ritiene opportuno che Arpa e Regione Lombardia si costituiscano parte civile nel processo?
  1. Passiamo al “presunto confluire sulla Brebemi di materiale difforme”. Lei ha dichiarato che “la Regione non ha responsabilità precise” sui cantieri dell’infrastruttura. Ci sta forse dicendo che, allo stesso modo, non ci saranno responsabilità sue e della Giunta regionale sui canteri di Expo, pronti a diventare boccone succulento per la criminalità organizzata?
  1. Regione Lombardia sta discutendo in Commissione di rifiuti speciali, amianto e cave. Con quale credibilità ci si appresta a legiferare su questi temi?
  1. L’arresto di Nicoli Cristiani arriva a pochissimi giorni da un’altra inquietante vicenda che ha lambito Regione Lombardia con il fermo di Pierangelo Daccò, intermediario tra l’ospedale San Raffaele e il Pirellone. Nonché suo personale amico di lunga data. Come pensa di arginare il millantato credito presso di lei di personaggi di dubbia moralità che le sono vicini?
  1. Alla luce di quanto sta accadendo, ha cambiato idea rispetto alla sua dichiarata contrarietà sulla commissione di inchiesta per il San Raffaele, il cui iter è stato avviato dalle forze di opposizione in Consiglio?
  1. In conclusione, un elenco e la domanda delle domande. Chiriaco, Pezzano, Pilello, figure di nomina regionale. Ciocca, Giammario, Minetti, Puricelli, Rinaldin, consiglieri regionali. Ponzoni, segretario dell’Ufficio di Presidenza. Belotti, Rizzi, assessori regionali. Daccò, oltre che suo amico, suocero dell’assessore Buscemi. E infine, Nicoli Cristiani, ex assessore regionale e vicepresidente del Consiglio. Sono i nomi di tutti gli indagati o in qualche modo coinvolti nei molteplici filoni di inchiesta in corso, che spaziano dai rapporti con la ‘ndrangheta alla corruzione e alla malasanità, dai festini a luci rosse al dossieraggio. Senza  aprire i capitoli delle passate legislature, da Bombarda a Prosperini, da Pagnoncelli alla moglie di Abelli. Dal punto di vista giudiziario vale, laddove gli iter siano ancora in corso, la presunzione di innocenza. Ma dal punto di vista della politica, è evidente a tutti come lei e la sua maggioranza abbiate un problema enorme. Non crede, a questo punto, che sarebbe meglio restituire la parola agli elettori e dedicarsi con tutta calma alle primarie del suo partito?

Restiamo in attesa di risposte convincenti. E soprattutto delle sue dimissioni”.  

Milano, 2 dicembre 2011