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“Abbiamo calcolato che sin qui gli immigrati ci hanno regalato circa un punto di Pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state loro erogate delle pensioni“: parla Tito Boeri

“Abbiamo calcolato che sin qui gli immigrati ci hanno regalato circa un punto di Pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state loro erogate delle pensioni“. Tito Boeri torna ad avventurarsi in un terreno minato: per la terza volta in due mesi tenta di spiegare all’opinione pubblica l’importanza del ruolo che gli immigrati regolari rivestono nella tenuta complessiva del sistema pensionistico. Un tentativo in cui non viene minimamente sostenuto dal principale partito della sinistra, il Pd, e in cui si trova sotto il fuoco incrociato delle opposizioni guidate dalla Lega Nord. Per Salvini il presidente dell’Inps “vive su Marte”, mentre Deborah Bergamini (Forza Italia) usa l’ironia, sottolineando che “l’Inps non è l’Istituto nazionale previdenza stranieri”. Detto del silenzio del Partito Democratico (tranne il timido tentativo dei deputati Patriarca e Gelli e della senatrice Puglisi), l’unica a sostenere la posizione di Boeri è la presidente della Camera Laura Boldrini. Una coppia, quella formata da Boldrini e Boeri, a cui quel pezzo di sinistra che coincide con il Pd sembra aver demandato le questioni più spinose per il centrosinistra. In tal senso, val la pena sottolinearlo, quello dei migranti è un tema così scottante da consigliare il silenzio ai vertici dem, con Boeri usato come parafulmine per gli strali del centrodestra.

LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELL’INPS – “Gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi in contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse dell’Inps”, ha spiegato il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, in un’audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti. “I lavoratori che sono stati regolarizzati con le sanatorie non hanno sottratto opportunità ai loro colleghi – ha proseguito Boeri – le analisi evidenziano che la probabilità di separarsi da un’impresa per i colleghi degli emersi è pari al 42%, e se il numero di emersi cresce tale probabilità aumenta solo del’1%. L’effetto di spiazzamento è dunque molto piccolo e riguarda unicamente i lavoratori con qualifiche basse. Non ci sono invece effetti per i lavoratori più qualificati, né in termini di opportunità di impiego né di salario”. “Mentre i migranti che entrano nel mercato del lavoro italiano sono per la maggior parte dei casi a bassa qualifica, la quota degli italiani non laureati che scelgono di emigrare per motivi economici è dimezzata tra il 2007 e il 2015. Sembra difficile perciò ipotizzare che la fuga dei giovani dal nostro Paese possa essere dovuta alla competizione sul mercato del lavoro con gli immigrati”, ha aggiunto il presidente dell’Inps.

Secondo quanto emerge dai dati delle ispezioni di vigilanza Inps nel periodo 2013-2015 nelle aziende, un lavoratore in nero su tre è clandestino. Boeri spiega che la regolarizzazione dei lavoratori immigrati porta a “un’emersione persistente nel tempo di lavoro altrimenti svolto in nero”: dopo le sanatoria del 2002 del 2012, l’80% degli immigrati risulta contribuente alle casse dell’Inps anche cinque anni dopo la regolarizzazione. “Il confronto pubblico – afferma Boeri – dovrebbe incentrarsi su come inserire gli immigrati stabilmente nel nostro mercato del lavoro regolare. L’integrazione nel mercato del lavoro contribuirebbe anche a migliorare la percezione che gli italiani hanno degli immigrati”.

“La forte crescita di rifugiati non compensa il mancato arrivo di immigrati regolari”, ha spiegato ancora Boeri denunciando “il sostanziale azzeramento delle quote del decreto flussi” per i lavoratori stranieri. Infatti “i centri di accoglienza dei rifugiati sono concentrati in aree rurali, dove ci sono meno opportunità di impiego”. Ad esempio, i Cas del Piemonte ospitano mediamente tre rifugiati per 1000 abitanti, ma questo rapporto è pari alla metà a Torino ed è quasi sempre inferiore nei comuni capoluogo che nelle relative province. Inoltre “gli incentivi al lavoro regolare da parte dei rifugiati – dice Boeri – sono limitati dal fatto che il permesso per attesa richiesta asilo politico non può comunque essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.

BOERI E IL RUOLO DEI MIGRANTI: I PRECEDENTI – Boeri aveva affrontato la questione già il 16 giugno: “Se oggi chiudessimo le frontiere agli immigrati non saremmo in grado di pagare le pensioni e i nostri sistemi di protezione sociale: versano 8 miliardi e ne prelevano 3, con un surplus di circa 5 miliardi”, aveva già spiegato il presidente dell’Inps partecipando alla Repubblica delle Idee. “Molti migranti tornano nei paesi di origine prima di arrivare all’età pensionistica e spesso, malgrado ci siano le leggi, non la richiedono. Usiamo moltissimo questi contributi che – conclude – finiscono per essere a fondo perduto“. Il 4 luglio l’economista ribadiva le proprie ragioni illustrando alla Camera la relazione annuale dell’Inps: “Non abbiamo bisogno di chiudere le frontiere. Al contrario, è proprio chiudendo le frontiere che rischiamo di distruggere il nostro sistema di protezione sociale”, spiegava commentando una simulazione che guarda all’ipotesi di azzeramento dei flussi guardando all’evoluzione da qui al 2040 “in entrata di contribuenti extracomunitari“. Questo, ha spiegato Boeri, porterebbe “73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate a immigrati, con un saldo netto negativo di 38 miliardi” per le casse dell’Istituto. Valori che comporterebbero“una manovrina in più da fare ogni anno per tenere i conti sotto controllo”.

LE REAZIONI: CENTRODESTRA ALL’ATTACCO, PD IN SILENZIO –Immediato è scattato il fuoco di fila di chi fa dei migranti il nemico da combattere. Durissima la critica del leader della Lega Nord Matteo Salvini: “‘Gli immigrati ci pagano le pensioni… Gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare… Servono più immigrati’. Tito Boeri, presidente dell’Inps, vive su Marte” ha scritto su Twitter il segretario del Carroccio, che sintetizza in 140 caratteri le posizioni già espresse dai suoi colleghi di partito. Tra questi, da segnalare Roberto Calderoli: “Sbaglia il presidente INPS, Tito Boeri, ad ostinarsi a ripetere che gli immigrati non hanno sottratto il lavoro agli italiani – ha detto Calderoli – Una bugia contraddetta dai numeri forniti dallo stesso Boeri incrociati con quelli forniti dall’Istat: se da una parte la percentuale di giovani immigrati che pagano regolari contributi previdenziali è salita al 35%, dall’altra la percentuale di nostri giovani che non hanno un lavoro è intorno al 40%, questo significa semplicemente che i giovani immigrati hanno tolto il lavoro ai giovani italiani che sono costretti ad andarsene all’estero in cerca di opportunità professionali”. Non meno tenere le parole utilizzate sempre su Twitter da Deborah Bergamini di Forza Italia: “Inps = Istituto nazionale di previdenza stranieri? No, perché a legger Boeri viene il dubbio…” ha scritto la responsabile comunicazione di Forza Italia. Già lo scorso 4 luglio, del resto, Bergamini aveva fatto notare al presidente Boeri che “i costi dell’immigrazione irregolare, di qui al 2040, andrebbero a creare un buco nei conti dello stato di 85,6 miliardi”.

LE REAZIONI: LAURA BOLDRINI STA CON BOERI – L’unico nome di peso della politica italiana a sostenere il presidente dell’Inps è stata Laura Boldrini. “Il 65% degli italiani (contro il 21% dei tedeschi) considera i rifugiati un peso perché godono di alcuni benefit, secondo loro, mentre si ignora il contributo positivo che invece danno in termini di saldi fiscali e contributivi, come ci ricorda sempre il Presidente dell’Inps Tito Boeri” ha detto la presidente della Camera, presentando i dati della relazione finale della Commissione Cox sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo. Per la Boldrini sui temi dell’immigrazione c’è una “clamorosa divaricazione tra i numeri e la realtà percepita. E sono soprattutto le persone che non conoscono, che non hanno accesso ai dati, le persone che probabilmente si limitano ad ascoltare certi esponenti politici o a leggere alcuni giornali, che sono più frequentemente portatrici di atteggiamenti di odio. Purtroppo chi non sa è portatore di odio“.

(fonte)

Le lacrime di Carl Gustav Jung

Perché, nella modesta casa canonica a Kleinhüningen, dove suo marito è pastore, Emilie Preiswerk, sposata Jung, volga improvvisamente lo sguardo altrove dai suoi ricami e scoppi a piangere a dirotto, in un qualsiasi martedì pomeriggio del 1880, non è chiaro; anzi, al suo bimbo di cinque anni, Carl Gustav – che è l’unico in tutto il cosmo ad accorgersi dello zampillo assurdo di quelle lacrime – si scatena un terrore dentro al cuore quando la vede. Il bambino guarda la madre intensamente, senza dire niente, indagando con i piccoli occhi chiari la stanza, per capire cosa sia successo, chi le abbia fatto così male. Ma non c’è nulla: nessuno. Non ha radice, quel dolore. C’è solo un vasto silenzio nell’aria, che detona in un’eco di ansie mute. Quando Emilie riconosce la paura negli occhi del figlio, si asciuga le lacrime con il grande fazzoletto rosa che tiene sempre in tasca e gli sorride, come a dirgli: “non è niente, mamma sta bene”. Anche Carl Gustav sorride, d’istinto, di rimando, ma il terrore provato gli resta dentro. Quel terrore che non capiva il soffrire della creatura che più amava. Torna ai suoi giochi solitari con un’angoscia nuova.

Anche se è un medico, un filosofo, impegnato a Burghozli in uno dei maggiori centri di cura psichiatrica svizzera, lo sguardo di Carl Gustav Jung, alla fine dell’estate del 1904, non è molto diverso quando una diciannovenne strillante, di nome Sabine Spielrein, varca le porte del sanatorio. Geme, ride, urla come se fosse penetrata da lame, si lamenta e dice cose apparentemente senza senso. Il dottor Jung la prende in cura.

Seduta nella stanza bianca, contorta da ondate di tic che le sfigurano il volto, il dottore la percepisce piena di un’energia che non comprende appieno. È come se le sue strilla provenissero da una camera di tortura chiusa dentro la sua mente, di cui si è perduta la chiave. Ora lui vuole ritrovare quella chiave.

Poche settimane prima, nel suo taccuino, Jung aveva scritto di un immaginario caso clinico denominato “Sabine S.”. Ed ora, eccola lì: Sabine Spielrein. Sembrerebbe una incredibile coincidenza. Ma il giovane dottore non crede nelle coincidenze. Crede che le cose accadano dispiegandosi dalla nostra anima, come segni di un libro che dobbiamo imparare a decifrare. Crede che tutto accada con significato. Se ora quella donna è lì, è perché il destino gli sta parlando: Carl Gustav Jung ne è certo. Lo dice anche a sua moglie Emma; e le confida che, stavolta, vuole abbandonare le cure inefficaci della psichiatria contemporanea, per sperimentare un nuovo metodo, creato da un suo collega viennese, un tipo che lui non ha mai visto, che alcuni considerano un genio, altri un ciarlatano. Un tipo di nome Sigmund Freud. Quello che Jung non racconta a sua moglie è il fremito alle gambe che sente quando Sabine lo guarda, nei suoi rari sprazzi di lucidità non assediata da incubi. La trova bellissima come una tempesta. In lei, intravede pianeti perduti della propria interiorità. Come se Sabine fosse venuta a lui, per indicargli chi potrebbe ancora essere. Come se lei, mentre lui la cura, lo stesse curando.

I risultati medici sono straordinari: nel 1911, Sabine Spielrein somiglia alla ginnasiale promettente che era stata. Sembra uscita dall’inferno in cui era piombata durante le sue crisi, sembra avere un’armatura nuova. Si laurea brillantemente in medicina, vuole diventare psicanalista. Jung l’ha curata. L’ha curata con il metodo di Freud.

(Un gran pezzo di Cesare Catà. Continua qui)

Danneggiata la vigna di Vespa. Ora riparte l’economia?

Se davvero Bruno Vespa pensa (ma poi si è scusato o forse no) che il terremoto sia una grande occasione per fare ripartire il PIL non è colpa sua. No. È la naturale involuzione di un capitalismo umano prima ancora che economico: la crescita e la produttività a tutti i costi è il comandamento moderno e alla fine risulta perfino normale che i portatori servili di questo credo finiscano per tradirsi in diretta televisiva. E forse, del resto, non è nemmeno un tradimento consapevole: l’Europa crede nel PIL come metro di misura universale. Il prodotto interno lordo della dignità e della felicità, invece, è solo la curva di una minoranza fastidiosa.

A pensarci bene anche il fatto che Marchionne dia lezioni di etica all’imprenditoria italiana (lui che è vigliaccamente e furbescamente scappato dall’Italia portandosi dietro quel che resta telex Fiat) si inserisce perfettamente in questo percorso. Sono solo i sintomi di una malattia ben più radicata e vasta. E solidale. Ma solidale sul serio. Corporativa ai massimi livelli.

Perché altrimenti si potrebbe pensare che anche il danneggiamento della vigna di Vespa (la notizia è qui) sia semplicemente una piccola occasione per la ripresa dell’economia. O no?

Il PIL salvato dalla mafia

L’Italia e i suoi conti salvi grazie a «Mafia spa». Non è uno scherzo o un titolo a metà tra il serio e il faceto di qualche giornale straniero, ma quanto reso possibile dalla revisione dei criteri per calcolare la ricchezza italiana. Sono regole che non ha chiesto il governo italiano per sistemare la sua sgangherata contabilità statale, ma l’effetto dei nuovi parametri europei per il conteggio del Pil. Logico però che, essendo il nostro Paese più soggetto alle creazione di economia illegale, l’addendo che si somma al totale della ricchezza sia uno dei più alti in Europa. Il primo effetto è che la criminalità generalmente considerata e la prostituzione hanno gonfiato la ricchezza del 2011. Complessivamente, in quell’anno sui quali sono applicati i nuovi parametri, il contributo dell’illegalità vale 15,5 miliardi di euro. L’effetto numerico è una lievitazione del Pil di un + 0,9%.

Nello specifico, 10,5 miliardi di euro provengono dalla commercializzazione di droga, 3,5 miliardi dalla prostituzione. Più modesto il valore dell’attività di contrabbando di sigarette che risulta pari a 0,3 miliardi.

La rivalutazione complessiva del valore del Pil è di 3,7 punti percentuali per effetto dei cambiamenti introdotti dal Sec 2010 al sistema di misurazione e delle innovazioni introdotte dall’Istat.

In questo modo, il Pil dell’Italia per il 2011 è quindi ora stimato in 1.638,9 miliardi di euro contro i 1.579,9 miliardi della stima in Sec95 con una rivalutazione di 59 miliardi (3,7% del precedente livello in valore). Alla rivalutazione del Pil nominale del 2011 hanno contribuito per 1,6% (pari a 24,6 miliardi di euro) le modifiche dovute alle innovazioni metodologiche introdotte dal Sec2010. La revisione è attribuibile per ulteriori 0,8 punti percentuali alle modifiche connesse al superamento di riserve europee sull0implementazione del Sec95. La restante parte della rivalutazione corrispondente all’1,3% deriva dalla combinazione di molti effetti dovuti alle innovazioni introdotte nelle fonti e nelle metodologie nazionali. In questo ambito va inclusa la nuova stima dell’economia sommersa, la cui quota sul nuovo livello del Pil risulta pari a 11,5%. L’applicazione del Sec 2010 è definita da un apposito Regolamento Ue del Parlamento europeo e del Consiglio (n.549/2013), relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione Europea. Al momento non è ancora disponibile un quadro completo dell’impatto che il passaggio ai nuovi standard contabili ha determinato sui conti dei diversi paesi europei.

Si può comunque osservare che, con riferimento ad anni corrispondenti a quello dell’Italia per la definizione del periodo di benchmark, in Germania è stata operata una rivalutazione del Pil pari al 3,4% (di cui 2,7 punti dovuti al nuovo Sec, anno 2010), in Francia del 3,2% (di cui 2,4 punti per il nuovo Sec anno 2010), nel Regno Unito del 4,6% (di cui 2,3 punti attribuiti al nuovo Sec, anno 2009). In base al nuovo calcolo cambiano anche gli altri parametri dei conti pubblici. Il rapporto tra deficit e Pil si abbassa di 0,2 punti percentuali passando dal 3,7% al 3,5% con riferimento al 2011. Il saldo primario resta invariato all’1,2% del Pil. In particolare, alla rivalutazione del Pil nominale 2011, in base al Sec 2010, hanno contribuito per 1,6 punti percentuali (24,6 miliardi) le modifiche dovute alle innovazioni metodologiche introdotte dal Sec 2010. Di questi 20,6 miliardi di euro è attribuibile alla capitalizzazione delle spese per ricerca e sviluppo. Riguardo all’economia sommersa e illegale, è pari a 187 miliardi, l’11,5% del Pil 2011, la stima dell’economia sommersa e illegale secondo l’Istat. Nel ricalcolo del Pil nominale 2011, in base alle nuove norme Sec 2010, si definisce meglio, grazie all’affinamento della metodologia, il peso dell’economia non osservata. Si tratta delle somme connesse a lavoro irregolare e sottodichiarazione. A queste si aggiungono anche le attività illegali (droga, prostituzione e contrabbando), per un combinato che fa sì che l’economia non osservata, è di oltre 200 miliardi (12,4% del Pil).

Per il 2011 l’insieme dell’economia sommersa e illegale valeva il 12,4% del Pil pari a circa 200 miliardi di euro su 1.638 miliardi complessivi del Pil. Il peso percentuale sul Pil è pari allo 0,9% per le attività illegali, dell’11,5% per l’economia sommersa.

La revisione dei criteri dà una mano non indifferente a chi, al ministero dell’Economia, lavora sulle misure di riduzione del deficit e sulle risorse disponibili per la crescita. Un Pil più elevato aumenta infatti il denominatore del rapporto con il deficit. Dunque un margine di flessibilità in più, solo sulla carta, trattandosi di Pil nominale, per liberarsi dalla schiavitù di Maastricht.

(Filippo Caleri per Il Tempo)

La cannabis e i conti pubblici

Ne parlano economisti, eh:

La legalizzazione di produzione e vendita delle droghe leggere allargherebbe la sfera contabilizzata nel Pil, perché nel computo entrerebbe una parte consistente del valore aggiunto prodotto nel territorio nazionale dall’intera filiera degli stupefacenti. Un importante contributo economico al bilancio pubblico, poiché la crescita del Pil determinerebbe la riduzione dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil.
Se ipotizziamo che le droghe leggere rappresentino la metà del ricavato del traffico di stupefacenti, la loro legalizzazione produrrebbe un aumento percentuale del Pil “ufficiale” annuo italiano tra l’1,20 e il 2,34 per cento, a seconda che si consideri la stima bassa di 24 miliardi o quella alta di 50 miliardi per il fatturato di questo mercato. Inoltre, nell’ipotesi che a) lo stock di debito e di Pil si mantengano costanti nel tempo; b) i ricavi delle transazioni effettuate nel mercato degli stupefacenti vengano contabilizzati nell’economia legale; e c) stimando in circa 7 miliardi il gettito fiscale proveniente dalla tassazione di produzione e vendita delle sostanze (tabella 1), nel 2012 il rapporto debito/Pil si ridurrebbe di 2,75 punti (ipotesi alta) o di 1,43 punti (ipotesi bassa). Quindi, almeno nel breve termine, non si registrerebbe una crescita di occupati e di ricchezza, e tuttavia il solo aumento “ufficiale” del Pil avrebbe ricadute positive molto importanti sui principali indicatori di stabilità economica e finanziaria del paese, liberando parte delle risorse da destinare in futuro alla riduzione del rapporto debito/Pil.
Sono stime da maneggiare con cautela, poiché non è affatto scontato che la legalizzazione provochi la totale riemersione del mercato delle droghe leggere. Il valore massimo indicato di aumento del Pil (2,34 per cento) potrebbe realizzarsi nel lungo periodo, quando forme di legalizzazione potrebbero aprire nuovi mercati di offerta e domanda di stupefacenti non necessariamente legati a un uso ludico o compulsivo di dipendenza, ma estesi alle produzioni derivanti dalla canapa come i tessuti o la carta, o per uso terapeutico.
Per quanto riguarda invece i benefici indiretti richiamati nel modello, sono di due tipologie. I primi derivano da un utilizzo alternativo delle risorse liberate dalla legalizzazione: ad esempio, forze dell’ordine, magistratura e addetti al sistema carcerario possono concentrarsi su altri reati; i secondi sono legati all’aumento del benessere complessivo della collettività, come la maggiore informazione sulle sostanze acquistate, la segmentazione dei mercati delle droghe leggere e pesanti, i minori introiti per le organizzazioni criminali e i minori capitali disponibili per distorcere i mercati legali.
In conclusione, la regolamentazione e la legalizzazione del mercato delle droghe leggere, con modalità simili a quelle applicate al tabacco, determinerebbe benefici netti consistenti, derivanti soprattutto dall’emersione di transazioni, in questo momento, invisibili. Una via “leggera” per contribuire all’uscita dalla crisi?

L’articolo è qui.

Le strane priorità e i conti che non si mangiano

L’industria culturale vale di più di quella automobilistica. Lo sostiene un nuovo studio di EY (ex Ernst&Young) commissionato dalla Saicem, la Siae francese. Per la prima volta è stato calcolato l’intero fatturato del settore, sommando tutte le varie attività, dall’arte alla musica, dal cinema al teatro, l’architettura, l’editoria e persino i videogiochi. E il risultato è sorprendente: ben 74 miliardi di euro di fatturato, il 4% della ricchezza nazionale prodotta. Contrariamente a quel che normalmente si pensa, la cultura insomma pesa nell’economia molto più di settori come le telecomunicazioni (66,2 miliardi), la chimica (68,7 miliardi) e la produzione di automobili (60,4 miliardi). Anche dal punto di vista occupazionale, è un comparto che crea non pochi posti di lavoro: 7,1 milioni di persone impiegate nel settore, il 5% della popolazione attiva.

E’ una galassia di attività e imprese che va dall’enternainment all’informazione, con forti disparità al suo interno. Il fatturato più alto (19,8 miliardi) è nelle cosiddette “arti visive e plastiche”: dal grafismo, alla foto, all’architettura e il design. Al secondo posto (14,9 miliardi) la televisione, al terzo (10,7 miliardi) l’informazione tra giornali e newsmagazine. Poi vengono la musica (8,6 miliardi), lo spettacolo dal vivo (8,4 miliardi), i libri (5,6 miliardi), i videogiochi (5 miliardi), il cinema (4.4 miliardi) e la radio (1,6 miliardi).

(click)

Niente Coppi senza i Carrea

In morte di Andrea Carrea, detto Sandrino forse per affrontare con un diminutivo la solennità del suo corpaccione contaidno, 89 anni, nato a Gavi ma cresciuto a Cassano Spinola, si è ricordato l ultimo gregario storico di Fausto Coppi e quindi di un certo ciclismo. Il penultimo ad andarsene era stato, poco più di un anno fa, Ettore Milano, 86 anni, anche lui di quella provincia di Alessandria che ha dato allo sport italiano campioni enormi di ciclismo e calcio, con una concentrazione di talenti che forse meriterebbe un qualche studio serio: Girardengo, Coppi, Baloncieri, Giovani Ferrari, Rivera

Milano, erre “roulée” alla francese proprio come Rivera e come tanti di quella provincia (idem per Parma), era in corsa il paggio psicologo di Coppi, Carrea era il suo diesel da traino e spinta.

Scelti entrambi, per aiutare il Campionissimo, da Biagio Cavanna detto l orbo di Novi Ligure, il massaggiatore cieco che tastava i muscoli e indovinava le carriere (e a Milano diede pure la figlia in sposa).

I due non avevano vinto mai in prima persona, Fausto vinceva anche per loro che lavoravano per lui portandogli in corsa acqua,panini,conforti vari, tubolari, amicizia. Un giorno al Tour de France del1952 Carrera si trovò, ”a sua insaputa”come uno Scaiola del ciclismo, in maglia gialla.

Un gendarme lo pescò in albergo per portarlo alla vestizione. Carrrea si scusò con Coppi per eccesso di iniziativa, avendo fatto parte di un gruppetto, teoricamente innocuo, di fuggitivi non ripresi.

Il giorno dopo il suo capitano gli prese, come da copione, la maglia gialla scalando l Alped Huez e arrivò da dominatore a Parigi. Un cantante ciclofilo, Donatello, che ha fatto anche Sanremo, ha composto una canzone splendida che è un sogno di bambino e dice: “Un giorno, per un giorno, vorrei essere Carrea”.

Il gregario nel ciclismo non c è più, almeno nel senso classico: libertà di rifornimento continuo dalle ammiraglie, licenza per ogni assistenza tecnica in corsa, severità della giuria quando, specialmente in salita, ci sono troppe spinte per i capisquadra, che facevano chilometri senza dare una pedalata, hanno procurato dignità aduna collaborazione che non è più umiliante e servile, e che consiste soprattutto nel pedalare con accelerazioni giuste al momento giusto, nell aiutare, aprendogli un tunnel nell aria, il capitano quando è il momento di tirare per rimediare aduna sua défaillance o rafforzare una sua iniziativa. Nello sport tutto i gregari sono di tipo nuovo.

Diceva Platini genio del calcio: “Importante non è che io non fumi, è che non fumi Bonini”. Il quale Bonini gli gocava dietro, riempiva il campo del suo gran correre, cercava palloni per servirglieli. Adesso i grandi gregari del calcio, alla Gattuso, guadagnano bene, sono stimati, cercati. Coppi lasciava comunque ai gregari tutti i suoi premi, e così li ha fatti ricchi.

Chi è adesso il gregario? Nell automobilismo il pilota che esegue gli ordini di scuderia, lascia passare il compagno che ha bisogno di punti, fa da “tappo” mettendosi davanti a chi lo insegue, e al limite “criminoso” sbatte fuoripista il concorrente pericoloso.

Nel ciclismo è ormai quello che sa propiziare il sonno al campione nelle dure prove a tappe, sa dargli allegrie o comunque distensione in corsa. Nel mondo dell atletica il gregario si chiama lepre, ed è pagato, nelle corse lunghe,per tenere alto il ritmo nella prima parte, sfiancando gli avversari e propiziando un tempo di finale di eccellenza: poi può ritirarsi. Sta sul mercato, è ingaggiabile anche al momento, per una corsa sola.

Nella scherma magari è quello che tiene per il campione il conteggio delle vittorie regalate in tornei di ridotta importanza o comunque prospettanti al campione stesso una eliminazione ormai sicura, gli fa il calcolo dei crediti e dei debiti così messi insieme nel rapporto con avversari importanti, gli dice quando è tempo di “passar vittoria”.

Il gregario nuovo può anche arrivare a sperimentare su se stesso il prodotto dopante o il prodotto coprente, correndo dei rischi. Ma la sua funzione diventa sempre meno materiale. E si deve ricordare che il prototipo altamente psicologico del gregario che dà serenità, oltre a procurare una buona compagnia negli allenamenti, tiene quattro gambe anzi zampe. E un cavallo: si chiamava Magistris, era un quasi brocco, ma senza di lui vicino, in pista come nella stalla,il favoloso Ribot era nervoso, tirava calci e nitriva di rabbiosa tristezza.

Il libro delle balle di Silvio Berlusconi

Un mio articolo pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO

So che ci sono argomenti più importanti, in questi giorni. Dove finalmente ognuno scopre il proprio lato peggiore. A destra e (sotto mentite spoglie) nel centrosinistra. Ma quando ho letto il nuovo libretto preparato da Berlusconi, i suoi servi e i servi dei suoi servi, ho avuto un cedimento. Non perché non siamo abituati alla propaganda becera del nostro ventennio ma perché qui si supera ogni limite. Il libretto è pubblicato per ricordare i successi del Governo Berlusconi in questi anni. Con frasi che stanno al limite della patologia. Eccone alcune:

I principali successi

  • Mediazione crisi Russia-Georgia (2008).
  • Accordo con la Libia (2008.)
  • Crisi economica mondiale: passa la linea italiana di non far fallire le banche (2008).
  • Moratoria “Pacchetto clima” Europa (2008).
  • Azione italiana per la pace in Medio Oriente(2009).
  • Scelta del Segretario generale della Nato (2009).
  • G8 2009 a L’Aquila.
  • Approvazione del piano di difesa dell’Euro dagli attacchi speculativi (2010).
  • Computo del debito privato nel calcolo del debito pubblico degli Stati europei (2011).
  • Nomina di Mario Draghi a capo della Banca Centrale Europea (2011).
  • Nomina di Lamberto Zannier a Segretario Generale dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa) (2011).
Gli ottimi rapporti personali, l’autorevolezza e l’esperienza del presidente Berlusconi hanno consentito di sviluppare una efficace azione di “diplomazia commerciale”, che ha aperto i mercati alle aziende italiane in Russia, Turchia, Egitto, Brasile, Est europeo, Cina, Arabia Saudita e in molti altri Paesi producendo nuovi contratti per 30 miliardi di euro, quasi due punti di Pil. Grazie alla riforma avviata nel 2002, le nostre ambasciate lavorano per favorire l’internazionalizzazione delle imprese italiane e per promuovere e diffondere la nostra cultura nel mondo.Oppure, sulla GiustiziaIl disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche punta ad arginare la diffusione incontrollata dei contenuti delle intercettazioni, per tutelare il diritto alla privacy di ogni cittadino, fondamentale diritto di libertà, sancito dall’articolo 15 della Costituzione.

Sul Federalismo (secondo loro già attuato):
I decreti attuativi già approvati:
• Roma capitale;
• Fabbisogni standard di Comuni e Province;
• Federalismo demaniale: saranno ceduti ai Comuni a titolo gratuito immobili, terreni e piccoli aeroporti; miniere, spiagge, laghi e fiumi passano a Regioni e Province.

La guerra ai paradisi fiscali (!): Da giugno 2009 le attività finanziarie detenute nei cosiddetti paradisi fiscali sono considerate evasione salvo prova contraria e sono perseguite come tali dalla Guardia di finanza.

Su Alitalia: Il 13 gennaio 2009 è partita la nuova Alitalia, grazie alla determinazione del governo e all’impegno della cordata di imprenditori italiani che hanno aderito all’appello del premier. Oggi l’Italia ha una compagnia di bandiera più efficiente, che non pesa più sulle spalle dei contribuenti e promuove nel mondo le nostre imprese e il turismo verso l’Italia.

Il no al nucleare (!): Il governo aveva approvato una moratoria sul nucleare, per valutare assieme all’Unione Europea le scelte migliori per tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini. La scelta degli italiani di abbandonare il nucleare, all’indomani della catastrofe di Fukushima, impone di mettere a punto una nuova strategia energetica nazionale. Il governo sta lavorando per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, per garantire la sicurezza energetica e ridurre il costo dell’energia per le famiglie e per le imprese.

L’aumento dei ticket negato: Nonostante la crisi economica, il governo non ha tagliato le prestazioni sanitarie e anzi ha investito 4 miliardi di euro in più. Inoltre sono state avviate iniziative per risparmiare tempo e denaro e dare prestazioni migliori a tutti i cittadini.

E poi “tagliati i costi della politica” (si, c’è scritto proprio così),oltre a “Il governo Berlusconi ha affrontato la crisi proteggendo i risparmi dei cittadini e sostenendo il reddito delle famiglie e dei pensionati a basso reddito” fino alle conclusioni. Fenomenali:

Desidero ricordare i cinque punti qualificanti che il Governo considera strategici per dare attuazione compiuta, da qui al 2013, al programma approvato dagli elettori: il federalismo fiscale, la riforma tributaria, la riforma della giustizia, l’immigrazione e la sicurezza dei cittadini, il piano per il Sud. Voglio ribadire la nostra ferma intenzione di completare il programma di governo, arrivando alla scadenza naturale della legislatura. I cittadini potranno giudicare complessivamente il nostro operato attraverso le elezioni politiche generali, come prescrive la Costituzione e come avviene in tutte le democrazie. (Silvio Berlusconi)

Diceva Kafka che confessione e bugia sono la stessa cosa. Per poter confessare, si mente. Ciò che si è non lo si può esprimere, appunto perché lo si è; non si può comunicare se non ciò che non siamo, la menzogna. Il libretto di Governo (che trovate a questo indirizzo) è la confessione di un metodo che nessuna più considera credibile, ma è l’unico percorribile. Leggetelo con attenzione. E mettiamo in ordine le smentite. Non ci meritiamo di essere collusi con l’impunità.