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Pippo Civati

Io non resto a guardare

522312_10150668285752756_1631376447_nAvremo modo di parlarne a lungo ma intanto vi scrivo per dirvi che non ho nessuna intenzione di restare fermo a guardare una riforma costituzionale che non mi trovo d’accordo per molti motivi (chi segue questo piccolo blog ne ha trovato traccia). Per questo nei prossimi mesi sarò in moto per un viaggio riCostituente su e giù per l’Italia. Lo faccio al fianco di Pippo Civati, per la stima e l’amicizia che ci lega, ma soprattutto con tutti quelli che vedono (l’ho scritto qui) la grande occasione di dibattito politico che ci offre questo referendum. E lo faccio perché chi mi conosce sa che sono di parte. Parteggio. Sono fatto così.

Intanto domani sarò a Napoli con Luigi De Magistris (l’evento qui) e lunedì a Milano con Civati e Basilio Rizzo (info qui) e Vittorio Angiolini, costituzionalista. Insomma, ci divertiamo. Tutti i miei appuntamenti li trovate qui.

 

Laicità, se vi pare

laicità

Ieri in Parlamento si è discusso dei Patti Lateranensi. Non è una scherzo. E, al solito, le voci che si alzano sono isolate:

«Ci sono le grandi basiliche, come San Giovanni in Laterano o Santa Maria Maggiore. E fin qui nessuna osservazione, anche se vengono chiamati in causa pure gli «edifici annessi». Ci sono gli edifici sul Colle gianicolense della Congregazione di Propaganda fide, e altri palazzi famosi, come quello della Cancelleria, quello della Dataria o del Vicariato, a Trastevere. Ci sono, soprattutto, gli immobili per i quali Stato e Chiesa sono finiti in tribunale, senza però arrivare al giudizio finale. Per tutti questi, un disegno di legge all’esame della Camera, prevede un’esenzione dai tributi «presenti e futuri». Un «condono tombale» su Imu, Tasi, tassa sui rifiuti e tutto il resto, secondo Pippo Civati e Andrea Maestri, deputati di Possibile, gli ex Pd che hanno lasciato il partito in polemica con Matteo Renzi. «Solo l’attuazione di una sentenza della Cassazione» rispondono dal Pd stesso. Il testo che fa discutere è la ratifica della convenzione fiscale firmata un anno fa dal governo italiano e dalla Santa Sede. Dice che su tutti gli immobili indicati negli articoli 13,14, 15, e 16 dei Patti Lateranensi, firmati nel 1929, la Chiesa non deve pagare un euro di tasse. E questo perché sono «esenti da tributi sia ordinari che straordinari, presenti e futuri, tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente, senza necessità di ulteriori e specifiche disposizioni». «Un’esenzione in saecula saeculorum», ironizza il deputato di Possibile Andrea Maestri, che chiede di sapere «a quanto ammonta il gettito sottratto ai bilanci pubblici, compreso quello disastrato del Comune di Roma». Risponde il relatore del provvedimento, Franco Monaco, fedelissimo di Prodi ai tempi dell’Ulivo: «Non c’è mancato gettito e non è un condono perché queste tasse già adesso non sono pagate». L’esenzione per tutti i palazzi indicati nei Patti lateranensi era già prevista nel 1929. I Patti sono un trattato internazionale: senza una modifica vanno rispettati. Ma, su questo punto non c’è una legge italiana di attuazione. Resta il principio, ma ogni volta che il nostro fantasioso fisco crea un nuovo tributo sarebbe necessario confermare l’esenzione ad hoc. Per questo, nel 2012, la Cassazione ha richiamato la necessità di una legge applicativa. Che adesso è arrivata. Ma c’è un altro punto che fa discutere.»

L’articolo è qui.

Cosa succede a sinistra. A Roma. Da quello che vedo.

Se si dovesse appoggiare l’orecchio sul muro della stanza delle trattativa a sinistra di Giachetti (Giachetti incluso) per le prossime elezioni amministrative romane si avrebbe l’onore di assistere ad uno dei più avvincenti radiodrammi degli ultimi anni. L’unica differenza è che qui pare che si complotti a come perdere e peggiorare la situazione ad ogni passo.

Ne ho scritto qui oppure cliccando sul caos qui sotto.

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El Caos de Nick Blinko

Cosa succede su Roma?

campidoglio-roma

Lo scrivo qui. Al riparo. Nel mio blog. Così non si scomodano strane dietrologie, anche se devo ammettere che mi fanno volare via dal ridere le dietrologie. Ho già scritto che ritengo Massimo Bray un ottimo candidato per Roma (alcuni dei motivi lo ho elencati qui) e sono convinto che su lui potrebbe convergere questa sinistra che sembra non convergere mai (anche se ho più di un dubbio che non lo voglia davvero, ma ci torneremo). Insomma Bray potrebbe essere il candidato di Sinistra Italiana (ovviamente con Fassina al suo fianco), di Possibile e di tutto un pezzo di Roma che sicuramente non nutre grandi aspettative per Giachetti e il PD. Io Bray me lo immagino seduto in mezzo a questi due poli (Civati da una parte e Fratoianni e Fassina dall’altra) che potrebbero per una volta avere un obiettivo in comune. Poi stasera mi capita di leggere un’agenzia di stampa, questa:

« (ANSA) – ROMA, 09 MAR – Ignazio Marino, a quanto si apprende, questa sera ha incontrato Stefano Fassina, attuale candidato di Sinistra Italiana al Campidoglio, e Nicola FRATOIANNI. Obiettivo: trovare una candidatura ampia e unitaria per il Campidoglio. Slittato l’incontro con l’ex ministro Bray previsto per oggi, i due dovrebbero vedersi o sentirsi nei prossimi giorni, con lo stesso obiettivo.»

E mi sfugge qualcosa. Perché (se non ricordo male) Fratoianni fu quello che di Marino chiese le dimissioni (leggete qui) e Marino fu quello che fece fuori Sel dalla giunta capitolina per accontentare Orfini.

Insomma, mi manca un pezzo. No?

Se si rompe il giochino delle primarie a Milano

Quando ne avevo scritto su Left qualcuno dei presunti dirigenti lombardi aveva anche bofonchiato. Evidentemente ci sarebbe da fare qualche telefonata in più nell’asse Milano-Roma poiché la voce che circola proprio oggi tra i corridoi del Parlamento è ancora più netta della previsione fatta: il giochino delle primarie a Milano si è rotto, in molti a sinistra hanno capito da un pezzo che l’esperienza Pisapia non è ripetibile è percorribile senza Giuliano e in più i “nomi civici” che avrebbero dovuto risolvere il problema non scaldano il cuore proprio a nessuno.

A sinistra si stanno già organizzando e le idee sono chiare. Rimane l’interrogativo SEL ma anche tra i vendoliani romani sotto voce molti dicono che non si potrà fare finta di andare d’accordo con il PD a Milano. “Molti dei nostri non lo capirebbero, senza Giuliano”, dicono.

Chissà se sorridono ancora. Lassù.

Come state, ex civatiani, nel regno dei cieli?

pippo-civati-matteo-renziMatteo Pascoletti con il suo post di oggi:

Perché questo disprezzo mi sa di chi in passato, incontrando il dominus che guidava un altro carro, ne ha fiutato l’aroma di potere, e ha avuto come un’epifania: per guadagnare prossimità è importante stare dietro la scia del dominus, e il dominus è soprattutto un’opportunista di genio, abile a parlare e ad agire in funzione degli spazi che deve aprire a se stesso mentre corre verso la cima; per cui l’arte di stare nella scia del dominus diventa arte politica a tutti gli effetti, e nell’ebbrezza la si scambia per realismo. Perché un leader è una funzione sociale, e il carisma mediatico è un incantesimo collettivo: imparare a parteciparvi è sostanziale alla sopravvivenza politica, o a professioni che vi ruotano attorno. Per cui il dominus avrà sempre bisogno di essere seguito lungo la scia che traccia, prediligendo seguaci che si muovano rapidi e con perfetto sincretismo, magari anticipando i suoi desideri; meglio recidere che deviare o rallentare. Non può perdonare gli errori o le debolezze, se non come forma di magnanimità, ossia come un tiranno che si concede il piacevole lusso di graziare il condannato. Persino chi, con stoica virtù, non vuole sacrificare i princìpi (onestà intellettuale vuole si riconoscano le eccezioni), deve imparare i meccanismi dell’incantesimo, se non vuole restare travolto.

Ma non è quest’ultimo il caso di molti ex civatiani, la cui acredine strafottente verso chi credevano un potenziale dominus nasconde un terrore ben preciso: il ricordo di quando si è corso il rischio di restare a vita in cantina a bere vino acetato, ricordo che guasta in parte il sapore dello champagne che ora si sorseggia al piano di sopra, o che al limite si vede sorseggiare. Guardando al passato con gli occhi del presente, non possono che pensare a una propria debolezza intrinseca che, un giorno, potrebbe condurli fuori scia; un destino assimilabile alla morte politica. È dunque un bisogno intimo l’esorcizzare quella paura: proiettato pubblicamente, quel bisogno prende la forma dello stivale in faccia a chi sta dietro, mentre si sfoggia il sorriso da mejo fichi der bigonzo. Sarebbe quasi comico assistere, dalla propria beata irrilevanza a tasso zero di tessere, a questo sfoggio di petti in fuori e pance in dentro, ai vari “Pippo / Pippo / vieni a pescare con noi / ci manca il verme”, al narcisismo quasi patologico che computa le critiche e persino i “vaffanculo” alla voce “engagement”, se non fosse per l’appunto l’espressione di una volontà egemone che, evidentemente, ha studiato Weber all’università per meglio glossare gli slogan che un ghostwriter o uno spin doctor mettono in bocca al dominus.

 

Un’idea per Milano. A sinistra.

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Quindi? Quindi si potrebbe fare un gioco, un esempio semplice per diradare le nebbia.Civati è, su Milano, il nome a sinistra del PD che potrebbe riscuotere il più alto consenso e il Pd a Milano è ormai un grumo di potere che, da tempo, ha bisogno di sventolare “civismo” per risultare potabile. Quindi? Quindi non si capisce perché SEL debba legarsi mani e piedi nelle primarie del partito a cui si oppone a Roma (con tutto il rispetto per il candidato Majorino). Milano è la piazza giusta dove giocare fuori dai giochetti del PD: una coalizione (già scritta) tra SEL, Possibile, Fassiniani, Azione Civile, Rifondazione e tutto quello che ci volete mettere dentro che lasci il PD con il cerino in mano e si confronti con un test di portata nazionale. Fare politica facendo politica, insomma. Uscendo dalla polvere di risibili assemblee come spot di rinnovamento e mettendo alla prova un programma radicalmente nuovo. Il PD è andato a destra nonostante SEL prosciugandola. Il delitto perfetto. E forse anche Nichi ha le sue responsabilità.

Ne ho scritto qui.

Sempre sulle bufale intorno al referendum #possibile

Ne avevo già scritto dei referendum di Possibile (astutamente rinominati “i referendum di Civati”) qui e ancora aspetto (e me le andrò a cercare) le risposte che a sinistra non mi sono chiare sul perché non dovremmo firmarli. Comunque è interessante leggere la risposta alle bufale che circolano sul referendum (le trovate qui) perché ancora una volta a sinistra tutti si fotografano insieme e poi si fanno la guerra. Come sempre.

Io firmo i referendum. E li sostengo. E me ne frego delle sottane.

Schermata 2015-08-26 alle 19.15.16Ogni tanto mi capita di avere gli stessi pensieri di Gilioli; così mentre mi metto a leggere prima di scrivere trovo qualcosa che mi ronzava in testa a cui Alessandro ha già dato una forma. Come questo post qui. Poco male, comincerò a preoccuparmi quando mi succederà lo stesso con Calderoli.

Tornando al punto, invece, firmerò e sostengo gli otto referendum che in questa torrida e povera estate stanno banchettando con i volontari sotto il solleone. Già avevo scritto sul senso della stampa per Civati ma anche il gioco del pregiudizio politico a sinistra devo ammettere che sta dimostrando il peggio di sé.

Il punto è: sono utili questi referendum? Sì. Sono condivisibili? Sì. Avrebbero potuto essere pensati con una migliore gestione delle relazioni sociali e un’organizzazione iniziale più aperta? Sì. E sono sicuro che il movimento ‘Possibile’ rifletterà su questo.

Però se andate a leggervi il materiale informativo e lasciate da parte quelli che li chiamano “i referendum di Civati” e prendete una decisione sarebbe un bene per tutti. Che siate d’accordo o meno. Perché ho la sensazione che quelli che ci dicono che “sono i referendum di Civati” siano quelli che indipendentemente dall’interesse collettivo hanno scelto chirurgicamente che ‘Possibile’ vada a sbattere. Nonostante siano ‘compagni’.