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Confine tra Polonia e Bielorussia, tra lacrimogeni e ipocrisia muore il diritto internazionale

Per farsi un’idea del dramma che si sta consumando basterebbe ascoltare le parole di Abou Elias, un padre disperato appena arrivato in una delle città di confine polacche per cercare sua figlia Hilda Naaman, una dottoressa di 25 anni che stava arrivando in Europa dalla Siria. «Non può più camminare. Le unghie di mia figlia sono state strappate. I bielorussi sono venuti di notte, picchiandoli con un bastoncino elettrico… dicendo loro di andare in Polonia. I polacchi li hanno accolti solo per riportarli indietro», ha spiegato Abou Elias ai giornalisti della Reuters. Abou Elias è siriano, vive in Svezia ed è arrivato in Polonia perché conosce bene l’orrore e la disperazione di un viaggio migratorio ai confini dell’Europa, che lui stesso ha percorso nel 2014. Racconta di avere sentito la figlia al telefono solo in una manciata di occasioni. La figlia gli avrebbe raccontato che le autorità bielorusse chiedevano ai migranti di pagare 1.000 dollari solo per avere il 20% di carica della batteria di loro telefoni. «Lei è qui, a 40 chilometri di distanza, ci stanno giocando… La Polonia non li fa entrare, e l’altra (Bielorussia) non permette loro di tornare indietro. Non sono persone. Sono mostri, mostri, mostri», spiega tra le lacrime.

Ieri sono scoppiati scontri tra i rifugiati bloccati e le guardie di frontiera polacche al confine polacco-bielorusso. Secondo il Ministero della Difesa Nazionale polacco i rifugiati al valico di frontiera di Kuznica che cercavano di entrare in Polonia avrebbero lanciato pietre contro le milizie polacche, che hanno risposto usando cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. I cannoni d’acqua e i gas lacrimogeni sono solo un peggioramento delle precarie condizioni delle persone incastrate tra le due frontiere, senza cibo né cure. Il governo polacco ieri ha dichiarato che «il comportamento aggressivo dei migranti è coordinato dai servizi bielorussi e monitorato dai droni. A seguito di un attacco da parte di persone ispirate dalla parte bielorussa, uno dei poliziotti è rimasto gravemente ferito». Ovviamente le affermazioni non sono verificabili visto che l’accesso ai giornalisti continua a essere vietato. Di certo c’è che i bielorussi la scorsa notte hanno cominciato a spostare le persone accampate ancora più vicine al confine polacco che rimane controllato da già di 20mila uomini dell’esercito. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha condannato le azioni delle forze polacche bollandole come «assolutamente inaccettabili», in una conferenza stampa denunciando la violazione di «tutte le norme concepibili del diritto internazionale umanitario e altri accordi della comunità internazionale». Di tutt’altro avviso Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, che ha detto che l’alleanza è «profondamente preoccupata per il modo in cui il regime di Lukashenko sta usando i migranti vulnerabili come tattica ibrida contro altri paesi, e questo sta effettivamente mettendo a rischio la vita dei migranti». Il blocco è sempre lo stesso: la Russia che continua a sostenere Lukashenko mentre la comunità occidentale prende le parti della Polonia.

L’Europa intanto ha ufficializzato nel corso della riunione dei ministri degli Esteri dei 27 Stati membri l’estensione del regime di sanzioni nei confronti della Bielorussia anche alle entità che organizzano o contribuiscono ad attività del regime di Aleksander Lukashenko che facilitano l’attraversamento illegale delle frontiere esterne dell’Ue. Il Consiglio UE ha chiarito per bocca del suo Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell che «questa decisione riflette la determinazione dell’Unione europea a resistere alla strumentalizzazione dei migranti a fini politici. Stiamo respingendo questa pratica disumana e illegale. Al tempo stesso continuiamo a sottolineare l’inaccettabile repressione in atto da parte del regime contro la propria popolazione e noi risponderemo di conseguenza». Borrel ha anche puntato il dito contro la Russia dicendo di «non conoscere i segreti dei contatti tra Putin e Lukashenko. Ma è evidente che Lukashenko fa quello che fa perché conta sul forte sostegno della Russia. Lukashenko non poteva fare ciò che sta facendo senza un forte sostegno della Russia. Che poi ci sia un nesso con l’aumento delle truppe in Ucraina non posso saperlo». Dura la reazione del presidente bielorusso: «Ci minacciano di sanzioni. Ok, aspettiamo e vediamo. Pensano che io stia scherzando. Che sia una minaccia vuota. Niente del genere. Combatteremo. Abbiamo raggiunto il limite. Non c’è spazio per una ritirata».

La Polonia intanto annuncia la costruzione di un muro entro la metà del 2022 mentre i contratti verranno firmati non prima del 15 dicembre. Il costo complessivo sarà di 353 milioni di euro, con i lavori che andranno avanti per 24 ore al giorno – divise in 3 turni – e partiranno prima della fine dell’anno. Il ministro degli Interni polacco Mariusz Kaminsky considera il muro «un investimento assolutamente strategico e prioritario per la sicurezza della nazione e dei suoi cittadini». Sarà lungo ben 180 km e alto 5,5 metri. La difesa dei confini tra l’altro sposta un’enorme mole di denaro. Come racconta Nello Scavo per Avvenire «prima di oggi le imprese hanno beneficiato del budget di 1,7 miliardi di euro del Fondo per le frontiere esterne della Commissione europea (2007-2013) e del Fondo per la sicurezza interna – frontiere (2014-2020) di 2,76 miliardi di euro. Per il nuovo bilancio Ue (2021-2027), la Commissione europea ha stanziato 8,02 miliardi di euro al Fondo per la gestione integrata delle frontiere; 11,27 miliardi di euro a Frontex (di cui 2,2 miliardi di euro saranno utilizzati per acquisire e gestire mezzi aerei, marittimi e terrestri) e almeno 1,9 miliardi di euro di spesa totale (2000-2027) per le sue banche dati di identità e Eurosur (il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere)».

E qui, come al solito, esce tutta l’ipocrisia di questa Europa che finge di incastrarsi per poche migliaia di migranti. Quanto costerebbe accogliere quelle poche persone (sarebbero circa 3.500) a differenza di tutti gli armamenti? Perché nessuno fa notare che la quasi totalità dei migranti sul confine polacco sono potenzialmente meritevoli di protezione internazionale visto che provengono tutti da territori di guerra? Perché nessuno ha storto la bocca quando ad agosto 20mila afghani attraversano ogni giorno il confine con il Pakistan? Perché non ci si ricorda che l’85% dei rifugiati risiede ancora nei Paesi d’origine come l’Africa, l’Asia, Medioriente e Sud America? Dove sta il diritto internazionale su quelle persone all’addiaccio che sono diventate semplicemente un alibi per uno scontro economico e politico, carne di propaganda per sovranisti e regimi? La risposta, c’è da scommetterci, non arriverà presto.

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Confine tra Bielorussia e Polonia: ora si contano i morti

I membri occidentali del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno fermamente condannato la Bielorussia per l’escalation della crisi sui migranti bloccati al confine con la Polonia, accusando Lukashenko di utilizzare i migranti per destabilizzare il confine orientale dell’Unione europea. Aleksandr Lukashenko, com’era prevedibile, alza il tiro minacciando di bloccare il gas russo verso l’Europa (tra l’altro già alle prese con il caro energia): «Forniamo calore all’Europa e loro minacciano di chiudere la frontiera. E se interrompiamo l’erogazione di gas naturale lì?», ha detto con tono di sfida, riferendosi al gasdotto Yamal-Europe che porta il combustibile in Polonia e Germania. La crisi intanto si allarga. Mentre il commissario all’Economia Ue Paolo Gentiloni avvisa che l’Europa non si farà intimidire la leader dell’opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya ripete che il premier bielorusso «bluffa» perché «interrompere la fornitura di gas sarebbe più dannoso per lui che per l’Ue».

Al fianco del regime di Minsk c’è sempre Vladimir Putin che negli ultimi due giorni ha avuto già due telefonate con la cancelliera tedesca Merkel invitando l’Ue a ristabilire i contatti con la Bielorussa mettendo fine all’isolamento. Gli Usa da canto loro segnalano un aumento sospetto di truppe russe al confine con l’Ucraina e temono una replica dell’invasione della Crimea nel 2014, sfruttando il caos generale.

Di certo con i soldati che isolano la zona di confine dai media e dagli operatori umanitari è sempre più difficile ottenere notizie certe sulle reali condizioni dei migranti. Di sicuro c’è che le temperature durante la notte scendono sotto le zero e ci sono vittime, causate soprattutto dall’ipotermia. La Bbc scrive che nelle ultime settimane sarebbero “almeno 7” le persone morte nei pressi dl filo spinato. Il giornale polacco Oko.press racconta di avere ricevuto notizie da una loro fonte irachena presente lì sul posto di un ragazzo di 14 anni curdo morto congelato vicino al valico di Kuznica e prelevato dai servizi bielorussi. La notizia sarebbe stata confermata anche da altri migranti presenti ma le condizioni difficili dei migranti (e le power bank con cui ricaricare i telefoni che si stanno scaricando) rendono difficile la verifica.

Di «diverse tragiche morti registrate nell’area di confine nelle ultime settimane» parla anche un comunicato congiunto dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni che «ricordano agli Stati l’imperativo di prevenire ulteriori perdite di vite umane e garantire il trattamento umano di migranti e rifugiati come priorità assoluta». Le due organizzazioni hanno dichiarato pubblicamente in diverse occasioni che la strumentalizzazione di migranti e rifugiati per raggiungere fini politici è deplorevole e deve cessare. «Approfittare della disperazione e della vulnerabilità di migranti e rifugiati offrendo loro promesse irrealistiche e fuorvianti è inaccettabile e ha gravi conseguenze umane», scrivono nella loro dichiarazione congiunta. Crystal van Leeuwen, responsabile delle emergenze mediche di Medici Senza Frontiere (Msf), ha chiesto che le Ong ottengano urgentemente l’accesso a una zona militarizzata sicura dalla parte polacca e che le richieste di protezione internazionale dei migranti siano rispettate. «Il freddo è la più grande preoccupazione fisica e la mancanza di cibo e acqua», ha detto van Leeuwen. Ma molti dei migranti hanno anche problemi di salute mentale significativi dopo aver trascorso a volte diverse settimane a essere deviati avanti e indietro attraverso il confine. «Queste persone hanno bisogno di riparo, cibo, acqua e assistenza medica», ha detto. «Le loro vite hanno bisogno di protezione e devono essere trattate secondo il diritto dell’Ue e internazionale. Non sono armi, sono esseri umani».

Gli inviati del Guardian nei giorni scorsi raccontano di avere incontrato un gruppo di sette curdi iracheni ai margini della foresta di Białowieża – che attraversa il confine tra la Polonia sud-orientale e la Bielorussia – con una bambina di otto mesi e un bambino di due anni mentre raggiungevano il villaggio polacco di Grodzsik. Chi prova ad arrivare in Polonia dalle foreste racconta di avere visto cadaveri sdraiati a faccia in giù nelle paludi. Molti sono attirati in Bielorussia da agenzie di viaggio che organizzano gli aerei per Minsk. Nelle immagini dall’aeroporto si vedono gruppi di profughi in maglietta e pantaloncini, assolutamente inconsapevoli delle temperature che si ritroveranno ad affrontare. Scesi dall’aereo vengono accolti temporaneamente in hotel gestiti dal regime e poi caricati su autobus e taxi che li trasferiscono al confine polacco e lituano. Le guardie bielorusse poi li spingono oltre alla recinzione. «Alcuni migranti che abbiamo soccorso si sono tagliati la faccia con il filo spinato», racconta l’operatrice volontaria Katarzyna Wappa. I soldati polacchi da canto loro rimangono a presidiare il confine con i fucili puntati e non rispondono alle richieste di acqua, di cibo e di cure delle famiglie assiepate al confine, schiacciate dai soldati bielorussi da una parte e dalle milizie polacche dall’altra. Anche i malati che hanno la fortuna di essere recuperati da un’ambulanza rimangono in ospedale solo il tempo che serve per le prime cure e poi vengono riportate all’addiaccio. All’ospedale Mantiuk di Hajnówka, un ragazzo della Somalia racconta di avere visto i suoi due fratelli morire assiderati. I bambini, raccontano i volontari, stanno avendo reazioni al freddo simili agli attacchi epilettici. Cecilia Rinaldini, inviata per Rai Radio al confine tra Polonia e Bielorussia ha raccolto la testimonianza di una madre che ha partorito nel limbo maledetto e per tre giorni non è stata soccorsa da nessuno. Il neonato non è sopravvissuto.

Ieri manifestanti di estrema destra polacchi hanno invitato i loro militari a sparare agli “invasori”. Ora le temperature continueranno a scendere, l’ecatombe è appena iniziata.

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Sul confine tra Polonia e Bielorussia si sta consumando una guerra contro i migranti

Polonia e Bielorussia si fanno la guerra e le guerre oggi non hanno nemmeno bisogno di armi, bastano i migranti. È dall’inizio dell’estate che la Bielorussia accoglie migliaia di migranti per poi spingerli verso il territorio polacco e dei paesi baltici, con il chiaro obiettivo di mettere in difficoltà quell’Unione Europea che da sempre è avversaria del regime autoritario di Alexander Lukashenko.

Già alcune settimane fa la Polonia aveva denunciato almeno 30mila tentati accessi alle frontiere con la Bielorussia. Alcune testimonianze dei migranti raccontano di viaggi organizzati e addirittura incoraggiati dalle autorità bielorusse che svolgono un vero e proprio ruolo di “scafisti” via terra: il viceministro della Lituania Kęstutis Lančinskas raccontò a Bbc News di avere saputo «che il governo bielorusso stava semplificando le procedure burocratiche per rilasciare visti “turistici” in Iraq».

Per un migrante che vuole arrivare in Europa ottenere il via libera per raggiungere il confine di un Paese europeo significa molto spesso essere a un passo dalla salvezza. Da mesi molte agenzie di viaggio in Iraq (ma anche in nazioni vicine) riescono a ottenere il visto nel giro di pochi giorni e a imbarcare i profughi sugli aerei delle molte compagnie che ha aperto una rotta su Minsk, la capitale bielorussa. Qui (ovviamente con l’aiuto dei trafficanti) l’ultimo passo è quello di superare il confine dove arrivano scortati dalle forze di sicurezza bielorusse con appositi bus e taxi. Allo stato attuale sarebbero almeno 2.000 le persone ammassate vicine al confine polacco (secondo la stima della Commissione Europea, il governo polacco parla di circa 4.000 persone) che si trovano sulla strada dalla bielorussa Bruzgi e la polacca Kuźnica. Si tratta di uomini ma anche famiglie, donne e bambini che stanno all’aperto con temperature vicine allo zero, senza acqua e senza cibo, con i due eserciti che si fronteggiano a pochi metri. L’accesso ai giornalisti è vietato e per ora anche l’ingresso delle associazioni umanitarie è resa molto difficile. Migliaia di persone sono di fronte al filo spinato dove il governo polacco ha schierato 22mila uomini per impedire che attraversino la frontiera. «Siamo pronti a qualsiasi scenario. La nostra priorità è una difesa solida del confine», ha twittato il ministro dell’Interno polacco, Mariusz Kaminski e ha nessuno viene in mente di preoccuparsi dell’incolumità dei migranti. «Né la Bielorussia né la Polonia ci stanno accogliendo», ha raccontato a Bbc News Shwan Kurd, un iracheno di 33 anni che si trova al confine: «Non ci lasciano dormire e siamo affamati, qui non ci sono né acqua né cibo. Ci sono bambini piccoli, anziani e famiglie».

Per abbattere il filo spinato vengono usati tronchi come arieti ma anche utensili che difficilmente i profughi possono essersi portati con loro. Per questo il governo Polacco accusa il governo di Alexander Lukashenko di rifornire alle persone tutto l’occorrente per superare la barriera. Il gioco dall’altra parte è semplicissimo accusando la Polonia di “disumanità” per la sua sospensione di procedura della richiesta d’asilo.

Dietro a tutto questo la Nato ha preso le difese della Polonia mentre la Russia (accusata da molti di essere la mente del progetto di pressione sui confini europei) ha preso le parti di Lukashenko. La tensione è altissima e basta pochissimo (un colpo sbagliato) per accendere un incendio che provocherebbe un’enorme crisi internazionale. Il fatto che la Polonia poi appoggi tutta la propria credibilità internazionale in un sovranismo dal pugno di ferro rende inevitabilmente tutto più difficile. La Polonia ovviamente ha tutto l’interesse a ingigantire il problema.

Matteo Villa dell’Ispi osserva in un’intervista a Adnkronos che «le autorità polacche a ottobre hanno detto che ci sono stati tra i 15mila e i 30mila tentativi di attraversare frontiera, ma hanno contato le stesse persone che più volte hanno provato a superare il confine». Secondo Villa la Polonia gioca per «ottenere lo sblocco dei fondi del suo Pnrr e, allo stesso tempo, spingere Bruxelles – su impulso tedesco – a chiudere un occhio sulla questione dello stato di diritto e distogliere l’attenzione dalle proteste interne per la legge sull’aborto». E in effetti anche questo è un ulteriore tassello di una crisi internazionale che sarebbe troppo banale vedere come un semplice affare di qualche migliaio di persone da ricollocare. L’Europa raccomanda la calma ma servirà molto di più per sbloccare la situazione.

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Brutta aria in Polonia

Quando si dice che un certo nazismo (e fascismo) di ritorno è molto più di un’impressione forse si potrebbe guardare in Polonia

Se ne parla poco quasi niente ma in Polonia si avanza a grandi falcate verso una democrazia, una non degna di essere chiamata tale. E lo so che, dirà qualcuno, con tutti i problemi che abbiamo figurarsi se possiamo trovare anche le energie per occuparci della Polonia eppure i grandi mali del mondo, ce lo insegna la storia, accadono proprio mentre non ci si accorge (o non ci si vuole accorgere) degli scricchiolii tutti intorno.

Deve solo superare il passaggio in Senato la legge che permette al governo di avere il controllo assoluto sui media: sostanzialmente impedisce che i proprietari stranieri abbiano il controllo dei mezzi di informazione ma nella pratica la nuova legge serve per costringere il gruppo statunitense Discovery a cedere la sua quota di maggioranza del canale Tvn che attraverso Tvn24 è uno dei pochi rimasti a essere molto critico con il governo. Non è un caso che la legge sia soprannominata “lex anti Tvn” e che il governo saluti con molto favore l’eventuale attuazione: il potere quando ha bisogno di fare il prepotente perché non riesce a governare secondo le regole della democrazia ha bisogno di silenziare il dissenso. Che tutto ciò accada alla luce del sole e così vicino a noi è roba che dovrebbe interessarci.

Manca invece solo la firma del presidente nazionalista conservatore Andrzej Duda alla legge che fissa il tetto massimo di 30 anni per impugnare le decisioni in tribunale per quel che riguarda la restituzione ai superstiti dell’Olocausto delle proprietà sequestrate dalle autorità polacche durante l’era comunista. Inizialmente la legge era stata addirittura pensata con pene detentive per chi menzionava eventualità complicità polacche coi nazisti nell’Olocausto (poi questa parte era troppo grossa e hanno dovuto ritirarla). Decidere con una scure di silenziare i reclami e le decisioni pendenti nei tribunali amministrativi significa di fatto provare a cancellare un pezzo di storia, se non addirittura riscriverlo.

In Europa, a dire la verità, qualcuno ha deciso di farsi sentire. Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli ha scritto su Twitter: «Il voto di ieri sera sulla legge sui media #lexTVN in Polonia è molto preoccupante. Se la legge entrerà in vigore minaccerà seriamente la televisione indipendente nel Paese. Non ci può essere libertà senza media liberi» e la vicepresidente della Commissione europea responsabile per i Valori dell’Unione, Vera Jourova ha ha detto che la «legge polacca sulle trasmissioni invia un segnale negativo. Serve un’iniziativa per la libertà dei media in tutta la Ue per difenderne la libertà e sostenere lo stato di diritto».

Tutto questo tra l’altro avviene in un Parlamento praticamente esautorato dopo che il premier Mateusz Morawiecki (in foto, ndr) ha espulso il suo vice e ministro dello sviluppo Jaroslaw Gowin che a sua volta ha annunciato che il suo partito Alleanza sarebbe uscito dall’esecutivo. Ed è per questo che la maggioranza ha dovuto racimolare i voti fino all’ultradestra antisemita.

Quando si dice che un certo nazismo (e fascismo) di ritorno è molto più di un’impressione forse si potrebbe guardare in Polonia, dove scrive e vota le leggi. Ed è una questione politica di tutti.

Buon venerdì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.