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rassegna stampa politica

Orizzonte Universitario intervista Giulio Cavalli

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da OrizzonteUniversitario.it

Giulio Cavalli, inizia la sua carriera di attore nel lodigiano. Dopo anni di teatro la svolta arriva nel 2008, quando debutta con lo spettacolo Do ut Des, spettacolo teatrale su riti  conviti mafiosi. In seguito a questa messa in scena riceverà della minacce di stampo mafioso, a causa delle quali gli verrà assegnata una scorta. Dal 2009 Giulio Cavalli inizia la sua lotta alle mafie sul palcoscenico con Radiomafiopoli, A cento passi dal duomo, e nel 2010 esce il suo primo libro Nomi, cognomi e infami. Nel 2009 è stato ricevuto dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Dal 2010 è stato consigliere regionale in Lombardia, come indipendente nella lista dell’Idv; oggi aderisce a SEL, è stato nuovamente candidato come consigliere alle regionali 2013, ma alla luce dell’1,8% ottenuto dal suo partito non è stato rieletto.

Funziona tutto al contrario sig. Cavalli? Lei nel suo teatro ha iniziato a parlare della mafia, e ad accorgersene non è stato il ceto civile del nostro paese (questo si che non sente, non vede e non parla), ma, paradossalmente, la mafia stessa. I primi a venire a teatro sono i figli di quei mafiosi che, come dice lei, non azzeccano un congiuntivo nemmeno per sbaglio. Questi guardano il suo spettacolo  e poi la minacciano, e così la minaccia diventa la prima vera pubblicità della sua attività. E le jeux son fait!

Effettivamente sembra che le mafie abbiano una sensibilità che le antimafie scoprono sempre un secondo troppo tardi. Per questo abbiamo ritenuto importante ritirare da subito lo spettacolo “contestato”, per evitare un perverso gioco di vouyerismo. Bisognava subito spazzare il campo da eventuali occasioni di lucro. Ma è importante ricordare sempre che chi ti minaccia sa benissimo che la prima cosa che si accende, nell’opinione pubblica, è il sospetto, che spesso diventa motivo isolamento per l’artista.

Ho sentito Saviano dire che la colpa di “quelli come voi” è di essere ancora vivi, di questo in fondo vi accusa la gente. Altra frase che mi ha colpito  è che “quelli come voi”, agendo, mettono in crisi l’intera comunità circostante, che riconoscendovi dei meriti verrebbe a sentirsi in difetto: “sporca” per non aver fatto altrettanto. In realtà la penso diversamente. Secondo me quello che non vi viene perdonato è la popolarità che avete acquisito, con questa “storia delle mafie” siete diventati dei veri e propri vip.

Non credo che la nostra colpa sia quella di essere vivi. Su questo non sono d’accordo con Saviano. Piuttosto la colpa può essere la tentazione di raccontarsi piuttosto che raccontare, e allora certo si cade in un’autocelebrazione che credo interessi poco (se non ai fans, ma le mafie non sono temi da isterie celebrative, sono punti di democrazia e Costituzione). Poi credo che un Paese in cui chiedere  legalità e normalità porta ad essere un’eccezione è un Paese che dovrebbe interrogarsi. Non è la media del coraggio o dell’onestà a definire i limiti consentiti. Certo questa storia di minacce e scorte è un vizio tutto italiano di questi ultimi anni, che assomiglia per alcuni meccanismi alla banalità del Grande Fratello dell’antimafia. In Italia ci sono quasi ottocento persone sotto scorta, mica solo quelli che finiscono sotto i riflettori. E tra l’altro siamo la nazione che dimentica spesso i testimoni di giustizia (coloro che hanno semplicemente avuto la sfortuna di essere testimoni di un reato e hanno avuto l’onestà intellettuale di denunciarlo) e per sopravvivere devono sparire piuttosto che finire sotto luci della ribalta.

Sig. Cavalli: teatro, televisione, giornali….ora anche la politica. E la ‘ndrangheta è sempre il tema principale, forse l’unico. Lo stesso vale per Saviano con la camorra (e mi scusi se ripropongo ancora questo  parallelismo). Sembra che il contatto, quello vero, diretto, con la malavita segni un punto di non ritorno. La mafia diviene argomento radicale della vostra vita, non c’è più spazio per altro. E’ come se vi fosse stata affidata una missione. E’ come se arrivare a conoscere davvero la mafia sia un pò come arrivae a conoscere davvero Dio.

Diceva Falcone che nella lotta alle mafie ci capiti per caso e per destino. In realtà non credo di occuparmi solo di mafie (basta seguirmi non solo sulle riviste patinate). Lavoriamo per la libertà e per la democrazia. E le mafie sono tra i nemici più pericolosi.

Due parole sul futuro che ci aspetta (e ci spetta)

Una mia intervista ad Affari Italiani che (a parte il titolo) dice due o tre cose che penso:

Schermata 2013-03-04 alle 13.28.00di Fabio Massa

Giulio Cavalli è uno dei leader di Sel in Lombardia. In un’intervista ad Affaritaliani.it attacca la dirigenza del partito, dopo che alle ultime elezioni non hanno ottenuto neppure un seggio al Pirellone. “Noi fuori? Colpa di una campagna elettorale gestita male fin dall’inizio. Sel? Bisogna che si faccia il congresso. Civati segretario del Pd? Sono pronto a seguirlo, sono a sua disposizione perché le sue idee sono anche le mie”

Giulio Cavalli, Sel è morta?
Non siamo morti. Abbiamo un progetto da rivedere perché abbiamo perso.

Siete fuori dal consiglio regionale lombardo.
Non abbiamo perso solo perché siamo fuori. La politica non si fa solo dentro o fuori. Abbiamo perso perché non abbiamo numeri che dicano che siamo vagamente convincenti. Il problema non è avere o no i consiglieri. Il problema è riuscire ad essere credibili: l’1,8 per cento non è abbastanza.

Di chi è la colpa?
E’ colpa di una campagna elettorale gestita male fin dall’inizio, di una perversione di Sel di accodarsi al Pd per poi svicolare in modo labirintico. La sinistra ha mostrato di vincere quando fa la sinistra, sul modello Pisapia, e non quando scimmiotta il centro.

Pisapia è stato tra i main sponsor di Ambrosoli.
Pisapia prenderà le responsabilità politiche anche di questo. Perché dobbiamo prenderle solo noi?

Adesso che cosa succederà? Passa nel Partito Democratico.
No. Io penso che adesso bisogna capire Sel che cosa fa. Se vuole rimanere la correntina esterna, che poi visti i numeri significa un “refolo”, del Pd, mi pare non valga la pena. Se vuole raggiungere risultati importanti allora bisogna che riprenda a dialogare con pezzi con i quali ha smesso di dialogare da qualche tempo. Avevo scritto che il progetto era fare in modo che questa sinistra fosse meno diffusa a livello di partiti e un po’ più diffusa a livello di percentuali.

Lei che cosa farà?
Io sono un umile servitore nella vigna di Sel. I dirigenti si prendano le loro responsabilità.

Quindi?
Quindi in fase congressuale ci saranno delle linee da rivedere e da decidere nuove linee e nuove sintesi.

Lei parteciperà in maniera attiva al congresso?
Io faccio politica scrivendo libri e facendo spettacoli teatrali. Dentro Sel ho trovato tantissima gente che ha la stessa idea di Paese che ho io. Non permetterò che per spirito di autoconservazione basti ai dirigenti il fatto di aver ottenuto un posto ma che si lavori sempre come una chiave collettiva di ideale.

In questa sconfitta Chiara Cremonesi ha qualche responsabilità?
Non più di quante ne abbia io. Poi devo dire che in tutti i partiti si tenta in ogni modo di fare campagne elettorali che somigliano da fuori a masturbazioni interne.

Se Pippo Civati divenisse segretario del Partito Democratico lei seguirebbe il suo amico?
Io penso che il Pd non sarebbe più il Pd. Il partito di Pippo Civati ha la stessa agenda politica che ho io. Sicuramente sarei a disposizione di Pippo perché possa fare in modo che le sue idee, che sono anche le mie, possano essere maggioranza.

Riscopriamo il gusto di essere differenti

CAV (2)

da LegnanoNews

Sel chiude la sua campagna elettorale al Circolone di Legnano.

Avete ventiquattro ore prima del voto, vorrei che riusciste a riscoprire il gusto di essere differenti“: così Giulio Cavalli, attore-giulalre candidato alle regionali, ha concluso il suo spettacolo “Nomi, cognomi, infami” preceduto da un dibattito aperto con la candidata alla Camera, Rosanna Pontani, coordinatrice del circolo legnanese di Sinistra Ecologia e Libertà.

Nel suo irriverente monologo, Cavalli ha usato la risata come arma antimafia: “Gomorra è già qui – ha detto il politico-arlecchino – è arrivato il momento di essere partigiani e di scegliere da che parte stare: chi è indifferente è colluso. Sono certo che anche la politica può  fare molto; con una mozione abbiamo dato una borsa di studio alla figlia di una testimone di giustizia seviziata uccisa, a Milano, non nel profondo Sud

Nel dibattito che ha preceduto lo spettacolo Cavalli ha ricordato quanto fatto negli ultimi anni: “Cosa ha fatto la Sinistra? – si domanda il candidato – Chiariamo che a volte in politica conta apparire, ma in questo particolare momento serve soprattutto modificare. Ricordo che sono stato il primo firmatario della legge sulla cultura della legalità, non solo, ho cercato sempre di occuparmi di ambiente, allargando il giro d’azione, in maniera molto aperta e anche qui ricordo la legge sul consumo del suolo, ci siamo anche impegnati sulla legge antimafia. Un piccolo appunto lo vorrei fare, vorrei ricordare che il modello di Formigoni non sempre si è rivelato così valido anche se sembrava solido“. Per Cavalli questo è il momento giusto per cambiare: ” dobbiamo proporre un’ alternativa ed in questo quadro politico è possibile – ha assicurato –esistono anche dei modelli politici diversi dalla tradizione, noi dobbiamo raccontare che esiste una Lombardia diversa!.

L’attore, nel rispondere a una  domanda ha quindi dato il suo giudizio sul consiglio regionale e ha spiegato come è cambiata la sua attività: “Direi che ora lavoro molto e dormo poco – ha risposto Cavalli –  Io mi occupo anche di teatro. Ebbene, politica e teatro sono molto simili e in quanto al mio ruolo, accetto sempre di essere giudicato. Gramsci dichiarò che il più grande lavoratore è un drammaturgo e quindi spero di esserlo. I problemi di questo consiglio regionale, poi, sono sostanzialmente due. In primo luogo ci troviamo di fronte a leggi troppo difficili che vengono purtroppo votate con facilità e in secondo luogo c’è uno scollegamento tra la realtà sociale e la classe politica“.

Infine, un commento su Umberto Ambrosoli:  “Il nostro candidato Presidente riesce a parlare a tutti con chiarezza. Tutti noi abbiamo interesse che sia lui il vincitore“.

Alessandra Faiella

Maroni? Da vent’anni dice anche che la Padania è realizzabile

Schermata 2013-02-09 alle 00.46.47Per la corsa al Pirellone è testa a testa tra Maroni ed Ambrosoli. Almeno secondo Giulio Cavalli, consigliere regionale in Lombardia con Sel e candidato con la coalizione di centrosinistra. Sulla campagna elettorale si dice ottimista e deciso a puntare su temi concreti: “Dobbiamo segnare una discontinuità dal formigonismo”. La proposta di Maroni di trattenere il 75% delle tasse in Lombardia? “Un paradosso – dice Cavalli -, in altre parole propone di trasformarci in una Regione a statuto speciale, proprio la Lega che ha sempre mal sopportato le Regioni a statuto speciale”. E sull’inchiesta della magistratura relativa ai rimborsi elettorali, che nelle ultime settimane, dopo Pdl e Lega, ha visto coinvolti anche esponenti del Pd, Idv e Sel si dice però sereno: “Io non sono indagato e mi risulta difficile pensare che quei fondi siano stati utilizzati per scopi non politici da parte del mio gruppo consiliare. Esiste, però, una questione giuridica e una questione di opportunità. E il centrosinistra in Lombardia è stato certamente inopportuno”.

Il colpo d’ala

Schermata 2013-02-08 alle 17.25.55La mia intervista per Affari Italiani:

di Fabio Massa

Giulio Cavalli, attore antimafia e consigliere regionale di Sel, sceglie Affaritaliani.it per lanciare un messaggio forte al suo candidato, Umberto Ambrosoli: “Invece di andare dietro a montiani disgiunti, sarebbe il caso di raccontare che un’alternativa alla Lombardia che c’è stata è assolutamente possibile. Nel momento in cui noi accontentiamo i montiani, avendo noi una opinione completamente diversa, forse c’è qualche problema a livello di comunicazione. Bisogna avere il coraggio una volta per tutte di dichiararsi di parte”. E sulle indagini dei rimborsi…

Giulio Cavalli, iniziamo dai sondaggi. Di fatto pare che Ambrosoli non sfondi. In tempi non sospetti lei chiese un forte cambio di passo. E’ stato fatto?
Io credo che la campagna elettorale sino a questo momento abbia fatto fatica a far emergere i contenuti. Maroni, lo vediamo tutti, è bravo a far emergere le spigolosità giuste per solleticare lo stomaco degli elettori. Il segnale che dobbiamo dare noi è un segnale di discontinuità. Una cosa che Maroni non può fare semplicemente perché  volente o dolente o nolente ha alle spalle Formigoni. Piuttosto che parlare di alleanze elettorali dobbiamo essere discontinui.

A proposito di alleanze, si parla di voto disgiunto.
Appunto, invece di andare dietro a montiani disgiunti, sarebbe il caso di raccontare che un’alternativa alla Lombardia che c’è stata è assolutamente possibile. La seconda cosa: è anche il caso di dire che l’eccellenza lombarda esiste. Ma che è l’eccellenza dei lombardi. Non dei politici. La nostra proposta si propone di riconoscere la proposta dei lombardi e di governarla con formule virtuose.

Il suo partito, Sel, è – secondo i sondaggi – al 2,8% o 3 per cento. In questo modo su Milano passa un consigliere solo: c’è una competizione interna…
Il mio interesse è fare vincere Ambrosoli. E mi auguro che tutti i partiti della coalizione non cerchino di lucrare sulla propria linea di galleggiamento ma che cerchino di far cambiare davvero questa Regione. Questa è un’occasione unica. Sel farà il suo compito: non credo che finiremo con quella percentuale. Conterà il fatto che i richiami ad Ambrosoli a giocare sulla fascia sinistra saranno rilevanti. Noi abbiamo dalla nostra parte qualcosa della quale vado fiero: nel momento in cui tutti dicono che fare il consigliere regionale è quasi un’onta, io sono molto fiero di aver lavorato nel gruppo Sel…

Anche perché lei, per la questione dei rimborsi, non è indagato. A differenza della sua capogruppo Chiara Cremonesi.
Io non sono indagato. E questa cosa voglio dirla con forza. Per quanto riguarda le indagini, spero che quanto prima ci venga detto chi è stato rinviato a giudizio e chi no, per evitare il gioco di “tutti uguali”. Non lo siamo.

C’è un’altra polemica su Sel: pare che il vostro partito sia al top nella classifica poco onorevole dell’affisione dei manifesti abusivi in città.
Io credo che la questione dell’affissione dei manifesti sia stata presa molto sottogamba in tutti questi ultimi anni, e in generale. Gli elettori non hanno attenzione per quello che c’è nei manifesti, ma per notare l’irregolarità dell’affissione. Io sto aspettando che siano sorteggiati gli spazi per affiggere i miei.

Albertini pare molto in difficoltà: i suoi iniziano a dire di votare Ambrosoli. Per voi è un plus o un handicap?
Nel momento in cui noi accontentiamo i montiani, avendo noi una opinione completamente diversa, forse c’è qualche problema a livello di comunicazione. Bisogna avere il coraggio una volta per tutte di dichiararsi di parte. Questo è il segnale di discontinuità. Anche perché in Lombardia stanno nascendo nuove figure mitologiche, dopo gli unicorni ci sono i moderati. Di persona non se ne incontra uno, a dire la verità. La mia campagna è “Ostinatamente smoderato”, il concetto mi sembra chiaro. Piuttosto che inseguire le percentuali ridicole dei montiani, bisogna pensare a tutti quelli che non hanno intenzione di votare. Meglio inseguire gli astenuti piuttosto dei montiani. Anche perché tra unicorni e montiani, qualche astenuto lo conosco.

@FabioAMassa

 

 

Nessuno è LIBERO di diffamare

2013-01-31-liberoMa c’è un limite che nessuna strategia può travalicare, al di là dei casi specifici, che valgono per chiunque, a destra come a sinistra, e a cui bisogna comunque concedere la possibilità di chiarire e spiegare. Quel limite è rappresentato dalla verità. Una notizia pubblicata in prima come in ultima pagina deve contenere un minimo di verità, anche una briciola, un pizzico, avere quantomeno un fondamento concreto. È la base del giornalismo. Ma, ripeto, c’è giornalismo e giornalismo. Giulio Cavalli si è trovato in mezzo alle frecce sudice di un giornalismo mistificatore e moralmente infimo. Il consigliere di Sel, l’uomo che ha sfidato la ‘ndrangheta a Milano e in Lombardia, una mattina di gennaio (il 31) ha trovato la sua foto in prima pagina, messo in mezzo a quelli che il quotidiano di Belpietro definisce “gli impresentabili”, ossia i consiglieri indagati per il caso delle spese folli in Regione.

Una riflessione di Massimiliano Perna. Da leggere.

Cavalli (Sel) alza il tiro contro l’ex ministro degli Interni Maroni

Da Varesereport

Presentati i candidati della provincia di Varese che correranno alle elezioni regionali, il 24 e 25 febbraio, sotto il simbolo di Sel. Capolista è il consigliere uscente di Sel, l’attore anti-mafia Giulio Cavalli, segiuito da Maria Cottini (insegnante di Busto Arsizio), Andrea Bagaglio (medico del lavoro e dirigente Asl di Varese), Cinzia Colombo (assessore all’Ecologia di Gallarate, educatrice), Francesco Liparoti (coordinatore provinciale di Sel e lavoratore esodato), Marzia Giovannini (avvocato di Varese), Luca Saibene (avvocato di Uboldo).
“Di Varese mi sono già occupato nella scorsa legislatura in Regione – esordisce l’attore e regista Giulio Cavalli, capolista di Sel, che alle scorse elezioni si presentò a Varese sotto le insegne dell’Idv -, in particolare ho voluto seguire le follie formigioniane relative a Malpensa”. Cavalli ha attribuito anche a Sel il merito di avere fatto cadere la giunta Formigoni in Regione. Ma il suo attacco più forte è nei confronti dell’attuale candidato presidente del centrodestra, il leghista Roberto Maroni. “Da ministro degli Interni è stato molto disattento nei confronti delle infiltrazioni della criminalità organizzata in questo territorio”, dichiara Cavalli. Non solo: Cavalli sottolinea il fatto che Maroni abbia “salvato Cosentino e collaborato con Dell’Utri”. Inoltre, nessun appoggio del Carroccio è venuto alla proposta, presentata dallo stesso Cavalli al Pirellone, di una Commissione Antimafia a livello regionale. Per il consigliere regionale uscente di Sel, che si atutodefinisce “ostinatamente smoderato”, “Umberto Ambrosoli è l’uomo simbolo della rinascita, ma se la coalizione di centrosinistra assumerà toni troppo moderati, ci saremo noi, simpatici ‘scassaminchia’ (come diceva Peppino Impastato), a farla tornare in carreggiata”.
Sui temi della laicità richiama l’attenzione Cinzia Colombo, che dice che “la Lombardia è una delle regioni più confessionali d’Italia”, mentre Bagaglio spiega di avere aderito al Comitato per l’ospedale unico a Varese e dichiara che il nuovo ospedale “viene gabellato come una cosa eccezionale, pur sapendo che non ci sarà mai per gli enormi costi di gestione che comporta”. “Credo nella passione dei diritti”, rimarca Marzia Giovannini, e Luca Saibene critica le opere formigoniane nel Saronnese e dichiara che “vanno tenuti in considerazione i diritti dei cittadini”.
Conclude la presentazione dei candidati Francesco Liparoti, che giustamente riporta l’attenzione generale sulla pesante crisi che colpisce la nostra Provincia. “Se Formigoni si è occupato di tante cose, non si è mai occupato dell’industria lombarda: in 17 anni non si è mai vista una seria politica industriale. Ora si perdono posti di lavoro e le piccole e medie imprese pagano un prezzo altissimo per la crisi, abbandonate a loro stesse”.

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Cavalli (Sel) ad Affari: “Ambrosoli abbia più coraggio. E c’è bisogno di Idv e Radicali”

(La mia intervista per Affari Italiani)

Schermata 2013-01-16 alle 13.39.37di Fabio Massa

Giulio Cavalli era uno dei candidati alle primarie per la scelta del candidato presidente della Regione Lombardia. Poi, dopo aver battagliato affinché le consultazioni si tenessero, aveva fatto pubblicamente un endorsement a favore di Umberto Ambrosoli e si era ritirato. Oggi, torna “sul luogo del delitto”, in un’intervista ad Affaritaliani.it. Per lanciare un messaggio forte al candidato civico del centrosinistra: “Io penso che si stia riuscendo nell’incredibile impresa di riabilitare Pdl e Lega, uno schieramento politico che nella realtà si ripresenta assolutamente uguale. Forse questa attitudine a presentare l’eccellenza della Regione Lombardia ha lasciato un po’ indietro l’attitudine a raccontare che cosa è stata la Lega Nord, che cosa è stato il formigonismo e che cosa questo matrimonio ha creato in questi anni. Umberto abbia più coraggio. Parli meno di liste e più di contenuti. E di una politica che non derivi da ultracentenari ex presidenti o da moderati per sfizio e per forza”. E ancora, sulle alleanze: “Ambrosoli ha bisogno dell’Idv. E anche i Radicali potrebbero dare un grande contributo”

Giulio Cavalli, è guerra di sondaggi. C’è chi dice che è in vantaggio Maroni. E chi dice che è in vantaggio Ambrosoli. Come commenta?
Io penso che si stia riuscendo nell’incredibile impresa di riabilitare Pdl e Lega, uno schieramento politico che nella realtà si ripresenta assolutamente uguale. Forse questa attitudine a presentare l’eccellenza della Regione Lombardia ha lasciato un po’ indietro l’attitudine a raccontare che cosa è stata la Lega Nord, che cosa è stato il formigonismo e che cosa questo matrimonio ha creato in questi anni.

Sta criticando la campagna elettorale di Ambrosoli?
Io credo che sarebbe il caso di parlare un po’ meno di liste e un po’ di più di contenuti. Farebbe più piacere ai nostri elettori. Ambrosoli sta giocando la sua campagna elettorale a suo modo. Io personalmente mi permetto di dare un consiglio ad Umberto, nonostante sia “forte perché libero”: il civismo è un ottimo ingrediente per dare il vestito iniziale dell’entrata in scena. Adesso è tempo di parlare di politica. I partiti così tanto bistrattati, sulle liste hanno seguito percorsi più o meno condivisibili, ma che sono stati discussi ed elaborati nei territori.

E Ambrosoli?
Mi sarei aspettato, proprio in nome del civismo, un’elaborazione politica e dialettica anche sulla composizione delle altre liste. Se nelle altre liste compare, come mi pare di capire, gente che ha come semplice merito il fatto di non avere un’investitura politica, allora forse qualcosa va rivisto. Umberto si occupa della Lombardia civica ma c’è una Lombardia politica che in consiglio regionale c’è stata, che è fiera di esserci stata, che è fiera di aver fatto l’opposizione a Formigoni, che in questo momento potrebbe dare un contributo concreto.

E’ d’accordo sul movimento che sta facendo il Pd per tenere lontano Ingroia, per difendersi da questo attacco da sinistra?
Io sono un resistente. Tutto quello che ha sullo sfondo una desistenza mi è antipatico. Credo che dentro Ingroia ci siano pezzi di centrosinistra e di sinistra diffusa che hanno voglia di dialogare e che possono essere utili a questa campagna elettorale. Dico di più: in questa formazione, con Ambrosoli, serve davvero l’Idv, la sua forza e la sua voglia di legalità.

E i Radicali?
I Radicali, pur con le loro contraddizioni, sono portatori di una radicalità dei diritti civili della quale in Lombardia ci sarebbe molto bisogno. Quando sento parlare di discontinuità, e di declinazione al plurale di famiglia, io penso che i Radicali avrebbero potuto essere dei buoni alleati per cambiare le cose.

Si pente della scelta di ritirarsi dalle primarie per sostenere Ambrosoli?
Assolutamente no, io penso che Ambrosoli sia una persona credibile. Ma credo che dovrebbe essere più coraggioso: per parlare di innovazione bisogna anche formulare pensieri politici che non derivano da ultracentenari ex presidenti o da moderati per sfizio e per forza. Tra l’altro io mi sono ritirato anche per motivazioni private. Dopo aver passato un momento abbastanza complicato, ad oggi posso dire di essere molto sereno e molto combattivo. Con gli avversari politici e anche con gli alleati, quando sono troppo moderati.

Lei come sta affrontando la campagna elettorale?
Direi bene. Procede. Sinistra ecologia e libertà ha dimostrato di essere molto più matura dell’età che ha. La battaglia politica interna ha dato i risultati di un confronto retto e leale. Sono contento di essere in un partito composto da persone civiche, che oggi si trova unito e compatto per Camera, Senato e Regione. Io e Chiara Cremonesi, come mia capogruppo abbiamo sulle spalle un’attività amministrativa sotto gli occhi di tutti. Per questo invito gli alleati ad essere più concreti. Uscendo da quel dibattito stucchevole di sanità pubblica o privata per parlare di obiettivi di riequilibrio. O di riforma della legge elettorale. A me non piace quest’idea per la quale tutto il lavoro che è stato svolto nei nostri anni di consigliatura, sia un’ombra da dimenticare.

Milano connection

In scena, da Repubblica
Giulio Cavalli debutta alla Cooperativa con “Duomo d’onore”, monologo con la regia di Renato Sarti
Milano connection
“La mafia è sotto casa al bar e al supermarket”
SIMONA SPAVENTA
«NON bisogna aver paura di ciò che non si conosce, ma di quello che si crede vero ma non lo è». Cita Mark Twain Giulio Cavalli che, dopo aver raccontato la mafia a Milano tre anni fa in A cento passi dal Duomo, quando ancora le indagini non avevano smascherato le infiltrazioni della ‘ndrangheta in città, oggi porta a teatro un nuovo capitolo di quella inchiesta, svelando la criminalità invisibile che si cela nel nostro quotidiano. Lo fa con Duomo d’onore, da stasera al teatro della Cooperativa. Un monologo scritto con l’aiuto un gruppo di giornalisti — daGianni Barbacetto a Mario Portanova — per la regia di Renato Sarti.
Lei è stato profetico: nel luglio 2010 l’operazione Crimine Infinito ha portato a 300 arresti di mafiosi in Lombardia.
«Parto proprio da lì. Prima si negava l’esistenza della ‘ndrangheta a Milano, da Crimine Infinito si sono scatenati sdegno e preoccupazione. Ora, però, ci vuole “occupazione”: bisogna occuparsene. Il lavoro nasce per questo. Qui non c’è più la bulimia di dare informazioni, né l’obbligo al teatro-giornale. Torno a fare il narratore puro».
Che cosa racconta?
«Racconto delle storie, dei pezzi di quotidianità. Tutti abbiamo mangiato dagli “unti”, ma non tutti sanno che dietro a quegli hot dog c’è la ‘ndrangheta, il racket dei paninari. Entro nei bar, dove ci sono i videopoker controllati dai Casalesi, parlo dei compro oro, del riciclaggio, dei bar e dei ristoranti comprati e rivenduti, degli ipermercati così vicini da non aver clienti, assediati dal racket del facchinaggio».
La mafia è sotto casa, insomma.
«Il nostro è sano terrorismo psicologico. Vorrei che le signore tornassero a casa e leggessero i nomi dei vicini sui citofoni, sarebbe un bene in una regione narcotizzata come la nostra. Perché la mafia è tra di noi. E non bisogna essere profeti né eroi per mantenere allenato il muscolo della curiosità».
Lei, però, continua a vivere sotto scorta.
«Le minacce sono una cosa continua, ma per fortuna i miei tre bambini non lo sanno, vivono con serenità. Chi me lo fa fare? La volontà di essere intellettualmente onesto. E, gramscianamente, la gioia di non essere indifferente».
I casi di collusione con la politica sono stati eclatanti. Li tocca?
«Impossibile non parlare di Zambetti, uno che piange minacciato dai boss da cui aveva comprato voti, peraltro facendosi fregare sul prezzo. Una di quelle storie che se accade in Calabria o in Sicilia, noi sorridiamo superiori e distaccati. Invece è accaduto qui. Lo tratto come fosse un argomento da bar, perché le quote comiche non mancano nello spettacolo. E ogni risata su un boss fa bene, ne sgretola l’onore».
Lei è consigliere regionale per Sel. Non c’è il rischio comizio?
«Dopo un ventennio di conflitti d’interessi anti-etici rivolti a lobby ristrette e poco legali, trovo bellissimo e coltivo volentieri un conflitto d’interesse tra palcoscenico e bellezza, dove la lobby è quella degli spettatori. Sulle primarie della sinistra preferisco non far commenti, ma le dico una cosa: continuerò a far politica. Sarò uno “scassa minchia”, per dirla con Impastato».

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