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R. Stampa politica

VARESENEWS sugli arresti “predetti” da Giulio Cavalli

Gli arrestati accusati di essere affiliati alla ‘ndrangheta che operano nel territorio del Varesotto, tutti appartenenti alla locale “Lonate Pozzolo-Legnano” sono volti noti, già coinvolti nell’operazione Bad Boys (prossima udienza in ottobre) messa a segno nel marzo/aprile 2009. In manette è finito nuovamente Vincenzo Rispoli, ortolano, 48 anni, residente a Legnano: è sospettato di essere il capo della locale “Lonate Pozzolo-Legnano”, con contatti stretti con i vertici della cosca Farao Marincola che domina a Cirò Marina suo paese d’origine (è nipote di Giuseppe Farao, capobastone del clan cirotano) Rispoli era finito in carcere lo scorso aprile, per poi essere liberato dalla Corte di Cassazione nel novembre 2009 in seguito ad un ricorso del suo avvocato. Il vice di Rispoli secondo gli inquirenti sarebbe Emanuele De Castro, classe 1968, muratore residente a Lonate Pozzolo ed originario di Cirò Marina, anch’egli arrestato nell’operazione Bad Boys; come pure Nicodemo Filippelli, 39 anni, imprenditore edile, lonatese d’importazione e cirotano d’origine, fratello di Mario, condannato in primo grado a 13 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa ed estorsione. In manette anche altre vecchie conoscenze già finiti in manette tra marzo e aprile 2009: Luigi Mancuso, classe 1977, commerciante di Busto Arsizio; Antonio Benevento, classe 1974, muratore di Legnano; Fabio Zocchi, classe 1962, immobiliarista residente a Gallarate. Con loro in carcere è finito anche Vincenzo Alessio Novella di Legnano. Affiliati alla locale di Bollate sarebbero invece Ernestino Rocca, Annunziato Vetrano e Orlando Attilio Vetrano, tutti residenti a Saronno. Le indagini sono partite dall’omicidio del dissidente Carmelo Novella assassinato il 14 luglio 2008, in un bar di San Vittore Olona, a due passi da Legnano.

Come detto gli arrestati di Legnano, Lonate Pozzolo, Gallarate e Busto Arsizio sono tutti appartenenti alla cosca legata ai Farao Marincola: un’organizzazione molto ricca e altrettanto ben introdotta negli ambienti che contano, dalle amministrazioni comunali agli istituti di credito. I carabinieri solo pochi mesi fa (a marzo 2010) avevano messo a segno un maxi sequestro contro i beni della cosca: 20 milioni di euro,17 società, 34 appartamenti, 4 bar e ristoranti, 1 terreno, 20 auto, 70 conti correnti. Gestivano bar e ristoranti e si trovavano per prendere decisioni al crossodromo di Cardano al Campo e in locali di Busto e Legnano. A loro sarebbero anche da ricondurre anche gli omicidi di Cataldo Murano, trovato carbonizzato nella sua auto in zona boschiva di Lonate Pozzolo il 6 gennaio 2005; Giuseppe Russo, (foto a destra) avvenuto il 27 novembre 2005 all’interno di un bar di Lonate Pozzolo e Alfonso Murano, avvenuto a Ferno il 27 febbraio 2006. Di loro ha parlato più volte Giulio Cavalli, attore teatrale e da poco consigliere regionale dell’Italia dei Valori: nel suo spettacolo si citano sempre Rispoli (il “principe nero”), i Filippelli, De Castro, si ricorda la sfilata del santo cirotano, San Cataldo, che ha preso il posto di Sant’Ambrogio e dei santi “nostrani”, le intimidazioni di Lonate Pozzolo e Besnate e le denunce di alcuni (pochi) che ci avevano visto lungo.

http://www3.varesenews.it/lombardia/articolo.php?id=178507

Articolo di Giulio Cavalli su ALTRECONOMIA di marzo

Forse arriverà un giorno che non ci sarà più bisogno di aggiungere nessuna specifica geografica. Dunque niente “mafia al nord” o “mafie in Lombardia” o peggio “qui la mafia non esiste”, dove il qui è una città qualunque. Sarà forse che il recente piglio localizzatore è così simile ad una eco di scaricabarile, ma il medioevo della responsabilità è tutto nel volere disegnare giardini vergini ognuno a casa sua mentre le mafie dovrebbero pascolare pelose ma comunque lontane.

Oggi il cartello mafioso (con Camorra, Cosa Nostra e ‘Ndrangheta a tirarne le fila) trova in settentrione un alleato assolutamente insperato: l’indifferenza nella sua accezione più insalubre. Dopo avere superato il negazionismo (da Pillitteri in poi), l’ignoranza più o meno intenzionale (nelle visioni superficialmente ottimistiche del sindaco Moratti) ci ritroviamo oggi di fronte ad un “federalismo di responsabilità” che delimita il problema alle regioni meridionali. Ci ritroviamo così seduti a raccontarci e rimasticare la letteratura criminale della Sicilia o della Calabria mentre le seconde e le terze generazioni delle famiglie storiche impiantate al nord si ripuliscono per reinventarsi imprenditori dell’ultima ora.

Eppure oggi in Lombardia possiamo affermare di avere tutti i segnali di una criminalità organizzata in ottima salute: beni confiscati (nei primi posti a livello nazionale), riciclaggio, contatti bipartisan con esponenti politici (è di oggi, mentre scrivo, la notizia degli arresti dell’ex sindaco Pd di Trezzano sul Naviglio Tiziano Butturin e l’ex assessore al lavori Pubblici dello stesso Comune, oggi consigliere comunale Pdl), e addirittura morti ammazzati (l’ultimo a Milano è Giovanni Di Muro, il 41enne salernitano freddato a colpi di pistola il 5 novembre scorso in via dei Rospigliosi).

In una società responsabile e dignitosa superare il problema facendosene carico e non semplicemente scavalcandolo sarebbe un obbligo morale. Oggi, in Lombardia ma più generale giù al “nord”, parlare di mafia è diventato un gioco delle parti tra presunti allarmisti e mediatori per convenienza, tra analisi strumentali e mistificazioni coprenti. E tutto intorno non si alza nemmeno la polvere.

Tutto intorno una regione sonnacchiosa mentre apparecchiano il banchetto dell’Expo. Una regione che controlla la carta d’identità di un mojito e cammina su fiumi di cocaina. Una regione che s’abbuffa alle conferenze stampa delle grandi opere e che inciampa al primo gradino del primo subappalto. Una regione che convoca gli stati generali dell’antimafia per ribadire di stare tranquilli. Una regione che ci convince di aver risolto tutto spostando i soldatini del Risiko con la scioltezza di un tiro di dadi. Una regione che se il fenomeno criminale non emerge allora non esiste. Una regione che mette i moniti dei procuratori antimafia nei faldoni di “costume e società”. E intanto ride. Sonnacchiosa. Impermeabile.

Ora la società civile è chiamata ad essere civile. Civile nel senso di responsabile. Attiva nel senso di mai ferma. Solidale nel non sopportare il silenzio. Oggettiva, a guardarsi dall’alto. Tutta intera. Tutta.

http://www.altreconomia.it

De Magistris tra leggi vergogna, elogi ai pregiudicati ed elezioni regionali

Luigi De Magistris, eletto parlamentare europeo, è ora anche Presidente della Commissione per il controllo dei bilanci. Strano segno del destino. Dopo aver dovuto abbandonare il suo lavoro di pm anche per aver indagato, con la sua inchiesta Poseidon, su un presunto uso illecito di denaro pubblico legato agli aiuti comunitari per 200 milioni di euro, oltre che per aver portato alla luce, con Why not e Toghe lucane, un intreccio oscuro tra imprenditoria, politica e settori della magistratura, la cosiddetta “Nuova P2”, oggi si ritrova proprio a poter controllare e garantire la trasparenza dell’investimento dei finanziamenti comunitari nei paesi aderenti all’Ue, in primo luogo l’Italia, dove la dilapidazione del denaro pubblico è una costante da decenni, provocata dall’ingordigia e dall’inettitudine di una classe dirigente corrotta, al servizio di loschi comitati d’affari, che si spartisce la torta degli aiuti destinati allo sviluppo e alla crescita delle zone più disagiate e povere del nostro paese.

De Magistris si è laureato in Giurisprudenza a 22 anni con 110 e lode, a 26, nel 1985, ha superato il concorso in magistratura, e dopo il tirocinio a Napoli, ha cominciato ad esercitare le funzioni giudiziarie come Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, in cui ha lavorato dal ’96 al ’98. Dal 1999 al 2002, dopo aver chiesto il trasferimento, è stato pm a Napoli. Dal 2003 al 2008 sarà pubblico ministero a Catanzaro, e proprio in Calabria toccherà quei fili dell’alta tensione che porteranno alla sua estromissione dalle inchieste che aveva seguito e al successivo abbandono di quello che era stato il suo lavoro e la sua passione, costato infiniti sacrifici.
Luigi De Magistris la giustizia se la porta nel sangue, nel Dna, appartiene infatti ad una famiglia che ha dato in linea diretta già tre esponenti alla carriera magistratuale. Suo bisnonno fu oggetto di attentato per aver perseguito il malaffare nei primi anni dell’Unità d’Italia. Anche questi, strani segni del destino. Quando annunciò, nel marzo 2009, la sua candidatura per le europee con il partito dell’Italia dei valori, fece sapere che lasciava così “un lavoro al quale ho dedicato quindici anni della mia vita e che è stato il mio sogno, come ha detto qualcuno, la missione di questi anni”.
Appena mette piede in politica, viene eletto europarlamentare risultando il secondo candidato più votato in Italia dopo il Presidente del Consiglio con 415.646 preferenze, e così oggi vigila sui milioni di euro destinati al progresso del nostro paese dall’Unione Europea.
De Magistris ha accettato di parlare un po’ con noi di quello che succede in questi giorni in Italia, tra strane celebrazioni a latitanti defunti, elezioni regionali e candidature che lasciano far sperare.
Tra un po’ ci sono le elezioni regionali, com’è la situazione nella sua regione, la Campania?
La situazione è che noi come Italia dei Valori auspichiamo una forte discontinuità col centro-sinistra. Il centro-sinistra ha governato per molti anni e ha governato abbastanza male, soprattutto per un forte rifiuto della questione morale in alcuni settori in particolare come l’ambiente, la sanità. In questo momento un cambiamento si potrebbe avere solo con un rinnovamento significativo della classe dirigente, con persone che vengono dalla politica ma anche dalla società civile, che insieme stabiliscano un nuovo patto con i cittadini campani per poter dare slancio a una regione che rischia altrimenti di essere governata dai plenipotenziari della criminalità organizzata.
Cosa pensa delle indagini su Vendola e cosa pensa succederà adesso in Puglia?
Sulle indagini su Vendola non commento perché io sono stato magistrato per quindici anni e spetta alla magistratura accertare le responsabilità penali. Devo dire che anche in Puglia il centro-sinistra è crollato sulla questione morale, che è divenuta anche, come si sta accertando in questi mesi, questione criminale. Non c’è dubbio, devo anche constatare che si verifica l’ennesima grave fuga di notizie alla procura di Bari, o comunque con riferimento ad indagini svolte dalla procura di Bari.
E della candidatura della Bonino nel Lazio che ci dice?
Bisogna vedere. Così come le candidature in Puglia, di Vendola, e così quella della Bonino sono le candidature su cui si può ragionare tranquillamente. La candidatura della Bonino è una candidatura che potrebbe essere buona, certo i Radicali devono entrare in un ottica di sapersi confrontare in modo adeguato anche con gli altri partiti che appoggiano la Bonino. In particolare Italia dei Valori ha sempre avuto tra l’altro un atteggiamento molto costruttivo e positivo nei confronti dei Radicali. Io personalmente penso sia una candidatura da sostenere.
Ieri lei ha detto che “ci si inchina ad Hammamet per genuflettersi verso Arcore”. Che giudizio dà a questa riabilitazione di Craxi tra l’altro anche da parte del Presidente della Repubblica?
Quella di questi giorni e una vera e propria vergogna politica e istituzionale, che tra l’altro coincide negli stessi giorni in cui Paolo Borsellino avrebbe fatto 70 anni. Questo è un paese che ormai considera eroe Mangano lo stalliere o Craxi. Quindi considera eroi i mafiosi o i corrotti, mentre a chi ha contrastato il crimine organizzato, a chi è vittima di mafia, magari si fa semplicemente un ricordino che vale la decima pagina di un giornale. Questa riabilitazione politica è per dare ancor più forza a Berlusconi, che è figlioccio di Craxi, figlioccio politico. Non dimentichiamoci che il potere mediatico di Berlusconi nasce e si consolida proprio attraverso il rapporto con Craxi. Se Berlusconi ha un potere così grande è perché gliel’ha consentito Craxi, ed ecco perché adesso la televisione di regime e il sistema castale del potere politico e istituzionale deve riabilitare l’immagine di Craxi continuando nell’opera di demolizione dell’inchiesta Mani Pulite, che invece rimane una pietra miliare nella storia giudiziaria e contemporanea del nostro paese. Quindi do un giudizio scandaloso su quello che sta avvenendo in questi giorni.
Al Senato è passato il processo breve. Cosa ne pensa e cosa pensate di fare alla Camera?
Questa è un’altra legge vergognosa, ma non c’è nulla di nuovo sotto al sole. Ormai sono sedici anni che il parlamento è bloccato per trovare una soluzione legislativa ai processi di Berlusconi. Ci hanno provato da ultimo con il Lodo Alfano del Ministro dell’Ingiustizia che si chiama Alfano, la Corte Costituzionale ha ripristinato la legalità costituzionale, ma immediatamente dopo, come aveva preannunciato Gasparri, si sono trovati ulteriori cavilli giuridici e legislativi per sottrarre Berlusconi ai processi. Questa è la legge sulla prescrizione breve, una legge indegna, perché sottrae al giudizio una serie di categorie di persone che sono sotto processo, in particolare i colletti bianchi, una legge incostituzionale perché differenzia le persone, che non son più uguali davanti alla legge, un’amnistia di fatto. Il governo invece di mettere in condizione i tribunali di poter lavorare celermente dando magistrati, mezzi, risorse, strutture e quant’altro fa delle leggi che sono sostanzialmente delle vere e proprie amnistie. Ma ripeto, nulla di nuovo sotto al sole. Fin quando non troveranno il lodo, finalmente, a misura d’abito di Berlusconi, non la smetteranno a ridurre il parlamento ad una funzione servente gli interessi del Presidente del Consiglio.
Torniamo alle regionali. Domani (oggi, n.d.r.) lei sarà con Giulio Cavalli che comincerà la sua campagna elettorale. Perché Giulio Cavalli e perché il suo appoggio?
La candidatura di Giulio Cavalli è stata una notizia importante. Io sostengo Giulio Cavalli perché è una persona intelligente, una persona sensibile ai temi della legalità, del contrasto del crimine, persona che ha subito gravi minacce proprio per contrastare il crimine in Lombardia, quindi non solo nel sud del nostro paese, a dimostrazione che il crimine organizzato non ha frontiere, non ha territori regionali, ma purtroppo è una piaga, un cancro, che sta corrodendo la democrazia nel nostro paese e che si sta estendendo in tutta Europa, anche nei paesi fuori dall’Europa, e quindi le battaglie per la legalità, per la giustizia e i diritti vanno fatte in ogni luogo. Quindi che ci sia in Lombardia un candidato come Giulio Cavalli è una buona notizia innanzitutto per i lombardi e per i collegi, il territorio, dove potrà essere eletto, perché se lui va nel Consiglio regionale della Lombardia, sicuramente potremmo stare tutti più tranquilli che potrà dar voce certa a chi ha sete di giustizia e vuole un’altra Lombardia e un’altra Italia.
Pensa che possa davvero a fare qualcosa in questa regione, visti anche gli arresti eccellenti di questo periodo?
Ognuno si deve rimboccare le maniche e fare qualcosa per il prossimo, per la giustizia e per la tutela dei diritti soprattutto dei più deboli, ognuno deve fare il suo. Giulio Cavalli son sicuro che lo farà. Certo, Cavalli non è il messia sceso in Lombardia, va aiutato, va supportato, bisogna fare squadra attorno a lui, ci sono tante altre persone che si impegnano quotidianamente nel contrasto al crimine, all’illegalità, e per una maggiore giustizia, per il lavoro, per uno sviluppo compatibile con l’ambiente. Se saremo in tanti ad andare in questa direzione avremo in tempi brevi un altro paese, del quale non ci dovremmo più vergognare quando andiamo all’estero.
Trova dei paralleli tra lei e Cavalli?
No, beh, son due storie completamente diverse. Io ho la mia storia personale che è unica e come è giusto che sia, così come Giulio Cavalli ha la sua storia, che è unica anche per lui. Non so se sono i percorsi che son simili, le sensibilità che sono simili, i progetti, i sogni, la voglia di cambiare, ma poi ognuno ha la sua storia, tra l’altro lui viene dal mondo dell’arte, dello spettacolo, del teatro, io vengo dalla magistratura; insomma sono anche percorsi professionali molto diversi da questo punto di vista.
Pensa ci sia qualche possibilità per lui di ripetere il suo exploit?
Anche qui son paragono che non si possono fare, perché io ero candidato alle europee, con un sistema elettorale completamente diverso, son stato candidato su tutto il territorio nazionale. Lui è candidato alle regionali, una situazione più difficile, ma credo che possa essere eletto, dipende dalla sua capacità di trasmettere entusiasmo nei lombardi e renderli protagonisti di un cambiamento. Io credo che Giulio Cavalli abbia queste caratteristiche e mi auguro che sarà aiutato da persone per bene, coraggiose, con voglia di produrre un cambiamento nella regione Lombardia.
Di cosa state discutendo in questi giorni al Parlamento europeo?
Proprio in queste ore stiamo procedendo alle audizioni dei nuovi commissari designati da Barroso. E’ un’attività molto delicata, perché si tratta di decidere se i commissari hanno le doti della capacità, dell’indipendenza, per poter svolgere in modo adeguato e concreto il loro mandato. Quindi stiamo facendo le audizioni, che ci stanno impegnando moltissimo, sono molto difficili e stiamo cercando di svolgere al meglio quest’attività.