La cura
Se c’è qualcosa che mi commuove è la cura. Da sempre. La cura con cui i nonni con le mani indurite da una vita di lavoro soffiano il naso minuscolo del nipote a passeggio. La cura dell’innamorato che tende la mano prima delle scale. La cura del piccolo che stringe il fratello maggiore per rincuorare senza chiedere di capire. La cura della memoria, in tutte le sue forme, dal teatro alle pagine di un libro fino al racconto di padre in figlio. E mi colpisce la cura di Rebecca “Becci” Manson: Rebecca è una fotografa inglese che decide di partire per il Giappone dopo lo tsunami del 2011 per dare una mano. L’aveva già fatto con Haiti e aveva il palato e lo stomaco preparati alle catastrofi. Arrivata a Tohuku si accorge che insieme alle macerie e le vittime il vento e l’acqua hanno grattato migliaia di fotografie che stavano sparse e sfocate dalla sabbia. Provo a pensare come le deve essere battuto il cuore a lei, con quel cuore di fotografa, nel vedere la memoria sgualcita come monnezza. Mentre tutti aggiustavano le cose e le persone Rebecca ha deciso di aggiustare le foto. Aggiustarle: riportarle in vita. Togliere i granelli di sabbia dalla memoria oltre che dai polmoni.
Abbiamo archeologi come Piccoli Principi, in giro per il mondo.