Vai al contenuto

regione lazio

Rinvio a giudizio per 16 ex consiglieri regionali del PD

Eppure con Cota in Piemonte in Regione Lombardia urlarono tutti la propria indignazione. Sulla Regione Lazio invece si coglie un certo abbassamento di voce. Ecco la notizia de Il Fatto Quotidiano:

 

Con i soldi del gruppo in consiglio regionale si sono pagati pranzi, cene e persino sagre del tartufo. Con questa accusa saranno processati 16 ex consiglieri regionali del Pd nel Lazio. Lo ha deciso il gup Alessandra Boffi accogliendo le richieste dei pm Alberto Pioletti e Laura Condemi. I reati contestati a vario titolo sono peculato, abuso d’ufficio, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e truffaLe accuse si riferiscono al periodo 2010-2013 e riguardano l’utilizzo dei fondi regionali anche per l’acquisto di servizi in realtà mai effettuati dalle società coinvolte.

Rinviati a giudizio nel processo che inizierà il 22 gennaio del 2017 ci sono esponenti importanti del partito di Matteo Renzi. A cominciare dall’ex capogruppo del Pd in Regione e attuale sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, nome di punta dei dem romani. Alla sbarra ci sono anche gli attuali senatori Bruno Astorre, Claudio Moscardelli, Daniela Valentini, Francesco Scalia e Giancarlo Lucherini, più l’ex capo della segreteria di Ignazio Marino, Enzo Foschi. Sarà processato anche il deputato Marco Di Stefano, che nell’aprile del 2016 aveva già incassato il rinvio a giudizio con le accuse di abuso d’ufficio, truffa e falso per presunti illeciti legati a un mega affare immobiliare.

L’indagine nasce dalle condotte contestate a Mario Perilli, originario di Rieti, che con i soldi destinati al funzionamento del gruppo avrebbe offerto ad amici e simpatizzanti pranzi e feste dagli 8 ai 20mila euro. Tra le storie documentate dagli inquirenti c’è per esempio quella dei 25 fagiani frutto di una battuta di caccia a Fiumicino, messi a tavola ma anche sul conto. Gli ex consiglieri sono accusati di aver pagato con soldi pubblici le multe, i biglietti aerei e pure gli addobbi per l’albero di Natale. C’è chi ha messo in conto una bottiglietta d’acqua da 45 centesimi ma anche chi ha finanziato una sagra del tartufo con 5.000 euro e spacciandola come convegno.

 

La Lupa: la mafia romana, i nomi

La mani mafiose sul Campidoglio. Una immagine che si svela con un’inchiesta della Procura di Roma, battezzata Terra di Mezzo, che porta in carcere 28 persone e ha fatto finire nel registro degli indagati il nome di 37 persone tra cui quello dell’ex sindaco della Capitale, Gianni Alemanno. Che risponde di associazione di stampo mafioso. Ai 37 gli inquirenti, coordinati di Giuseppe Pignatone, contestano a vario titolo, anche estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri reati.

Al centro dell’indagine del Ros, un sodalizio da anni radicato a Roma e facente capo a Massimo Carminati, ex terrorista di estrema destra dei Nar ed ex membro della Banda della Magliana, con infiltrazioni “diffuse” nel tessuto imprenditoriale politico e istituzionale.Tra gli arrestati anche l’ex ad dell’Ente Eur, Riccardo Mancini. È in alcuni intercettazioni, Tra Mancini e Carminati, che è venuto fuori il nome dell’ex primo cittadino, dei rapporti con alcuni importanti imprenditori romani.

I carabinieri hanno perquisito gli uffici della Regione Lazio e del Campidoglio per acquisire documenti gli uffici della Presidenza dell’Assemblea Capitolina e presso alcune commissioni della Regione Lazio.Contemporaneamente la Guardia di Finanza ha eseguito un decreto di sequestro di beni riconducibili agli indagati, emesso dal tribunale di Roma, per un valore di 200 milioni di euro. Gli inquirenti, infatti, hanno documentato un sistema corruttivo finalizzato all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate, con interessi anche nella gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati.

In manette anche Riccardo Brugia, Roberto Lacopo, Matteo Calvio, Fabio Gaudenzi, Raffaele Bracci, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto, Agostino Gaglianone, Salvatore Buzzi, Fabrizio Franco Testa, Carlo Pucci, Franco Panzironi, Sandro Coltellacci, Nadia Cerrito, Giovanni Fiscon, Claudio Caldarelli, Carlo Maria Guarany, Emanuela Bugitti, Alessandra Garrone, Paolo Di Ninno, Pierina Chiaravalle, Giuseppe Mogliani, Giovanni Lacopo, Claudio Turella, Emilio Gammuto, Giovanni De Carlo, Luca Odevaine. Il gip ha disposto gli arrestu domiciliari per Patrizia Caracuzzi, Emanuela Salvatori, Sergio Menichelli, Franco Cancelli, Marco Placidi, Raniero Lucci, Rossana Calistri, Mario Schina. Il giudice per le indagini preliminari ha invece rigettato la richiesta di misura cautelare nei confronti di Gennaro Mokbel e Salvatore Forlenza, che sono comunque indagati.

Domenica scorsa era stata perquisita la casa di Marco Iannilli, il commercialista romano, già finito in carcere e condannato in primo grado per la colossale truffa su Fastweb e Telecom Sparkle e coinvolto nel caso Enav. Domenica gli uomini del Ros hanno effettuato delle perquisizioni nella villa di Iannilli a Sacrofano, in provincia di Roma. Perquisita anche la casa di Gianni Alemanno, l’ex sindaco di Roma.

di Marco Lillo e Valeria Pacelli

(link)

Mafia e politica: Roma bolle

Nuovo scandalo nella politica romana: martedì mattina i carabinieri dei Ros sono entrati nella sede della Regione Lazio alla Pisana ma anche in Campidoglio per effettuare una serie di perquisizioni negli uffici di alcuni consiglieri regionali e comunali, nell’ambito di un’inchiesta su un’organizzazione di stampo mafioso. Documenti sono stati acquisiti presso gli uffici della presidenza dell’Assemblea Capitolina. Perquisita anche l’abitazione dell’ex sindaco della Capitale, Gianni Alemanno. Nell’inchiesta denominata «Mafia capitale» – che sta determinando 28 arresti – Alemanno (oltre che ex primo cittadino, ex ministro del governo Berlusconi) è coinvolto come indagato del reato di associazione di stampo mafioso insieme ad altri 36 indagati, tra i quali Mirko Coratti, Eugenio Patanè e Luca Gramazio, attuale consigliere regionale del Lazio.

Appalti dirottati anche per i centri d’accoglienza

Nel mirino degli inquirenti una vera e propria «holding criminale» che spaziava dalla corruzione – per aggiudicarsi appalti – all’estorsione, all’usura e al riciclaggio. Un sodalizio radicato a Roma con a capo il redivivo ex Nar ed ex Banda Magliana Massimo Carminati, finito in manette. Gli inquirenti hanno documentato «un sistema corruttivo finalizzato all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate, con interessi anche nella gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati». Nell’ambito della stessa operazione, la Guardia di Finanza sta eseguendo un decreto di sequestro di beni riconducibili agli indagati, emesso dal tribunale di Roma, per un valore di 200 milioni di euro.

«Relazioni tra giunta Alemanno e gruppo criminale»

«Allo stato dell’indagine – si legge nell’ordinanza d’arresto firmata dal giudice Flavia Costantini – può essere affermato con certezza è che vi erano dinamiche relazionali precise, che si intensificavano progressivamente, tra Alemanno, sindaco di Roma, e il suo entourage politico e amministrativo, da un lato e il gruppo criminale che ruotava intorno a Buzzi e Carminati, dall’altro; dinamiche relazionali che avevano ad oggetto specifici aspetti di gestione della cosa pubblica e che certamente non possono inquadrarsi nella fisiologia di rapporti tra amministrazione comunale e stakeholders». Da ambienti giudiziari si conferma che sono in corso 28 arresti di noti protagonisti della politica romana. Alcune ordinanze di custodia cautelare sarebbero già state eseguite su ordine del Gip. L’indagine è coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone – che nei giorni scorsi aveva lanciato un allarme proprio sull’emergenza infiltrazioni criminali nella politica a Roma – dall’aggiunto Michele Prestipino e dai sostituto Paolo Ielo e Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli.

In Procura Di Stefano: tangenti dai costruttori

Dopo lo scandalo di Marco Di Stefano (deputato Pd a lungo in Regione Lazio, dove fu anche assessore al Patrimonio) travolto a fine ottobre dall’inchiesta per le tangenti da due milioni di euro nel caso deli affitti pilotati alla PIsana, una nuova puntata del «Lazio gate» sembra travolgere l’istituzione oggi guidata dal governatore Nicola Zingaretti, che pure ha ricevuto nei giorni scorsi il plauso della Corte dei Conti per i notevoli progressi fatti sotto il profilo del risanamento dei conti pubblici e della trasparenza. Proprio mentre scattavano el perquisizioni, martedì Di Stefano è arrivato a Piazzale Clodio per essere interrogato nell’ambito dell’inchiesta su una presunta tangente che avrebbe ricevuto, quando era assessore alla Regione Lazio nella giunta Marazzo, dai costruttori Antonio e Daniele Pulcini. Di Stefano è indagato per corruzione e falso: per l’accusa la tangente servì per favorire la locazione di due immobili dei Pulcini alla società «Lazio service». Di Stefano sarà sentito anche come testimone sulla scomparsa del suo braccio destro Alfredo Guagnelli.

(link)

L’esempio di Zingaretti

Le nomine e la sanità: il binomio è spesso una collusione. In Regione Lombardia la questione delle nomine è un chiodo che non riesco a togliermi, dalle spartizioni di partito, agli indagati eppure nominati, agli amici degli amici eppure nominati fino alle nomine al fotofinish, è stato un crescendo di inopportunità. Eppure volendo una soluzione (o almeno un tentativo che appaia logico e coerente nella concezione) è possibile: la Regione Lazio introduce nuove norme per la nomina dei direttori generali di Asl, aziende ospedaliere e istituti di ricovero, con lo scopo di eliminare l’influenza della politica nelle scelte. Per il presidente, Nicola Zingaretti si tratta di “Una rivoluzione del merito e del valore delle persone”. A valutare le domande di candidatura, che potranno essere presentate entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta ufficiale, sarà una terna di esperti nominata dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. La Regione avrebbe diritto  di nominare due suoi rappresentati in questa commissione, ma ha rinunciato ad esercitare questo potere. Prima, per essere inseriti nell’elenco dei candidati, per chi proveniva dal pubblico bastava essere stato direttore di unità operativa semplice, ora solo di unità operativa complessa. Mentre prima per chi proveniva dal privato era sufficiente aver avuto la direzione di una qualunque azienda a prescindere dagli addetti e dalla forma giuridica (anche aziende individuali), ora solo se amministratore unico, amministratore delegato, o presidente di un cda di spa. Ancora una novità sulla trasparenza: prima le domande erano in formato cartaceo con i curricula non pubblicati on line, ora la procedura sarà interamente informatizzata.

Ecco, si potrebbe fare.