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regione lombardia

Pane e primarie

Mangiamo pane e castagne, in questo chiaro di luna, 
le mani ben ancorate su questa linea. 
Domani ce lo diranno dove dobbiamo andare, 
domani ce lo diranno cosa dobbiamo fare. 

Mangiamo pane e primarie tutti i giorni ma Ambrosoli va bene anche senza“: e invece no.

Come abbiamo avuto modo di dire ieri (e forse vale la pena ribadire oggi) abbiamo accolto con piacere la disponibilità di Umberto Ambrosoli a correre per il centrosinistra in Lombardia ma riteniamo indispensabile la sua partecipazione alle primarie già partite. Un’investitura costruita con un’ampia partecipazione popolare può solo fare bene a Umberto, a noi e alle secondarie che rimangono il vero obiettivo in Lombardia. Senza il passaggio delle primarie il quadro politico sarebbe un’altra cosa perché non ci può essere contraddizione tra Ambrosoli e le primarie.

Giulio Cavalli, Pippo Civati

Il percorso e le regole e il Gronchi rosa

Questa sera avevo deciso di dormirci sopra perché la candidatura di Ambrosoli è una notizia bifronte: un nome credibile e senza ombre per la Lombardia e un percorso incredibile, incredibile proprio nel senso letterale di “senza credibilità”. Il percorso. Il percorso e le regole, appunto: quelle cose lì che in politica sono il termometro della serietà del progetto molto di più dei suoi interpreti e alla fine ne stabiliscono la serietà.

Per questo avevo deciso di dormirci sopra. Ma prima di farlo vorrei che si rileggesse quello che scriveva Pippo proprio oggi pomeriggio quando chiedeva di non andare a sbattere, perché dal pericolo di “ciascuno il suo” alla fine rischiamo di cadere nel “solo a modo suo” e non è una buona notizia. Per tutti.

‘Notte, eh. Al posto di contare le pecore potete guardare la foto in cui si annunciano le primarie per il centrosinistra in Lombardia: è un Gronchi rosa della politica lombarda.

 

 

L’asse Lega – PDL

“Rilevo ormai senza stupore che il Presidente Formigoni persiste nelle sue inopportune invasioni di campo. Oggi è addirittura entrato nel merito di quanto ha affermato nei giorni scorsi il Ministro dell’ Interno Cancellieri sulla prima data utile per il voto ostinandosi a riproporre il 16 dicembre che è tecnicamente e a norma di legge improcedibile.

Professor Formigoni, che cerca di dare lezioni anche al Ministro dell’ Interno, la smetta con questo atteggiamento: non è più il primo della classe. E visto che invita tutti “ad assumere atteggiamenti di grande responsabilità”, cominci a dare l’esempio e inizi a stare zitto”.

Così il Presidente del Consiglio regionale Fabrizio Cecchetti (Lega Nord) commenta le dichiarazioni del Presidente Formigoni sulla data del voto delle elezioni regionali in Lombardia, quelli che dovrebbero essere stati “eccellenti” in questi anni e che qualcuno si ostina a volere imitare partendo semplicemente da sinistra (e dal centro). Come se fossero importanti le provenienze e non le direzioni. Come se la credibilità politica (che anche dalle nostre parti in troppi si preoccupano di analizzare come se fosse stata una cosa seria) non sia stata semplicemente una lunga farsa. Qui non servono moderati: servono eversori. Davvero.

La lezione americana (primaria) che non vogliamo imparare in Lombardia

Rosy Battaglia trova le parole giuste per dire delle primarie in Lombardia attraverso il suo sito:

Dopo tutto questo, nella regione che al nord detiene il primato per i beni confiscati alle mafie, sia chiaro, io voglio le primarie.

Altrimenti, potrebbe osservare il giornalista estero, ( e mi vedo già un bell’articolo su Le Monde o The Guardian, tradotto da Internazionale  a raccontarmelo nelle prossime settimane) che, quasi quasi, ci dispiaccia che il governatore Formigoni non possa ricandidarsi per la quinta volta.

Perchè dico questo? Perchè apprendiamo, velatamente, in un “si dice o non si dice”,  che forse qui, in Lombardia, dopo 18 anni di celeste formigonia,  non c’è bisogno di farle, le primarie, il 15 dicembre  (alzi la mano chi lo sapeva).

Che forse c’è il candidato giusto, Ambrosoli. Ah forse non c’è più. Ma allora non c’erano già  Giulio Cavalli e Pippo Civati (che le avevano chieste da tempo immemore) ?

“No, non ci  sono i tempi, niente primare, convergiamo sul nome”.

Eh no, cari miei. I tempi ci sono ma quello che manca è fegato e coraggio. Ma non ci incantate più con  strategie di dalemiana memoria.

Ne abbiamo fatto già fatto abbondante uso nelle ultime quattro tornate elettorali in Lombardia,  ed abbiamo visto come è andata a finire.

Ecco perchè io voglio le primarie. Come in America.

Ma la lezione non l’abbiamo ancora imparata.  Loro hanno Facebook,noi c’abbiamo il sito?

Facciamole, allora, queste primarie  e via libera alle candidature!

La mossa del cavallo

Sì, lo so, bisognerebbe parlare di contenuti, di programmi, e degli obiettivi che ci proponiamo. Lo so bene che tutto questo questionare su alleanza e candidati sta diventato un solletico fastidioso come sono fastidiosi i solletichi fastidiosi ma le criticità rischiano di diventare una farsa e forse bisogna tenere il punto.

Abbiamo chiesto con forza le primarie (io e Pippo Civati di sicuro, gli altri non so), le abbiamo ottenute (regolamento, garanti e il resto sono qui), qualcuno è già partito (Alessandra Kustermann oggi tiene la conferenza stampa per presentare la propria candidatura, in bocca al lupo), qualcuno sta decidendo e ci si organizza per la raccolta firme.

Poi Giuliano Pisapia dice che le primarie sono importanti e indispensabili, poi che sono superabili con una candidatura forte. Poi il segretario lombardo del PD Maurizio Martina dice che le primarie sono partite, ma che si può trovare una candidatura unitaria.

Tutto, il contrario di tutto e se possibile contemporaneamente: fa sorridere che quando sommessamente avevamo detto che l’aria su queste primarie sapeva un po’ di ombra ci avevano accusato di essere complottisti.

Bene: noi, per quanto ci riguarda, ci siamo. Abbiamo scavalcato la finestra del punto di non ritorno. E lavoriamo. E siamo in viaggio.

Una nuova Lombardia #davvero /3

Discontinuità: lo sto ripetendo spesso e dappertutto in questi giorni. La Lombardia ha bisogno di discontinuità con il passato e soprattutto con il futuro che il Celeste aveva programmato e ha lasciato come impianto per i prossimi anni. Una discontinuità che non sia solo nei comportamenti (troppo facile una campagna elettorale sul “non rubare” che spinge alla pacca sulla spalla piuttosto che a un disegno di speranza) ma che sia politica, quasi eversiva nella legiferazione (oh mio dio, eversiva, che comunista!) che tolga le buone pratiche dal cassetto e le accenda in giro per la Regione.

Tra le proposte arrivate in discussione sulla nostra piattaforma Lombardia #davvero:

La riconversione urbanistica della Rhur ha consentito in Germania di creare nuovi posti di lavoro, di migliorare l’ambiente in una delle zone più inquinate tedesche e di all’allargare l’offerta turistica e culturale, nonché migliorare la mobilità.

Perché non farlo anche in Lombardia, invece di costruire i soliti inutili palazzi che rimangono sempre vuoti?

E ha ragione Saverio quando prende ad esempio la maggiore area industriale della nord Europa. la Rhur:

Negli ultimo decennio la Ruhr ha subito il più esteso e articolato piano di riconversione urbanistica del continente con risvolti molto positivi su di un ambiente deteriorato dalla passata industrializzazione e un deciso miglioramento dello stile di vita dei suoi numerosi abitanti. Perché la Ruhr fu il fulcro della metallurgia grazie a giacimenti di ferro e di carbone rinvenuti a pochi centimetri della superficie e al genio dei pionieri dell’industria tedesca: la famiglia Krupp in primo luogo. A vent’anni dalla crisi della siderurgia, fabbriche, miniere, silos, centrali elettriche, mulini, bacini fluviali e gasometri sono stati trasformati in musei, arene, teatri, piscine, acquari e centri commerciali. Le politiche per la riduzione di polveri sottili ed emissioni di CO2 sono state accompagnate dal rimboschimento di ampie aree. La metropoli che aggrega le città di Essen, Duisburg, Dortmund e Oberhausen – dominata dalle ciminiere, servita da una griglia di autostrade e popolata da cinque milioni e mezzo di abitanti – ha riscattato il suo grigio passato per diventare la nuova frontiera di arte e intrattenimento.

Un polo che attrae ogni anno milioni di turisti da Germania, Olanda, Belgio e Francia. Ma non ha dimenticato le sue origini nel lavoro. A Dortmund c’è il Dasa, il più grande museo del mondo dedicato a sicurezza e antinfortunistica. Paradossalmente, il migliore esempio di divulgazione sul tema degli incidenti sul lavoro si trova a pochi km dal quartier generale delle acciaierie Thyssen-Krupp, responsabile della tragedia di Torino. Non possono dire che non sapevano, che non erano informati!

L’intervento più singolare nella zona è quello del gasometro di Oberhausen, adibito a gigantesco centro espositivo con un osservatorio a 170 m di altezza. Nei dintorni sono stati realizzati il maggiore acquario tedesco, un luna park, un’arena, uno shopping centre e una promenade con ristoranti, bar e discoteche. L’opera urbanistica più interessante è quella del porto fluviale di Duisburg, ridisegnato da Norman Foster come borgo residenziale sull’acqua: nell’ansa del canale, diviso da una diga, è stata ricavata un’arena e il maggiore mulino è stato adibito a museo d’arte contemporanea. All’altro lato di Duisburg, l’ex ferriera Meiderich è ora il Landschaftspark con teatri, ristoranti, negozi, area espositiva, palestra di roccia sulla parete di un silos e piscina per immersioni in un gasometro. Ma il capolavoro della Ruhr è la Zollverein di Essen: la maggiore miniera di carbone d’Europa, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, convertita in un centro multifunzionale. Nella fornace Norman Foster ha allestito il Red Dot Design Museum. In altri edifici sono stati ricavati centro congressi, fiera, teatri, film studio e bistrot. Nel corpo centrale il percorso della lavorazione del carbone è stato affiancato da spazi espositivi.

Viene da pensare allo stesso progetto su Arese nella zona ex Alfa Romeo o nel bresciano o nelle tante aree dismesse. Viene da pensare ad una Lombardia che non lasci suolo intentato,  che veda sul cemento ciò che non sembra immaginabile. Viene da pensare ad una inimmaginabile Lombardia. Davvero.
ps: proponete, diffondete e fate proporre qui.

Al San Raffaele le macerie si chiamano tagli

Direbbe Vik che in fondo il segreto è di restare umani. Umani per non perdersi dietro le voci di candidature, di primarie e di tutto quello che si rincorre nei giornali di questi giorni mentre ancora non sono usciti i contenuti e rimangono a galleggiare solo le opinioni (quanto è credibile questo, quello, i capelli lunghi, il figlio di, l’attore, i moderati e tutto il resto su cui oggi comunque avremo modo di tornare).

Però succede altro in questi giorni di parole e piogge, come racconta il Corriere:

Presidio permanente dei sindacati e dei dipendenti del San Raffaele per protestare contro i 244 licenziamenti previsti dalla proprietà (il gruppo della famiglia Rotelli). Dopo una riunione in aula sindacale, dall’Rsu annunciano «una forma di lotta che durerà il tempo di tutta la trattativa». Giorno e notte. Obiettivo della protesta è far «ritirare la procedura di licenziamento per salvaguardare l’eccellenza dell’ospedale». Il piano del San Raffaele (definito un «attacco frontale» dai sindacati) punta ad un risparmio di circa 10 milioni. Le precedenti proposte erano state respinte, tra cui quella di una riduzione degli stipendi del 10%.

Il tema del San Raffaele è il cuore del formigonismo che ha mostrato tutte le sue lacune: non solo in un fallimento politico che ha frantumato la politica Lombarda ma una macelleria sociale di lavoro e lavoratori. Perché se il San Raffaele garantisce “eccellenza” senza tenere conto dei lavoratori, dei bilanci, dell’etica nei rapporti con la politica, della cristianità nelle proprie azioni tra dirigenti allora dovrebbero spiegarmi di che eccellenza si tratta. Ma davvero.

Una nuova Lombardia #davvero /2

Cominciano ad arrivare le proposte sulla nostra piattaforma Lombardia #davvero mentre continua serrato il lavoro sul programma e l’opera di “spulciamento” della carta d’intenti delle primarie. E’ l’impegno che ci siamo presi di alzare i contenuti senza preoccuparci dei toni; suona “nuovo” ma dovrebbe essere sempre stato così se non fosse che ci siamo persi dietro formigonismi, trofismi, minettismi dimenticanto il fallimento politico dietro il sistema sanitario, nell’architettura delle funzioni di controllo e nella “disponibilità possibile” ai dialoghi con la criminalità organizzata.

Perché Formigoni non se n’è andato come credono in molti ma è tutto teso al mantenimento di un “sistema Lombardia” che ha ancora troppe promesse da mantenere da qui all’Expo 2015 e deformigonizzare la Lombardia non può che non passare da una “ripubblicizzazione” reale della regione. Ed è un lavoro da chirurgo ed artigiano insieme: chirurgico nell’analisi di ciò che è stato destrutturato (e qualche volta verrebbe da dire “distrutto”) dalla sanità alla scuola e i lavori pubblici fino alle pieghe più nascoste come Arpa, Genio Civile e molto altro e artigiano per l’umiltà che richiede nell’analizzare senza la sicumera di certi analisti.

Innanzitutto sarebbe il caso che la Lombardia cambi strada. Lo scrive Simone sulla nostra piattaforma di discussione: la Lombardia ha bisogno di ripensare completamente il modo in cui i suoi cittadini si muovono. Gli spostamenti nelle aree urbane, quelli dalle periferie al centro e quelli da città a città dovranno affrancarsi dal paradigma autocentrico, al quale la politica deve opporre un’alternativa vera, razionale, credibile: la Mobilità Nuova, ispirata ai risultati degli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità NuovaLeggendo il documento (che ha già tutto quello che serve per un metodo che dagli enti locali arriva fino al governo nazionale in un percorso di solidarietà per la mobilità dolce che ci piace molto) non ho potuto non pensare alla Lombardia 2.0 pensata da Legambiente Lombardia (il manifesto lo trovate qui) che abbiamo discusso qualche giorno fa a Milano. Nel capitolo mobilità scrive Legambiente (con tempi dei verbi in un presente imperativo che rende giustizia all’urgenza della sfida):

  • nella Lombardia del futuro ci saranno meno automobili, ma più libertà di movimento per le persone. Circoleranno meno TIR, ma le merci viaggeranno, nella misura in cui è necessario, all’interno di una filiera logistica industrializzata e ottimizzata. Le linee ferroviarie disporranno delle capacità necessarie a far fronte ad un aumento della domanda di traffico merci. I costi della mobilità, inevitabilmente, aumenteranno, ma politiche di trasferimento distribuiranno tale aumento a vantaggio dei modi di trasporto energeticamente più efficienti e ambientalmente performanti. Tutte le città si doteranno di misure di governo e riduzione della congestione da traffico, aumentando la sicurezza di tutti gli utenti della strada, e l’accesso allo spazio urbano da parte degli utilizzatori ciclo-pedonali 
E allora cominciamo a muoverci dalla mobilità, che suona anche meglio, perché, l’ha spiegato il presidente di Legambiente Lombardia alla sua assemblea, non si può avere un’idea di governo senza avere un’idea di Lombardia. E immaginare una Lombardia di autostrade e auto è miope nel migliore dei casi e colluso con tutti gli altri. Un po’ di presbiti ci fanno bene per scrivere il programma. Un programma presbite che veda lontano e da lontano. Si nota la differenza, no?
ps per idee e suggerimenti basta andare qui.

Una nuova Lombardia #davvero costruiamola insieme

Perché quello che vogliamo fare ce l’abbiamo in mente da un bel pezzo (qui, per dire, erano anni fa e le idee erano già chiare). Perché la mia attività consiliare è la sindone di un progetto che ha bisogno di essere allargato e diventare un pezzo di una partecipazione molto più grande e anche l’attività di Chiara Cremonesi indica linee guida precise e perché SEL proprio in questi giorni ha aperto il cantiere per il programma.

Ma le idee sono diffuse e le proposte molteplici. La Lombardia che vogliamo non ha bisogno di meri amministratori ma di rivoluzione e discontinuità, e se il termine rivoluzione suona troppo poco moderato potremo dire che sarebbe ora di un prepotente evoluzione. Senza paura.

E allora, in tempi di democrazia partecipata più detta che fatta, abbiamo aperto una piattaforma semplice semplice: Lombardia #davvero è il luogo delle proposte (e, perché no, delle proteste se costruttive) da cui partire. E’ un lancio, un’integrazione continua, una discussione sempre aperta senza posizione pregiudiziali, è un confronto teso alla soluzione migliore: è politica. Davvero.

Proponete, diffondete e fate proporre qui.