Intervista da FamigliaCristiana.it
Da attore e regista teatrale di denuncia, Giulio Cavalli parla da anni di ‘ndrangheta in Lombardia. Consigliere regionale di minoranza per Sel, dal 2010 siede nella stessa aula consiliare dell’assessore alla Casa Domenico Zambetti, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di aver pagato 200 mila euro a esponenti delle cosche per 4 mila voti di preferenza, decisivi ai fini della sua elezione nello stesso 2010. Cavalli al Pirellone ci va con la scorta, a causa di tutte le minacce ricevute per i suoi spettacoli e ora anche per la sua attività politica: “Essere in Consiglio regionale è ancora più pericoloso”, sostiene.
Nella conferenza stampa per l’arresto di Zambetti, il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, capo della Dda, ha detto: “E’ la prima volta che un voto di scambio viene accertato durante le indagini”, aggiungendo che quanto è successo “è devastante per la democrazia”. L’articolo del codice penale alla base dell’arresto è il 416 ter, “che punisce chi chiede i voti alle cosche e in cambio paga”. Ormai la Regione Lombardia ha toccato quota 14 tra arrestati e indagati. Lo stesso governatore Formigoni è indagato per corruzione aggravata e finanziamento illecito. Fatte salve tutte le presunzioni di innocenza, da molte parti si invoca un rinnovamento che passi da nuove elezioni regionali. Che al momento non risultano in programma. Commenta Giulio Cavalli: “Credo che Lega e Pdl abbiano già un accordo, ma hanno messo insieme un teatrino in cui la Lega, per sopravvivere, deve fingere di alzare la voce, e come sempre alza i toni e mai i contenuti. Formigoni continua il mandato perché sa che il suo progetto di leadership nazionale è crollato dopo tutti gli ultimi eventi, e da buon andreottiano sa benissimo che il balsamo della riabilitazione politica è il tempo”.
Cavalli, l’ha sorpresa l’arresto dell’assessore Zambetti con questa accusa?
“No. La Commissione parlamentare antimafia, per bocca di Angela Napoli (che è membro di Fli, quindi non certo di centro-sinistra), aveva già parlato di otto uomini all’interno della Regione Lombardia eletti con i voti della ‘ndrangheta. Inoltre si sapeva chiaramente che l'”operazione Infinito” (che nel 2010 mostrò un’ampia presenza di clan in più zone lombarde, ndr) andava a toccare la “zona grigia”, ma mancavano i nomi e i cognomi dei collettori e della cerniera con il “terzo livello”. Quindi era inevitabile che le indagini sarebbero arrivate lì”.
Nel 2009 mi disse “L’infiltrazione mafiosa in Lombardia non è nei centri nevralgici del potere”. E oggi?
“Oggi, per la frantumazione del senso dell’etica e della responsabilità, sono i centri nevralgici del potere, che siano politici o imprenditoriali, che vanno a cercare la ‘ndrangheta. Il caso avvenuto in Lombardia secondo me è molto significativo, perché si tratta di un politico che bussa alla porta della ‘ndrangheta per ottenere un servizio. Un po’ come quel pezzo di imprenditoria che bussa per ottenere appalti o liquidità. Allora, a questo punto non è più la mafia che si infiltra nella politica, è la politica che si infiltra nella mafia”.
L’intercettazione ambientale dei due “esattori” di Zambetti è impressionante. Che cosa la colpisce?
“Loro hanno una concezione che è rimasta immutata dopo il ’92, e anche molto simile alle parole di Bernardo Provenzano e di altri: la concezione che i politici siano al loro servizio, unita alla soddisfazione di poter esercitare prepotenza su un potere che evidentemente spesso hanno invece visto come nemico. Poi, secondo me, c’è nelle vittime (per quanto possiamo considerare Zambetti una “vittima”) un’incredibile e gravissima mancanza di capacità nel cogliere la situazione che si è venuta a creare. Mi chiedo se un politico come Zambetti, un assessore di una Regione così importante come la Lombardia, possa immaginare quali risultati produca chiedere un favore a “famiglie” di questo tipo. Evidentemente no, visto quello che si legge”.
Risultano inoltre evidenti le manovre mafiose per infiltrarsi nell’Expo.
“Anche su questo punto, è qualcosa che sto dicendo da mesi. C’è stata un’inchiesta sul clan di Ciccio Valle. Ricordo un’intercettazione in cui si parlava dell’acquisto di un terreno per farci poi un’attività commerciale in previsione di Expo. E noi, in Consiglio regionale, non sapevamo ancora quali fossero i confini di Expo. Allora sembra che, soprattutto la ‘ndrangheta, in Lombardia abbia notizie di prima mano dalla politica prima ancora che diventino politica, prima che passino dalle aule consiliari, cioè dai luoghi di dibattito e di democrazia. Se non sono notizie di prima mano, una visione un po’ più pessimistica ci potrebbe far dire che sono loro i suggeritori di alcune iniziative politiche. Il problema di Expo, secondo me, non sta tanto nelle regole e solo nelle regole. Sta, come per tutti questi grandi eventi, nello spessore etico e morale della classe dirigente”.
Impressiona anche che le cosche riescano a controllare migliaia di voti.
“Questo non dovrebbe stupire, perché in realtà è la sconfitta dei cittadini onesti. Io dico spesso che per combattere la mafia non serve l’anti-politica: serve l’ultra-politica. Ad esempio, il fatto che lo strumento delle preferenze non venga usato dai cittadini onesti, permette alla ‘ndrangheta di riuscire a vincere in un campo perfettamente democratico, e seguendone le regole. Se la ‘ndrangheta riesce a cogliere le opportunità democratiche degli strumenti elettorali più dei cittadini onesti, il problema secondo me è che ci sarebbe bisogno di ultra-politica. Vede, le informazioni che ho io sono disponibili per qualsiasi politico voglia sapere, non ho canali preferenziali. Semplicemente, me ne occupo da tempo. Il problema principale per alcuni politici (ma direi anche per alcuni cittadini, altrimenti perpetuiamo questa distinzione) è che sono ricattabili. In secondo luogo, il muscolo della curiosità va esercitato. In questo Paese ce ne siamo un po’ dimenticati”.
Da consigliere regionale, cos’ha capito in più rispetto a prima?
“Diciamo che ho visto dal vivo i protagonisti dei miei spettacoli. In realtà, quando facevo solo teatro mi accusavano di essere un teatrante troppo politicizzato, oggi mi accusano di essere un politico troppo teatrale. Tutto quello che sta succedendo qui è molto teatrale, c’è moltissimo da raccontare, perché sono i personaggi che si ripetono, sono come eterne maschere della commedia dell’arte. Per esempio, il faccendiere Daccò non è diverso dall'”amico degli amici” di cui parlava Buscetta nella politica siciliana. Secondo me tutto è tragicamente molto drammaturgico”.
Cavalli, lei perché si è candidato alle regionali del 2010?
“Perchè credo nella politica, anche se oggi è in una fase che fa rizzare i capelli in testa. Certo, questa fede nella politica è molto legata alle mie battaglie e denunce precedenti sulla trasparenza, sulla legalità. Però, siamo riusciti a rimuovere un direttore dell’Asl (Pietrogino Pezzano, fotografato con alcuni boss calabresi, ndr) come l’Asl 1 di Milano, la più importante d’Italia e forse d’Europa per dimensioni e fatturato, ed è riuscito a farlo un consigliere regionale come me, di un minuscolo gruppo di minoranza, senza bisogno di rinvii a giudizio, ma parlando di fatti, portati in aula consiliare. Allora significa che la politica può essere anche uno strumento” .
Rosanna Biffi