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Lombardia, anche Giulio Cavalli si candida alla guida della Regione (da IL FATTO QUOTIDIANO)

di Mario Portanova per IL FATTO QUOTIDIANO

Una Lombardia post-formigoniana “più sociale e più laica”. E’ l’obiettivo di Giulio Cavalli, autore teatrale, consigliere regionale di Sel, uno dei protagonisti delmovimento antimafia “nordico”. Mentre la crisi fra Pdl e Lega precipita verso le elezioni anticipate, Cavalli annuncia la propria candidatura alla guida della Regione, attraverso la probabile tappa delleprimarie del centrosinistra lombardo. E si propone come una netta alternativa a Bruno Tabacci, il centrista ex casiniano attuale assessore al Bilancio a Milano nella giunta Pisapia, da tempo coltivato dal Pd come possibile “cavallo” per la corsa regionale.

“Quando Tabacci era presidente della Lombardia (dal 1985 al 1991, ndr) io avevo dieci anni”, spiega Cavalli a ilfattoquotidiano.it. Ma non è solo una questione generazionale: “La Lombardia è sempre stata un avamposto del liberismo nazionale, per esempio sul fronte della scuola privata – e temo che nel centrosinistra qualcuno possa mantenere lo stesso modello, semplicemente con interpreti più etici e meno ladri. Io questa volta non faccio il valletto di candidati dalle ‘cinquanta sfumature di grigio’”.

Le eventuali primarie del centrosinistra lombardo sono ancora tutte da costruire. Un’ipotesi è che vi partecipino, per scegliere un candidato comune, PdIdv e Sel. Oltre a Tabacci, tra i possibili candidati c’è Pippo Civati, eterno dissidente dei democratici. Cavalli, eletto in consiglio con l’Italia dei valori prima di passare al partito di Nichi Vendola, potrebbe pescare consensi fuori dal suo partito, anche nell’area dipietrista e persino nella cosiddetta “antipolitica“. Tra l’altro è stato l’unico politico “esterno” invitato all’iniziativa del Movimento 5 stelle per le dimissioni di Formigoni.

Molti punti fermi del programma di Cavalli vanno incontro anche ai gusti “grillini”. Per esempio uno stop alle infrastrutture “a volte dannose o inventate per lo sviluppo di centri commerciali“, una legge contro il consumo di suolo, l’housing sociale “che non favorisca il Ligresti di turno”, unalegge “anticorruzione”. Per i suoi spettacoli antimafia, l’attore è da diversi anni sotto scorta per le pesanti minacce ricevute. E così si chiude il cerchio sulla goccia che ha fatto traboccare il vaso degli scandali che hanno travolto la Regione Lombardia e la maggioranza formigoniana in primis:l’arresto dell’assessore Domenico Zambetti, accusato tra l’altro di aver comprato voti dalla ‘ndrangheta. “Penso che finalmente in Lombardia sia passato il concetto che l’antimafia non sia una cosa da opuscoli e convegni, ma una questione che è tutt’uno con il sistema di potere regionale”, conclude Cavalli. In caso di successo, dunque, come Palazzo Marino anche il Pirellone avrà la sua Commissione antimafia.

Finalmente Regione Lombardia è diventata una questione meravigliosamente ‘pubblica’

[comunicato stampa]

Forse sarebbe meglio che Formigoni si prendesse la responsabilità di continuare questa sua patetica lite domestica con la Lega con più tranquillità dopo avere dato le dimissioni da Presidente della Regione Lombardia. Avrebbe modo di non bloccare l’istituzione e soprattutto i lombardi con dispetti e personalismi che sono irrispettosi e dannosi nel momento di crisi che sta attraversando anche la nostra Regione.

A noi centrosinistra invece spetta il compito di iniziare un serio percorso di ascolto con i cittadini che in questi mesi hanno dimostrato di essere civilissimi nell’individuazione dei bisogni, senza perdere tempo nella pruriginosa osservazione dell’abbattimento del formigonismo abbiamo l’obbligo di indicare il più chiaramente e il più velocemente possibile la strada e le modalità dell’alternativa con primarie e regole certe per non ripercorrere i balbettamenti nazionali.
Finalmente Regione Lombardia è diventata una questione meravigliosamente pubblica e la lobby che conta oggi è solo quella dei lombardi.

Se non ora quando?

Siamo (quasi) alla fine. Per capire la schizofrenia del Carroccio bisogna distinguere due piani: quello nazionale e quello lombardo. A livello nazionale Maroni non vorrebbe rompere con il Pdl proprio mentre insieme stanno concordando la riforma della legge elettorale mettendo a rischio anche il governo del Piemonte e del Veneto. In Lombardia però si ragione in un altro modo: Formigoni è finito, presto o tardi arriverà qualche altra novità dalla procura e se la Lega non si sgancia adesso finirà per apparire come quella che lo ha sostenuto fino all’ultimo. Dunque meglio staccare la spina subito e passare dalla parte degli eroi almeno all’ultimo minuto, dopo vent’anni di governo insieme. Per questo i leghisti hanno già organizzato anche una specie di referendum: sabato prossimo nei loro gazebo chiederanno ai cittadini se vogliono che Formigoni resti o vada a casa. La risposta sembra scontata vista l’esultanza con cui la base leghista ha accolto la decisione del consiglio federale.

Un articolo da condividere in pieno di Giorgio Salvetti per Il Manifesto. Comprese le ultime righe.

Lombardia: occupiamocene noi

Continua il tira e molla tra la Lega (che dice, disdice, fa, disfa, e ridisfa) e un Formigoni imballato. Ora i leghisti dicono che si voterà ad Aprile (perché non subito?) e che dovrebbero dimettersi i consiglieri indagati (praticamente il gruppo consiliare più numeroso in Regione Lombardia: quello degli indagati).

Facciamo una cosa: Formigoni si dimetta e usciamo da questa lotta nel fango di reduci di un’era passata.

Nel frattempo sarebbe il caso che nel centrosinistra provassimo a raccontare l’alternativa e soprattutto le regole e i modi dell’avvicinamento all’appuntamento elettorale perché forse la mancata sollevazione popolare contro Formigoni è dovuta all’incollatura persistente di Penati alla poltrona che ricorda come alle primarie della desolazione anche noi negli ultimi anni abbiamo fatto la nostra parte. Per questo invito gli amici del PD, i compagni di SEL e gli amici dell’IDV insieme a FDS e ai tanti comitati, movimenti e cittadini che in questi ultimi anni praticamente ogni sera abbiamo incontrato, incrociato e con cui abbiamo dibattuto a non farsi condizionare dai tempi dei leghisti e pidiellini e dare il colpo di reni che serve: punti di rivoluzione rispetto al passato prossimo, programmi chiari su lavoro, scuola, sanità, trasporti e linea di avvicinamento alle primarie e coalizione.

Non credo che il nostro ruolo sia quello di preoccuparci delle dinamiche politiche della maggioranza, quanto piuttosto essere credibili per la maggioranza dei lombardi. E noi, dopo aver scavallato provincia per provincia in questi ultimi mesi di ascolto, siamo pronti a partire.

Loro si occupano di me ora io mi occupo di loro

Una mia intervista per L’Espresso. Avremo tempo e modo di dirci tutto il resto:

La Regione Lombardia è falcidiata da inchieste e arresti eccellenti. Giulio Cavalli (Sel), consigliere regionale sotto scorta per le minacce ricevute dalla ‘ndrangheta, non crede però ad una soluzione rapida della crisi: «Voto in aprile? Salvini e Maroni sembrano un ballo dei pupi: uno fa il buono, uno fa il cattivo e poi, dopo un po’ di mazzate, finisce tutto in modo gattopardesco. In realtà la Lega in questi anni è stata la puttana di Formigoni». Gli arresti non sono una sorpresa: «Zambetti non è diverso da altri assessori come Colucci o Buscemi, anche loro hanno preso più o meno consapevolmente i voti della ‘ndrangheta. Qui non si tratta di infiltrazioni: è la politica che chiede permesso per infiltrarsi nelle cosche. E bastano pochissimi voti: Zambetti è stato eletto con 4mila preferenze. Sapete perché? Perché i cittadini onesti spesso non esprimono le preferenze. Per favore, usatele». Per uscirne, Cavalli si propone per le primarie: «Loro, i mafiosi, si sono tanto occupati di me, ora è tempo che io mi occupi di loro».

Se la ‘ndrangheta entra al Pirellone: intervista per Famiglia Cristiana

Intervista da FamigliaCristiana.it

Da attore e regista teatrale di denuncia, Giulio Cavalli parla da anni di ‘ndrangheta in Lombardia. Consigliere regionale di minoranza per Sel, dal 2010 siede nella stessa aula consiliare dell’assessore alla Casa Domenico Zambetti, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di aver pagato 200 mila euro a esponenti delle cosche per 4 mila voti di preferenza, decisivi ai fini della sua elezione nello stesso 2010. Cavalli al Pirellone ci va con la scorta, a causa di tutte le minacce ricevute per i suoi spettacoli e ora anche per la sua attività politica: “Essere in Consiglio regionale è ancora più pericoloso”, sostiene.

Nella conferenza stampa per l’arresto di Zambetti, il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, capo della Dda, ha detto: “E’ la prima volta che un voto di scambio viene accertato durante le indagini”, aggiungendo che quanto è successo “è devastante per la democrazia”. L’articolo del codice penale alla base dell’arresto è il 416 ter, “che punisce chi chiede i voti alle cosche e in cambio paga”. Ormai la Regione Lombardia ha toccato quota 14 tra arrestati e indagati. Lo stesso governatore Formigoni è indagato per corruzione aggravata e finanziamento illecito. Fatte salve tutte le presunzioni di innocenza, da molte parti si invoca un rinnovamento che passi da nuove elezioni regionali. Che al momento non risultano in programma. Commenta Giulio Cavalli: “Credo che Lega e Pdl abbiano già un accordo, ma hanno messo insieme un teatrino in cui la Lega, per sopravvivere, deve fingere di alzare la voce, e come sempre alza i toni e mai i contenuti. Formigoni continua il mandato perché sa che il suo progetto di leadership nazionale è crollato dopo tutti gli ultimi eventi, e da buon andreottiano sa benissimo che il balsamo della riabilitazione politica è il tempo”.

 Cavalli, l’ha sorpresa l’arresto dell’assessore Zambetti con questa accusa?

“No. La Commissione parlamentare antimafia, per bocca di Angela Napoli (che è membro di Fli, quindi non certo di centro-sinistra), aveva già parlato di otto uomini all’interno della Regione Lombardia eletti con i voti della ‘ndrangheta. Inoltre si sapeva chiaramente che l'”operazione Infinito” (che nel 2010 mostrò un’ampia presenza di clan in più zone lombarde, ndr) andava a toccare la “zona grigia”, ma mancavano i nomi e i cognomi dei collettori e della cerniera con il “terzo livello”. Quindi era inevitabile che le indagini sarebbero arrivate lì”.

Nel 2009 mi disse “L’infiltrazione mafiosa in Lombardia non è nei centri nevralgici del potere”. E oggi?

“Oggi, per la frantumazione del senso dell’etica e della responsabilità, sono i centri nevralgici del potere, che siano politici o imprenditoriali, che vanno a cercare la ‘ndrangheta. Il caso avvenuto in Lombardia secondo me è molto significativo, perché si tratta di un politico che bussa alla porta della ‘ndrangheta per ottenere un servizio. Un po’ come quel pezzo di imprenditoria che bussa per ottenere appalti o liquidità. Allora, a questo punto non è più la mafia che si infiltra nella politica, è la politica che si infiltra nella mafia”.

L’intercettazione ambientale dei due “esattori” di Zambetti è impressionante. Che cosa la colpisce?

“Loro hanno una concezione che è rimasta immutata dopo il ’92, e anche molto simile alle parole di Bernardo Provenzano e di altri: la concezione che i politici siano al loro servizio, unita alla soddisfazione di poter esercitare prepotenza su un potere che evidentemente spesso hanno invece visto come nemico. Poi, secondo me, c’è nelle vittime (per quanto possiamo considerare Zambetti una “vittima”) un’incredibile e gravissima mancanza di capacità nel cogliere la situazione che si è venuta a creare. Mi chiedo se un politico come Zambetti, un assessore di una Regione così importante come la Lombardia, possa immaginare quali risultati produca chiedere un favore a “famiglie” di questo tipo. Evidentemente no, visto quello che si legge”.

Risultano inoltre evidenti le manovre mafiose per infiltrarsi nell’Expo.

“Anche su questo punto, è qualcosa che sto dicendo da mesi. C’è stata un’inchiesta sul clan di Ciccio Valle. Ricordo un’intercettazione in cui si parlava dell’acquisto di un terreno per farci poi un’attività commerciale in previsione di Expo. E noi, in Consiglio regionale, non sapevamo ancora quali fossero i confini di Expo. Allora sembra che, soprattutto la ‘ndrangheta, in Lombardia abbia notizie di prima mano dalla politica prima ancora che diventino politica, prima che passino dalle aule consiliari, cioè dai luoghi di dibattito e di democrazia. Se non sono notizie di prima mano, una visione un po’ più pessimistica ci potrebbe far dire che sono loro i suggeritori di alcune iniziative politiche. Il problema di Expo, secondo me, non sta tanto nelle regole e solo nelle regole. Sta, come per tutti questi grandi eventi, nello spessore etico e morale della classe dirigente”.

Impressiona anche che le cosche riescano a controllare migliaia di voti.

“Questo non dovrebbe stupire, perché in realtà è la sconfitta dei cittadini onesti. Io dico spesso che per combattere la mafia non serve l’anti-politica: serve l’ultra-politica. Ad esempio, il fatto che lo strumento delle preferenze non venga usato dai cittadini onesti, permette alla ‘ndrangheta di riuscire a vincere in un campo perfettamente democratico, e seguendone le regole. Se la ‘ndrangheta riesce a cogliere le opportunità democratiche degli strumenti elettorali più dei cittadini onesti, il problema secondo me è che ci sarebbe bisogno di ultra-politica. Vede, le informazioni che ho io sono disponibili per qualsiasi politico voglia sapere, non ho canali preferenziali. Semplicemente, me ne occupo da tempo. Il problema principale per alcuni politici (ma direi anche per alcuni cittadini, altrimenti perpetuiamo questa distinzione) è che sono ricattabili. In secondo luogo, il muscolo della curiosità va esercitato. In questo Paese ce ne siamo un po’ dimenticati”.

Da consigliere regionale, cos’ha capito in più rispetto a prima?

“Diciamo che ho visto dal vivo i protagonisti dei miei spettacoli. In realtà, quando facevo solo teatro mi accusavano di essere un teatrante troppo politicizzato, oggi mi accusano di essere un politico troppo teatrale. Tutto quello che sta succedendo qui è molto teatrale, c’è moltissimo da raccontare, perché sono i personaggi che si ripetono, sono come eterne maschere della commedia dell’arte. Per esempio, il faccendiere Daccò non è diverso dall'”amico degli amici” di cui parlava Buscetta nella politica siciliana. Secondo me tutto è tragicamente molto drammaturgico”.

Cavalli, lei perché si è candidato alle regionali del 2010?

“Perchè credo nella politica, anche se oggi è in una fase che fa rizzare i capelli in testa. Certo, questa fede nella politica è molto legata alle mie battaglie e denunce precedenti sulla trasparenza, sulla legalità. Però, siamo riusciti a rimuovere un direttore dell’Asl (Pietrogino Pezzano, fotografato con alcuni boss calabresi, ndr) come l’Asl 1 di Milano, la più importante d’Italia e forse d’Europa per dimensioni e fatturato, ed è riuscito a farlo un consigliere regionale come me, di un minuscolo gruppo di minoranza, senza bisogno di rinvii a giudizio, ma parlando di fatti, portati in aula consiliare. Allora significa che la politica può essere anche uno strumento” .

Rosanna Biffi

Le ‘ndrine al Nord non sono degli alieni (l’editoriale per Pubblico di oggi)

Abbiamo perso l’esercizio del senso dell’opportunità. L’abbiamo lasciata in qualche vecchio cassetto o forse l’abbiamo sempre lì appoggiata sulla solita mensola ma ci siamo dimenticati come si usa, abbiamo perso le istruzioni. Gli ultimi arresti hanno soffiato sull’indignazione e su  un molle senso di allarme generale sulle mafie ma in qualche caso sembrano avere dato inizio ad un’erezione passeggera.
In Lombardia c’è in agenda un’iniziativa antimafia al giorno: è una bella abitudine di questi tempi, roba da fregarsi le mani rispetto ai prefetti che ne negano l’esistenza o ai sindaci che balbettano imbarazzati parlando flebilmente di presunte, possibili, circostanziate possibilità di infiltrazioni future.
Eppure le mafie qui su sono una cosa a sé: un mostro un po’ peloso che ha bisogno di essere raccontato perché faccia meno paura. E mentre ci si convince di compierne l’analisi si finisce per sublimarlo, così la pulsione aggressiva sparisce e la criminalità organizzata diventa un buon tema per le disquisizioni padanamente saccenti davanti al thé.
Quando qualcuno alza la voce e tira fuori questa vecchia storia dell’opportunità invece viene zittito come si zittiscono i molestatori. L’opportunità – ci dicono – è sancita dalla magistratura, niente tribunali del popolo – inorridiscono, sono sensibili – e niente teoremi! 
Oggi la Lombardia è ferita dalla ‘ndrangheta, ossessionata dall’avere i boss sullo stesso pianerottolo ma analfabeta: analfabeta nei modi, nei tempi, nelle meccaniche delle collusioni e nel coraggio. Celebra l’avvocato Ambrosoli ammazzato dal sicario di Sindona ma non invita il figlio Ambrosoli alla commemorazione del padre. Bisogna parlarne ma non superare il confine, contenersi in una buona educazione che si limiti per i più coraggiosi a riportare le notizie giudiziarie. Bisogna imparare in fretta il bon ton dell’antimafia lombarda come la vorrebbe la politica: tanti boss, qualche morto ammazzato per rendere truce la scenografia e al massimo qualche assessore di un paesino piccolo piccolo. Non un centimetro in più.
Poi non è importante che il riciclaggio giù al nord, la corruzione e la privatizzazione incessante delle regole siano il giaciglio perfetto per l’onnivora ‘ndrangheta che ridisegna le economie e i territori, sembra che non sia importante che le ultime indagini ci dicano che  la merda sotto terra per qualche centesimo al chilo sia sotto le autostrade che porteranno a Expo, non importa che Lea Garofalo sia stata uccisa in pieno giorno in centro a Milano o che brucino i beni confiscati: la mafia qui è un alieno atterrato tra i civili. Ma i civili sono innocenti. Altrimenti che civili padani sarebbero?

L’arresto dell’assessore Zambetti di ieri è l’ennesimo segnale di una ‘ndrangheta che non è più infiltrazione, ma è parte integrante del sistema politico lombardo. Le persone che hanno rovinato la mia vita in questi ultimi anni dialogano con un assessore che siede poco distante da me in Aula. Non c’entra la responsabilità penale è molto di più: è la difficoltà di raccontarlo ai miei figli. Semplicemente.

La Lombardia (e la Lega) dei pupi

È un teatrino. Soltanto un teatrino sulla pelle della Lombardia e dei lombardi. Come i teatrini dei pupi dove il copione è stato scritto e appoggiato dietro al palco e in scena ci si preoccupa di essere credibili e nient’altro.

La Lega abbaia ma non morde. Fingeranno di volere azzerare la Giunta e alla fine sarà un rimpasto. Un rimpasto che torna utile a Maroni per silurare qualche reduce assessore bossiano (come Bresciani, assessore alla sanità).

Salvini dirà che è un governo di transizione fino ad aprile ma Formigoni non parlerà mai di dimissioni. Poi da qui ad aprile in uno scenario politicamente così veloce e confuso può succedere di tutto e, soprattutto, la memoria fa in tempo ad affievolirsi e affievolire il senso di gravità.

Alla fine la Lega 2.0 continuerà ad essere collusa con i mali che dice di combattere e tutti saranno ancora per un po’ felici e contenti. Se davvero vuole mandare a casa Formigoni ci vediamo domani mattina con le (presunte) dimissioni che hanno preparato. Le nostre sono già lì. Una firma e si chiude la questione.

Formigoni continuerà a dire che è un caso personale dimenticando che un leader si vede nella scelta dei collaboratori. E lui è uno malato di leadership, dovrebbe saperlo bene.

Sembra una favola e invece è un incubo.

Noi intanto potremmo smettere di credere che mafie, etica, moralità, legalità, riciclaggio e corruzione siano temi che meritano al massimo un convegno e qualche opuscolo o cerimonia e invece è il primo punto per il cambiamento.

Noi partiamo da qui.

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