Una relazione (che è anche il nostro programma) su quello che avviene in Lombardia. Di Siria Trezzi.
RISORSE POLITICHE SOCIALI
FONDO NAZIONALE POLITICHE SOCIALI
ANNO |
trasferimento |
2008 |
94.915.901,37 |
2009 |
73.000.000,00 |
2010 |
53.801.546,00 |
2011 |
24.774.392,36 |
2012 |
1.536.000,00 |
Il riparto del fondo 2012 (che si ripercuote su utilizzo 2013) è praticamente inesistente. Le manovre che si sono seguite negli anni hanno di fatto cancellato il fondo sociale per le politiche sociali. Se dovesse confermarsi il dato di fine luglio, i comuni avrebbero dei trasferimenti ridicoli dallo stato.
Pochi e non consistenti finanziamenti restano invece sulle politiche familiari (circa 40 milioni di €) a seguito dell’approvazione del Piano famiglia da parte del Governo. Inoltre resta un piccolo finanziamento sulle Pari Opportunità di circa 15 milioni di € sempre dal Governo, entrambi ad oggi non sono ancora stati ripartiti.
FONDO SOCIALE REGIONALE
ANNO |
STANZIAMENTO |
2009 |
85.900.000,00 |
2010 |
85.900.000,00 |
2011 |
70.000.000,00 |
2012 |
70.000.000,00 |
Dal 2011 lo stanziamento iniziale è stato di 40 milioni di € e solo in seguito a proteste delle associazioni di disabili e dei Comuni nell’ assestamento (in genere a luglio) sono stati recuperati i 30 milioni di € mancanti. Ovviamente non poter disporre della cifra complessiva fin dall’inizio porta disagi alla programmazione dell’offerta e difficoltà nell’erogare adeguatmente i servizi sui territori, trasformandosi di fatto in un risparmio per il bilancio regionale. Inoltre dal 2009 c’è stato comunque un taglio.
Bisogna sottolineare che quest’anno per la prima volta anche nel fondo regionale è stato previsto ‘utilizzo dei voucher per servizi rivolti a persone con disabilità (comunità alloggio, CSE e SFA; assistenza domiciliare).Si tratta di una novità non prevista e che vede i comuni in difficoltà nel rispettare la tempistica data e le modalità proposte. In genere il FSR serviva completamente a sostenere le spese dei servizi sui territori. Si tratta di un cambiamento importante, che con molta probabilità anticipa “il nuovo patto per il welfare lombardo”.
Sempre a luglio sono stati stanziati 24 milioni di € (sempre con assestamento) per minori in comunità con situazioni di abuso e maltrattamento e per famiglie con ragazzi in affido. Anche in questo caso non si tratta di risorse fresche, ma di un pacchetto di risorse che ciclicamente Regione utilizza per forme di finanziamento differenziate: negli ultimi anni era stato utilizzato per il buono famiglia erogato dalle asl (prima 25 milioni di €, poi 17 milioni di €)
FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA
ANNO |
STANZIAMENTO |
2009 |
44.083.734,18 |
2010 |
58.827.457,99 |
2011 |
56.494.672,88 |
2012 |
ZERO |
In questo caso si tratta di un vero e proprio taglio che colpirà in modo drammatico servizi rivolti alle persone più fragili (anziani e disabili) e che i comuni non sono assolutamente in grado di coprire con risorse proprie. Alcune Regioni hanno creato un fondo specifico per la non autosufficienza che in questo caso poteva servire per contenere i danni.
Stiamo parlando di servizi essenziali, di sostegno al mantenimento al domicilio di persone con una grave fragilità (es buono badante, sostenuto in precedenza anche dalla Regione con i fondi della circolare 41 sulla regolarizzazione delle assistenti familiari), di mantenimento di un minimo di autonomia (buoni trasporto, per assistenza), di garanzia di un stile di vita sufficientemente dignitoso (sollievo, vacanze protette, integrazioni economiche).
Considerazioni
- Con evidenza stiamo parlando di tagli drastici che non permetteranno di garantire la sostenibilità economica dei servizi, anche di quelli essenziali. Inoltre si aggiungono gli effetti delle spending review sui bilanci dei comuni che , a questo punto, non potranno nemmeno più compensare con risorse proprie la diminuizione dei trasferimenti. Ciascuno deciderà da solo a cosa dovrà rinunciare? Si potrà parlare direttamente di tagli secchi o continueremo a parlare di razionalizzazione della spesa e ottimizzazione delle risorse?
- Regione Lombardia negli ultimi anni ha stanziato circa 40 milioni di € sulle politiche di conciliazione (dote conciliazione, leggi sui tempi di vita, bandi conciliazione alle imprese, etc…) che hanno di fatto creato un welfare sostitutivo, invece che incidere sulla situazione occupazionale-economica. Un uso “ipocrita” di risorse che non ha prodotto i risultati sperati e che quindi deve essere rivisto;
- Vengono stanziate risorse “specialistiche” su alcuni temi, con risultati poco verificabili e sganciati da un sistema di offerta stabile; es buono per la SLA e le malattie del motoneurone, sperimentazioni su residenzialità di vario genere, etc…).
- Qualche riflessione su consulenze davvero faraoniche andrebbe denunciato (es 5 milioni di € per lo studio e proposta su nuovo welfare,) e proposto un utilizzo più oculato degli esperti che già lavorano e operano in questi settori: Penso ai dirigenti dei Comuni, ad alcuni testimoni privilegiati e competenti del terzo settore, al mondo della conoscenza e dell’università, etc..).
Prospettive
- A fine settembre dovrebbe chiudersi il percorso di consultazione per la sottoscrizione di “un nuovo patto sul welfare”. Molti sono i punti critici della proposta in campo, ma alcuni rischiano di essere davvero preoccupanti:
- Passare dall’offerta alla domanda significa avere una lettura del bisogno precisa e puntuale. I territori non sono gli stessi per composizione demografica, complessità, dati epidemiologici e condizioni economiche. Il modello non può essere standard e nemmeno l’offerta (Milano non è uguale a Varese)
- La centralità della famiglia è un concetto sempre più sfruttato da Regione. La famiglia. o meglio le famiglie, non possono trasformarsi un welfare sostitutivo e meno costoso. La famiglia è luogo di relazioni e di coesione sociale prezioso, è risorsa che deve essere valorizzata, ma non è né erogatore di servizi né sostituivo delle funzioni dei servizi pubblici. Inoltre in una condizione di crisi economico-occupazionale come questa è rischioso riversare sulle famiglie, già caricate di troppi oneri, anche le funzioni del “prendersi cura”. La centralità della famiglia rischia di far perdere l’attenzione sulla persona e sui suoi bisogni.
- Il riferimento anche per i servizi alla persona sarà la “dote welfare”. Il sistema di Regione Lombardia, ormai basato esclusivamente su doti, buoni e voucher, rischia di compromettere definitivamente il concetto di “presa in carico” della persona con fragilità (come previsto dalla Legge regionale 3) e mina definitivamente la titolarità della programmazione pubblica dei servizi. Senza un sistema che permetta di definire tempi, modalità, risorse per la presa in carico e la definizione di un progetto di aiuto chiaro rischia di trasformarsi in un disorientamento. La presa in carico non può essere sostituita dalla competizione fra i soggetti erogatori di buoni o voucher.
- Il piano di zona, che doveva essere il luogo della programmazione del offerta integrata dei servizi e lo strumento per superare la frammentarietà dei comuni rischia di essere privato delle sue funzioni e di terminare l’esperienza, delegando di fatto alle asl le proprie competenze.
- Da tempo si dichiara a necessità di un’integrazione socio-sanitaria, che però stenta a realizzarsi. Troppi fondi differenziati, risorse parcellizzate, una programmazione non integrata ed efficace. Sarebbe necessaria unificare le deleghe e ripensare il bilancio delle due direzioni in un’ottica integrata, puntando sulla prevenzione, non solo alla malattia, ma anche al disagio.
- Valorizzare ed incentivare la rete territoriale per creare veramente l‘offerta integrata di servizi alla persona, con una titolarità pubblica della programmazione ed una gestione associata dei servizi. Questo permetterebbe la presa in carico complessiva della persona fragile, senza trasformare la risposta ai bisogni in un semplice buono spesa in mano alle persone.
- Individuare un principio di equità nell’utilizzo delle risorse (tema della compartecipazione della spesa) e prevedere una proposta di definizione dei liveas, almeno in materia assistenziale.
- Coordinare e armonizzare i servizi rivolti ad alcune categorie che risultano distribuiti e spezzettati tra troppi interlocutori e enti di competenza (si pensi ad esempio alle persone con disabilità per quanto riguarda i temi sociali, dall’istruzione, al lavoro, al trasporto, sullo stesso tema hanno competenze dirette stato, regione , provincia, comuni)