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regione lombardia

Salvini e la Lega scelgono di non scegliere

Alla fine il conciliabolo della Lega si conclude con un finto ultimatum della Lega a Formigoni: azzeramento Giunta o dimissioni.

Praticamente hanno deciso che Formigoni deve decidere. Come quegli adolescenti che per la paura di lasciare fanno di tutto per essere lasciati e intanto issano la bandiera dell’impresa.

Eppure la spiegazione è semplice: la Lega sa di non avere i voti per raggiungere la decenza nel caso in cui si vada al voto, cerca di ammaestrare il proprio elettorato continuando ad abbaiare sempre più forte ma in realtà ha una paura blu che Formigoni perda la pazienza. Domani Maroni e Salvini metteranno in scena un bel siparietto con Formigoni fingendo l’ennesimo penultimatum che si chiuderà con la solita mediazione. Diranno che la Lega ha la voce grossa e intanto il nuovo corso leghista 2.0 si sarà sdraiato anche su un concorso esterno in associazione mafiosa. Com’è nel DNA della Lega degli ultimi vent’anni.

Noi ci prepariamo alle primarie, intanto.

Scioglierci

Ci sono due aspetti sull’arresto dell’assessore Zambetti per concorso esterno in associazione mafiosa. Distinti ma confusi per dolore e rabbia.

Le persone che hanno rovinato la mia vita in questi ultimi anni dialogano con un assessore che siede poco distante da me in Aula. Non c’entra la responsabilità penale è molto di più: è la difficoltà di raccontarlo ai miei figli. Semplicemente.

C’è il punto politico: smettiamo di credere che sia criminalità organizzata, qui siamo alle macerie democratiche, all’incendio delle regole e per anni nessuno ha voluto vedere la brace. Nessuno. Anche dalle nostre parti abbiamo creduto (in troppi) che fosse roba da commissione o quelle cose lì e invece è il cuore del potere. Per la rabbia e l’indignazione non voglio nemmeno chiedere le dimissioni, vorrei gridare la sconfitta di tutti: la ‘ndrangheta gestisce pacchetti di voti perché la politica non riesce a farlo, le mafie usano le preferenze (un’opportunità che sta nelle regole) battendo gli onesti anche negli strumenti democratici, per dire.

Faccia una cosa il Governo, ma davvero: sciolga Regione Lombardia. Le inchieste degli ultimi anni parlavano di zona grigia, ora cominciano a galleggiare i nomi e i cognomi, la commissione antimafia aveva parlato di consiglieri eletti con i voti delle mafie, Massimo Ponzoni viene definito dagli atti della magistratura “capitale sociale della ‘ndrangheta” e ora Zambetti.

Scioglieteci. Da questo laccio che ogni giorno sembra più un cappio.

La mafia a Brescia, la mafia in Lombardia: «Siamo tutti complici»

da BresciaToday

Parlare di mafia si fa sempre più complicato, i tentacoli della Piovra si fanno sempre più vasti, più di quanto si possa immaginare, “ce li abbiamo fin sotto casa“. Con la complicità di tanti, non solo la classe dirigente, con “i pentiti trattati come eroi”, e la Regione Lombardia che dentro di sé, quasi come una qualità oggettiva, possiede “il concime ideale per la proliferazione mafiosa”. A Castegnato il primo incontro del ciclo Mafie al Nord, con Giuseppe Giuffrida (direttore del Distretto Antimafia di Brescia e responsabile dei beni confiscati di Libera Brescia) e Giulio Cavalli (consigliere regionale di SEL), da sempre impegnati nel tenere alta l’attenzione, per non far chiudere gli occhi, per non “farti voltare dall’altra parte”.

In Lombardia e a Brescia, spiegano i relatori, “siamo stati bravi solo a nascondere tutto sotto la sabbia, a fare finta di niente”, giustificando “imprenditori e politici spericolati, giullari e prostitute” e, come detto, con responsabilità comuni. “Una Regione che ha già perso, la Regione dove si vende e si consuma un terzo della cocaina del Paese, dove le infiltrazioni mafiose cominciano dalle banche, si legano ai ricchi imprenditori ma anche ai poveri, con i ricatti, con l’usura”. Spuntano supermercati “come funghi”, strutture commerciali che “non hanno abbastanza clienti per mantenersi”, un fenomeno inarrestabile che allora “non è solo politico”, sale slot e videopoker “piazzati secondo zone d’interesse, fuori dalle leggi del mercato, come se ci fosse un suggeritore”, panettieri e panifici che “non hanno bisogno di vendere pane per guadagnare”, case e capannoni “prima costruite e poi invendute”.

E ancora le coincidenze che si ripetono, la storia di Daccò “con lo stesso odore di quelle di Fiorani e di Sindona”, i faccendieri “amici degli amici in grado di far valere quando serve il loro legame con quelli che contano”, quando la piccola Denise a soli 20 anni è già testimone di giustizia. Il riciclaggio, la memoria di comodo, problemi “culturali e morali”, il reato 416 in cui “tre o più persone cercano di accrescere il proprio bene privato a discapito del bene pubblico, giù al Nord quasi una costante”, o il 416/bis a cui si aggiungono “minacce e intimidazioni”.

Scelte suicide come “la spinta all’intolleranza verso i deboli e non verso i prepotenti”, frammenti di un puzzle davvero troppo grande di cui però bisogna sfatare i luoghi comuni, “perché sappiamo tutti che Provenzano e Riina erano solo ‘pezzi’, piccole parti di un apparato gigantesco, senza mai sapere chi fossero gli statisti quelli puri, abbiamo avuto paura delle loro ombre, di gente che neanche meritava considerazione”.

Una bruciante conclusione quella di Cavalli e Giuffrida: “La paura può essere lecita, l’indifferenza invece no. Chi non prende posizione è come se fosse un colluso, l’antimafia educata non esiste. La mafia non si combatte con l’impegno straordinario di pochi, si combatte con l’impegno quotidiano di tanti. Prima di tutto dobbiamo imparare a sconfiggere la mafia che c’è dentro di noi”.

Asilo Mariuccia: si erano sbagliati, eh

La Fondazione Asilo Mariuccia ottenne nel 2010 uno «stanziamento» da 600 mila euro dalla Regione Lombardia, quando aveva un «patrimonio netto» di circa 11 milioni di euro, titolo di Stato per circa 1 milione e «disponibilità liquide» di oltre 2 milioni. Lo si legge nel decreto di sequestro firmato dal gip di Milano Annamaria Zamagni, che parla di una «richiesta» di «contributo regionale» ingiustificata dalla «situazione economica» dell’istituto. Gli investigatori della Gdf di Milano, su ordine del gip che ha accolto la richiesta del pm di Milano Tiziana Siciliano, hanno sequestrato 600 mila euro sui conti correnti della Fondazione.

Lo scriveva il Corriere della Sera.

Oggi, sfogliando le brillanti delibere della Giunta Formigoni, scopriamo che ci hanno ripensato. Ovviamente si costituiscono parte civile (e per fortuna) e ovviamente la Regione Lombardia è “parte lesa”. Come in tutti gli ultimi scandali che sono avvenuti, scommettiamo.

Qui la delibera per chi vuole essere curioso.

Sul San Raffaele Formigoni come Schettino

Comunicato stampa
“La crisi occupazionale e sanitaria, che attanaglia i resti del San Raffaele, è la polaroid delle macerie create da un ventennio di politica formigoniana in Regione Lombardia.” Giulio Cavalli affida a una nota il commento a quanto emerso oggi dalle audizioni sul San Raffaele in commissione sanità.

“A quasi 200 giorni dall’acquisto è semplicemente imbarazzante che la nuova proprietà non abbia ancora presentato nessun piano aziendale e che non abbia alcuna idea di futuro della gestione se non quella che passa attraverso tagli e licenziamento del personale.” Continua il consigliere di Sinistra Ecologia Libertà “Le audizioni oggi in commissione hanno reso evidente la falsità di quanto affermato dalla proprietà, di come la qualità del servizio reso ai cittadini sarà intaccato dai 450 licenziamenti previsti: si è definitivamente acclarato che le problematiche, contrariamente a quanto fin qui indicato dalle strutture regionali, non sono solo occupazionali ma anche di presidio sanitario.”

“Formigoni dopo aver utilizzato il San Raffaele come serbatoio di voti con un’attenzione più che sospetta” conclude Cavalli “come uno Schettino qualunque scarica qualsiasi responsabilità sulla struttura, senza neppure tentare di aprire un serio tavolo tra le parti in cui Regione Lombardia sia garante.”

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Buca le gomme

Io non so cosa deve succedere d’altro per raggiungere il colmo, non so nemmeno se l’etica sia finita qualche decennio fa e forse noi non ce ne siamo accorti e questi episodi non siano altro che le macerie che cominciano ad emergere e galleggiare ma che un Presidente dell’Aler (Antonio Piazza, uomo PDL a capo dell’Aler di Lecco) parcheggi la sua Jaguar in un posto riservato ai disabili e poi costretto a spostarla per le proteste di un disabile decida di tagliargli le gomme dell’auto mi sembra oggettivamente troppo. Perché qui non si tratta di antipolitica ma di un’insofferenza cronica per un malcostume che qui da noi diventa classe dirigente, per una carriera che sembra inversamente proporzionale allo spessore umano. Altro che meritocrazia, in Italia siamo arrivati alla perversione.

E la piccolezza si legge (ed è ancora più insopportabile) nelle scuse offerte dal dirigente: Venerdì ero a pranzo con 36 disabili. Dal punto di vista dell’azienda lombarda mi sono sempre comportato bene e non è nella mia indole offendere queste persone». Piazza, che faceva parte anche del direttivo provinciale del Pdl, vuole chiudere il capitolo. Le dimissioni? «Sono giustissime infatti le ho date, devo fare atto di penitenza, poi con il tempo, se c’è la passione e la possibilità di ripartire. Ma – aggiunge – c’è gente che ha fatto cose peggio di me ed è ancora lì. Io non sono così. Ognuno nelle proprie scelte è responsabile, io per quello che ho fatto ritengo che sia giusto dimettermi dalle cariche pubbliche che ricoprivo. Cercherò di tornare umile, di ripartire. Gli sbagli fanno crescere. Dice Piazza.

No, caro Piazza, gli sbagli fanno crescere se non sono sempre gli altri a pagarli. Altrimenti si chiamano danni, non errori. E in una Lombardia intollerante con le fragilità e le debolezze forse è arrivato il momento di diventare intolleranti con le prepotenze. Democraticamente intolleranti ma fermi. Perché un dirigente pubblico che taglia le gomme di un disabile non può essere classe dirigente nel Paese che vogliamo costruire. Per questo abbiamo scritto oggi all’assessore competente chiedendo che le dimissioni del presidente Aler vengano accettate il prima possibile e che ne venga data tempestiva comunicazione.

Cava Cantello: sì allo stralcio

[comunicato stampa]

Troppo spesso, in questa legislatura, abbiamo visto la Giunta usare l’ambiente per interessi privati nei collegi elettorali. Anche per la Cava Cantello si è rischiato il disastro e ci si è fermati solo sul ciglio del burrone” Giulio Cavalli commenta così  a margine del Consiglio Regionale il voto sul ripristino ambientale per la cava di Cantello.

“Il vero bene comune è il senso di responsabilità che la  maggioranza anche in questa occasione ha dimostrato di avere con molta fatica” conclude il consigliere regionale di Sinistra Ecologia Libertà “perché l’unica lobby cui è necessario rispondere è la salute dei cittadini”

Finalmente

Si smette con la caccia in deroga in Lombardia. Passano le pregiudiziali presentate da noi e quella di IDV e non se ne discute nemmeno. E non si tratta di essere ambientalisti, animalisti o qualsiasi altro “isti”, si tratta di una legge illegittima. Punto. Il resto è noia.

Per quelli che “sono tutti uguali”

Perché il gioco per cui se tutti sono ladri alla fine nessuno è ladro. E’ un gioco antico. E allora vale la pena rivendicarle, le differenze.

Forse vale la pena leggervi (e fare leggere) l’articolo qui. Questo il titolo:

 

La chiamano razionalizzazione ma sono tagli: le risorse alle politiche sociali in Lombardia

Una relazione (che è anche il nostro programma) su quello che avviene in Lombardia. Di Siria Trezzi.

RISORSE POLITICHE SOCIALI

FONDO NAZIONALE POLITICHE SOCIALI

ANNO trasferimento
2008 94.915.901,37
2009 73.000.000,00
2010 53.801.546,00
2011 24.774.392,36
2012 1.536.000,00

Il riparto del fondo 2012 (che si ripercuote su utilizzo 2013) è praticamente inesistente. Le manovre che si sono seguite negli anni hanno di fatto cancellato il fondo sociale per le politiche sociali. Se dovesse confermarsi il dato di fine luglio, i comuni avrebbero dei trasferimenti ridicoli dallo stato.

Pochi e non consistenti finanziamenti restano invece sulle politiche familiari (circa 40 milioni di €) a seguito dell’approvazione del Piano famiglia da parte del Governo. Inoltre resta un piccolo finanziamento sulle Pari Opportunità di circa 15 milioni di € sempre dal Governo, entrambi ad oggi non sono ancora stati ripartiti.

FONDO SOCIALE REGIONALE

ANNO STANZIAMENTO
2009 85.900.000,00
2010 85.900.000,00
2011 70.000.000,00
2012 70.000.000,00

Dal 2011 lo stanziamento iniziale è stato di 40 milioni di € e solo in seguito a proteste delle associazioni di disabili e dei Comuni nell’ assestamento (in genere a luglio) sono stati recuperati i 30 milioni di € mancanti. Ovviamente non poter disporre della cifra complessiva fin dall’inizio porta disagi alla programmazione dell’offerta e difficoltà nell’erogare adeguatmente i servizi sui territori, trasformandosi di fatto in un risparmio per il bilancio regionale. Inoltre dal 2009 c’è stato comunque un taglio.

Bisogna sottolineare che quest’anno per la prima volta anche nel fondo regionale è stato previsto ‘utilizzo dei voucher per servizi rivolti a persone con disabilità (comunità alloggio, CSE e SFA; assistenza domiciliare).Si tratta di una novità non prevista e che vede i comuni in difficoltà nel rispettare la tempistica data e le modalità proposte. In genere il FSR serviva completamente a sostenere le spese dei servizi sui territori. Si tratta di un cambiamento importante, che con molta probabilità anticipa “il nuovo patto per il welfare lombardo”.

Sempre a luglio sono stati stanziati 24 milioni di € (sempre con assestamento) per minori in  comunità con situazioni di abuso e maltrattamento e per famiglie con ragazzi in affido. Anche in questo caso non si tratta di risorse fresche, ma di un pacchetto di risorse che ciclicamente Regione utilizza per forme di finanziamento differenziate: negli ultimi anni era stato utilizzato per il buono famiglia erogato dalle asl (prima 25 milioni di €, poi 17 milioni di €)

FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA

ANNO STANZIAMENTO
2009 44.083.734,18
2010 58.827.457,99
2011 56.494.672,88
2012 ZERO

In questo caso si tratta di un vero e proprio taglio che colpirà in modo drammatico  servizi rivolti alle persone più fragili (anziani e disabili) e che i comuni non sono assolutamente in grado di coprire con risorse proprie. Alcune Regioni hanno creato un fondo specifico per la non autosufficienza che in questo caso poteva servire per contenere i danni.

Stiamo parlando di servizi essenziali, di sostegno al mantenimento al domicilio di persone con una grave fragilità (es buono badante, sostenuto in precedenza anche dalla Regione con i fondi della circolare 41 sulla regolarizzazione delle assistenti familiari), di mantenimento di un minimo di autonomia (buoni trasporto, per assistenza), di garanzia di un stile di vita sufficientemente dignitoso (sollievo, vacanze protette, integrazioni economiche).

Considerazioni 

  • Con evidenza stiamo parlando di tagli drastici che non permetteranno di garantire la sostenibilità economica dei servizi, anche di quelli essenziali. Inoltre si aggiungono gli effetti delle spending review sui bilanci dei comuni che , a questo punto, non potranno nemmeno più compensare con risorse proprie la diminuizione dei trasferimenti. Ciascuno deciderà da solo a cosa dovrà rinunciare? Si potrà parlare direttamente di tagli secchi o continueremo a parlare di razionalizzazione della spesa e ottimizzazione delle risorse?
  • Regione Lombardia negli ultimi anni ha stanziato circa 40 milioni di € sulle politiche di conciliazione (dote conciliazione, leggi sui tempi di vita, bandi conciliazione alle imprese, etc…) che hanno di fatto creato un welfare sostitutivo, invece che incidere sulla situazione occupazionale-economica. Un uso “ipocrita” di risorse che non ha prodotto i risultati sperati e che quindi deve essere rivisto;
  • Vengono stanziate risorse “specialistiche” su alcuni temi, con risultati poco verificabili e sganciati da un sistema di offerta stabile; es buono per la SLA e le malattie del motoneurone, sperimentazioni su residenzialità di vario genere, etc…).
  • Qualche riflessione su consulenze davvero faraoniche andrebbe denunciato (es 5 milioni di € per lo studio e proposta su nuovo welfare,) e proposto un utilizzo più oculato degli esperti che già lavorano e operano in questi settori: Penso ai dirigenti dei Comuni, ad alcuni testimoni privilegiati e competenti del terzo settore, al mondo della conoscenza e dell’università, etc..).

Prospettive

  • A fine settembre dovrebbe chiudersi il percorso di consultazione per la sottoscrizione di “un nuovo patto sul welfare”. Molti sono i punti critici della proposta in campo, ma alcuni rischiano di essere davvero preoccupanti:
  1. Passare dall’offerta alla domanda significa avere una lettura del bisogno precisa e puntuale. I territori non sono gli stessi per composizione demografica, complessità, dati epidemiologici e condizioni economiche. Il modello non può essere standard e nemmeno l’offerta (Milano non è uguale a Varese)
  2. La centralità della famiglia è un concetto sempre più sfruttato da Regione. La famiglia. o meglio le famiglie, non possono trasformarsi un welfare sostitutivo e meno costoso. La famiglia è luogo di relazioni e di coesione sociale prezioso, è risorsa che deve essere valorizzata, ma non è né erogatore di servizi né sostituivo delle funzioni dei servizi pubblici. Inoltre in una condizione di crisi economico-occupazionale come questa è rischioso riversare sulle famiglie, già caricate di troppi oneri, anche le funzioni del “prendersi cura”. La centralità della famiglia rischia di far perdere l’attenzione sulla persona e sui suoi bisogni.
  3. Il riferimento anche per i servizi alla persona sarà la “dote welfare”. Il sistema di Regione Lombardia, ormai basato esclusivamente su doti, buoni e voucher, rischia di compromettere definitivamente il concetto di “presa in carico” della persona con fragilità (come previsto dalla Legge regionale 3) e mina definitivamente la titolarità della programmazione pubblica dei servizi. Senza un sistema che permetta di definire tempi, modalità, risorse per la presa in carico e la definizione di un progetto di aiuto chiaro rischia di trasformarsi in un disorientamento. La presa in carico non può essere sostituita dalla competizione fra i soggetti erogatori di buoni o voucher.
  4. Il piano di zona, che doveva essere il luogo della programmazione del offerta integrata dei servizi e lo strumento per superare la frammentarietà dei comuni rischia di essere privato delle sue funzioni e di terminare l’esperienza, delegando di fatto alle asl le proprie competenze.
  • Da tempo si dichiara a necessità di un’integrazione socio-sanitaria, che però stenta a realizzarsi. Troppi fondi differenziati, risorse parcellizzate, una programmazione non integrata ed efficace. Sarebbe necessaria unificare le deleghe e ripensare il bilancio delle due direzioni in un’ottica integrata, puntando sulla prevenzione, non solo alla malattia, ma anche al disagio.
  • Valorizzare ed incentivare la rete territoriale per creare veramente l‘offerta integrata di servizi alla persona, con una titolarità pubblica della programmazione ed una gestione associata dei servizi. Questo permetterebbe la presa in carico complessiva della persona fragile, senza trasformare la risposta ai bisogni in un semplice buono spesa in mano alle persone.
  • Individuare un principio di equità nell’utilizzo delle risorse (tema della compartecipazione della spesa) e prevedere una proposta di definizione dei liveas, almeno in materia assistenziale.
  • Coordinare e armonizzare i servizi rivolti ad alcune categorie che risultano distribuiti e spezzettati tra troppi interlocutori e enti di competenza (si pensi ad esempio alle persone con disabilità per quanto riguarda i temi sociali, dall’istruzione, al lavoro, al trasporto, sullo stesso tema hanno competenze dirette stato, regione , provincia, comuni)