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regione lombardia

Avevamo ragione: revocato un subappalto Expo

Alle 11.44 esce un’agenzia di stampa:

Expo 2015 Spa ha oggi revocato l’autorizzazione al subappalto nei confronti di un’impresa (Elios srl di Piacenza) attualmente al lavoro nel cantiere per la risoluzione delle interferenze del sito espositivo. Lo comunica una nota. “Tale determinazione è stata presa sulla base di una informativa della Prefettura di Milano che, pur non evidenziando tentativi di infiltrazione mafiosa, ha segnalato elementi suscettibili di valutazione sotto il profilo dei requisiti soggettivi dell’impresa subappaltatrice e tali da pregiudicare il rapporto fiduciario tra Expo 2015 Spa e l’impresa. Infatti la revoca dell’autorizzazione al subappalto è stata assunta avvalendosi della facoltà discrezionale della stazione appaltante prevista dal Protocollo di legalità sottoscritto tra Expo e Prefettura del 15 febbraio 2012. Questa decisione non pregiudicherà in alcun modo la prosecuzione dei lavori secondo i programmi stabiliti. La società Expo 2015 Spa conferma l’impegno a operare e collaborare con le autorità preposte per la prevenzione di ogni tipo di infiltrazione criminale e sottolinea l’efficacia del Protocollo stipulato con la Prefettura e degli altri strumenti adottati a garanzia della corretta esecuzione dei lavori e della tutela della legalità”.

Ahi, ahi: l’avevamo scritto qualche giorno fa in questo post (grazie agli amici di SOS FORNACE). Poi avevamo anche avuto una vivace discussione con EXPO spa (per chi se l’è persa la potete ripescare qui).

La notizia della revoca è una buona notizia, certo. Ma fa sorridere oggi ancora di più l’eccesso di difesa di EXPO spa ogni volta che ci si permette di avanzare dei dubbi. Fa sorridere Formigoni ogni volta che ci rassicura sui passaggi dei subappalti tendendo sempre al negazionismo per tranquillizzare a tutti i costi. E, lasciatemelo dire, ci avevamo visto giusto. Noi allarmisti e visionari.

La migliore commissione antimafia è la trasparenza e la curiosità. Insieme. Senza compromessi.

Qualificarsi squalificando il Movimento 5 Stelle

E’ la moda del momento. E vorrei dire due parole perché si genera un po’ di confusione e in mezzo alla confusione poi va a finire che ci pascolano un po’ tutti, basta alzare bene e forte la voce. Chiariamo subito: se non ti allinei a sputtanare il Movimento 5 Stelle (o meglio, i grillini, come dicono in tanti, e così io sarei vendoliano, gli altri dipietristi, casiniani, bersaniani, come al gioco delle figurine, per dire) allora sei considerato un filopopulista. Ma il Movimento 5 Stelle doveva essere un fenomeno passeggero e invece oggi è il terzo polo (lo dicono i sondaggi) e forse sarebbe il caso di prendersi la responsabilità di provare ad analizzare oltre che impegnarsi nell’indifferenza prolungata. Tra l’altro mentre qualcuno insegue l’altro terzo polo, quello che non esiste più se non nei continui abboccamenti che danno ossigeno a Casini e compagni.

Chiedono le dimissioni di Formigoni (come molti) e lo faranno secondo i propri stili e i propri modi. Intanto hanno rilanciato la nostra campagna Formigoni Go Home senza pretese di originalità. E mi hanno invitato, sabato dalle 17 in Largo Cairoli a Milano. E ho accettato l’invito convinto come sono che la Lombardia si possa ricostruire con un’eversiva visione della sanità, del territorio, dell’economia e della solidarietà di cui SEL è protagonista. Ma senza avere bisogno di qualificarsi squalificando gli altri.

 

Mi date troppa importanza

Il vicepresidente della Regione Lombardia con la solita eleganza che lo contraddistingue dice che «mi date troppa importanza».

E invece bisogna credere (in modo importante e serio) alla manfrina di una Lega che pubblicamente continua a parlare di 2013 in Lombardia e invece è già stata stoppata da Formigoni mettendo sul piatto la caduta di Piemonte e Veneto. Giocano a fare la Lega 2.0 ma c’è ancora l’odore della Lega 1.0 che salva i mafiosi in Parlamento, intasca i rimborsi elettorali ed è patriarcale come nelle peggiori famiglie. O forse, pensavo, 2 (punto zero) è l’attuale percentuale nei sondaggi. Quella che li terrà inchiodati alla sedia ancora per un bel po’.

Quello che la politica non riesce a fare

Oggi su Repubblica uno scambio epistolare tra un lettore e Colaprico che è un punto di programma per la Lombardia che deve accadere. Perché a volte la politica sta tra le parole e le opinioni che non stanno per forza nei grandi editoriali di statisti à la page:

CA­RO Co­la­pri­co, mal­gra­do il pa­re­re con­tra­rio di tut­ti (co­mu­ni in­te­res­sa­ti, pro­prie­ta­ri dei ter­re­ni sot­to espro­prio, eco­lo­gi­sti, geo­lo­gi, eco­no­mi­sti, ec­ce­te­ra) gli in­sa­ni e cer­vel­lot­ti­ci «pia­ni per il traf­fi­co» del­la giun­ta re­gio­na­le lom­bar­da so­no sta­ti av­via­ti.
Mi ri­fe­ri­sco al­la rea­liz­za­zio­ne del­le «fa­mo­se» Pe­de­mon­ta­na, nuo­va au­to­stra­da Mi­la­no/Bre­scia e al­la Tan­gen­zia­le est ester­na. Al­tri mi­lio­ni di et­ta­ri di ter­re­no fer­ti­le sa­ran­no co­per­ti dal­l’a­sfal­to, ben­ché sia a tut­ti evi­den­te che il traf­fi­co su gom­ma sta di­mi­nuen­do, sia per il co­sto dei car­bu­ran­ti che per la cri­si eco­no­mi­ca, ed è de­sti­na­to ine­so­ra­bil­men­te in fu­tu­ro a di­mi­nui­re an­co­ra.
Que­ste ope­re inu­ti­li di­ven­te­ran­no al­tre «cat­te­dra­li nel de­ser­to», con un as­sur­do e mai tan­to in­sen­sa­to spre­co di de­na­ro pub­bli­co, a mag­gior ra­gio­ne in un mo­men­to co­me que­sto. Na­tu­ral­men­te «i so­li­ti no­ti» (fra i qua­li do­vre­mo an­no­ve­ra­re le va­rie ma­fie?) rin­gra­zia­no. La pia­nu­ra Pa­da­na è sto­ri­ca­men­te la par­te più fer­ti­le del no­stro pae­se, quel­la na­tu­ral­men­te de­sti­na­ta al­lo svi­lup­po agri­co­lo. È di­ven­ta­ta un’im­men­sa me­ga­lo­po­li, nel­la qua­le la teo­ria con­ti­nua di ca­se e ca­pan­no­ni è in­ter­rot­ta, di tan­to in tan­to, da qual­che di­ste­sa di cam­pi. Te­mo che fra non mol­ti an­ni si do­vran­no ara­re le stra­de (qual­cu­no­s’in­ge­gni a stu­dia­re vo­me­ri ade­gua­ti!).
Sil­va­no Fas­set­ta

Vor­rei av­vi­sar­la che la ri­vo­lu­zio­ne in­du­stria­le ri­sa­le al­l’800, che il boom eco­no­mi­co ita­lia­no è av­ve­nu­to al­la me­tà del se­co­lo scor­so e che Mi­la­no e Bre­scia so­no cit­tà do­ve le ci­mi­nie­re so­no spun­ta­te un bel po’ di tem­po fa. Lei cre­de­va di es­se­re in Ar­ca­dia, tra pe­co­re e pa­sto­rel­le e flau­ti? Ba­sta per­cor­re­re la Mi­la­no-Bre­scia per ren­der­si con­to del mon­do in cui sia­mo. Mol­ti an­ni fa Gior­gio Boc­ca rac­con­ta­va ai let­to­ri che usan­do il Po co­me una via d’ac­qua per le mer­ci, si sa­reb­be ot­te­nu­to il du­pli­ce sco­po di far di­mi­nui­re la con­ge­stio­ne del traf­fi­co su stra­da e tra­sfe­ri­re i con­tai­ner pre­sto e me­glio. Mol­ti an­ni fa… Me­no an­ni fa, quan­do co­min­cia­vo an­ch’io a fa­re il cro­ni­sta, ve­de­vo da vi­ci­no mol­te co­se e pur­trop­po og­gi, con tut­ta la mia espe­rien­za, do­po Tan­gen­to­po­li, le ma­fie, gli scan­da­li, i di­scor­si a pe­ra sul Nord, an­co­ra mi chie­do che co­sa mai ci re­sta da fa­re di le­ga­le. Per­ché noi po­ve­rac­ci sap­pia­mo ve­de­re spes­so le co­se giu­ste e le co­se sba­glia­te e ci chie­dia­mo: co­me mai, in po­li­ti­ca, pas­sa­no spes­so le co­se sba­glia­te? In qua­le la­bi­rin­to oscu­ro s’im­pri­gio­na chi fa po­li­ti­ca?
Piero Colaprico

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Sarò scemo

Perché di colpo mi sembra di non capirci più niente. Eh, lo so, mi direte voi che la politica è roba da intellettuali, ma quelli veri, quelli che si confrontano con il superalcolico e il sigaro sulle terrazze romane, e invece noi ci sporchiamo di fango sui blogs (al plurale, ho sentito un veterocentristademocratico che lo pronuncia così, al plurale, alla moderna) e sudiamo disordinati e male ai presidi. Insomma qui il can can delle primarie si apre e si richiude, si schiude per una mezza giornata e poi si riaddormenta. Sul nazionale e in Lombardia.

Sul nazionale c’è un congresso di partito (ampio, sicuro, passa dal Monti bis all’uso improprio della parola “sinistra”) che chiamano primarie. Dentro c’è Bersani, c’è Renzi e da oggi Boeri (a Stefano chiedono di dimettersi da assessore per non intasarsi di impegni, intanto Tabacci fa l’assessore, il parlamentare e l’analista di Regione Lombardia).

E gli altri? Mi chiedono ma voi? Ma gli altri? Nessuno invece che chiede cosa siano. Che chiede le regole. Che chiede i tempi. Interessa sapere i nomi. Come la giostra con le bocce e i cavalli (minuscoli) che si trova al Luna Park, ve la ricordate? Ecco. Una cosa così.

Bersani parla di un “patto civico” che metta insieme la sinistra progressista, la sinistra meno progressista, i riformisti, i moderati, i conservatori illuminati, i Montiani (Monti incluso, ovvio), i cattolici, i laici, i diritti civili, i conservatorismi incivili e i filoberlusconiani che furono se si pentono e si dissociano: ci fossero anche i neonazisti sarebbe il Partito dell’Umanità Estesa. Anzi, il Partito delle etichette affibbiate all’umanità estesa, perché dentro di persone a forma di persone i sondaggi non dicono che ce ne siano tantissime.

In Lombardia la fotografia è la stessa. Con tanti piccoli personaggi minori. Ma la stessa. Con il segretario del PD che manda sms per dire che le primarie si fanno, altroché. Io e Civati l’avevamo frainteso, lui e Bersani, evidentemente. Meglio così, direte voi. E invece il patto UDCivico è lo stesso. E anche gli isterismi. Oggi qualcuno ha anche confezionato un sondaggio per le primarie. Fantastico. Non si sa chi è (anzi, meglio, che roba é) la coalizione e intanto danno i numeri. Con dentro Pisapia, Tabacci e Di Pietro. Tra l’altro il sondaggio è confezionato dal partito che a Roma Bersani non vuole sentire nominare. Della serie: se ci autoinvitiamo di nascosto nei sondaggi non se ne accorge nessuno.

Sì, sarò scemo io. Se sono da solo a credere che se in questo benedetto Paese c’è stato un momento buono, utile e urgente per costruire una forza di sinistra seria è quello che ci sta passando sotto al naso.

Buone primarie a tutti. Questa sera, quando tornate a casa dai vostri figli, regalatevene una anche voi. Vi sentirete peggio. Ma meno scemi.

 

Sarebbe poi di sinistra

Alessandro Gilioli sul suo blog:

Ad esempio, per me sarebbe di sinistra mettere i piedi nel piatto della finanza, vietando gli strumenti speculativi a rischio e i cda incrociati. Ma sarebbe di sinistra anche ridurre alla ragione un neocapitalismo palesemente impazzito e arrogante come mai era stato, ad esempio mettendo un tetto agli stipendi dei manager e introducendo nelle aziende un rapporto retributivo tra il dipendente a tempo pieno più pagato e quello meno pagato, più un’aliquota marginale oltre il milione di euro tassata al 60-70 per cento, e ovviamente una patrimoniale vera.
Oppure, sarebbe di sinistra l’abolizione di tutti i privilegi fiscali e di altro tipo per le Chiese, il taglio delle spese militari, la fine dellle ‘missioni di pace’, tutte.
Ma sarebbe di sinistra anche decidere di non porre nessun limite alla ricerca scientifica – neanche sulle cellule staminali embrionali – l’abolizione della legge 40/2004, il diritto di redigere le proprie volontà in tema di fine vita e di testamento biologico, compresa l’eutanasia, il diritto a ogni tipo di terapia del dolore, il diritto alla scelta farmacologica e indolore per l’interruzione volontaria di gravidanza, l’abolizione della necessità di ricetta medica per l’acquisto della pillola del giorno dopo per le maggiorenni, il diritto di matrimonio e adozione per ogni persona indipendentemente dal suo orientamento sessuale.
E poi sarebbe di sinistra, secondo me, decidere che l’otto per mille per il quale il contribuente non dà indicazione venga destinato al welfare, così come sarebbe di sinistra alleviare quella tortura che sono le carceri italiane con la diffusione degli arresti domiciliari con verifica tecnologica (sensori, gps etc), ma anche il diritto alla sessualità in carcere e l’abolizione dell’ergastolo.
Sarebbe di sinistra pure decidere, secondo me che ogni parlamentare ha l’obbligo di pubblicare, nello spazio riservatogli dal sito della Camera di appartenenza, la sua ultima Dichiarazione dei Redditi entro 15 giorni dalla consegna all’Agenzia delle Entrate, e che nello stesso spazio ha l’obbligo di dichiarare ogni tipo di contributo ricevuto non solo dal proprio partito ma anche da eventuali fondazioni o associazioni di cui faccia parte.
Penso anche che sarebbe di sinistra abolire il quorum per il refendum abrogativo e decidere che le leggi di iniziativa popolare non discusse e votate dalle Camere entro due anni dalla loro proposta diventino oggetto di referendum popolare propositivo, sempre senza quorum. E sarebbe di sinistra che ogni proposta o disegno di legge depositato alle Camere fosse messo on line almeno tre mesi prima della loro discussione per ricevere i contributi in merito dei cittadini.
Sarebbe poi di sinistra stabilire una dead-line oltre la quale proibire la circolazione sul territorio nazionale di automobili con motori a combustibili fossili, e inserire nella Costituzione l’accesso a Internet come diritto umano fondamentale, stabilendo che la Rete è libera e ogni legge che la riguarda debba essere ispirata alla salvaguardia e all’estensione della sua libertà e non al proibizionismo.

Mi sembra di averle già sentite queste parole. Ed è per questo che mi viene da sorridere quando dietro ai paroloni (penso al “patto civico” ad esempio) si vuole fingere di non sapere che le ‘nostre’ priorità sono in campo da un bel pezzo. Basterebbe dire sì o no. Il risultato sono le alleanze possibili.

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Il tavolo verde della Lega, a forma di Lombardia

E alla fine (lo riporta anche Il Sole 24 Ore) Matteo Salvini con faccia dimessa e postura da cameriera dice che lui e Formigoni “sono amici” e in Regione Lombardia si continua così, e ogni mesi i leghista “faranno il tagliando a Formigoni”. Dice proprio così. Sul serio.

La Lega del nuovo corso con Maroni non si smentisce e continua a essere socia (o collusa, a ben vedere) del “sistema” fangoso ed oscuro (le inchieste giudiziarie ce lo dicono, ma basterebbe un’osservazione acuta e non ricattabile) della Lombardia formigoniana.

Parlano di “tagliando mensile” ma è un travestimento linguistico per dire che il tavolo delle trattative adesso è sempre aperto, per alzare il prezzo, chiedere una mezza poltrona (sono curioso di vedere se cambierà qualcosa per i “poteri” dell’assessore Bresciani o nelle vicinanze del sottosegretario Alli) e potersi rivendere come garanzia.

E allora se Formigoni ha bisogno di essere controllato è svelato il cortocircuito: Maroni non ha sfiduciato Formigoni ma ha sfiduciato 17 anni di Lombardia con Formigoni e la Lega mano nella mano.

Si è costituito e non sapeva come dirlo.
Giocano a Monopoli sul tavolo della Lombardia. Ma i soldi non sono finti.

Ma non ci stupisce e ci interessa quel poco che conta. Per il dovere di non permettere almeno il revisionismo storico e la propagazione di una bugia. Almeno questo.

Per il resto, non è la Lega a dettare i tempi della politica del centrosinistra. Non è Salvini che litiga con il padrone che può sancire la fine e l’inizio di un’altra Lombardia.
È la politica, quella che è fatta con le proposte, le soluzione, il programma, le priorità, le persone, i valori. Noi siamo qui.
E la politica fatta dell’apertura, quella vera, quella che sta in mare aperto e decide di ascoltare, farsi ascoltare e farsi scegliere se ne ha la credibilità: le primarie.

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Alla ricerca della pietra filosofale. In Lombardia.

E allora forse si comprende la geniale intuizione degli alchimisti: dipingere d’oro un sasso e far credere di aver trovato la pietra filosofale. Proporre lo stesso modello antisociale su cui si è retta questa regione semplicemente con un interlocutore più presentabile.

Non credo che la formula possa funzionare, neppure elettoralmente. Certamente è politicamente pavida.

Questa regione ha bisogno di un modello diverso, di un approccio nuovo.

Lasciamo gli alchimisti ad impallidire nei loro tetri laboratori e scendiamo nelle piazze e per le strade a parlare della Lombardia che vorremmo: solidale, aperta, libera dalla criminalità, verde, trasparente, laica, meritocratica.

Francesco ne scrive su Non Mi Fermo.

Prove tecniche per (ri)perdere in Lombardia

Pier Luigi Bersani ci crede: la Lombardia andrà al voto nel 2013. Un anno prima della scadenza naturale della legislatura. Ma il segretario nazionale del Pd per la prima volta frena sulle primarie per la scelta del candidato del dopo Formigoni: «Vedremo se ce ne saranno le condizioni». Rilancia un «patto civico aperto» e non esclude un accordo con l’Udc. Lo scrive oggi Repubblica e, chissà perché, ce lo aspettavamo. Che non significa che si sta proni ad aspettare ed ascoltare. Tutt’altro.

Un ‘patto civico’ è civico se il testimone sta in mano ai cittadini e le primarie sono il percorso unico per aprire la consultazione. E invece qui i capi bastone delle segreterie si incontrano davanti ad un caffè e elaborano i loro stratagemmi (ultimamente, in Lombardia, parecchio sfortunati) e li truccano con i costumi del civismo. No, questa volta non gli sarà possibile. Ma mica perché siamo in tanti a non concederglielo (e mi conforta il post e la quotidiana chiacchierata mattutina con Pippo Civati) ma perché il trucco è stato scoperto da un po’. E perché evidentemente resistono ancora quelli che intendono il “potere” con la voce del verbo “potere decidere da che parte vanno i voti fedeli alla ditta” nonostante le scelte suicide.

Nessuna concessione ai tiepidi pupi e ai sofismi programmatici: dieci punti dieci di denuncia e di proposta per un’alternativa (basta ascoltarli in giro da chi ci lavora da anni, basta rileggere quello che proviamo a raccontare da anni), i tempi chiari dei passaggi del cambiamento e interpreti non condizionati, non condizionabili e non ricattabili. Non sappiamo mica se questa cosa si chiami “primarie” ma noi siamo in quel posto lì. E non ci interessano i patti sottovoce negli spogliatoi.

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Quelli che vogliono abbattere Formigoni per i calzini

Scusate, l’ora è tarda e l’argomento antipatico per tanti democratici, vip antimafia e uomini di centrosinistra. Ma dopo la nausea per i calzini viola di Mesiano (ve lo ricordate? qui per rinfrescarvi) leggere dei calzini bianchi di Formigoni su Repubblica mi lascia basito. Perché l’opposizione fatta su camicie, slogan e (solo) hashtag su twitter è offensiva per la politica. E scrivere dei calzini di Formigoni non ha nessuna differenza con Claudio Brachino che cerca di sputtanare il giudice del Lodo Mondadori.

Non so voi. Non so se è politicamente corretto. Ma il berlusconismo mi sembra più vivo nell’area democratica che nel suo morituro partito.

Vedere qui per credere.