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Il federalismo che serve: tornare alle città, ripensare il territorio

Il secolo nuovo, nei suoi primi dieci anni, ha portato una “mistificazione” della questione urbana. Le politiche della sicurezza da una parte e il dibattito sul federalismo municipale, dall’altro, hanno dominato il discorso pubblico e hanno evitato che si affrontassero le questioni urbane entro a un quadro di respiro strategico che ne evidenziasse l’interesse nazionale dinanzi ai cambiamenti che le città hanno registrato nel ventennio a cavallo tra il secolo vecchio e il nuovo. Le città hanno subito cambiamenti profondi, per alcuni versi radicali. 

Pretendiamo che l’affermazione di centralità delle Città nella politica del governo centrale, pur nel rispetto delle competenze e delle attribuzioni che restano alle Regioni, alle Province e ai Comuni, si affermi; pretendiamo che si individui un percorso reale che porti alla costruzione di un vero Piano nazionale per le Città d’Italia. Dobbiamo pretendere, anche in vista dei futuri programmi di governo, che le forze politiche si pongano l’obiettivo di ricostituire in sede nazionale un luogo di elaborazione e di attuazione di queste politiche (meno improvvisato e spartitorio della cabina di regia prevista dal decreto). Sparare sul Piano Città di Monti è come sparare sulla Croce Rossa e ci distoglie dalla questione vera che merita di essere affrontata: se e come le città possono tornare al centro dell’Agenda politica nazionale. 

Lo scrive Giovanni Caudo e pone un tema che non si riesce a prendere in toto. Un po’ perché tutti intimiditi a parlare di federalismo come se ce l’avessero scippato e allora è meglio non lambirlo nemmeno e un po’ perché fa comodo a tutti depotenziare i sindaci per controllare le scelte. Eppure un Piano Nazionale per le città sarebbe una bella pagina dell’agenda politica (anche e soprattutto in Lombardia per praticare federalismo senza appuntarselo al petto) che lambisce consumo di suolo, ambiente e il modo di intendere lo stare insieme.

Mafia padana, barbara e sognante

Ne scrive Guido Ruotolo per La Stampa. E pensare alla Lega moralizzatrice fa proprio sorridere. Ah, dentro c’è il sempiterno lodigiano Gianpiero Fiorani:

Intercettazioni trovate nel computer sequestrato all’ex tesoriere genovese della Lega Mario Belsito. Gli interlocutori sono due: A e D. Uno dei due è stato identificato (si tratterebbe di un investigatore privato) l’altro non ancora (si tratterebbe di una donna). Vediamo cosa dicono.

«I soldi se li ciccia Bruzzone» A: «Ma, scusa un attimo, Belsito e Bruzzone (Francesco, segretario regionale uscente della Lega Nord della Liguria, ndr) non vanno d’accordo?». D: «Belsito e Bruzzone fanno finta di litigare, chi se li spartisce i soldi? Tu stai in quel posto…». A: «Io penso che se li ciccia tutti Bruzzone, sai?».

D: «No, no. Belsito ha preso il posto di Balocchi (Maurizio, storico cassiere della Lega, ndr)… Balocchi era quello che gestiva l’amministrazione della Lega a Chiavari, è lui che è entrato… che poi a gennaio del 2010 doveva essere condannato in udienza a Udine per il fatto dei 300-400 appartamenti che avevano fatto con la mafia della Jugoslavia… erano saliti, con Fiorani (Gianpiero, ex ad della Banca Popolare di Lodi, finito nei guai con la giustizia, ndr) in mezzo… non l’hanno condannato perché era in ospedale che stava tirando il “gambetto” (stava morendo, ndr)… ma tutta l’amministrazione, eccetera, l’ha presa Belsito che gli ha accollato… che va… che sta in via Massaggi (fonetico), va lì dall’ufficio e va a Chiavari».

L’intercettazione è del gennaio 2012. Per il pm antimafia di Reggio, Giuseppe Lombardo, rappresenta una conferma sugli intrecci mafiosi e affaristi di Belsito. L’esponente politico della Lega e affarista non disdegnava il socio della ‘ndrangheta per i suoi loschi investimenti.

«Collaborano con la mafia» Sempre “D” confida al suo interlocutore, a proposito di Belsito: «La sua segretaria abita a… Recco… da Recco hanno manovrato, siccome a Recco ha comprato la casa Salvini (Matteo, euoparlamentare del Carroccio, esponente di rilievo del partito considerato vicino all’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni, ndr), Salvini che è un altro deputato, quello che spruzzavano, che va in giro con quel cogl… di Borghezio (altro eurodeputato leghista, ndr), hanno fatto un giro che lì deve essere la mafia… loro collaborano direttamente con la mafia, direttamente, è tutto un gioco mafioso… tutto un gioco mafioso… loro sono gli indiretti… cioè, non so, arriva la ‘ndrangheta e gli dice: “Io adesso qua voglio che tu mi sblocchi questo e devo fare movimento terra qua, la discarica qua e costruire qua!!!»… perché le porte sono aperte in tutti questi cantieri?».

A: «Ma Belsito che c’entra? Sta a Roma!». D: «No, Belsito non sta a Roma, Belsito non sai da quant’è che non si presenta a Roma, Belsito manovra tutto di qua…».

Ma ti candidi alle primarie?

Ma la domanda è un’altra. E soprattutto le risposte da costuire. Ho provato a raccontarlo ad Affari Italiani in questa intervista:

Giulio Cavalli ad Affaritaliani.it: “Candidato alle primarie? Non lo escludo”. Poi attacca Tabacci, avverte Civati e…

(intervista di Fabio Massa)

Giulio Cavalli, consigliere regionale di Sel, in un’intervista ad Affaritaliani.it di fatto si candida alle primarie che dovranno scegliere lo sfidante di Albertini, il successore di Roberto Formigoni alla guida di una Regione Lombardia sempre più in bilico: “Non smentisco e non lo escludo”. Poi stronca un’alleanza con l’Udc: “Noi che ci battiamo per i diritti civili non possiamo pensare di trovare sintesi con chi ha invece un’idea completamente  diversa su alcuni punti fondamentali”. Albertini? “Non mi preoccupo delle candidature degli altri, ma di avere delle idee e di fare proposte migliori”. L’esempio di Pisapia è replicabile in Regione? “Credo che sia difficile nell’organizzazione e nella costruzione del progetto politico. Però Milano e l’amministrazione Pisapia ci dà spunti”. Tabacci? “Mi stupisce che una persona che è parlamentare ed assessore abbia così tanto tempo da fare analisi politiche sulla Regione. Detto questo, Bruno Tabacci mi ricorda tantissimo quelli che fingono di contestare un sistema e poi invece hanno come progetto politico quello di cambiare gli interpreti e promettere che saranno un po’ più etici”. Civati? “Io non credo che Civati appoggi Renzi. Ma se così fosse l’avvicinamento sarebbe difficilissimo”

Il potere formigoniano è finito o sta finendo?
Si sta sgretolando talmente rumorosamente che anche la Lega Nord non può fare finta di non sentire.

A che punto è l’elaborazione di un’alternativa di centrosinistra per il futuro postformigoniano?
La Lombardia è lo specchio della situazione nazionale. Nel senso che dobbiamo chiarirci che cosa è il centro sinistra. Secondo me noi stiamo sprecando delle energie a raccontare e ad osservare la caduta di Formigoni, e a tendere l’orecchio sui tempi dettati della Lega, quando tutte quelle energie dovremmo usarle per raccontare la nostra alternativa. Ma è ovvio che per raccontare un’alternativa ci deve essere una coalizione che faccia sintesi. Noi che ci battiamo per i diritti civili non possiamo pensare di trovare sintesi con chi ha invece un’idea completamente diversa su alcuni punti fondamentali.

A chi si riferisce?
All’Udc, senza dubbio. Io dico che bisogna decidere quali sono le nostre priorità. Io non cito spesso Vendola, ma questa volta Nichi l’ha detto con una chiarezza disarmante: il vero rischio qui è che si faccia una grande filosofia e poi dal punto di vista politico, la grande coalizione abbia il sapore della cicuta. Penso che anche nella nostra Regione il vero rischio sia quello.

Intanto il centrodestra ha già qualche nome in campo. C’è Albertini, o un leghista…
Il giochetto del centrodestra sarà semplice. Non lo chiameranno più modello Formigoni ma modello Lombardia, e continueranno nella retorica dell’eccellenza.

Un commento sulla candidatura di Albertini.
Non mi preoccupo delle candidature degli altri, ma di avere delle idee e di fare proposte migliori.

E’ preoccupato che a sinistra non ci siano ancora molte idee?
Io penso che ci sia tutto lo spessore politico per partorirle, queste idee. Bisogna però che ci sia uno scatto in avanti. E questo potrebbe essere una proposta concreta: primarie che siano contemporanee con quelle nazionali. Così si darebbe il via a un percorso di sintesi nazionale con ricaduta sul regionale.

In campo c’è, ad oggi, il solo Civati.
Io sono molto amico di Pippo e ne condivido molte idee. Siamo assolutamente convergenti sull’idea di governo e anche sono molto vicino alla sua idea di Partito Democratico. Sono molto meno convinto di alcuni pezzi che gli stanno intorno.

Facciamo qualche nome: Gori, Renzi?
Io non credo che Civati appoggi Renzi.

Ma se così fosse?
Se così fosse l’avvicinamento sarebbe molto molto difficile su alcuni temi.

L’altra candidatura che non è in campo, ma che potrebbe essere, è quella di Bruno Tabacci…
Mi stupisce che una persona che è parlamentare ed assessore abbia così tanto tempo da fare analisi politiche sulla Regione. Detto questo, Bruno Tabacci mi ricorda tantissimo quelli che fingono di contestare un sistema e poi invece hanno come progetto politico quello di cambiare gli interpreti e promettere che saranno un po’ più etici. La mia idea è un po’ più eversiva dal punto di vista della progettazione politica.

Un’idea eversiva che potrebbe posto in una candidatura vera e propria?
Sicuramente come Sel una persona che possa fare sintesi della nostra idea ci sia sicuramente.

Sarà lei?
Rispondo con la frase che è molto in voga ultimamente: non smentisco e non lo escludo.

Di fatto lei è molto vicino a candidarsi. Le prime tre cose che se fosse presidente della Regione cambierebbe.
Ripensare la Sanità, non più ospedalocentrica, con un riequilibrio dei finanziamenti pubblico-privato e più controlli. Ripensare l’Ambiente: tutto ciò che è infrastruttura, nel momento in cui è strettamente necessario, ha bisogno di infrastrutture sociali intorno. Terzo: fare in modo che la Lombardia non sia una lobby antisociale ma estremamente sociale, per i cittadini. Poi c’è il problema del lavoro: bisogna ripensare alle start up e all’imprenditoria giovanile.

Il modello Pisapia può essere replicato in Regione Lombardia?
Credo che sia difficile nell’organizzazione e nella costruzione del progetto politico. Però Milano e l’amministrazione Pisapia ci dà spunti e indicazioni politiche che possono essere riutilizzate.

Come il fatto che a Milano il Pd ha perso le primarie e ha vinto le elezioni?
Nelle elezioni di Milano si è riusciti a parlare a della gente che della politica era disamorata. A Milano si è raccontato come la responsabilità di governo è difficile, che molto spesso chiede delle capacità diplomatiche e di mediazione, ma che può anche sfuggire al compromesso a tutti i costi.

Come è successo con il Dalai Lama?

Il Faraone del Celeste

Ci sono persone che ti accompagnano per una vita, così come prima hanno accompagnato quella dei padri. Si tratta di figure contornate da uno strano alone di mito, il cui potere si estende per generazioni, confondendosi nella fluida e magmatica oscurità del tempo. Nomi grigi che a volte non hanno nemmeno un volto perché non ne hanno bisogno. Uomini (perché è difficile si tratti di donne) in grado di condizionare l’immaginario pubblico della tua città o monopolizzare per anni i discorsi nei bar.

Ecco, una di queste persone si chiama Gian Carlo Abelli, settantunenne ex-democristiano oggi deputato nelle file del PDL. La sua carriera, esclusivamente politica (perché Abelli, dagli anni ’70, non ha mai avuto una professione indipendente da nomina politica), si sviluppa lungo un percorso piuttosto lineare in termini per così dire politici, benché più volte ostacolato da alcuni spiacevoli inconvenienti.

Claudio riannoda i fili di Abelli e Formigoni su Non Mi Fermo.

Le primarie “fantasma” in Lombardia

Lo dico sotto voce perché ci torneremo sicuramente. Ma oggi leggendo i quotidiani la situazione lombarda è questa: Civati non esclude di candidarsi alle primarie di centrosinistra per la Regione, Tabacci su Affari Italiani non conferma, e si parla in giro di primarie “aperte”.

Ora: nessuno sa bene di che primarie si stia parlando, se qualcuno ne sta parlando e chi ne sta parlando. Ma questo ci sta, per carità. E’ che intanto Bersani abbraccia sorridente Casini a Roma e anche qui in Lombardia parecchi democratici esultano pii. E a Roma dicono che IDV non va bene, e su SEL è tutto da vedere, forse sì o forse no.

E allora mi piacerebbe sapere se i mezzi candidati in corsa hanno qualche idea in merito, se stiamo parlando del centrosinistra, del centrocentrocentrosinistra oppure sotto le mentite spoglie del “patto civico” c’è l’accordo catto-tecnico-e magari un pezzetto ciellino.

Così per sapere. Perché si legge di chi si sta parlando e non di cosa stiamo parlando.

E intanto da fuori a dettare i tempi sembra che sia proprio la Lega. Che è il favore più grande che possiamo concederle.

Formigoni go home! Il sito e l’appello.

Il tanto decantato modello lombardo, tuttaltro che un buon governo, ha favorito lo svilupparsi di un sistema clientelare e non ha risposto ai problemi dei cittadini: partendo dal lavoro per arrivare alla tutela dell’ambiente. 17 scandali in 17 anni, il Presidente di Regione indagato per corruzione, 1/5 del Consiglio Regionale indagato o condannato oggi ne sono la prova provata e sono tutte ottime ragioni per chiedere di tornare al voto.

E allora noi glielo ricordiamo. Con una mail alla sua segreteria.

Formigoni go home, il sito e l’appello da sottoscrivere lo trovate qui.

Formigoni secondo Fo

L’intervista di Oriana Liso oggi su Repubblica:

Dario Fo: mi ricorda sant’Ambrogio che diceva basta a chi si definisce da solo un santo

“Sta venendo fuori il marcio il governatore ammetta e lasci”

MI­LA­NO — Pre­mio No­bel, uo­mo di tea­tro e lom­bar­do doc. Da­rio Fo, co­sa pen­sa del­le vi­cen­de giu­di­zia­rie che coin­vol­go­no il go­ver­na­to­re For­mi­go­ni?

«Pri­ma di tut­to mi di­ca: con­ti­nua ad as­si­cu­ra­re di non es­se­re in­da­ga­to? Con­ti­nua a di­re che lui non ha fat­to pro­prio nien­te?».

Già.

«Nel quar­to se­co­lo avan­ti Cri­sto il gran­de scul­to­re Fi­dia fu in­ca­ri­ca­to di rea­liz­za­re una sta­tua di Ate­na ma par­te del­l’o­ro che ser­vi­va per la do­ra­tu­ra del­la sta­tua — rac­col­to con il con­tri­bu­to di tut­ti gli ate­nie­si, an­che dei più po­ve­ri — fu ru­ba­to. So­spet­ta­to, pro­prio Fi­dia. Che al le­gi­sla­to­re So­lo­ne ri­bat­te: “Quan­do avre­te le pro­ve cer­te che ho ru­ba­to quel­l’o­ro,al­lo­ra po­tre­te ve­ni­re a di­stur­bar­mi. Nes­su­no dei vo­stri giu­di­ci può in­di­car­mi co­me col­pe­vo­le, quin­di la­scia­te­mi tran­quil­lo”».

Il ri­fe­ri­men­to sem­bra chia­ro.

«Ri­spon­de So­lo­ne a Fi­dia: “la gen­te ha in­tui­to che tu sei col­pe­vo­le di fur­to ai dan­ni del­la po­po­la­zio­ne in­te­ra. Tu hai la pos­si­bi­li­tà e l’a­bi­li­tà per men­ti­re, ma sai co­sa ac­ca­drà? Tut­ti ti co­no­sco­no co­me un gran­dis­si­mo ar­ti­sta, ma se ti com­por­ti co­me un fur­bo qual­sia­si, nien­te po­trà sal­var­ti dal per­de­re la tua glo­ria. Sce­gli tu, a me fai tan­ta pe­na”. A que­sto pun­to Fi­dia scop­pia a pian­ge­re e di­ce: so­no col­pe­vo­le».

Si aspet­ta che il pre­si­den­te For­mi­go­ni fac­cia lo stes­so?

«Mi pia­ce­reb­be ve­de­re For-mi­go­ni am­met­te­re sem­pli­ce­men­te: “sì, so­no col­pe­vo­le”. Sen­za ar­ro­gan­za, sen­za que­ste iro­nie con­ti­nue, que­sto mo­do sprez­zan­te di ri­ven­di­ca­re fe­ste, pran­zi, ba­gni. Di­ce: “so­no pu­ro co­me l’ac­qua di fon­te”. Ma nean­che Ge­sù ha mai det­to una co­sa co­sì pre­sun­tuo­sa. Quel­lo su Fi­dia è un rac­con­to di­men­ti­ca­to dal­la sto­ria: em­ble­ma­ti­co an­che que­sto di co­me la no­stra cul­tu­ra ab­bia per­so per stra­da va­lo­ri co­me l’o­ne­stà, la tra­spa­ren­za, la cul­tu­ra stes­sa».

Cre­de che le ec­cel­len­ze lom­bar­de — co­me la cul­tu­ra, ap­pun­to, non so­lo la sa­ni­tà — ri­schi­no il de­cli­no?

«Ma lo so­no già, in de­cli­no. Per an­ni ci si è van­ta­ti di una re­gio­ne ai pri­mi po­sti nel pro­dur­re cul­tu­ra, la­vo­ro, ope­re pub­bli­che e tan­to al­tro. Ma è co­me se per an­ni si­fos­se ster­ra­ta so­lo la su­per­fi­cie del ter­re­no, la­scian­do che sot­to pro­li­fe­ras­se il mar­cio. E il mar­cio ora sta ve­nen­do fuo­ri: quan­to so­no gli in­da­ga­ti, in Re­gio­ne? Sia­mo go­ver­na­ti da una strut­tu­ra di cor­rot­ti che re­sta­no at­tac­ca­ti di­spe­ra­ta­men­te al­le lo­ro pol­tro­ne men­tre sta an­dan­do tut­to in ro­vi­na. An­zi, pro­prio chi ci go­ver­na sta man­dan­do tut­to in ro­vi­na».

È una vi­sio­ne mol­to pes­si­mi­sta, la sua. Non c’è mo­do di fer­ma­re que­sta fra­na?

«Bi­so­gne­reb­be riu­sci­re a cac­cia­re i fan­ta­smi, co­me li chia­ma­va San­t’Am­bro­gio. Che di­ce­va, di Mi­la­no: ba­sta con que­sti uo­mi­ni che si tra­ve­sto­no da san­ti, che si de­fi­ni­sco­no da so­li, dei san­ti. Non sem­bra­no le pa­ro­le di For­mi­go­ni, que­ste?».