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La Regione in ospedale rilascia lo scontrino

[comunicato stampa] Da domani i lombardi saranno forzosamente informati, alle dimissioni in caso di ricovero o al momento della prestazione in caso di esami o visite, del costo sostenuto da Regione Lombardia per il loro iter diagnostico e terapeutico. Ai piani alti di Palazzo Lombardia la chiamano operazione trasparenza.

E già suona ridicolo che, in suo nome, si dica ai cittadini quanto si spende per loro mentre i consiglieri regionali debbano affrontare ogni volta una specie di odissea per accedere ai dati sanitari e poter esercitare il proprio ruolo di controllo. Ma il punto vero è che a noi sembra un passo pericoloso verso la compromissione del diritto universale alla salute. Dietro l’obiettivo dichiarato di responsabilizzare i pazienti, come se un intervento al cuore o una chemioterapia fossero scelte assunte in libertà e non percorsi obbligati e drammatici, sta infatti il palese tentativo di colpevolizzarli. Con una scorrettezza di metodo e di merito inaccettabile. Perché le cure non sono regalate dal sistema sanitario, ma già pagate a monte da tutti i cittadini non evasori attraverso le tasse. Tanto che si stanno giustamente sollevando molte voci preoccupate e contrarie anche trai medici.

Del resto questa nuova norma, contro la quale abbiamo appena presentato un’interrogazione, fa il paio con il criterio – riconfermato ieri – dei maggiori punteggi di valutazione ai direttori di Asl e ospedali che più risparmiano, trascinando sempre più la sanità lombarda verso un sistema in cui contano soltanto numeri e soldi, a scapito delle persone. A parziale consolazione, il possibile e imprevisto effetto boomerang che incombe su Formigoni e Bresciani. Se, come da tempo denunciamo, il monitoraggio della pressione arteriosa, per esempio, è tariffato a 42.23 euro, mentre per eseguirlo se ne pagano 48.45, dati dalla somma del ticket di 36.15 e del superticket di 12.30, da domani i cittadini lo sapranno. Insieme all’umiliazione di vedersi recapitare il conto sanitario, scopriranno, con la certezza del nero su bianco, di sborsare in molti casi, per diverse delle più comuni prestazioni, ben più del loro costo effettivo. E saranno, a ragione, doppiamente scontenti”

Uno striscione per Rossella Urru

Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011 la cooperante italiana Rossella Urru, 29 anni, è stata rapita a Hassi Rabuni nei pressi di Tindouf nell’ovest dell’Algeria. Rossella lavorava da due anni per conto del Comitato Italiano Sviluppo dei popoli (CISP), occupandosi di rifornimenti alimentari per il campo profughi Saharawi di Rabuni, frequentato soprattutto da donne e bambini.


Il sequestro di Rossella e dei suoi colleghi spagnoli Enric Gonyalons e Ainhoa fernandez è stato rivendicato dal Jamat Tawhid Wal Jihad Fi Garbi Afriqqiya (Movimento Unito per la jihad in Africa Occidentale), un gruppo dissidente di Al Qaeda.

Dal 12 dicembre il rapimento di Rossella Urru è scomparso dalle cronache dei giornali e non vi è più attenzione da parte dei media.

Non possiamo permetterci di far calare l’attenzione e di dimenticare. È il momento di parlarne e di continuare a chiederne la liberazione immediata.

Il Tg3 ha aperto una spazio dedicato per raccogliere segnalazioni e iniziative (http://www.rai.it/dl/tg3/focus/articoli/ContentItem-bce7206e-8c1a-414b-9a5e-84782cfe32c1.html). Inoltre, molti appelli si stanno diffondendo sul web. Vi segnalo una proposta molto interessante per l’8 marzo, che invita ad esporre striscioni per la liberazione di Rossella in ogni Comune d’Italia (http://www.progettieducativi.com/rossellaurru).

Personalmente ho mandato una lettera a Formigoni affinché Regione Lombardia aderisca all’iniziativa. Chissà se il Presidente lombardo si impegnerà con la stessa intensità dello scorso novembre quando fece esporre “salviamo la vita dei cristiani in Iraq e nel mondo”, chissà se per Rossella Urru ci si adopererà con la stessa sensibilità cristiana.

Questo il nostro comunicato stampa di oggi:

L’8 MARZO STRISCIONE PER ROSSELLA URRU LIBERA ANCHE SU PIRELLONE E PALAZZO LOMBARDIA
“Rossella Urru lavorava nel campo profughi algerino Tindouf come cooperante volontaria del Comitato italiano sviluppo dei popoli quando, lo scorso 22 ottobre, è stata rapita insieme a due colleghi spagnoli per mano del Movimento unito per la jiahad dell’Africa, che ha rivendicato il gesto.

Sono passati 128 giorni, non ci sono sue notizie e, parallelamente, la vicenda pare caduta nel dimenticatoio.

Cosa che davvero non possiamo accettare. La proposta, allora, è quella di provare a riaccendere i riflettori dei media e dell’opinione pubblica, con ogni mezzo possibile, anche con un gesto semplice ma evocativo come l’esposizione nei luoghi istituzionali di striscioni che mostrino il volto di Rossella e ne chiedano la liberazione.

Alcuni Comuni, tra cui quello di Milano, l’hanno già fatto. Ora arriva l’invito affinché entro la data simbolica dell’8 marzo le adesioni a questa iniziativa si moltiplichino.

Noi lo abbiamo girato, con una lettera di istanza ufficiale, al presidente del Consiglio Davide Boni e al presidente della Regione Roberto Formigoni.

Vorremmo che nella giornata della festa della donna anche sulla facciata del Pirellone e su quella di Palazzo Lombardia campeggiasse l’immagine di questa giovane cooperante italiana. Sarebbe un segnale importante, un modo concreto per contribuire a rompere il muro del silenzio. Auspichiamo quindi che i vertici di Consiglio e Giunta gli diano immediatamente corso. Nella speranza di rivedere al più presto Rossella Urru di nuovo libera”.

Lombardia: il vuoto informativo sull’inquinamento delle acque

(comunicato stampa) “Non è davvero accettabile che manchino dati dettagliati e pubblicamente accessibili sulle condizioni di inquinamento delle acque in Lombardia. Per questo ci uniamo alla denuncia di Legambiente, rilanciandola con una richiesta precisa rivolta a Formigoni e alla sua Giunta: la Regione intervenga al più presto affinché i cittadini possano disporre di un livello di informazione adeguato su falde acquifere, depuratori e stato di salute dei fiumi.Da tempo tentiamo di accendere i riflettori sul fatto che Arpa nel corso degli anni si è vista progressivamente ridurre l’autonomia proprio per mano del governatore, con la nomina dei vertici sottratta al Consiglio e spostata in capo alla Giunta e, in seguito, con la revoca del ruolo di polizia giudiziaria ai funzionari. E’ così che un’agenzia tecnica indipendente deputata a garantire la salvaguardia e il controllo dell’ambiente è diventata di fatto un organo che obbedisce a Regione Lombardia. Con tutto ciò che di negativo ne consegue. A partire, insieme a un organico depotenziato nelle sue funzioni primarie e pure oggettivamente sottodimensionato, proprio da questa clamorosa mancanza di volontà politica nel corrispondere il compito essenziale di un report sistematico, completo e facilmente consultabile sulle risorse idriche regionali, come invece già avviene con il monitoraggio della qualità dell’aria. Anche perché non si capisce come sia possibile, a fronte di un vuoto informativo di tale portata, strutturare politiche ambientali efficaci a risanamento e tutela delle acque lombarde. Sulla vicenda presenteremo nei prossimi giorni un’interrogazione in Consiglio”.

Open data: una casa di vetro per lo Stato

Per darvi una idea: un sistema informativo di un grande Comune – spiega Davide Lipodio, direttore consulenza per la Pa di Engineering – oggi può arrivare a superare le 200 applicazioni e, poiché le competenze sono sostanzialmente le medesime, anche nei Comuni di medie dimensioni si può arrivare a superare con facilità le 100 applicazioni». Su Bologna, per esempio, sono state analizzati 179 programmi. «In queste settimane è in corso l’analisi dei risultati che permetterà di decidere a quali dati dare priorità e quali interventi effettuare per la generazione degli open data. Le prime indicazioni sono confortanti – sottolinea -. Le applicazioni che non gestiscono dati di una qualche utilità per cittadini, imprese e istituzioni si sono rivelate una minoranza». L’esperienza di Engineering con il Comune di Bologna ma anche quelle di soggetti come Spaghetti OpenData stanno dimostrando come estrarre un metallo prezioso ma instabile. «Le pubbliche amministrazioni – osserva Lipodio – rappresentano immensi giacimenti e le applicazioni informatiche che raccolgono, elaborano e trattano i dati pubblici possono essere considerate alla stregua di vere e proprie miniere». La tecnologia c’è, servono solo i minatori. Se ne parla oggi su Il Sole 24 Ore. Servono i minatori e noi (l’avevamo già scritto qui in tempi non sospetti) stiamo provando ad accendere la miccia.

Formigoni e l’articolo 18: ecco il testo

Voleva fare il Presidente del Consiglio da grande, il Celeste Roberto Fromigoni ventennale Governatore di Regione Lombardia. Ma nonostante le camicie adolescenziali la sua strada si è fermata ai troppi arresti dei suoi amici più cari, al San Raffaele affondato nei bilanci e nella credibilità morale, alla pazienza troppe volte persa negli ultimi tempi. Ora, visto che non potrà fare il grande salto, si accontenta di provare ad imitare gli spigoli peggiori del Governo Nazionale: la sua ultima PROPOSTA DI PROGETTO DI LEGGE “MISURE PER LA CRESCITA, LO SVILUPPO E L’OCCUPAZIONE” è il manifesto del sistema lombardo. Quello che privatizza chiamandola liberalità. E siccome ne sentirete parlare spesso nei prossimi giorni (già se ne parla qui o qui) e poiché tutti esprimeranno opinioni secondo le proprie convinzioni ma conoscere per deliberare è indispensabile, ecco il testo scaricabile della proposta in questione. Discutiamone insieme.

Occupiamoci di Denise Cosco

“Per un serio percorso, non solo legislativo, ma di sensibilizzazione e alfabetizzazione sulle convergenze mafiose in Lombardia è necessario dimostrare il proprio impegno, la propria attenzione e la propria vicinanza ai buchi neri aperti dalla presenza della ‘ndrangheta. E in primis sono chiamate a farlo le istituzioni.

Il 24 novembre 2009 Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, è stata rapita a Milano, torturata e sciolta nell’acido dai complici del marito ‘ndranghetista Carlo Cosco. Una vicenda terrificante che non ha risvolti solo giudiziari, ma anche profondamente umani.

Oggi sua figlia, Denise Cosco, combatte – e lo fa da mesi con grande dignità e inesauribile forza – il dolore per la perdita della madre e il peso delle deposizioni in Aula. Perché si è costituita parte civile al processo contro il padre, insieme alla nonna materna, alla sorella di Lea e al Comune di Milano. Lontanissima dai canoni dell’antimafia tutta telecamere e lustrini, come molti altri sconosciuti in Italia, porta avanti la sua battaglia sotto il programma di protezione per i testimoni di giustizia, con il bisogno di sparire per salvarsi.

Pensiamo che Regione Lombardia abbia il dovere e l’obbligo morale di esprimerle il proprio sostegno, con atti concreti. In tal senso, abbiamo presentato una mozione che impegna Formigoni e la Giunta a supportarla nel suo percorso di studi, anche attraverso la costituzione di un apposito fondo. Ora ci aspettiamo che venga al più presto discussa e votata all’unanimità.

I nostri figli ci chiederanno perché siamo stati così troppo poco vivi per permettere un omicidio tanto efferato. E ci chiederanno cosa abbiamo fatto per Denise, almeno per lei. Questo può essere un primo piccolo passo”.

Pedemontana, TEM, BreBeMi e i soldi che mancano

Per la Pedemontana non ci sono i soldi, lo dicono gli industriali (famosi faziosi comunisti qui in Lombardia, secondo Formigoni) rileggendo con attenzione i dati dell’Osservatorio sulle Infrastrutture. Ricordo che quando mi capitò di dirlo in occasioni pubbliche (ultimamente abbastanza spesso) gli sguardi attoniti dei professoroni di cose lombarde mi accusavano di disfattismo. Il punto è che qui le infrastrutture si ha l’urgenza di iniziarle per dare il via al banchetto dei soliti noti e concluderle è un aspetto secondario. Le ultime inchieste giudiziarie ci raccontano perfettamente come gli interessi (di più quelli illeciti) operano nella fase iniziale, nuotano tra l’iter di autorizzazione e l’assestamento su appalti e subappalti. La prossima volta che vi chiedono perché le infrastrutture di faraonica memoria formigoniana dovrebbero essere inutili provate a parlare della calma sospetta con cui (non) vengono portate a termine. Avete mai visto qualcuno indugiare sul necessario?
Le uniche infrastrutture che vorticosamente si attivano sono quelle che oscenamente si muovono dietro le quinte; e per disarticolarle non basta arrestare un Nicoli Cristiani, serve un altro modo. E a noi chiedono di farsene carico senza patetiche imitazioni.

BRESCIANI RETICENTE SUL PROTOCOLLO ALZHEIMER DI MILANO

“A Milano sono circa 20 mila le persone affette da demenza, di cui il 60% con malattia di Alzheimer. La Asl ha recentemente elaborato e diffuso un protocollo, il Percorso preventivo-diagnostico-terapeutico-asistenziale-riabilitativo (Pdtar), per questi pazienti. Sul documento, per quanto il tentativo di sensibilizzare e informare i medici di famiglia sul tema sia apprezzabile, si segnalano evidenti criticità. Di queste abbiamo chiesto conto con un’interrogazione all’assessore Bresciani. Il quale oggi, in Commissione Sanità, ha fornito risposte del tutto insoddisfacenti, perché generiche e ben lontane dal merito dei quesiti posti. Non ci ha dato insomma alcuna spiegazione convincente sulla carenza di analisi dell’iter assistenziale, né sul ritardo diagnostico e terapeutico che il diagramma decisionale suggerito ai medici di base introduce, né tantomeno sulla sistematica esclusione dal trattamento farmacologico dei soggetti in fase iniziale di malattia, con un’ingiustificata discriminazione dei pazienti milanesi. E, soprattutto, l’assessore Bresciani si è ben guardato dal comunicarci se sia stata avviata una verifica di appropriatezza ed equità sull’impostazione di questo percorso, prodotto da un gruppo di lavoro che ha coinvolto Asl, medici di medicina generale e specialisti, ma ha incomprensibilmente escluso rappresentanti dei pazienti, delle famiglie e delle società scientifiche. Troviamo che tutto ciò sia molto grave. E di certo non lasceremo cadere la questione”.

Il golpe sul San Raffaele/2

Anche oggi PDL e LEGA hanno fatto saltare l’insediamento della Comissione d’inchiesta sulle vicende del San Raffaele. E’ una delle pagine più vergognose di questa legislatura regionale: Formigoni si fa scudo con gli uomini del suo partito perché evidentemente non tutto è “così a posto” come dichiara ai giornali e i leghisti (che continuano a urlare con il capo vichingo Umberto Bossi in piazza) coprono il formigonismo  che a parole dicono di  voler combattere. Non si tratta più di collaborazione. Si tratta di collusione. E basta.

COMUNICATO STAMPA

Seconda fumata nera in commissione d’inchiesta sul San Raffaele: PDL e Lega impediscono ancora una volta l’elezione del presidente

Ancora una volta PDL e Lega hanno impedito l’elezione del presidente della commissione regionale d’inchiesta sul San Raffaele, paralizzandone l’avvio. Votando scheda bianca, i commissari di maggioranza hanno infatti impedito che si raggiungesse il quorum di 41 voti. Franco Mirabelli, il candidato espressione delle minoranze, ha raccolto tutti i 26 voti dei gruppi che hanno richiesto l’istituzione della commissione.

Molto critiche le opposizioni. “Anche oggi – scrivono in una nota PD, IDV e Sel – la commissione d’inchiesta sul San Raffaele è stata bloccata dalla maggioranza che non consente l’elezione del presidente che spetta per Statuto alle minoranze. Evidentemente il Pdl non vuole approfondire le ragioni di un buco di un miliardo e mezzo di euro in un ente a cui la Regione Lombardia dà ogni anno un contributo di 600 milioni. E la Lega resta subalterna nonostante a chiacchiere si presenti come l’alfiere della trasparenza e della legalità”.

Una legge per l’open data in Lombardia

L’agenda digitale è entrata ufficialmente nell’agenda del Governo. Ne scrive La Stampa sottolineando quanto quel piccolo paragrafo possa essere forse poco ma sicuramente ha l’aria di essere un inizio per risolversi sui punti principali:

1)  BANDA LARGA E ULTRA-LARGA: la realizzazione della banda larga e ultra-larga. Quasi 5,6 milioni di italiani si trovano in condizione di «divario digitale» e più di 3000 centri abitati soffrono un «deficit infrastrutturale» che rende più complessa la vita dei cittadini. Le nuove misure intendono abbattere questi limiti e allineare il Paese agli standard europei.

2) OPENDATA: i dati in possesso delle istituzioni pubbliche, le università ad esempio, vengono condivisi attraverso la rete, per garantire la piena trasparenza nei confronti dei cittadini.

3) CLOUD: i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni, de-materializzati, sono condivisi tra le pubbliche amministrazioni.

4) SMART COMMUNITIES: si avvia la creazione di spazi virtuali sul web in cui i cittadini possono scambiare opinioni, discutere dei problemi e stimolare soluzioni condivise con le pubbliche amministrazioni.

“Con il decreto semplificazione, lo sviluppo dell’economia digitale  è finalmente entrato anche in Italia a far parte delle priorità dell’agenda di governo” è il commento del presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi.  “L’istituzione di una cabina di regia per l’attuazione dell’agenda digitale posta in capo ai massimi responsabili della politica nazionale di sviluppo e modernizzazione del Paese, lo snellimento burocratico, l’obbligo di switch-off verso il digitale di una serie di  transazioni  – continua Parisi –  aprono concretamente la strada a una stagione di cambiamenti per l’Italia imperniata sulla valorizzazione delle tecnologie digitali e del web come chiave strategica  per affrontare i problemi di crescita, competitività e produttività ”.

Anche il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, ha espresso “vivo apprezzamento” per l’inclusione dell’agenda digitale nel decreto semplificazioni: “Abbiamo segnalato al Governo l’importanza di dotarsi di un’agenda digitale – ha dichiarato Corrado Calabrò  -. E’ con estrema soddisfazione che registro che i nostri suggerimenti sono stati accolti. L’Agcom, se consultata – ha concluso Calabrò – è pronta a collaborare per il successo dell’Agenda digitale italiana”.

Un po’ più preoccupato Alfonso Fuggetta, professore del Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano, tra i principali promotori dell’Agenda Digitale, che ha commentato: «Va apprezzato l’obiettivo del governo di parlare di agenda digitale» e «l’istituzione di una cabina di regia è un riferimento importante ma non basta» perchè «va definita una leadership forte, altrimenti il progetto rischia di slabbrarsi» ha commentato . «Sull’agenda digitale -spiega Fuggetta- c’è tanto da fare, la cabina di regia è sicuramente un passo importante ma, ripeto, serve una mission forte. Auspicherei anche una delega direttamente in capo alla Presidenza del Consiglio, perchè è un tema così trasversale da necessitareuna mission mirata».

«Se la cabina di regia diventa solo un ’luogo di concertazione’, – continua ancora il direttore del Cefriel – allora si rischia lo stallo». «L’agenda digitale attraversa tutti i maggiori settori della vita pubblica, dalle tlc alla ricerca alla funzione pubblica, riguarda cioè le competenze dei ministri Passera, che ha già tante deleghe, Patroni Griffi, Profumo. Riguarda anche il turismo, la cultura. Insomma, serve una leadership forte per gestirla».

Come scrive Luca é un libro tutto da scrivere, certo. Ma la prima pagina di questo libro è stata scritta oggi. Secondo me, questa è una buona giornata.

Questa settimana, in Regione Lombardia, cominciamo a depositare la nostra proposta di legge sull’open data partendo dall’esperienza della Regione Piemonte. E proviamo a scrivere una piccola pagina due.