Dunque don Inzoli è stato scoperto tra gli spettatori del convegno omofobo patrocinato dalla Regione Lombardia, il che risulta imbarazzante per organizzatori e patrocinatori del convegno, perché don Inzoli è stato accusato di pedofilia. Tutto chiaro? No, non proprio.
Da un punto di vista mediatico, non c’è dubbio che l’identificazione di don Inzoli sia un grosso colpo per chi quel convegno lo stava osteggiando. Si tratta però di un’arma impropria che avrei pudore di impugnare: Inzoli è un privato cittadino che ha il diritto di andare dove vuole. E cosa significa che è “accusato di pedofilia”, come molti organi di stampa hanno scritto il giorno dopo? Lo status di “accusato” non esiste in giurisprudenza, né dovrebbe essere ammesso dal buonsenso, specie quando l’accusa è così grave e infamante. Si è pedofili o non lo si è. Si è pedofili se si è stati indagati, processati, condannati: altrimenti no.
Tra il bianco e il nero è ammessa una sola sfumatura: si può essere indagati per pedofilia. È il caso appunto di don Inzoli, ma chi conduce l’indagine in questione finora è stato talmente discreto che fino a qualche giorno non ero riuscito a trovarne notizia on line (ringrazio chi mi ha aiutato). In questo caso però non solo dovremmo ricordare che siamo tutti innocenti fino a prova contraria, ma che indagini di questo tipo spesso si sono concluse con un nulla di fatto: se a molti probabilmente non dice più nulla il nome di don Giorgio Govoni, morto condannato e in seguito riabilitato, i casi di Brescia o Rignano Flaminio dovrebbero essere a portata di memoria collettiva. Si può essere indagati per tante cose, ma si è innocenti fino a prova contraria: e fino a prova contraria si è liberi di andare ai convegni; non si capisce nemmeno chi ci dovrebbe tenere fuori. Tutto chiaro ora?
No, nemmeno ora.
Il caso di don Inzoli è ancora più complicato. Dichiarandolo “accusato di pedofilia”, i giornalisti semplificano per necessità una questione abbastanza spinosa. Inzoli in effetti è sia innocente che colpevole, una situazione in cui in Italia si può trovare soltanto un sacerdote. Innocente per lo Stato, Inzoli è colpevole per la Chiesa cattolica. La Congregazione della Fede si è già pronunciata sul suo caso non una ma due volte: nel 2012 e poi, dopo un ricorso, nel 2014, con una “sentenza definitiva” in cui si mette nero su bianco la formula “abuso di minori”.
“In considerazione della gravità dei comportamenti – si legge nel documento a firma del cardinale Muller – e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza”.
L'”umile riservatezza” prescritta dalla Congregazione prevede che Inzoli non possa più celebrare messe in pubblico (può però consacrare l’eucarestia in privato, quindi è ancora un sacerdote). Non può risiedere nella diocesi di Crema e nemmeno “entrarvi”, quasi che ai confini ci fosse ancora una guardia vescovile in grado di respingerlo. Non può attendere ad attività ricreative o pastorali che coinvolgano minori – una norma di buon senso – e deve intraprendere “per almeno cinque anni, un’adeguata psicoterapia”, il che costituisce secondo me una notizia in sé (per la Chiesa la psicoterapia funziona! Chissà se gli psicoterapeuti sono tutti d’accordo).
Quindi, per questa grande e rilevante e autorevole comunità che è la Chiesa cattolica, don Inzoli non è “indagato”, e nemmeno “accusato”, ma è colpevole di gravi comportamenti e responsabile di uno scandalo provocato da abusi su minori. Per questo motivo non può più dir messa, circolare a Crema, e deve fare psicoterapia. Tutto qui? Tutto qui.
Ora i casi sono due: o ci fidiamo della Chiesa, o no. Chi tende a non seguire le sue direttive in materia di etica e sessualità forse dovrebbe prendere con le pinze anche le sue sentenze, che sono tutto quello che sappiamo: non conosciamo le motivazioni, gli atti, nulla. Solo una sentenza nel buio. Se capita ai tribunali della repubblica di condannare preti e laici e poi riabilitarli dopo anni, può succedere anche a questa Congregazione di cui non si sa poi molto.
Se invece ci fidiamo di quello che la Chiesa ci dice su don Inzoli, a questo punto vorremmo capire perché i suoi prudenti pastori, dopo averlo trovato colpevole di tanto scandalo, lo hanno lasciato libero di andare per le strade del mondo, purché fuori dalla diocesi di Crema: senza darsi pena di denunciarlo alle autorità dello Stato in cui vive: uno Stato che ha una sensibilità fortissima per gli abusi di questo tipo, e li sanziona con pene ben più pesanti di un ciclo di terapia. E infatti l’indagine della procura di Crema, quella di cui si sa così poco, è ferma alla fase della rogatoria internazionale. Per conoscere le prove che hanno portato la Congregazione a sospendere don Inzoli, i giudici di Crema hanno dovuto inoltrare una rogatoria in Vaticano. Tutto chiaro? Un prete commette abusi a Crema, un cardinale a Roma lo trova colpevole, un giudice a Cremona deve fare una rogatoria internazionale per scoprire il perché.
Se era un sistema per mettere a tacere la cosa, ha funzionato fino a un certo punto. Certo è impressionante quanto poco si sia parlato, fuori Cremona, di uno scandalo che ha coinvolto un prete già tanto potente e chiacchierato (in questo come in tanti altri casi Mazzetta resta un punto di riferimento prezioso e ormai unico). Allo stesso tempo, imprimere un segno indelebile di colpevolezza su un uomo e poi lasciarlo libero di intrufolarsi ai convegni poteva risultate alla lunga controproducente per la Chiesa che ancora rappresenta, e infatti così è stato. A tutti coloro che combattono quotidianamente contro le ingerenze del Vaticano suggerisco di desistere dal seguire a ruota ogni battutina di papa Francesco – le sta azzeccando tutte, fidatevi – e porre qualche semplice domanda: se un prete è innocente, perché non può più mettere piede in una diocesi? Perché non può più frequentare gli oratori? Se invece è colpevole, e di una cosa tanto grave, perché non lo avete denunciato a un tribunale vero?
Postilla: chiunque condividesse le idee di quel convegno, e ne avesse avuto a cuore la riuscita, e fosse stato presente, e abbastanza intimo con don Inzoli per chiedergli di andarsene per favore, lo avrebbe fatto. Se Formigoni non lo ha fatto, o non era così preoccupato della buona riuscita del convegno, o non è più in grado di farsi ascoltare nemmeno da un suo ex sodale caduto in disgrazia.