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regione lombardia

Penati Democratici

Filippo Penati, l”hanno fatto innervosire e lui (finalmente) risponde al PD:

Gli stessi che anticipano le sentenze della giustizia con mille pretesti sono quelli che poi non dicono nulla rispetto al fatto che anche il Pd ha votato Formigoni presidente della commissione Agricoltura al Senato.

E non riesco su questo a dargli torto. Mi costa ammettere di essere d’accordo con Filippo Penati, ma evidentemente anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno. Tranne il PD.

La DIA in Lombardia alza la voce

Mi arriva un comunicato che è un urlo. Un urlo:

Sindacato Italiano Lavoratori Polizia per la CGIL – Segreteria Regionale Lombardia

NO AL RIDIMENSIONAMENTO DELLA DIA IL DOVERE DI DIFENDERE LA DIVISIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA

Con atto dispositivo del 7 maggio 2013 il capo centro della Dia di Milano ha disposto la chiusura del Nucleo Informativo DIA presso l’aeroporto di Malpensa. Tale ufficio era stato aperto nel 2000 con il compito di “raccogliere notizie utili per l’attività di prevenzione ed analisi dei fenomeni criminali correlati alla malavita organizzata, garantendo nel contempo una funzione di appoggio e di assistenza con particolare riguardo alle iniziative di maggior complessità e/o indagini di polizia giudiziaria”. Il 17 gennaio 2012, il direttore della DIA ribadiva l’importanza dell’ufficio “tenuto conto anche degli imminenti impegni connessi all’EXPO 2015 che determineranno un aumento della gravitazione, presso l’aeroscalo, sia di persone che di merci, rendendo preferibile la presenza, in loco, di un presidio fisso che possa soddisfare, con tempestività ed aderenza, le necessità di monitoraggio e di informazione anche a supporto delle altre Articolazione della DIA.. ” Sempre in tale nota il Direttore della Dia sosteneva che “le spese di missione per i servizi da svolgere per il soddisfacimento delle esigenze emergenti, risulterebbero sensibilmente maggiori rispetto ai risparmi conseguibili”. Oggi invece, si ritiene tale ufficio non più importante e il citato Atto dispositivo evidenzia la necessità di recuperare personale “da destinare alle preminenti attività istituzionale” traendo soddisfazione delle “conseguenti, possibili (ma non certe ndr) economie di gestione, alla luce della necessità di uniformarsi al generale indirizzo di contenimento della spesa pubblica”. Il SILP CGIL respinge con forza questo modo di fare, assolutamente privo di motivazioni logiche e di coerenza, privo di rispetto per i professionisti che lavorano alla Dia e che non è altro che uno dei tanti tentativi di ridimensionare di questa struttura investigativa. Riteniamo che la lotta alla mafia ed a tutte le forme di criminalità organizzata debba essere una delle priorita’ di questo Paese. Riteniamo che la Lombardia, terra di infiltrazioni mafiose e di insediamenti della criminalità organizzata, non possa permettersi un ulteriore riduzione degli apparati posti a tutela della legalità. Le grandi trasformazioni in atto nella regione, le grandi opere come Brebemi e Tav, Expo 2015 costituiscono solo un esempio dei grandi fattori che muovono una regione nella quale va assolutamente rinforzata la capacita’ di combattere le forme piu’ agguerrite di criminalita’. Riteniamo non solo che nessun ufficio debba essere chiuso, ma che anzi la DIA debba essere munita di maggiori risorse istituendo, per esempio, nella nostra regione, una sede a Brescia con competenza sulle province di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova.

Milano, 14 maggio 2013.

LA SEGRETERIA REGIONALE www.silplombardia.it – E mail:lombardia@silp.cgil.it – rec. tel. 3313745831-3313782576

Ma pensa

I protocolli antimafia servono solo se vengono rispettati e fatti rispettare oltre che essere presentati in conferenza stampa. I controlli di EXPO stanno nella lingua molto lunga di una politica che è oratoria pura e sparisce nei fatti. La chiusura degli uffici della DIA di Malpensa è uno schiaffo in faccia all’antimafia e EXPO e gli incendi dell’ultimo anno non hanno bisogno di professionisti per risultare allarmanti.

L’abbiamo ripetuto per mesi dappertutto. Ora lo scrivono anche i “saggi” della Commissione Antimafia del Comune di Milano. E vale la pena ripeterlo.

 

La (silenziosa) Commissione Antimafia in Lombardia e l’occasione persa

Il mio articolo per I Siciliani che, purtroppo, si è avverato:

La sconfitta di Umberto Ambrosoli e il centrosinistra in Lombardia è (anche) una sconfitta dell’antimafia lombarda. Inutile negarlo; peggio ancora fingere di non volerlo analizzare perché sarebbe troppo totalizzante, secondo alcuni. Non c’è cultura antimafiosa nel formigonismo, non ce n’è nel percorso ciellino che ha demolito la meritocrazia nel mondo della sanità e non ce n’è nella Lega Nord che in Consiglio Regionale in passato ha negato l’istituzione di una Commissione Antimafia archiviandola con un sorriso di sufficienza.

Poi c’è stato Maroni, e su Maroni si è scritta una certa letteratura (figlia di un berlusconissimo revisionismo e di una neodeclamazione dei numeri e degli arresti) che l’ha avvicinato a rappresentazione di “antimafioso nonostante Berlusconi”.

Sarebbe inutile elencare per l’ennesima volta solamente le colpe storiche del movimento leghista che è passato dal latrato antiberlusconiano con la foto di Dell’Utri in prima pagina de ‘La Padania’ alla convivenza sopita fino alla connivenza più spietata nell’ultimo periodo del Governo Berlusconi (quello contro la magistratura, la trattativa, il reato di concorso esterno, lo scudo fiscale e troppo altro ancora). Eppure la verginella Maroni è riuscita a scrollarsi di dosso le gocce della melma e ripresentarsi candido, candidabile e perfino nuovo Governatore della regione cameriera delle mafie, ‘ndrangheta in primis: la sfiorita Lombardia.

C’è stata in campagna elettorale la solita desolante sensazione di un centrosinistra applicato ad un’antimafia di “maniera” che si è ritenuta sazia dell’avere candidato il figlio dell’avvocato Ambrosoli. Troppo facile – si diceva – vincere contro una parte politica decaduta dal governo regionale sotto le accuse di uno scambio mafioso di voti. Troppo facile – pensavano. E pensavano male.

Tant’è che mentre nel sottobosco lombardo si vive una primavera di giovani attivi, preparati e consapevoli (vengono in mente i ragazzi di Stampo  Antimafioso, per fare un esempio) il centrosinistra ha balbettato qualche ovvietà di cortesia sulla mafia che è brutta, sporca e cattiva poi qualche pensierino di memoria e carità e speravano che bastasse così. E non è bastato.

Alla fine nella Lombardia leghista qualche giorno fa Bobo Maroni ha comunque deciso di istituire una Commissione Antimafia (ex post, si direbbe) aprendo uno spazio di azione possibile. Verrebbe da pensare che i partiti (tutti i partiti) con il centrosinistra in testa colgano l’occasione per scaldare i propri uomini migliori e per chiedere ad Umberto Ambrosoli di guidare la praticata diversità e discontinuità conclamate tante volte su questo tema, ci si aspetterebbe un “tirare su le reti” delle esperienze sociali di tutti questi anni per cogliere l’eccellenza. E invece? E invece le nomine che trapelano non prevedono Ambrosoli e nemmeno un piano a lunga scadenza. E tutti qui ci auguriamo che non sia così. Perché perseverare è diabolico, no?

L’esempio di Zingaretti

Le nomine e la sanità: il binomio è spesso una collusione. In Regione Lombardia la questione delle nomine è un chiodo che non riesco a togliermi, dalle spartizioni di partito, agli indagati eppure nominati, agli amici degli amici eppure nominati fino alle nomine al fotofinish, è stato un crescendo di inopportunità. Eppure volendo una soluzione (o almeno un tentativo che appaia logico e coerente nella concezione) è possibile: la Regione Lazio introduce nuove norme per la nomina dei direttori generali di Asl, aziende ospedaliere e istituti di ricovero, con lo scopo di eliminare l’influenza della politica nelle scelte. Per il presidente, Nicola Zingaretti si tratta di “Una rivoluzione del merito e del valore delle persone”. A valutare le domande di candidatura, che potranno essere presentate entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta ufficiale, sarà una terna di esperti nominata dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. La Regione avrebbe diritto  di nominare due suoi rappresentati in questa commissione, ma ha rinunciato ad esercitare questo potere. Prima, per essere inseriti nell’elenco dei candidati, per chi proveniva dal pubblico bastava essere stato direttore di unità operativa semplice, ora solo di unità operativa complessa. Mentre prima per chi proveniva dal privato era sufficiente aver avuto la direzione di una qualunque azienda a prescindere dagli addetti e dalla forma giuridica (anche aziende individuali), ora solo se amministratore unico, amministratore delegato, o presidente di un cda di spa. Ancora una novità sulla trasparenza: prima le domande erano in formato cartaceo con i curricula non pubblicati on line, ora la procedura sarà interamente informatizzata.

Ecco, si potrebbe fare.

E adesso, Bobo?

Dunque Francesco Belsito, l’uomo della Lega Nord che avrebbe tenuto i rapporti con la ‘ndrangheta e gli affari, è stato arrestato. Roberto Maroni, l’uomo che voleva sconfiggere la mafia, se l’è ritrovata in casa e mentre ci racconta di avere arrestato i più pericolosi latitanti negli ultimi anni si è lasciato sfuggire il latitante in casa come un aspirante Babbo Natale che non si accorge di avere lasciato una renna incastrata nel camino della cucina.

L’accusa è di  truffa e associazione a delinquere. Lo stesso Belsito che nelle ipotesi dei magistrati avrebbe avuto un ruolo nella gestione di alcuni appalti della sanità lombarda. Nello sfondo c’è una società, la SIRAM che si occupa di efficienza energetica) che avrebbe vinto 15 settembre 2010 un appalto da 4.278.839,01 euro per tutti gli spazi non istituzionali della piazza della nuova regione Lombardia.

Come scrivevano già a gennaio Alessandro Da Rold e Luca Rinaldi:

Il pm calabrese Giuseppe Lombardo ha ben chiaro il polso della situazione del proprio filone d’indagine, cioè i possibili rapporti tra l’ex tesoriere Belsito e la ‘ndragnheta, in particolare con la cosca De Stefano. Nadia Dagrada, la segretaria del Carroccio che ha fatto esplodere il caso Lega, nel corso dell’interrogatorio dello scorso aprile dise di ignorare e conoscere i rapporti dello stesso Belsito, poi cacciato dal neo segretario Roberto Maroni, con personaggi legati alle cosche. Spiegò che il nome De Stefano non le ricorda nulla «a parte il tenore».

Chissà cosa avrà pensato il pm Giuseppe Lombardo che al momento sta portando avanti nelle aule reggine il processo forse più importante alla triade delle famiglie che governa Reggio (Condello, De Stefano e Tegano), in quel guazzabuglio di politica, affari, logge più o meno coperte e mafia. La stessa Dagrada riferisce di sapere poco e niente su quello studio di via Durini 14 a Milano dove ha sede la MGM di quell’avvocato che avvocato non era (non risulta iscritto a nessun ordine), Bruno Mafrici, diventato consulente di Belsito quando questi si occupava del sottosegretariato del ministero alla semplificazione normativa.

Stando al verbale, Belsito, avrebbe elargito per alcuni mesi un fisso di 2.500 euro allo stesso Mafrici, che l’ex tesoriere presentava come un suo avvocato. Belsito in quello studio aveva un proprio ufficio e pagava Mafrici, a quanto sostiene Dagrada con soldi del partito per un totale tra parcelle e rimborsi che teneva anche per sè di circa novemila euro al mese.

Uno studio quello di via Durini a Milano che ricorre nelle carte degli inquirenti reggini e perfino nella relazione della commissione di accesso al comune di Reggio Calabria, che ne sancirà poi lo scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata. A stimolare la curiosità del pm Lombardo durante l’interrogatorio però è anche una questione che trova sullo sfondo appunto la sanità. Il magistrato la butta lì mentre cerca di capire cosa Dagrada sia in grado di rivelare sugli investimenti leciti o meno del Carroccio dell’era Belsito.

Chiede se ci siano stati investimenti in case di cura. Dagrada nega, ma a verbale ci finisce un teatrino e si trascrive anche una risata dello stesso pubblico ministero che evidentemente nota una espressione della segretaria e chiede «perché le case di cura l’hanno colpita così tanto?».

E se poi nel corso dell’interrogatorio si vira verso altri lidi, andando a rivedere alcuni affari che avrebbero riguardato da vicino proprio stesso Mafrici e un altro faccendiere legato a doppio filo con Belsito e i De Stefano, cioè quel Romolo Girardelli  detto “l’ammiraglio”, la curiosità del pubblico ministero non sembra campata in aria.

Sullo sfondo c’è la Siram, che a Milano per sei anni, dal 2004 al 2010 ha gestito gli impianti produttori di calore al Pio Albergo Trivulzio per 7milioni di euro. Dal filone reggino dell’indagine emergerebbe infatti il contatto tra la stessa Siram e “l’ammiraglio” Girardelli, uomo vicino a Paolo Martino, factotum milanese della cosca De Stefano finito agli arresti nell’ambito dell’inchiesta ‘Caposaldo’ della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano nel 2001.

Non è però finita perché sempre nel filone delle indagini aperto dalla procura di Reggio Calabria ci finisce un altro appalto, quello tra Siram e Carbotermo spa presso l’ospedale San Matteo di Pavia. Un appalto milionario già oggetto di conversazioni tra lo stesso Martino e l’ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia Carlo Chiriaco, recentemente condannato a Milano per concorso esterno in associazione mafiosa.

Scriveva il Corriere della Calabria quando esplose l’affaire Belsito, “Siram incassa un’importante fetta dei propri introiti proprio dagli appalti pubblici. Non ultimo, proprio a Milano, dalla fondazione che gestisce gli ospedali del Policlinico ha ottenuto il lavoro per la costruzione di un modernissimo impianto «di trigenerazione», capace di produrre contemporaneamente energia elettrica, termica e refrigerante.

Un progetto che Infrastrutture Lombarde, la società in house della Regione Lombardia, ritiene particolarmente vantaggioso e soprattutto non realizzabile da nessun’altra impresa. Ragione per la quale non è possibile sottoporlo a gara d’appalto visto che solo Siram ha i brevetti necessari per la sua realizzazione. Insomma, un progetto da esportare, magari anche in Calabria dove Infrastrutture Lombarde ha avuto il contestatissimo incarico di sovrintendere alla realizzazione dei quattro nuovi ospedali previsti nel nuovo piano sanitario regionale. Anche di questo si discuteva nelle ovattate stanze di via Durini 14”.

A Reggio Calabria la Siram aveva ottenuto il monopolio della manutenzione e della gestione degli impianti degli Ospedali Riuniti, secondo alcuni imprenditori concorrenti senza rispettare tutte le normative. Insomma, sanità, anzi, “Onorata Sanità”, come quel processo istruito a Reggio Calabria dove il cognato dell’ “avvocato” Mafrici si è ritrovato invischiato salvo poi uscirne assolto alla conclusione del primo grado di giudizio.

Rimane da vedere cosa ci dirà oggi Bobo Maroni. Bastano le scope di saggina a dare una spiegazione, eh?

Zambetti esce

E trova una Lombardia così tanto simile a quella che aveva lasciato:

Al San Raffaele i lavoratori non riescono ad avere risposte e continuano con le occupazioni. Ti aspetteresti che le nuove elezioni abbiano decapitato i vertici della sanità lombarda e invece Mantovani è l’elemento di continuità con il faraone Formigoni.

EXPO continua con i suoi ritardi e continua a chiedere un commissario straordinario che possa, in nome dell’urgenza, saltare la “burocrazia” che è quella bella cosa che serve per garantire controlli e legalità, tra l’altro.

Si continua a parlare di tagli nella sanità senza prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare un sistema che è marcio alle radici (anche se va bene a molti in modo bipartisan).

La Lega continua a giocare sulla xenofobia e le paure per racimolare qualche voto basso basso.

E le firme di Formigoni continuano ad essere false.

La ‘ndrangheta? Beh, quella non è mai esistita e in più è stata creata la nuova Commissione Antimafia con tanta buona educazione e i soliti piani di morbidezza dalle nostre parti.

L’errore di Umberto (Ambrosoli)

Non so se siano già confermate e quindi ufficiali e spero tanto di no per avere ancora tutto il tempo per rifletterne ma le nomine nella nascitura Commissione Antimafia del Consiglio Regionale Lombardia sono un punto politico su cui tutti (tutti) ci giochiamo la faccia. Lasciamo perdere che la Commissione sia stata ripetutamente richiesta e accolta sempre con sorrisi nell’epoca formigoniana per poi tornare alla ribalta nel kit pubblicitario del Maroni 2.0 ex Ministro dell’Interno dell’antimafia del fare (e qui mi sarebbe piaciuto un dibattito, cazzo, perché sulla Commissione antimafia del Comune abbiamo fatto le pulci a Pisapia, abbiamo contato i peli nell’uovo, un eufemismo eh, e poi senza colpo ferire permettiamo al nuovo governatore della Lombardia di fregiarsi impunemente di una composizione liscia e accordata senza colpo ferire) ma la campagna elettorale aveva il dovere, in Lombardia, di raccontare la gravità delle accuse di ‘ndrangheta a carico di Domenico Zambetti e più in generali in diversi settori economici e politici. L’avevo consigliato anche qui, un bel po’ di tempo fa.

Per questo la nomina di Umberto Ambrosoli come membro nella Commissione Antimafia lombarda è un atto imprescindibile di continuità con i temi che abbiamo sostenuto in campagna elettorale e allo stesso modo deve avere una rappresentanza di punta da parte del Partito Democratico: perché sarebbe ora di smettere di essere tromboni antimafiosi in campagna elettorale e poi ritenere l’antimafia come tema minore nell’amministrazione della cosa pubblica. Gli elettori non lo perdonerebbero e io (perché valgo uno, no?) nemmeno.

Sconcertanti (bipartisan) in Regione Lombardia

Il comunicato di Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia. A voi i commenti:

“Sconcertante”. E’ questa l’unica parola che riesce a usare Legambiente per definire le recenti dichiarazioni di alcuni esponenti politici – prima del nuovo presidente del Consiglio regionale, Cattaneo, poi del PD che annuncia addirittura il deposito di un proprio disegno di legge – che hanno chiesto di approvare un’ulteriore proroga, dopo l’ultima scaduta il 31 dicembre del 2012, per i comuni che non hanno ancora approvato il loro strumento urbanistico: il famoso PGT. “Siamo a 8 anni dall’approvazione della legge di disciplina urbanistica – dichiara Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia – e ancora centinaia di comuni lombardi, tra questi anche grandi città, non si sono ancora dotati del loro piano di governo del territorio. Bloccare l’attuazione di previsioni urbanistiche di strumenti ormai più che decotti ci pare il minimo che si potesse fare, anche per limitare i margini speculativi di spregiudicate operazioni di consumo di suolo. E’ semplicemente sconcertante questo coro di piagnoni, di destra e di sinistra, che chiedono di continuare a legittimare quella che da anni è un’ignavia urbanistica spesso colposa”. (ufficio stampa Legambiente Lombardia, 4 aprile)