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Riccardo Bocca

Ora per Italia Viva il Mes “non è imprescindibile”: svelato l’inganno, Renzi voleva solo la testa di Conte

Ogni tanto conviene esercitare la memoria, anche quella più breve, anche in un momento di eccitazione politica, almeno per una questione di igiene intellettuale, perché ognuno possa giudicare senza farsi travolgere dalle mistificazioni.

Ieri Maria Elena Boschi, esponente di spicco dei renziani, ha dichiarato in scioltezza che Italia Viva non ha mai preteso il Mes: “Abbiamo sempre detto che non era per noi imprescindibile”, dice l’ex ministra. E tutti che fanno sì sì, senza nemmeno porre qualche domanda.

Badate bene: è la stessa Boschi che lo scorso 12 gennaio disse che Italia Viva aveva “chiesto al governo di prendere il Mes”. “Servono soldi per la sanità, non poltrone per noi”, diceva.

È lo stesso partito che il 13 gennaio, in piena crisi politica, disse per bocca del suo padrone Matteo Renzi: “Qual è il punto decisivo per la rottura? Tanti. Ma su tutti, il Mes. Noi chiedevamo più soldi per la sanità, attivando il Mes”.

Il 17 gennaio fu sempre Renzi, ospite di Lucia Annunziata, a dire: “Non voterò mai un governo che si ritiene il migliore del mondo e di fronte a 80mila morti non prende il Mes”.

E fu sempre Renzi che disse: “La mancata attivazione del Mes sarà pagata dai dottori, dai ricercatori, dai malati e dalle loro famiglie”.

E quindi? Quindi il punto centrale della rottura di Italia Viva con il Governo Conte nel giro di pochi giorni è diventato precipitosamente un’inezia su cui si può soprassedere senza nessun problema.

Per carità, non stupisce: in questa fase politica, sotto il nome della “responsabilità”, stiamo assistendo alle più inaspettate (e poco dignitose) acrobazie per giustificare inversioni delle proprie fedi politiche: i sovranisti sono diventati europeisti, i nemici delle banche si sono innamorati di un banchiere, gli appassionati dei programmi scritti hanno acceso una smisurata passione al buio, i cultori dei passaggi democratici si scocciano ad avere a che fare con questo Parlamento.

Ma una domanda, una, sorge spontanea: il Matteo Renzi che per settimane ci ha detto che non fosse un problema di nomi e di persone ma che tutto il suo agitarsi fosse figlio di un’irrefrenabile coerenza per i suoi contenuti politici cosa ci dice ora del Mes, di Arcuri che dovrebbe rimanere dov’è, del reddito di cittadinanza che probabilmente non verrà toccato e di un governo che nasce proprio su un nome, su una persona?

Perché altrimenti avrebbe potuto dire che il problema era Conte, solo Conte e la pazza idea di governare (ancora) con il centrodestra. La sincerità è una virtù. Lo diceva anche Confucio.

Leggi anche: La videolettera di Riccardo Bocca: Caro Draghi, lei è il medico del pronto soccorso ma è la politica che deve resuscitare

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Dopo carabiniere e vigile del fuoco, Salvini fa il virologo e invoca un farmaco anti-Covid. Ma Burioni lo zittisce

Salvini invoca rimedi al Covid, Burioni lo zittisce

Una delle cose che ci ricorderemo di questa pandemia quando (speriamo il prima possibile) sarà finita saranno i politici che non conoscendo nemmeno il principio attivo della Tachipirina hanno dispensato all’AIFA e alla comunità scientifica consigli medici su come affrontare la pandemia. E, badate bene, lo fanno senza avere nemmeno il minimo dubbio, con la sicumera dell’ignorante che ha il dono della superficialità senza fare i conti con la complessità. E così mentre la scienza si nutre dei suoi dubbi (che sono, come in tutti i campi, le condizioni per evolversi) i politici del mondo insistono nello sventolare questo o quel farmaco come soluzione definitiva.

Curioso poi che le soluzioni mediche siano riferibili a una parte politica specifica: solo questo dà l’idea della povertà culturale. Da Bolsonaro a Trump è tutto un fioccare di soluzione fai da te che dovrebbero essere miracolose e che conoscono solo loro, come se salvare le vite non fosse un obbiettivo generale (e in effetti i negazionisti si nutrono proprio di questo) e così oggi si sveglia Salvini che in calo di consensi prova a fotocopiare in modo sbiadito i suoi miti internazionali (a partire dal presidente USA) e sui suoi profili social, come se fosse un gioco per bambini propone la soluzione: “l’Agenzia italiana del farmaco deve riattivare il protocollo di cura domiciliare con l’utilizzo di idrossiclorochina o antinfiammatori idonei sospeso il 26 maggio scorso. Si tratta di farmaci che possono agire efficacemente contro il Covid, evitando il ricovero nella stragrande maggioranza dei casi. Il governo non può perdere più tempo. Inoltre, che fine ha fatto la cura al plasma iperimmune? La burocrazia sta rallentando tutto e umiliando il lavoro di medici come il professor De Donno”, scrive Salvini.

Tra i primi a riprenderlo interviene il virologo Roberto Burioni: “Segnalo all’On. Salvini che le evidenze scientifiche sono concordi nel dimostrare la NON EFFICACIA della idrossiclorochina nella cura di COVID-19 e che non esistono prove solide (nonostante studi internazionali su decine di migliaia di pazienti) riguardo all’efficacia del plasma iperimmune”. Siamo ancora qui: ai virologi e i farmaci usati come strumento di battaglia politica mentre un Paese intero si ritrova destabilizzato da ciò che accade e da quello che potrebbe accadere. Senza rendersi conto della pericolosità e dell’irresponsabilità di tutto questo.

Leggi anche:1. La mega-truffa dei finti tamponi in Campania. L’audio shock: “Che me ne fotte se i test sono falsati”; // 2. In Italia servono medici specialisti, ma la graduatoria è bloccata: “Ritardo grava su ospedali”; // 3. La videolettera di Riccardo Bocca: “Caro Conte, le non decisioni fanno calare il consenso”; // 4. Reportage TPI – Roma, Pronto Soccorso bloccati dal virus: “Qui la situazione è già esplosa. Chiuderemo gli ospedali, sarà tutto Covid”

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La rivoluzione della “Rai” secondo Renzi: fuori la politica, dentro solo lui.

Ne scrive (bene) Riccardo Bocca (qui):

renzi-raiMa lo sapete che ho scoperto di essere visceralmente renziano?

Proprio nell’animo, nella postura, nel modo di affrontare le questioni impellenti.

Per esempio:

anch’io, come il nostro adorato premier, penso che la scuola debba essere sempre più libera, ricca e carica di contenuti importanti.

E che dire delle sue esternazioni per la trasparenza, l’etica collettiva e la gestione candida della cosa pubblica?

O ancora:

come non osannare le parole spese da palazzo Chigi riguardo a casa Rai, che «ha raccontato e costruito l’identità culturale e sociale nel nostro Paese», anche se «con gli anni la morsa della burocrazia e dei partiti ha ridotto fortemente la sua capacità di competere, soprattutto a livello internazionale, indebolendo l’azienda»?

L’unica reazione, a caldo, sarebbe quella di urlare per le strade della Capitale uno straconvinto «Matteo! Matteo! Matteo!».

Solo che poi, purtroppo, c’ è l’odioso dovere di confrontare le teorie con i fatti;

e lì sempre parte, quando di mezzo c’è Superpremier, il valzer delle fratture tra dichiarazioni e realtà.

Basti pensare al caso di viale Mazzini, e ai miglioramenti che Renzi vorrebbe al più presto apportare (dato che la politica è un cappio infame, e strangola il cuore della tv pubblica).

L’idea, sulla carta, sarebbe quella di edificare (cito la cronaca de “la Repubblica”) «un consiglio di amministrazione composto da sette persone al posto delle nove di oggi, e nominato da più fonti:

tre membri -uno dei quali sarà l’amministratore delegato – saranno scelti dal ministero dell’Economia, di fatto l’azionista di viale Mazzini», altri «tre saranno eletti dalle Camere in seduta comune», mentre l’ultimo componente «dovrebbe essere il rappresentante dei dipendenti Rai».

Quanto alla Commissione di Vigilanza, «resterebbe in vita come organismo di controllo» pur senza «i poteri di nomina attuali».

Tutto chiaro?

Trattasi, con suadenti parole e nobili premesse, di rivoluzione autolesionista.

In pratica, infatti, non soltanto la politica resterebbe padrona, ma per giunta l’amministratore galattico sarebbe espresso dal governo Renzi, che non avrebbe troppi impicci a condizionare azioni e pensieri.

Per non parlare del rappresentante dei dipendenti Rai, riguardo al quale è veramente cosa buona e giusta non farsi prendere eccessivamente in giro, e pensare che possa imporre la propria visione.

Continuo dunque ad applaudire, e osannare, e condividere a pieno il passaggio del documento di palazzo Chigi in cui si giura di voler «riformare il servizio pubblico mettendo la Rai nelle condizioni migliori per informare, educare e divertire»;

come pure seguo, con interesse sincero, l’ipotesi di tre reti ben differenziate tra loro (una generalista, una per la sperimentazione e una culturale priva di pubblicità).

Ma resta il fatto che il potere, ancora una volta, spinge e scalcia per interesse proprio:

passatempo antico, ma pur sempre attuale.