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Roberto Maroni

Meritocrazia alla lombarda. La solita.

Un esercito di amici degli amici. Ogni volta che deve cambiare tutto poi alla fine non cambia niente. Basta leggere qui.

a normativa, per la verità, stabilisce il numero massimo dei componenti delle segreterie dei membri della giunta (dieci per il governatore, otto per il suo vice e sei per ogni assessori) da scegliere fra il personale già in servizio al Pirellone. Se occorre una competenza specifica e se tale competenza è irreperibile all’interno della Regione, si ricorre a personale esterno. L’impressione è che gli assessori interpretino la legge in maniera molto liberale e anzi quasi anarchica, spesso scegliendo non in base a curricula ed esperienza, bensì amicizia, parentela e vicinanza politica. Solo Alberto Cavalli, assessore alle infrastrutture e alla mobilità, ha rinunciato a farsi una segreteria sul modello dei suoi colleghi di giunta: due segreterie prese in prestito dalla struttura dei dipendenti regionali.

Tipico malcostume italiano è invece quello dei politici che una volta non rieletti pensano bene di farsi reclutare come consulenti dai colleghi di partito. A mò di esempio basta citare Mario Labolani che risulta collaboratore dell’assessore al territorio Viviana Beccalossi. Labolani, che si occupa di «rapporti con i rappresentanti istituzionali, enti e associazioni che a vario titolo sono coinvolte nella redazione delle proposte di leggi regionali sul consumo e difesa del suolo», si è seduto in giunta a Brescia dal 2008 al 2012 in qualità di assessore al verde pubblico in quota Fratelli d’Italia.

Di contro l’ex assessore provinciale milanese, il leghista Stefano Bolognini, ha rifiutato l’offerta del suo partito di essere parcheggiato provvisoriamente come collaboratore presso l’assessore alla cultura Cristina Cappellini. Non così Roberto Valenti, ex vicesindaco di Marcallo con Casone, un comune di 5 mila abitanti vicino a Magenta, dove per dieci anni è stato sindaco con un monocolore del Carroccio Massimo Garavaglia, oggi assessore al Bilancio nella giunta Maroni. Valenti, travolto dalle polemiche per le bollette troppo alte del suo cellulare di servizio, fu messo in disparte dalla Lega alle elezioni dello scorso maggio. Fuori dalla lista e fuori dai giochi. Ma con uno stipendio extra. Valenti oggi guadagna 28 mila e 500 euro “per attività di comunicazione, gestione rapporti con i giornalisti, stesura testi”.

Poi ci sono quelli che lo stipendio lo ricercano esclusivamente negli enti pubblici. Un fulgido esempio lo fornisce il consigliere comunale milanese di Forza Italia Pietro Tatarella che vanta un curriculum ineguagliabile: consulente dell’assessore alla casa e all’housing sociale, membro del comitato tecnico-scientifico del Fondo provinciale per la Cooperazione Internazionale, consigliere di amministrazione dell’Ente Fiera di Castelbarco. Praticamente un tuttologo se non fosse che il suo curriculum è privo di qualsiasi competenze in ciascuno di questi ambiti.

C’è poi il modello a conduzione familiare come quello dell’assessore alla casa, housing sociale e pari opportunità Paola Bulbarelli. Non la sua di famiglia ma quella di Daniela Santanché. La «pitonessa» è riuscita a piazzare l’avvocatessa Valeria Valido, che è stata a lungo tempo la sua più stretta collaboratrice nonché amica del faccendiere della P4 Luigi Bisignani, a caposegreteria dell’assessore. A seguire contratti per un ex dipendente della sua società, Visibilia, e per l’ex assistente della nipote Silvia Garnero già assessore della Provincia di Milano.

In ultimo tra i collaboratori degli assessori lombardi non poteva mancare una figura più che imbarazzante, il mandante dei manifesti «Via le BR dalle Procure» affissi nell’aprile 2011 lungo le strade di Milano in occasione delle elezioni comunali. Giacomo Di Capua, caposegreteria del vicepresidente di Regione Lombardia e assessore alla sanità Mario Mantovani, finì condannato per vilipendio dell’ordinamento giudiziario dopo che inizialmente venne accusato un altro esponente pidiellino, Roberto Lassini, che fu costretto coram populo a rinunciare alla candidatura nella lista a sostegno di Letizia Moratti. I Pm milanesi nel 2012 ottennero l’archiviazione per Lassini e la condanna di Di Capua «ritenuto l’ideatore del contenuto dei manifesti diffamatori e sostanzialmente il committente delle affissioni». Caduto in disgrazia il primo, per il secondo la poltrona è garantita. Voce del capitolo rapporto fiduciario, con uno stipendio che tutti indicano come molto elevato. Piccolo dettaglio: regione Lombardia non lo rende noto. Giorni e giorni di ricerca sono stati inutili, il compenso del pupillo di Mantovani resta un oggetto misterioso.

La favola BreBeMi

Guardate questa foto:

Ue:Renzi,con programma 1000 giorni ci prendiamo flessibilità

Vedere insieme Roberto Maroni, Maurizio Lupi, Matteo Renzi con alle loro spalle (che spingono per potere apparire in foto) i consiglieri regionali Mario Barboni (PD) e Mauro Parolini (NCD) può dare il polso dell’asservimento politico alla retorica delle “grandi opere”. In questo caso si tratta della BreBeMi ma il meccanismo è applicabile a qualsiasi altra opera. Ora provate a chiedervi: se l’avesse fatto Berlusconi?

Per informazioni sulle bugie (e l’inutilità) di BreBeMi potete leggere Luca Martinelli qui:

Chi avesse avuto la pazienza di ascoltare gli interventi di Roberto Maroni, Maurizio Lupi e Matteo Renzi alla cerimonia di inaugurazione della BreBeMI, avrà provato l’incredibile sensazione di “vivere dentro uno spot”, l’affresco molto romanzato di un Paese “in movimento”, in auto (come sempre).
Ci può stare, perché era -in fondo- la passerella per celebrare “la Grande Opera”, e spargere un po’ di ottimismo o anche intorno ad Expo, cui l’autostrada tra Brescia e Melzo sarebbe collegata. 

Dispiace però (ri)leggere oggi sui quotidiano le banalità e la false informazioni gettate nell’arena dalla politica, per cui vale la pena puntualizzarne almeno alcune.

È falso che la BreBeMi rappresenti in esempio di concorrenza per le autostrade lombarde. Non esiste la “concorrenza” sulla rete autostradale, affidate in concessione ad un unico soggetto. A meno di non considerare “concorrenti” due infrastrutture che corrono parallele (in questo caso la nuova A35 e la A4), ma probabilmente -prendendo in considerazione il consumo di suolo legato alle opere viarie e complementari- questa “concorrenza” avrebbe un costi sociale ed ambientale troppo elevato.

La concorrenza, semmai, avrebbe dovuto caratterizzare la fase dei lavori per realizzare l’opera, ma per le autostrade realizzate in project financing il fastidioso meccanismo delle gare d’appalto e del “vinca la migliore offerta” sono cancellate. Per questo tra i soci del concessionario ci sono grandi imprese di costruzioni, che hanno potuto anche svolgere direttamente e senza alcuna procedura competitiva i lavori, il cui costo è di circa 1,6 miliardi di euro (cui andrebbero aggiunti, per calcolare il costo complessivo dell’opera, almeno 800 milioni di euro di interessi sui debiti contratti per realizzare l’investimento).

È falso anche, come ripetuto anche ieri, che la BreBeMi sia la prima autostrada realizzata facendo ricorso solo a capitale privato. Lo è già di fatto, perché le “banche” che hanno garantito il project financing si chiamano Cassa depositi e prestiti (controllato all’80% dal ministero del Tesoro) e Banca europea degli investimenti (di proprietà dei Paesi dell’UE, comprese l’Italia). Come se non bastasse, però, come ieri ha ricordato Roberto Maroni l’opera è in attesa di una decisione del CIPE (“di una firmetta di Padoan”, ha specificato ieri il presidente di Regione Lombardia) relativa alla defiscalizzazione dell’opera, cioè di un finanziamento indiretto da parte dello Stato, che non incasserà IVA, IRES, IRAP dal concessionario per una cifra, pare, intorno al mezzo miliardo di euro.

Vale la pena aggiungere che la defiscalizzazione è possibile, per legge, solo per opere il cui piano economico e finanziario sia insostenibile: significa, in pratica, che il traffico atteso sulla BreBeMi, i numero usati per giustificare l’opera, non ci sono, che il concessionario rischia il collasso.

Infine, aprite Google Maps. Scrivete Pozzuolo Martesana, e vedrete l’anello degli svincoli dell’A35 in mezzo ai campi. Poi cercate il grande pesce -il sito EXPO- a Nord-ovest di Milano, tra l’A4 e l’A8 (scrivere via Roserio, Milano, per inquadrarlo): chi di voi sarebbe pronto a scommettere che il primo luogo individuato sia il punto d’arrivo di una infrastruttura pensata per arrivare nel secondo? In mezzo c’è Milano. Per arrivare al sito di Expo, dall’A35, si torna sulla A4…

 

Indagato Maroni per appalti EXPO. Appunto.

INAIL:SEMINARIO SU RESPONSABILITA' SOCIALEIl presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, risulta indagato dalla Procura di Busto Arsizio per presunte irregolarità su due contratti Expo. L’avviso di garanzia é stato notificato questa mattina dai Carabinieri del Noe, che si sono recati negli uffici del governatore lombardo a Palazzo Lombardia. Il reato ipotizzato nei confronti di Maroni é quello di «induzione indebita a dare o promettere utilità». Nel mirino degli inquirenti sono finite presunte irregolarità in due contratti di collaborazione a termine su progetti legati a Expo 2015, stipulati non dalla Regione ma dalle società Expo ed Eupolis. 
La conferma arriva dallo stesso staff del governatore che in una nota precisa: «Il presidente Maroni é stato nel suo ufficio e ha preso visione dei documenti relativi alla contestazione. Si é reso immediatamente disponibile agli uffici del Procuratore per chiarire la regolarità e correttezza della questione». Per la stessa ipotesi di reato risulta indagato anche il capo della segreteria di Maroni, Giacomo Ciriello.

(link)

EXPO: dopo le tangenti vogliono anche più soldi

Fabrizio Gatti squarcia un altro velo. In Lombardia e su Milano, tra Comune e Regione, (mi raccomando) continuate pure a stare tutti zitti, eh:

I lavori per l’Expo 2015 potrebbero costarci molto più del previsto. La Mantovani spa, la società che ha realizzato la piastra su cui saranno costruiti i padiglioni dell’Esposizione universale, pretende ora 110 milioni in più rispetto al prezzo che la stessa Mantovani aveva formulato per strappare l’appalto alle concorrenti. L’impresa è ora al centro dello scandalo tangenti a Venezia per il periodo in cui era amministrata da Piergiorgio Baita, già arrestato e condannato nei mesi scorsi. La capocordata, insieme con altre imprese appartenenti all’intera lobby parlamentare dal Pdl alla Lega Coop, si era aggiudicata il contratto più grosso di Expo con l’offerta di 165 milioni, partendo da una base d’asta di 272 milioni. Un ribasso che aveva scandalizzato perfino un politico navigato come il celeste senatore Roberto Formigoni, allora governatore ciellino della Lombardia e ora imputato per la corruzione sulla sanità.

La farsa legalitaria su EXPO

expo-tangenti-634x396Mi segnalano un’intervista a Ivan Cicconi, già direttore di Itaca (Associazione nazionale per l’Innovazione e la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) e membro del fantomatico Comitato regionale per la trasparenza istituito da Regione Lombardia nel 2013, presieduto dal generale delle fiamme gialle Mario Forchetti. Ivan Cicconi si occupa di appalti pubblici da una vita e la sua nomina era stata accolta con ottimismo ma le sue conclusioni dovrebbero scatenare un terremoto:

Ingegnere, perché “cancellarsi” dal sito di Expo

Perché non solo non abbiamo mai potuto visionare i documenti, ma perché non abbiamo mai avuto alcuna possibilità di interloquire con la Expo. Nonostante le sollecitazioni provenienti da Maroni (che scrive personalmente a Giuseppe Sala il 30 luglio 2013, caldeggiando una collaborazione, ndr).

Eppure, già nella vostra relazione di gennaio scorso segnalavate alcune anomalie…

Avevamo sottolineato numerose criticità nella filiera delle sub contrattazioni.

Quindi non è sorpreso dalle presunte tangenti chieste dalla “cupola degli affari” di Frigerio-Grillo-Greganti per gli appalti di Expo?

Sono sorpreso dai nomi degli arrestati, non dal fatto in sé. Le condizioni perché si verificassero le ruberie c’erano tutte. Capita quando si decide di derogare a 80 articoli delle normative sugli appalti… Inoltre, sono stupito che si parli di tangenti solo di tre o quattro appalti di Expo… e non si affronti mai il nodo di quei  120 contratti affidati da Expo tramite trattiva privata. Circa il 95% dei contratti non ha avuto alcuna gara! Sarebbe interessante vederci chiaro.

Oltre a Expo, la “cupola” era molto attiva nella sanità lombarda. In questo settore avete avuto più fortuna con le vostre indagini?

Sulle sistema degli appalti nelle Asl abbiamo sottolineato numerose criticità.

Ce ne dica tre.

L’uso abnorme delle proroghe per i contratti in essere; l’uso improprio di alcune tipologie di contratti; l’organizzazione complessiva della struttura multilivello degli acquisti, a partire da Arca.

Arca è l’agenzia cui, dopo lo scandalo tangenti, Maroni intende delegare tutti gli acquisti delle Asl: è in grado di svolgere un tale ruolo?

Assolutamente no. Oggi effettua il 15% degli acquisti con molte difficoltà, è francamente impensabile che accentri su di sé ogni contratto.

Detta così è l’intero sistema che non funziona!

Sì, direi che non ha funzionato nulla.

EXPO ormai è una farsa, una commedia. Gli appalti sono le coordinate di una sconfitta collettiva.

Expo, Milano, Pisapia

Comunque la si pensi vale la pena leggere le riflessioni di Guido Viale su Il Manifesto:

Come per De Magi­stris, Zedda e Doria anche il sin­daco Pisa­pia era stato eletto sull’onda di una mobi­li­ta­zione straor­di­na­ria per par­te­ci­pa­zione, entu­sia­smo, crea­ti­vità. Pisa­pia doveva porre fine alle male­fatte di Leti­zia Moratti. E tra quelle tante male­fatte la peg­giore è senz’altro l’Expò: un “Grande evento” fatto di “Grandi Opere” che non hanno alcuna giu­sti­fi­ca­zione se non distri­buire com­messe, incas­sare tan­genti e tenere in piedi un comi­tato di affari impre­gnato di cor­ru­zione e di mafia che aveva già deva­stato la città per anni. Si badi bene: le tan­genti sono una con­se­guenza e non la causa.
Se ci fos­sero solo le tan­genti, il ter­ri­to­rio non ne rice­ve­rebbe danni irre­pa­ra­bili. Il vero danno sono le Grandi opere, la deva­sta­zione del ter­ri­to­rio e delle rela­zioni sociali; e il modello di busi­ness di cui sono frutto, fon­dato sull’indifferenza per le esi­genze delle comu­nità locali, sullo stra­po­tere di ban­che e finanza, sul subap­palto del subap­palto, che apre le porte alle mafie, sul pre­ca­riato (e ora anche sul lavoro gra­tuito) che hanno fatto dell’Expò il labo­ra­to­rio dell’Italia di Renzi; e, ovvia­mente, anche sulla corruzione.

Avendo ere­di­tato l’Expò dalla Moratti, Pisa­pia si era impe­gnato a ren­derla comun­que meno pesante pos­si­bile. Ma ha tra­dito quel man­dato. Non è in discus­sione la sua one­stà, né la sua buona fede; lo sono le sue scelte. Appena inse­diato è stato tra­sci­nato a Parigi da For­mi­goni per sot­to­scri­vere gli impe­gni con l’Ufficio Inter­na­zio­nale dell’Expò. Da allora l’Expò ha preso il posto dei pro­getti pre­sen­tati in cam­pa­gna elet­to­rale, alcuni dei quali san­citi dalla vit­to­ria di sei refe­ren­dum cit­ta­dini (senza seguito). E con l’Expò ha comin­ciato a dis­sol­versi quell’ondata di entu­sia­smo e di spe­ranze che aveva por­tato Pisa­pia in Comune.

La sensazione è che non si sia riusciti ad andare oltre alla “buonista” narrazione di un Expo diverso da quello che si temeva e poi alla fine è diventato. Certo Pisapia è rimasto incastrato tra Formigoni prima e Maroni poi ma di una netta posizione di dissenso non se n’è mai sentito il profumo. E oggi vale la pena riconsiderare addirittura gli allarmi di Boeri. Questo EXPO così com’è non era nella testa di chi ha votato la giunta milanese e questo è un fatto politico.

La pezza peggio del buco

L’assessore di Regione Lombardia Mario Mantovani si scusa per le sue schifose parole riprese in video (ne ho scritto proprio oggi qui).

Come si scusa?

In serata Mantovani ha fatto arrivare le sue scuse “se qualcuno ha inteso le mie parole come una raccomandazione”. Ma ha sostenuto che quelle dichiarazioni sono state solo un “incitamento” ai giovani.

Così Mantovani si conferma un’offesa all’intelligenza, oltre che all’etica.

Expo: la grande incompiuta

L’Expo rimarrà una grande incompiuta, con tutti i danni di immagine che ne deriveranno per l’Italia e per Milano. Legalità contro efficienza. Come tante volte è accaduto in questo paese, come sempre più sistematicamente è accaduto a botte di commissari straordinari, emergenze e urgenze internazionali. Si è arrivati perfino a sostenere, con argomenti giuridici surreali, che per l’allestimento dei padiglioni stranieri non debbano valere i protocolli, mica si può imporre la nostra legge agli stranieri. Ci si è perfino avventurati a teorizzare che questi padiglioni, in quanto rappresentanza di specifici Stati esteri, debbano essere equiparati alle ambasciate. Un gigantesco extra legem. Quel che è accaduto in un clima di accondiscendenza intellettuale ha avuto evidenza pubblica. Tanto che chi aveva il compito di offrire suggerimenti proprio in tema di rischio mafioso era stato facile profeta: dopo avere perso due anni solo per nominare l’amministratore delegato di Expo, ci sarebbe stata la corsa finale per trasformare in nemico della patria chi avesse sollevato qualunque problema di legalità.

Le parole (più che condivisibili) di Nando Dalla Chiesa.