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Roberto Maroni

E adesso, Bobo?

Dunque Francesco Belsito, l’uomo della Lega Nord che avrebbe tenuto i rapporti con la ‘ndrangheta e gli affari, è stato arrestato. Roberto Maroni, l’uomo che voleva sconfiggere la mafia, se l’è ritrovata in casa e mentre ci racconta di avere arrestato i più pericolosi latitanti negli ultimi anni si è lasciato sfuggire il latitante in casa come un aspirante Babbo Natale che non si accorge di avere lasciato una renna incastrata nel camino della cucina.

L’accusa è di  truffa e associazione a delinquere. Lo stesso Belsito che nelle ipotesi dei magistrati avrebbe avuto un ruolo nella gestione di alcuni appalti della sanità lombarda. Nello sfondo c’è una società, la SIRAM che si occupa di efficienza energetica) che avrebbe vinto 15 settembre 2010 un appalto da 4.278.839,01 euro per tutti gli spazi non istituzionali della piazza della nuova regione Lombardia.

Come scrivevano già a gennaio Alessandro Da Rold e Luca Rinaldi:

Il pm calabrese Giuseppe Lombardo ha ben chiaro il polso della situazione del proprio filone d’indagine, cioè i possibili rapporti tra l’ex tesoriere Belsito e la ‘ndragnheta, in particolare con la cosca De Stefano. Nadia Dagrada, la segretaria del Carroccio che ha fatto esplodere il caso Lega, nel corso dell’interrogatorio dello scorso aprile dise di ignorare e conoscere i rapporti dello stesso Belsito, poi cacciato dal neo segretario Roberto Maroni, con personaggi legati alle cosche. Spiegò che il nome De Stefano non le ricorda nulla «a parte il tenore».

Chissà cosa avrà pensato il pm Giuseppe Lombardo che al momento sta portando avanti nelle aule reggine il processo forse più importante alla triade delle famiglie che governa Reggio (Condello, De Stefano e Tegano), in quel guazzabuglio di politica, affari, logge più o meno coperte e mafia. La stessa Dagrada riferisce di sapere poco e niente su quello studio di via Durini 14 a Milano dove ha sede la MGM di quell’avvocato che avvocato non era (non risulta iscritto a nessun ordine), Bruno Mafrici, diventato consulente di Belsito quando questi si occupava del sottosegretariato del ministero alla semplificazione normativa.

Stando al verbale, Belsito, avrebbe elargito per alcuni mesi un fisso di 2.500 euro allo stesso Mafrici, che l’ex tesoriere presentava come un suo avvocato. Belsito in quello studio aveva un proprio ufficio e pagava Mafrici, a quanto sostiene Dagrada con soldi del partito per un totale tra parcelle e rimborsi che teneva anche per sè di circa novemila euro al mese.

Uno studio quello di via Durini a Milano che ricorre nelle carte degli inquirenti reggini e perfino nella relazione della commissione di accesso al comune di Reggio Calabria, che ne sancirà poi lo scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata. A stimolare la curiosità del pm Lombardo durante l’interrogatorio però è anche una questione che trova sullo sfondo appunto la sanità. Il magistrato la butta lì mentre cerca di capire cosa Dagrada sia in grado di rivelare sugli investimenti leciti o meno del Carroccio dell’era Belsito.

Chiede se ci siano stati investimenti in case di cura. Dagrada nega, ma a verbale ci finisce un teatrino e si trascrive anche una risata dello stesso pubblico ministero che evidentemente nota una espressione della segretaria e chiede «perché le case di cura l’hanno colpita così tanto?».

E se poi nel corso dell’interrogatorio si vira verso altri lidi, andando a rivedere alcuni affari che avrebbero riguardato da vicino proprio stesso Mafrici e un altro faccendiere legato a doppio filo con Belsito e i De Stefano, cioè quel Romolo Girardelli  detto “l’ammiraglio”, la curiosità del pubblico ministero non sembra campata in aria.

Sullo sfondo c’è la Siram, che a Milano per sei anni, dal 2004 al 2010 ha gestito gli impianti produttori di calore al Pio Albergo Trivulzio per 7milioni di euro. Dal filone reggino dell’indagine emergerebbe infatti il contatto tra la stessa Siram e “l’ammiraglio” Girardelli, uomo vicino a Paolo Martino, factotum milanese della cosca De Stefano finito agli arresti nell’ambito dell’inchiesta ‘Caposaldo’ della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano nel 2001.

Non è però finita perché sempre nel filone delle indagini aperto dalla procura di Reggio Calabria ci finisce un altro appalto, quello tra Siram e Carbotermo spa presso l’ospedale San Matteo di Pavia. Un appalto milionario già oggetto di conversazioni tra lo stesso Martino e l’ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia Carlo Chiriaco, recentemente condannato a Milano per concorso esterno in associazione mafiosa.

Scriveva il Corriere della Calabria quando esplose l’affaire Belsito, “Siram incassa un’importante fetta dei propri introiti proprio dagli appalti pubblici. Non ultimo, proprio a Milano, dalla fondazione che gestisce gli ospedali del Policlinico ha ottenuto il lavoro per la costruzione di un modernissimo impianto «di trigenerazione», capace di produrre contemporaneamente energia elettrica, termica e refrigerante.

Un progetto che Infrastrutture Lombarde, la società in house della Regione Lombardia, ritiene particolarmente vantaggioso e soprattutto non realizzabile da nessun’altra impresa. Ragione per la quale non è possibile sottoporlo a gara d’appalto visto che solo Siram ha i brevetti necessari per la sua realizzazione. Insomma, un progetto da esportare, magari anche in Calabria dove Infrastrutture Lombarde ha avuto il contestatissimo incarico di sovrintendere alla realizzazione dei quattro nuovi ospedali previsti nel nuovo piano sanitario regionale. Anche di questo si discuteva nelle ovattate stanze di via Durini 14”.

A Reggio Calabria la Siram aveva ottenuto il monopolio della manutenzione e della gestione degli impianti degli Ospedali Riuniti, secondo alcuni imprenditori concorrenti senza rispettare tutte le normative. Insomma, sanità, anzi, “Onorata Sanità”, come quel processo istruito a Reggio Calabria dove il cognato dell’ “avvocato” Mafrici si è ritrovato invischiato salvo poi uscirne assolto alla conclusione del primo grado di giudizio.

Rimane da vedere cosa ci dirà oggi Bobo Maroni. Bastano le scope di saggina a dare una spiegazione, eh?

Zambetti esce

E trova una Lombardia così tanto simile a quella che aveva lasciato:

Al San Raffaele i lavoratori non riescono ad avere risposte e continuano con le occupazioni. Ti aspetteresti che le nuove elezioni abbiano decapitato i vertici della sanità lombarda e invece Mantovani è l’elemento di continuità con il faraone Formigoni.

EXPO continua con i suoi ritardi e continua a chiedere un commissario straordinario che possa, in nome dell’urgenza, saltare la “burocrazia” che è quella bella cosa che serve per garantire controlli e legalità, tra l’altro.

Si continua a parlare di tagli nella sanità senza prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare un sistema che è marcio alle radici (anche se va bene a molti in modo bipartisan).

La Lega continua a giocare sulla xenofobia e le paure per racimolare qualche voto basso basso.

E le firme di Formigoni continuano ad essere false.

La ‘ndrangheta? Beh, quella non è mai esistita e in più è stata creata la nuova Commissione Antimafia con tanta buona educazione e i soliti piani di morbidezza dalle nostre parti.

Tenerezza Lega

Insomma Roberto Maroni insiste nel dire che nella Lega tutto va bene, che Pontida è stata un grande successo e che la base è unita.
Ha solo aggiunto che qualche “stronzo” sta cercando di dividere il partito.
Oggi possiamo dirlo: lo stronzo indicato da Maroni evidentemente è il suo Presidente Umberto Bossi. Basta leggere le sue dichiarazioni di oggi a L’Unità:

In 23 anni a Pontida di fischi del genere non ne avevo mai visti. La gente veniva per applaudire. Altroché. E se tanta gente viene così arrabbiata vuol dire che nella Lega c’è qualcosa che non va, un problema di democrazia interna che dobbiamo assolutamente risolvere. Non si può continuare a prendere a calci nel sedere gente che la Lega l’ha fondata con me.

Il resto delle carezze a Maroni dell’Umberto le trovate qui.

Sconcertanti (bipartisan) in Regione Lombardia

Il comunicato di Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia. A voi i commenti:

“Sconcertante”. E’ questa l’unica parola che riesce a usare Legambiente per definire le recenti dichiarazioni di alcuni esponenti politici – prima del nuovo presidente del Consiglio regionale, Cattaneo, poi del PD che annuncia addirittura il deposito di un proprio disegno di legge – che hanno chiesto di approvare un’ulteriore proroga, dopo l’ultima scaduta il 31 dicembre del 2012, per i comuni che non hanno ancora approvato il loro strumento urbanistico: il famoso PGT. “Siamo a 8 anni dall’approvazione della legge di disciplina urbanistica – dichiara Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia – e ancora centinaia di comuni lombardi, tra questi anche grandi città, non si sono ancora dotati del loro piano di governo del territorio. Bloccare l’attuazione di previsioni urbanistiche di strumenti ormai più che decotti ci pare il minimo che si potesse fare, anche per limitare i margini speculativi di spregiudicate operazioni di consumo di suolo. E’ semplicemente sconcertante questo coro di piagnoni, di destra e di sinistra, che chiedono di continuare a legittimare quella che da anni è un’ignavia urbanistica spesso colposa”. (ufficio stampa Legambiente Lombardia, 4 aprile)

Lo chiamavano “Continuità” /2

Dopo la prima puntata del Maroni che voleva fare la rivoluzione in Lombardia lasciando la sanità in mano ai soliti noti, oggi Gianni Barbacetto racconta quello che da queste parti si diceva da un po’ e rincara la dose:

La scopa del capo dei Barbari Sognanti ha fatto pulizia dentro la Lega, dicevano i druidi del nuovo Carroccio durante la campagna elettorale. E rinnoverà anche Formigopoli, facendo piazza pulita degli sprechi e delle ruberie e avviando la nuova era della Macroregione del Nord, dal Piemonte al Friuli. A parte il fatto che il Friuli ancora leghista non è, anche a Milano si stentano a vedere i segni della Nuova Era. Lo slogan con cui ha vinto le elezioni (“Teniamo qui il 75 per cento della tasse pagate in Lombardia”), è stato dimenticato: promessa impossibile da marinaio celtico-padano. Quanto al rinnovamento, Maroni sta procedendo così: rivoluzione a parole, cauta continuità nei fatti.

E, come scrive Gianni, anche sui declamati tagli della politica, la nuova Lombardia è assolutamente identica alla vecchia:

Quanto a Maroni, ha promesso di mostrarsi virtuoso con la pelle degli altri: promette tagli al budget del Consiglio regionale (via i rimborsi facili che hanno fatto mettere sotto inchiesta per peculato la quasi totalità dei consiglieri della scorsa tornata), ma si tiene ben stretti i soldi del budget di giunta. Confermato un ufficio del Presidente composto da una quindicina d’addetti, con una cerchia d’oro di dirigenti e una struttura di comunicazione formata da decine di persone che potrebbe produrre un quotidiano nazionale. Formigoni non c’è più, la sua struttura imperiale resta.

Sarà una lunga notte, la Lombardia.

Expo 2015 e la società abusiva che controlla gli abusivi

Villa-campaaAbbiamo detto che il controllo degli accessi nei cantieri Expo è un nodo cruciale per evitare le infiltrazioni. Dico: ce lo siamo detti in tutte le salse, in tutte le serate di campagna elettorale, in tutti i convegni, in tutti i libri senza bisogno di essere saggi o ex ministri degli interni o professori.

Ogni tanto mi viene il dubbio che a qualcuno basti avere la soddisfazione di esprimere la propria analisi più o meno autoreferenziale (quando almeno è un’analisi e non solo una declamata masturbazione), che a qualcuno basti potere dire “l’avevo detto”, “vi avevo avvisato”, “era prevedibile” e ci si dimentichi del pezzo del “fare”.

Perché il “fare” oggi dovrebbe essere (correggetemi, vi prego, se sbaglio) quel potente signore ex ministro con gli occhialini che siede nel piano alto di Palazzo Lombardia e i garanti (a tutti i livelli politici, Comune incluso) delle varie commissioni e delle centinaia di protocolli “per la legalità” che ci propinano tutti i giorni con una santa conferenza stampa, tutti i giorni.

Perché non si capisce se il nodo degli accessi ai cantieri è un punto nevralgico per l’antimafia in Expo, ecco, non si capisce come possa succedere che la cooperativa CMC (che non è proprio di destra, diciamo) affidi la sicurezza dei cantieri alla Pegaso srl che da una denuncia per mancati pagamenti scopriamo non avere nemmeno le carte in regola per svolgere quel lavoro.

Come dice bene MilanoX “sono insomma degli abusivi che controllano che non ci siano abusivi nel cantiere.” 

O in fondo sono abusivi gli “esperti dell’antimafia” che qui hanno raccolto qualche briciola di troppo di credibilità.

 

Lo chiamavano “Continuità”

516199_mantovani maroniRicapitoliamo, anche se è molto semplice:

in Lombardia la Lega Nord disse di essere stata costretta a “staccare la spina” a Roberto Formigoni per i troppi dubbi e le troppe contiguità del governatore e dei suoi fedelissimi nell’ambiente della sanità lombarda. Fin qui sembrerebbe anche “potabile” come azione se non fosse che quel sistema malato della sanità lombarda la Lega l’ha costruito insieme al PDL per tutti questi anni ma tant’è, magari i leghisti si sono ravveduti cammin facendo, viene da pensare.

Roberto Maroni si candida presidente della Regione Lombardia rivendicando discontinuità con il formigonismo e una svolta nella gestione della regione. Qualcuno (i più arguti e i più comunisti) gli fa notare che però la coalizione che lo sostiene ha anche il PDL: vero, dice lui, ma il candidato presidente è leghista e quindi sarà la Lega a ergersi a garante del nuovo corso.

Oggi Maroni presenta la nuova giunta regionale e si scopre che alla sanità c’è Mario Mantovani: uomo PDL, molto vicino a Paolo Berlusconi e tra l’altro fondatore della Mantovani Onlus proprietaria di quattro Residenze per anziani e di una Residenza per disabili. 

Insomma Maroni comincia la sua avventura alla guida della Lombardia svendendo subito la delega più importante al berluscones meno presentabile per il ruolo.

Buona notte, Lombardia.

 

Io la Lombardia la difendo


Editoriale scritto  per ArcipelagoMilano

cavalli screenLa Lombardia è la mia terra e la difendo, da cittadino, mica eletto, e nemmeno da scortato antimafioso perché mi verrebbe troppo comodo e troppo paratelevisivo, ma da cittadino con i figli che lavoreranno e faranno altri figli qui in Lombardia, la difendo dai faccendieri, gli affaristi, i viscidi commensali, i lacchè senza dignità e la retorica della propria terra che ha innescato un meccanismo perverso (e inverso alla democrazia) che in alcuni settori chiede “chi ti manda” e “a chi appartieni” per decidere la possibilità di assunzione e di carriera. La Lombardia la difendo dall’analfabetismo (coltivato ad hoc) verso le persone serie, oneste e dedite all’etica come dovere morale, in una regione che per decenni ci ha convito che la spericolatezza fosse una virtù in politica e nell’imprenditoria e una regione che ha voluto convincerci che la solidarietà sia un vezzo democratico che non possiamo permetterci per non mettere a rischio la sicurezza dei nostri figli.

Io non so cosa debba succedere ancora per chiederci di andare oltre all’indignazione sulle associazioni criminali che sono arrivate fino ai gangli più alti della politica regionale; se serva un morto ammazzato proprio in mezzo al corridoio del Pirellone o l’arresto di un altro assessore con la coppola in testa e la lupara sotto il cappotto per convincerci che l’emergenza è passata da un pezzo e l’infiltrazione mafiosa è stata un momento di una diffusione radicata e ormai difficilmente riconoscibile che svena ma non tormenta, non si sente: sembrano al massimo un paio di linee di febbre.

Io non tollero più di fare lo scortato buono per le interviste, le televisioni, gli antimafiosi una volta al mese nei convegni tra amici e poi non riuscire a raccontare cosa è cambiato alla sera quando me lo chiedono i miei figli. Perché abbiamo sbagliato noi, forse, a credere che bastassero questi ultimi mesi per dare l’idea di un allarme che suona muto da decenni e invece siamo ancora visionari (forse meno di una volta), allarmisti (anche se con più seguaci) e minoranza. Di una battaglia che è politica dove mafia e Stato (o Regione) fanno lo stesso identico mestiere: offrono occupazione, welfare e protezione. E due concorrenti nello stesso territorio o si fanno la guerra all’ultimo respiro oppure viene il dubbio che si siano messi d’accordo.

Se Maroni perde le staffe

l43-maroni-alfano-120809204441_bigE se ne accorge anche Repubblica:

17 marzo 2013 —   pagina 2   sezione: MILANO

SCINTILLE tra il neogovernatore Maroni (che accusa una caduta di stile) e Giulio Cavalli, candidato non rieletto alla Regione per Sel. Tutto comincia con un’intervista di qualche giorno fa, quando Cavalli ironizza sulla presenza nella nuova giunta regionale della giornalista Paola Ferrari, e soprattutto accusa Maroni di aver rimesso la sanità lombarda nelle mani dei ciellini. Poi ricorda, su Twitter, che il leader della Lega è stato sfiduciato da Bossi. La sera del suo compleanno, ieri l’altro, il governatore affida sempre a Twitter un commento, diciamo così, poco elegante, rivolgendosi direttamente a Cavalli: «Ehi, ma tu 6 stato eletto in Regione? No? Già, a proposito di essere sfanculati ». L’altro gli risponde: «Se andate avanti così, ci rivediamo presto; stai sereno, padanamente sereno». E ieri sera, Cavalli rincara la dose, stavolta non su Twitter: «Questo modo di parlare rende l’idea del livello politico e culturale di Maroni; lui è democraticamente eletto, ma io posso anche democraticamente criticarlo».