Il circo magico
Francesco Merlo, oggi, irresistibile su Repubblica
Se volete trovare la famiglia esagerata, se cercate il sud familista tipizzato e mostrificato dalla sociologia, se avete nostalgia dell’antico Meridione eccessivo di “mammeta, pateto, frateto e sorete”, è al Nord che dovete andare. A Gemonio infatti casa Bossi è più napoletana di casa Cupiello, che in fondo è solo teatro. E gli affiliati e i compari sono più cosca nella Brianza che nella Corleone di oggi.
Solo a Gemonio e non più a Passopisciaro potete stipare, in uno stesso camper, il padre bauscia in canottiera e la mamma “mavara” che prepara la teglia di polenta ma ogni tanto molla sganassoni ai ragazzi e la sera si dedica ai riti magici. E, nei sedili di dietro, tanti figli mammoni, tonti e spacconi, che mostrano il petto alle ragazze ma, ad ogni sorpasso, fanno il gesto dell’ombrello e le corna. Nel mezzo, a dividere i ragazzi che, scomposti, litigano e scalciano, c’è la comare, l’energica zia Rosy, ma con il fidanzato furbetto che allunga le mani. Aggiungete i cani akita, l’ombrello da spiaggia, sul tetto una camera d’aria da usare al mare come un salvagente e, per completare la famiglia Bossi, liberate quell’armamentario espressivo fatto di pernacchie e diti medi di cui al Sud ormai ci si vergogna e che invece in un pezzo di nord è il codice della classe dirigente.
Sembra un film comico, un paradossale Verdone, ma è invece la realtà. Non un’opera dell’ingegno espressionista della commedia all’italiana ma il profondo sud a pochi chilometri da Milano, la rinascita perfetta del meridionale scomparso: Franchi e Ingrassia, Tiberio Murgia, don Fefè, Saro Urzì e tutte le maschere della pizza e della pasta al sugo.
L’unico elemento di modernità è quel “family” che il tesoriere della Lega aveva scritto sulla più preziosa delle cartelline, family come principale voce di bilancio, la parola inglese per ingentilire il delitto, per nascondere l’ingombrante scandalo, un gioco linguistico di copertura che alla fine ottiene l’effetto opposto. Family è infatti l’ironia disperata di quel tesoriere gorilla che sembra il gemello di Modugno: «Mammeta, pateto, frateto, nonneta, soreta, zieta… o cane. Aaaaaaaaahhh! Iatevenne, iatevenne».