Vai al contenuto

Salvini

Dopo Salvini che evoca la Madonna, ecco Figliuolo che affida i vaccini a Santa Rita

E per fortuna questi sarebbero quelli seri, i migliori, quelli che non parlano ma fanno, quelli che nell’immaginario collettivo avrebbero dovuto segnare una svolta rispetto ai governi precedenti. Perché, proprio nel momento in cui stavamo per dimenticarci le nefandezze pseudoreligiose di Salvini (con rosari usati come clava, crocifissi adorati come totem e addirittura la Madonna di Fatima eletta sua social media manager), ora arriva il generale Francesco Paolo Figliolo, l’uomo della provvidenza, ad ammettere di avere chiesto a Santa Rita, osservando il suo corpo a Cascia, “di aiutare l’Italia a uscire da questa pandemia, a far sì che la campagna vaccinale proceda e che tutti gli italiani ne capiscano l’importanza”.

“Confidenti nella scienza ma anche nella spiritualità, auspico che Santa Rita posi la sua santa mano sopra di noi, per fare in modo che ne usciamo”, ha dichiarato Figliuolo.

E, sia chiaro, il problema non è la gestione della spiritualità intima del generale tintinnante di lustrini: qui il vero tema è la credibilità di un commissario straordinario che ammette candidamente di avere come strategia quella di votarsi ai santi.

Se non ci fosse il governo del super Draghi, ma un qualsiasi governo precedente, ora sentireste tutti i giornaloni strepitare d’indignazione. Invece, poiché questo governo, oltre a essere votato ai santi evidentemente è anche santificato da quasi tutti i giornali, il fatto è passato sotto traccia.

Poi magari il generale Figliuolo potrebbe anche dirci che cosa ne pensi Santa Rita del fatto che giugno dovesse essere il mese della spallata alla pandemia con 15 milioni di dosi consegnate dai soli Pfizer e Moderna, per un totale di 20 milioni di dosi inoculate complessivamente, ma non è andata proprio così.

E Figliuolo potrebbe anche dirci che cosa ne pensi Santa Rita del fatto che a luglio ci saranno 800mila dosi in meno rispetto alle consegne preventivate.

Perché, in fondo, siamo sempre qui: promesse non mantenute, simboli religiosi che vengono rivenduti come tradizioni, sacralità che viene smerciata come condono e un’infinita catena di simboli che vengono usati per ammansire.

Poi ci sarebbe la laicità dello Stato, ma quella ormai è un lontano miraggio, ancor di più con questo governo. E ci sarebbero i numeri promessi ma mai raggiunti. Ma agli italiani basta sapere che Figliuolo è uomo di chiesa per continuare a dargli fiducia.

A proposito: tutto questo avviene dopo una settimana in cui ci hanno spiegato che i simboli (quelli laici, come manifestare contro il razzismo) “non servono a niente”. Santa Rita da Cascia invece sì.

L’articolo proviene da TPI.it qui

Dal Vaticano a Orban, passando per Salvini e Meloni: in Europa è in atto un’offensiva contro i diritti Lgbt

Punto primo: quando qualche giorni fa si scriveva della legge liberticida voluta da Orban in Ungheria i soliti noti tra i commentatori di casa nostra di sono sperticati per dirci che i difensori dei gay strepitavano per niente. Si abilitavano, ancora, un’altra volta, se è vero che i rappresentanti di 14 Paesi della Ue hanno sottoscritto martedì un documento di condanna della legge. Anche l’Italia, seppur in ritardo, ha aderito dopo avere aspettato “delucidazioni dal governo di Budapest”. La legge vieta la rappresentazione di qualunque orientamento sessuale che non sia quello etero per chiunque abbia un’eta inferiore ai 18 anni. Il divieto riguarda l’insegnamento nelle scuole ma investe anche la programmazione televisiva, la pubblicità, il cinema. È l’ennesimo attacco di Orban contro i diritti Lgbtq+ ma soprattutto è l’ennesimo indizio di un vento che tira in Europa: l’attacco proviene da più fronti e il tema ormai è terreno di scontro politico, come sempre sulla pelle dei diritti di qualcuno.

In Italia gli amichetti di Orban, Salvini e Meloni e molti berlusconiani, insistono sulla stessa linea, pur contenendosi per fingere un certo equilibrio, spremendosi nella diffusione di vere e proprie fake news che passano dalle “favole rubate ai bambini” (come ha detto ieri Salvini) fino alla nota congiunta in cui si chiede lo stop del ddl Zan sull’onda delle parole del Vaticano. “Che peccato, pensavo davvero che le parole del Presidente #Draghi sulla laicità dello Stato e la sovranità del Parlamento fossero condivise da tutte le forze politiche. E niente la destra non ce la fa proprio, ma non è la destra europea, non è la mia…”, scriveva ieri il deputato di FI Elio Vito.

A proposito di Vaticano, la strategia è sempre la stessa: lanciare la bomba e poi calmare le acque buttandola sulla “richiesta di un confronto”. L’obiettivo di fondo intanto è raggiunto e l’assist ai sovranisti è stato servito. Ieri il presidente Draghi ha ribadito la piena autonomia del Parlamento (e ci mancherebbe pure) ma l’incaglio della legge è dietro l’angolo. Anche tra i progressisti si registrano imbarazzo e balbettamenti: il Vaticano, si sa, è più trasversale perfino della difesa dei diritti. Ma questo tempo ci dice chiaramente che sui diritti Lgbtq+ non ci si può permettere di rimanere indifferenti: alla luce di questi attacchi diventa obbligatorio decidere da che parte stare. Sul tavolo c’è molto di più di un semplice disegno di legge, c’è un modo di vedere i diritti e il mondo.

L’articolo proviene da TPI.it qui

Lamorgese supera a destra Salvini: “Porti aperti, navi bloccate”

Da quando al Viminale hanno capito che con il fermo amministrativo si può ottenere lo stesso effetto di ciò che faceva Salvini (se non meglio) e in cambio non si ottiene nemmeno troppa indignazione devono avere pensato di avere trovato la pentola d’oro. Del resto, pensateci, cosa cambia tra il non fare attraccare una nave di una ONG quando semplicemente puoi evitare di farla partire? Cosa c’è di meglio di un Mediterraneo sguarnito senza nemmeno bisogno di alzare la voce quando le carte bollate ottengono lo stesso effetto?

Così, nell’indifferenza generale anche dei molti che sembravano affezionatissimi al tema dei diritti umani quando servivano per essere usati come roncola contro l’avversario di turno, con lo stop dato alla nave Sea Eye 4 salgono a otto le navi delle Ong contemporaneamente ferme nei porti italiani. Un bel bottino per la ministra Lamorgese che è la stessa ministra che avrebbe dovuto segnare “un cambio di passo”. Le motivazioni dello stop alla nave della Ong Sea-Eye come al solito rientrano nella fantascienza più comica: la Guardia costiera, con il solito slang burocratese, accusa la nave Sea Eye 4 di avere salvato troppe persone (sono stati 415 migranti nella sua ultima missione), di non essersi presa la briga di lasciare in mare quelli che erano di troppo e di non avere “mezzi collettivi di salvataggio” a sufficienza.

In sostanza non avrebbe dovuto recuperare i naufraghi perché non aveva abbastanza salvagenti in previsione di un eventuale nuovo naufragio. Ovviamente per certi burocrati (che sono spesso quelli che osano le regole per svolgere una missione, piuttosto che semplicemente usarle) quelle persone salvate non erano disperati strappati alla morte ma semplici “passeggeri”. Peccato che questa volta il Registro navale italiano abbia attribuito alla nave la «notazione volontaria di classe rescue» con il numero 200 tra le persone in grado di soccorrere specificando che in situazioni di emergenza la legislazione internazionale prevede che la salvaguardia della vita umana sia prioritaria». Alla Guardia costiera, che sbadati, non se ne sono accorti.

Del resto una soluzione al sovraffollamento delle navi Ong ci sarebbe: assistere nei trasbordi oppure meglio ancora organizzare una missione di ricerca e soccorso europea, istituzionale, senza nemmeno l’ombra del dubbio che qualcuno possa perseguire chissà quali fini personali. Intanto siamo a due navi sotto sequestro giudiziario (Iuventa e Eleonore) e ben 6 in stato di fermo amministrativo. Ma tutto è fatto in modo pulito, senza sbavature, senza nemmeno sembrare razzisti. Un capolavoro.

L’articolo Lamorgese supera a destra Salvini: “Porti aperti, navi bloccate” proviene da Il Riformista.

Fonte

“La Madonna mi ha detto che ci vuole tutti più uniti”: così Salvini offende i credenti

E così, alla fine, a Salvini non resta che affidarsi alla Madonna. Sia chiaro, non si tratta di un affidamento con tutti i crismi del fedele che decide di riporre la sua fede nelle mani della sua religione, perfino questo è troppo per un politico che non riesce a non strumentalizzare tutto quello che incontra: questa mattina Libero, senza nemmeno provare un briciolo di vergogna, titola “Salvini: ‘La Madonna ci vuole tutti più uniti’” e riesce addirittura a superarsi con un pezzo interno che aggiunge “Salvini: ‘La Madonna mi ha detto che…’”.

Farebbe tragicamente ridere, se non fosse che l’ennesima strumentalizzazione della religione da parte del decadente leader leghista (che già brandiva rosari come arma contundente contro i suoi avversari politici nella goffa posa di un templare fuori dal tempo) continua a essere offensiva nei confronti di chi crede, di chi non crede e della dignità di un dibattito politico che raggiunge abissi mostruosi.

Che sulla coda di una pandemia gravissima un leader di un partito politico che è addirittura al governo possa permettersi di dire “a Fatima ho consacrato la salute degli italiani” ammanta il nostro Paese di quell’oscurantismo magico al servizio del consenso che di solito deridiamo nei Paesi che riteniamo meno evoluti del nostro. Che una dimensione privata come la fede venga utilizzata per propaganda è una blasfemia, una vergogna etica che propone un neopaganesimo costruito per gli sfinteri dei suoi elettori.

Eppure il religiosissimo Salvini dovrebbe conoscere quel comandamento che invita a “non nominare il nome di Dio invano” e che lui viola più di chiunque altro. Ma dietro l’indecente spettacolo di Fatima, in realtà, si nasconde l’enorme difficoltà del leader leghista che ormai non sa più che pesci pigliare (e no, non arriveranno miracolose moltiplicazioni) in un momento in cui Giorgia Meloni lo sta scalzando come leader del centrodestra e mentre il suo dover essere mite con il Governo Draghi lo costringe a spostare la propaganda dai suoi temi abituali.

Il Salvini che dipingeva l’Italia sull’orlo della distruzione ormai combatte per il vaccino dei vacanzieri ed è stato disinnescato dall’affievolirsi del virus. Prossimamente ritornerà a bomba sul tema dei migranti (uno dei pochi rimasti) dovendo comunque smussarsi per non dispiacere troppo a Draghi.

E i malumori interni alla Lega continuano a ingrossarsi. Così per alimentare la sua figura dell’esagitato (come sempre povero di contenuti) non gli resta che affidarsi alla Madonna. Matteo il mistico è solo l’ultimo personaggio di una carrellata di orrori.

Leggi anche: Salvini non ha ancora trovato un minuto per spiegarci cosa pensa dei conti in Svizzera di Fontana (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Salvini non ha ancora trovato un minuto per spiegarci cosa pensa dei conti in Svizzera di Fontana

Dunque ci soni altri due conti in Svizzera da cui transita qualche milione di euro del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e ancora una volta, come è già accaduto per un conto corrente sempre svizzero qualche mese fa, il presidente leghista assume l’indegna posizione difensiva di quello che non sapeva.

Siamo ancora di fronte all’ennesimo caso di insaputismo, questa malattia tutta italiana che infetta pezzi importanti della nostra classe dirigente che hanno la sfortuna di ritrovare proprietà immobiliari e mobiliari che non sapevano di avere, un terribile complotto che li incastra arricchendoli di nascosto. Poveretti, che vita impossibile che si ritrovano a fare, tutta la nostra solidarietà.

La vicenda è oltremodo curiosa perché Attilio Fontana da mesi sta dipingendo la madre come una sprovveduta pensionata che non aveva idea di come maneggiare i propri soldi e quindi si deve immaginare che qualcuno (anche questo senza che Fontana lo sapesse) si sia preso la briga di spostare quai 6 milioni di euro su cinti svizzeri schermati da due trust è da una fondazione familiare in Liechtenstein. Dai, dite la verità, chi di noi non ha un amico che per caso scopre di avere trust e fondazioni per schermare la pensione della mamma.

Un altro punto che continua a sfuggire è il silenzio di Fontana sulla provenienza di quei soldi che il presidente vorrebbe fare passare come il normale gruzzoletto della madre pensionata: peccato che secondo la Procura non sia una cifra giustificabile dall’attività professionale della madre e per questo il leghista è indagato per autoriciclaggio è falso in voluntary. 

Ma da sottolineare c’è anche l’ostinato, vigliacco è vergognoso silenzio di Matteo Salvini, l’uomo che trova ogni giorno il tempo per dire la sua su qualsiasi minimo ma utile caso di cronaca, quello che quotidianamente rilancia sornione qualche prodotto culinario, quello che trova perfino il tempo di rilanciare qualche dichiarazione di qualche artista semiscomparso se gli torna utile e invece non ha ancora trovato un minuto per spiegarci cosa pensa di Attilio Fontana, cosa pensa di un presidente di Regione che ha soldi e conti correnti a sua insaputa, come giudica un politico con una disponibilità economica che non riesce a giustificare, cosa pensa di una regione guidata da chi non ha contezza nemmeno dei propri affari domestici e dovrebbe risolvere quelli di milioni di cittadini.

Su Fontana Salvini ha perso la lingua e ogni giorno il suo silenzio diventa sempre più imbarazzante. Lui lo sa ma non sa come uscirne.

Leggi anche: Crisi di governo, battaglia sugli sbarchi e mojito: la prevedibile estate di Salvini per inseguire la Meloni

L’articolo proviene da TPI.it qui

“Donna, ricordati di procreare altrimenti non ti realizzi”

A destra la concezione dell’identità di donna è sempre la stessa dai tempi di Adamo: essa per la Lega o Forza Italia ha il supremo compito di partorire come accadeva in quei tempi in cui in Italia avevamo qualche problemino con la democrazia

Antonio Tajani è coordinatore nazionale di Forza Italia, mica uno qualunque. Uno dei suoi pregi, per chi ha uso di seguire la politica, è quello di essere sornione sempre allo stesso livello mentre si ritrova a parlar degli argomenti più diversi, come se recitasse a memoria il ruolo che Forza Italia si propone nel centrodestra: essere quelli “seri”, quelli “non populisti”, quelli “libertari” e così via.

Ieri Tajani era presente alla presentazione degli eventi della festa ‘Mamma è bello’ e ovviamente gli è toccato sfoderare qualche riflessione politica sul ruolo di mamma (i politici, quelli che funzionano sono così, hanno un’idea su tutto e un mazzo di slogan per qualsiasi occasione, dalla sagra della porchetta fino al complesso tema di maternità e famiglia) e così ha sfoderato la solita frase come una tiritera, forse rendendosi poco conto di quello che stava dicendo. «La famiglia senza figli non esiste», ha detto Tajani, e poi, tanto per non perdere l’occasione di peggiorare la propria figura ha deciso anche di aggiungerci che «la donna non è una fattrice, ma si realizza totalmente con la maternità».

Ma come? Ma Forza Italia non è proprio il partito delle libertà? Niente: Tajani non si è nemmeno reso conto di essere riuscito in pochi secondi a tagliare completamente fuori migliaia di persone che avrebbero tutto il diritto di sentirsi feriti dalle sue parole. Mettere in dubbio la legittimità di un amore e di una famiglia, del resto, sembra essere diventato il giochino del momento dalle parti del centrodestra e così le famiglia che non hanno figli e quelle che non ne possono avere improvvisamente si accorgono di essere meno degne di tutti gli altri. E badate bene, qui siamo addirittura oltre al solito attacco alle coppie omosessuali: qui siamo proprio a un’idea di donna che ha il supremo compito di partorire come accadeva in quei tempi in cui in Italia avevamo qualche problemino con la democrazia.

Molti sono inorriditi, giustamente e si sono lamentati ma in fondo è proprio sempre la stessa idea di mondo, anche se esce con toni e con modi diversi, che nel centrodestra si coltiva da anni: «Le donne preferiscono accudire le persone, gli uomini preferiscono la tecnologia», ha detto ieri a Piazza Pulita (solo per citare uno dei tanti esempi) Alberto Zelger, consigliere comunale della Lega a Verona.

Insomma, anche oggi, care donne vi è stato ricordato il sacro comandamento di realizzarvi solo attraverso la procreazione. E se è vero che qualcuno potrebbe fregarsene della sparata di Tajani, come accade per le boiate di Salvini, occorre ricordare che questi sono leader di partiti che decideranno come spendere i soldi che dovrebbero servire per rimettere in piedi l’Italia, sono lì a stabilire quali dovrebbero essere le priorità. E questo, vedrete, è molto di più di una semplice frase sbagliata.

Buon venerdì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La sinistra si scalda per i processi a Salvini e ignora i migranti: 500 morti in 4 mesi (+200%)

Il Mediterraneo continua ad essere un cimitero liquido e il campo di battaglia di emergenze che spuntano solo quando tornano comode alla sfida politica. L’ipocrisia dei partiti sta tutta in quei numeri che diventano roncole quando servono per attaccare l’avversario e poi scompaiono se richiedono senso di responsabilità. Fra qualche mese, sicuro, comincerà di nuovo la fanfara degli sbarchi incontrollati come accade ciclicamente tutte le estati (con il miglioramento delle condizioni atmosferiche e quest’anno anche con l’allentamento del virus) e intanto sembra impossibile riuscire a costruire una chiave di lettura collettiva su cui dibattere e da cui partire per proporre soluzioni.

Però nel Mediterraneo un’emergenza c’è già, innegabile, e sta tutta nello spaventoso numero di morti in questi primi mesi dell’anno: mentre nel 2020 furono 150 le vittime accertate nel Mediterraneo quest’anno ne contiamo già 500, con un aumento quasi del 200%. A lanciare l’allarme è stata Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, che ha partecipato al briefing con la stampa del Palais des Nations di Ginevra dal porto di Trapani in Sicilia, dove circa 450 persone stavano sbarcando in seguito al salvataggio da parte della nave della ONG Sea Watch: «Dalle prime ore di sabato 1 maggio – ha spiegato Sami – sono sbarcate in Italia circa 1.500 persone soccorse dalla Guardia Costiera italiana e dalla Guardia di Finanza o da Ong internazionali nel Mediterraneo centrale. La maggior parte delle persone arrivate è partita dalla Libia a bordo di imbarcazioni fragili e non sicure e ha lanciato ripetute richieste di soccorso».

Sami ha anche tracciato un primo quadro degli sbarchi nel 2021: «Mentre gli arrivi totali in Europa sono in calo dal 2015, – ha spiegato Sami – gli ultimi sbarchi portano il numero di arrivi via mare in Italia nel 2021 a oltre 10.400, un aumento di oltre il 170 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Ma siamo anche profondamente preoccupati per il bilancio delle vittime: finora nel 2021 almeno 500 persone hanno perso la vita cercando di compiere la pericolosa traversata in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale, rispetto alle 150 dello stesso periodo del 2020, un aumento di oltre il 200 per cento. Questa tragica perdita di vite umane sottolinea ancora una volta la necessità di ristabilire un sistema di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale coordinato dagli Stati».

L’agenzia Onu «sta lavorando con i suoi partner e con il governo italiano nei porti di sbarco per aiutare ad identificare le vulnerabilità tra coloro che sono arrivati e per sostenere il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo» ma Sami sottolinea come continuino a mancare «percorsi legali come i corridoi umanitari, le evacuazioni, il reinsediamento e il ricongiungimento familiare devono essere ampliati» mentre «per le persone che non hanno bisogno di protezione internazionale, devono essere trovate soluzioni nel rispetto della loro dignità e dei diritti umani». L’incidente più grave finora è quello del 22 aprile, quando un naufragio ha causato la morte di 130 persone sollevando i prevedibili lamenti che ogni volta vengono spolverati per l’occasione. Solo una questione di qualche ora, come sempre, poi niente. La zona continua a essere completamente delegata alla cosiddetta Guardia costiera libica: «Nell’ultimo naufragio si parla di almeno 50 morti, noi abbiamo la certezza solo di 11 persone.  Quello che sappiamo è che erano in zona una nave mercantile e un’altra barca e che non sono intervenute, nonostante sia stato lanciato l’sos. E questo è molto grave: se c’è un natante in distress si deve intervenire, perché l’imbarcazione può affondare in qualsiasi momento. Ma ormai questa sembra essere una prassi consolidata: nessuno interviene in attesa che arrivi la Guardia costiera libica e riporti le persone indietro. Questo ci preoccupa molto», ha spiegato Carlotta Sami.

Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) siamo al 60% di persone che tentano la traversata in mare e che vengono sistematicamente riportate indietro: «Almeno una su due è matematicamente riportata in Libia – spiega Flavio Di Giacomo, portavoce Oim, a Redattore Sociale -. Dopo l’ultimo naufragio abbiamo lanciato un appello all’Ue perché si rafforzi il sistema di pattugliamento in mare e si evitino altre tragedie, ma è caduto nel vuoto. C’è un silenzio politico assordante su questo tema. Si parla solo genericamente di un aumento degli arrivi: ma attenzione a evitare narrazioni propagandistiche perché nonostante la crescita i numeri restano bassi. Non esiste un’emergenza in termini numerici ma solo un’emergenza umanitaria, di morti e dispersi in mare».

Sempre a proposito di proporzioni poi ci sarebbe da capire perché le eventuali (gravi) responsabilità penali di Salvini quando fu ministro e lasciò alla deriva le navi delle Ong debbano infiammare più di questo spaventoso numero di morti che sembra non avere responsabili. Forse anche il centrosinistra, se vuole davvero occuparsi di diritti umani e non solo di dialettica politica, dovrebbe avere il coraggio di ripartire da qui.

L’articolo La sinistra si scalda per i processi a Salvini e ignora i migranti: 500 morti in 4 mesi (+200%) proviene da Il Riformista.

Fonte

Caro Conte, anche tu hai tenuto i porti chiusi

La Mezzaluna Rossa libica (l’equivalente più o meno della nostra Croce Rossa) ieri ha annunciato altri 50 morti in un naufragio al largo della Libia. Poco prima l’Oim, l’agenzia dell’Onu per le migrazioni, aveva riferito della morte di almeno 11 persone dopo che il gommone su cui viaggiavano era affondato. La Guardia Costiera libica come al solito dice di non esserne informata. Una cosa è certa: nel Mediterraneo si continua a morire ma la vicenda non sfiora la politica nazionale, merita qualche contrita pietà passeggera e poi scivola via.

L’importante, in fondo, è solo mantenere ognuno la propria narrazione: ci sono i “porti chiusi” di Salvini che rivendica di averlo fatto ma poi in tribunale frigna chiamando in causa anche i suoi ex compagni di governo, c’è il “blocco navale” evocato da Giorgia Meloni, c’è il PD che finge di avere dimenticato di essere il partito che con Minniti ha innescato l’onda narrativa e giuridica che ci ha portati fin qui e c’è il Movimento 5 Stelle che si barcamena tra una posizione e l’altra.

A proposito di M5S: il (prossimo) leader Conte è riuscito a dire in scioltezza “con me porti mai chiusi” provando a cancellare con un colpo di spugna quel suo sorriso tronfio mentre si faceva fotografare al fianco di Salvini con tanto di foglietto in mano per celebrare l’hashtag #decretosalvini e la dicitura “sicurezza e immigrazione”.

Conte che sembra avere improvvisamente dimenticato le sue stesse parole su Sea Watch e sulla comandante Carola Rackete: “è stato – disse Conte – un ricatto politico sulla pelle di 40 persone”. Insomma, non proprio le parole di chi vuole prendere le distanze dalla politica di Salvini.

Oltre le parole ci sono i fatti: l’ultimo atto del Parlamento prima della caduta del primo governo Conte nell’agosto 2019 è stato il “decreto sicurezza bis” che stringeva ancora più i lacci dell’immigrazione. Sempre ad agosto 2019, 159 migranti sulla nave Open Arms sono stati 19 giorni in mare senza la possibilità di attraccare nei porti italiani.

Insomma: partendo dal presupposto che i porti non si possano “chiudere” per il diritto internazionale è vero che Conte a braccetto con Salvini ha sposato l’idea dei “porti chiusi” nel senso più largo e più politico. Ed è pur vero che nessun governo, compreso questo, sembra avere nessun’altra idea politica che non sia quella di galleggiare tra dittature usate come rubinetto per frenare le migrazioni in un’Europa che galleggia appaltando i propri confini. Gli unici che non galleggiano sono i morti nel Mediterraneo.

Leggi anche: I poveri sono falliti e i ricchi sono radical chic: così Salvini non risponde mai nel merito a chi lo critica

L’articolo proviene da TPI.it qui

Draghi, Lega, ddl Zan: il male non è fare politica al Primo Maggio ma i partiti che controllano la Rai

Le domande giuste e le domande sbagliate, a prima vista, sembrano sempre più o meno la stessa cosa. La differenza è che le domande sbagliate di solito vengono poste per non ottenere risposte, ma per aumentare la polvere e la schiuma e inevitabilmente per ottenere più coinvolgimento. Più dibattito confuso, più viralità, più clic, più introiti pubblicitari e più popolarità.

Le domande sbagliate sono quelle che oggi si attorciglieranno su Fedez, come in una guerra tra galli in cui si chiede di parteggiare per il cantante o per Salvini, con Fedez o con la Rai, e infatti già scivolano le battute sulla Lamborghini, sui soldi, perfino sulla pubblicità visibile del marchio del suo cappellino.


Le domande giuste, invece, sarebbero da porre alla politica tutta, a destra e a sinistra, su un sistema che ottunde, ammortizza, diluisce tutto quello che deve passare in televisione, sulla televisione pubblica italiana, non tanto per censura ma più per una sorta di autocensura che tiene in piedi il carrozzone dell’informazione italiana in cui il primo obiettivo è quello di non incrinare relazioni che valgono molto più delle competenze per la propria carriera in Rai.

Qualcuno fa notare che non c’è stata censura poiché Fedez ha potuto comunque parlare [qui il testo integrale del suo discorso] ma si dimentica di osservare la cappa che sta sulla testa di quelli che, senza i mezzi e senza la potenza di fuoco, invece, non arrivano nemmeno allo scontro e si allineano.

Uscendo dalla diatriba tra Fedez e gli altri, allora, rimangono due punti fondamentali. Primo: che la televisione pubblica e la politica si siano adagiati su questa abitudine vigliacca di credere che i diritti vadano celebrati senza essere esercitati è la fotografia perfetta di un Paese senza coraggio.


Il Primo Maggio è la festa dei diritti ed è doveroso, ognuno secondo le proprie idee, esercitare e reclamare diritti. Altrimenti chiamatelo concerto e non ammantatelo di altri significati.

Secondo: che la politica ogni volta, ciclicamente, faccia finti di stupirsi di quel mostro che è la Rai, che la politica stessa ha creato, è un’ipocrisia intollerabile. Quello che accade a Fedez accade ai conduttori, ai giornalisti, ai collaboratori (ancora di più).

Un’azienda che ha dirigenti il cui merito è sempre quello di essere “diligenti” più che capaci è ovvio che vada a finire così e la responsabilità è tutta politica, è tutta della politica. Questa scena dei piromani che si disperano per l’incendio ce la potreste anche risparmiare, almeno per il gusto della verità e della dignità.

L’articolo proviene da TPI.it qui