Cascina Caccia: scippiamogli l’onore
Ciondolando in tourné ogni tanto si rimbalza non solo in qualche via del centro in contromano. Ciondolando in tourné si cade dentro un tombino che è una meraviglia. Sono passati due giorni dall’aria che sapeva di ferro di Torino e Chivasso ma ancora mi tengo forte la carezza al miele della “Cascina Carla e Bruno Caccia” intitolata alla memoria del lavoro di Bruno Caccia: magistrato a Torino ucciso sparato dalla ‘Ndrangheta. Uno di quei nei che il Nord riesce (bene) a dimenticare in fretta come per le antiestetiche macchie di caffè sulla camicetta. Alla ‘ndrina dei Belfiore (mandanti dell’omicidio) hanno strappato un casolare giallo che sorride di malinconia mentre sta arrampicata a San Sebastiano Po (TO). Scippare i luoghi e la memoria alle mafie dovrebbe essere un reato insegnato nelle scuole: è una resurrezione civile. Adesso Cascina Caccia sorride con la solita gialla malinconia ma in buona compagnia. Davide Pecorelli, Anastasia, Sara e Roberto la presidiano con la cura e la manìa dei guardiani del faro mentre strofinano per togliere l’odore della vergogna. “Sarà una nova Barbiana” si è augurato Don Ciotti durante l’inaugurazione del bene confiscato e riassegnato al Gruppo Abele. E’ un abbraccio forte da portarsi a casa mentre alla cascina Caccia evapora la malinconia.