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SCIENZA

Aborto, in Piemonte Fratelli d’Italia usa il corpo delle donne per una becera propaganda politica

Il trucco è sempre lo stesso e forse sarebbe il caso di smontarlo una volta per tutte: prendi un argomento che faccia presa sulla pancia dei tuoi elettori, lancia una proposta che non è nemmeno una proposta ma è una sterile provocazione, decidi di prenderla con una di quelle categorie che funzionano sempre nella guerra ideologica e poi mischi tutto per farne un bel pastone e riuscire a meritarti qualche spazio sui giornali. Questa volta tocca alla Regione Piemonte che per mano del suo assessore regionale alla semplificazione Maurizio Marrone (di Fratelli d’Italia) che decide di scagliarsi contro la decisione del governo dei primi d’agosto con cui il ministro Speranza aveva abolito l’obbligo di ricovero per le donne che scelgono l’aborto farmacologico.

Ai tempi la decisione venne presa per contrastare un altro blitz della destra che aveva deciso di obbligare le donne che volevano ricorrere all’aborto farmacologico a un ricovero ospedaliero che ovviamente (non ci vuole un genio per capirlo) avrebbe aumentato lo stress psicologico e fisico, l’esposizione e le difficoltà delle donne. Non avendo la possibilità di combattere con lealtà le proprie idee, del resto, questi sono abituati a disincentivare scientemente le idee degli altri, come se fosse normale, come se la sottrazione dei diritti fosse l’unico modo per immaginare un modo di governo e una propria identità politica.

E la scienza? No, no, a loro la scienza non interessa per niente e il fatto che il Consiglio di Sanità e le società di ginecologia e ostreticia abbiano espresso sulla questione un parere univoco (e favorevole alla decisione del ministero) non intacca minimamente l’assessore Marrone, che ovviamente si sente sicuro delle proprie idee con la stessa sicumera che hanno sempre quelli che giocano a fare politica sulla pelle della libertà di scelta (preferibilmente le donne) e che sanno solo attaccare il corpo per fingere di avere delle idee.

Non è un caso, no, è una lucida strategia che si inventa qualsiasi passaggio punitivo pur di scoraggiare un atto che non hanno il coraggio di discutere deliberatamente faccia a faccia con le donne. E infatti appena si alza il polverone si tirano indietro e dicono che era solo una proposta, solo un’idea che al momento non c’è nessuna ipotesi di calendarizzazione ma intanto sono già riusciti a frugare gli intestini dei loro elettori e a meritarsi un po’ di spazio sui giornali. Fino al prossimo giro, fino al prossimo timido tentativo. Sempre avanti così.

Leggi anche: 1. Salvini, usa me se vuoi fare propaganda sull’aborto (di Selvaggia Lucarelli)

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Castra la Casta

Il governo del fare ha risolto tutti i nostri problemi. Finalmente. C’è voluto tempo ma hanno trovato finalmente la soluzione a tutti i nostri mali. Per risollevare il Paese bastava tagliare i parlamentari. E in effetti il risparmio è notevole e ora davvero le casse dello Stato possono stare tranquille: parliamo dello 0,0000258% del Pil nazionale. Su uno stipendio di mille euro da domani tutti avranno in tasca 2 euro e 58 centesimi in più. Si prevedono ingenti investimenti e un appuntito rilancio dei consumi e delle assunzioni. Era ora.

Certo ora rimane semplicemente da studiare una riforma elettorale che garantisca la rappresentatività di tutti i cittadini, di tutte le zone d’Italia. Bisogna semplicemente ridisegnare l’architettura parlamentare perché tutte le opinioni possano avere la possibilità di avere voce. Ma è una cosa da poco: questi hanno dimostrato di essere dei geni di leggi elettorali e di contrappesi democratici. Niente di cui preoccuparsi, quindi.

Poi ci sarebbe da capire come assicurare le pensioni a una generazione che le vede come una chimera, senza mandare in fallimento lo Stato. Ma ci penseremo con calma.

C’è da ristrutturare il mondo della scuola che chiede la carta igienica da casa. Ma con due euro in tasca in più per ognuno di noi vedrete che in giro si troverà qualche buona offerta.

Ci sarebbe da rimpinguare una sanità pubblica ormai allo sbando e senza abbastanza medici per coprire il fabbisogno futuro. Ma vuoi mettere la soddisfazione di ammalarti con il Parlamento dimezzato?

Ci sarebbe anche da discutere del fatto che di questo passo nel pianeta Terra non ci sarà più il clima per avere un Parlamento. Ma non ha senso inseguire gli allarmi della scienza. Dai, su.

Ci sarebbe anche un mondo del lavoro che diventa sempre più stretto, sempre più povero e sempre assassino. Ma non è elegante parlare di soldi, no.

Comunque abbiamo risparmiato 2 euro a testa. Per chi dice che l’importante è iniziare da qualche parte: vero, tipo dimezzare gli stipendi dei parlamentari, ad esempio solo per non citare corruzione, mafie, malaffare e evasione fiscale delle multinazionali, che diventa troppo complicato.

Solo che di questi argomenti non è il caso di parlarne ora che c’è in ballo il referendum. La soddisfazione di colpire la casta è un’occasione imperdibile, e chi ce lo dice? Loro, loro stessi. Come se ammettessero di essere in troppi troppo incapaci e chiedessero a noi di intervenire riducendo il coefficiente di probabilità che vengano eletti degli idioti. Qualcuno potrebbe sommessamente fare notare che dovrebbero essere loro, quelli che ci dicono sì, a occuparsi di selezione della classe dirigente. Ma è un discorso troppo lungo, troppo difficile, troppo da professoroni.

E allora via: un bel referendum per tagliare il Parlamento e al resto ci penseremo dopo. Un po’ come quelli che tolgono l’ascensore prima di avere pensato di costruire le scale. Ma vuoi mettere che risparmio, non avere l’ascensore.

Noi qui a Left abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza con un ebook che trovate qui.

Buon mercoledì.

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Tutti a litigare su Virginia Raggi, ma nessun partito ha delle proposte serie per risollevare Roma

Mi piacerebbe avere la metà dell’autostima di Virginia Raggi e anche solo uno spicchio di incoscienza del Movimento 5 Stelle. La prima decide di ricandidarsi a sindaco (legittimamente, sia chiaro) fingendo di non sapere l’aria che tira sulla capitale (e quello che dicono i sondaggi, praticamente tutti) e si prepara a una campagna elettorale che sarà “merda e sangue” come nella peggiore tradizione politica italiana.

Devo ammettere che ne ammiro il coraggio: o Virginia Raggi sa qualcosa dei suoi anni di amministrazione che noi ancora non sappiamo, per evidenti problemi di distrazione e di comunicazione, e quindi ha intenzione di ribaltare tutto durante la campagna elettorale oppure (e potrebbe essere) anche la Raggi, come molti di noi, sta notando compiaciuta l’inerzia con cui tutti i suoi avversari politici (non) stanno affrontando la questione romana, tutti concentrati a prendersi gioco della Raggi piuttosto che raccontarci come hanno intenzione di risolvere i problemi della città.

Poi c’è il Movimento 5 Stelle che con molta fluidità decide di soprassedere alla regola del doppio mandato (quella stessa regola per cui la Raggi non potrebbe nemmeno candidarsi) aprendo così le porte a tutti i parlamentari terrorizzati dal non potersi ricandidare alle prossime elezioni. Perché in fondo la candidatura della Raggi è il sintomo di una battaglia interna nel Movimento che si gioca con chi da una parte confida nell’allargamento delle regole (detta semplice semplice: tutti quelli che si ritrovano al secondo mandato in Parlamento) e quelli invece che si ritrovano al loro primo mandato e sperano, proprio in base alle regole interne del Movimento, di trovarsi la strada libera per le prossime elezioni.

Poi ci sono gli altri, tutti gli altri. E anche qui il quadro è confuso. Il Partito Democratico (o meglio, quella parte del Partito Democratico che confida in un accordo nazionale con il Movimento 5 Stelle che sopravviva a questa esperienza di governo) si ritrova spiazziato. Qualcuno bisbiglia che potrebbe candidare un candidato debole (sai che novità) e sarebbe il suicidio perfetto. Dalle parti del centrodestra qualcuno (soprattutto i leghisti) confida ancora di potersi liberare della Meloni con le elezioni cittadine (non accadrà) mentre Fratelli d’Italia ha intenzione di imporre la propria guida, che vorrebbe proporre anche a livello nazionale, partendo dalla capitale.

Insomma, tutti a parlare di Virginia Raggi ma intorno non sembra che i suoi avversari siano così pronti. E in tutto questo spariscono le esigenze di una città che fatica a rialzarsi e ancora una volta si perde l’occasione di sapere come la vedrebbero quegli altri, Roma, cosa vorrebbero farne, quali sono le soluzione che hanno intenzione di proporre.

Leggi anche: Il problema non sono i furbetti dei 600 euro, ma i leader che li hanno portati in Parlamento 

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La lezione di Antonella

Come si sente una giovane ricercatrice che riceve sgradite attenzioni sessuali dal suo capo: lo racconta con coraggio l’immunologa Antonella Viola

Uno dei più famosi genetisti del mondo, Pier Paolo Pandolfi, è stato cacciato da Harvard («sono io che me ne sono andato», dice lui) perché accusato di molestie da una giovane ricercatrice. Badate bene: Pandolfi non ha negato le attenzioni ma ha parlato di «uno scambio romantico che si è protratto per due, tre mesi». Che sia stato romantico ovviamente l’ha deciso, unilateralmente, lui. Chiaro.

Il Vimm di Padova (l’istituto veneto di medicina molecolare) decide di assumere Pandolfi ma il comitato scientifico dell’istituto decide di dimettersi in massa. Nessun riferimento alle molestie, ma chiedono di annullare la nomina per “evitare un grande scandalo” che potrebbe causare “un grave danno alla reputazione del Vimm ma anche dell’Università di Padova”.

Intanto Pandolfi parla di “sbandata romantica”, dice di essersi sbagliato e si scusa. L’immunologa Antonella Viola decide di prendere carta e penna e di scrivere al Corriere della Sera una lettera di grande coraggio perché c’è dentro un pezzo di vita, forte come sono forti tutte le esperienze autentiche. Scrive Antonella Viola:

«In una società civile un datore di lavoro non può concedersi una ‘sbandata’ per una dipendente e tempestarla di messaggi, seppur di natura romantica. Sembra incredibile doverlo spiegare, ma a quanto pare c’è chi è interessato a derubricare le molestie sessuali in sogno romantico non corrisposto. Proviamo quindi a immaginare come si possa sentire una giovane donna, fresca di studi, piena di entusiasmo per la ricerca, disposta a lasciare il suo Paese e i suoi affetti per inseguire il sogno della scienza in uno dei migliori laboratori al mondo, che comincia a ricevere le sgradite attenzioni sessuali da parte del suo capo. Non riuscite a immedesimarvi? Ve lo racconto io.
Prima di tutto parte un profondo senso di umiliazione per essere ridotta a uno stereotipo sessuale dalla persona a cui avevi affidato la tua crescita professionale. Il tuo mentore è colui al quale ti affidi completamente e il suo giudizio è la cosa più importante al mondo: lui ti sta dicendo che ti vede come una preda, non vede altro. Immediatamente dopo scatta la paura: tranne pochi casi di uomini davvero fisicamente molesti o pericolosi, la paura che ti assale non riguarda il tuo corpo ma il tuo futuro. Il pensiero ovvio in questi casi è: cosa sarà di me se dico di no? Sono libera di rifiutare le sue attenzioni? Come cambieranno da questo momento i nostri rapporti? Mi manderà via dal laboratorio? Mi affiderà un progetto scadente? Finisce qui la mia carriera? E sì, molte carriere finiscono proprio lì…
A volte perché il molestatore inizia a ricattare la vittima, altre perché davvero da quel momento la estromette dall’attività del laboratorio, o a volte perché il trauma subito è troppo forte per riprendersi e ritrovare l’entusiasmo necessario per fare il nostro lavoro. È un altro dei grandi problemi che noi donne affrontiamo e che minano regolarmente la nostra produttività e carriera.
Chi non l’ha vissuto non può immaginare il dolore, la vergogna, la paura, le notti insonni e le lacrime versate mentre ci si sente paralizzate e incapaci di trovare una via d’uscita. Non lo auguro a nessuno e, nel ruolo che adesso ho nella ricerca italiana, farò sempre di tutto per evitare che altre donne possano vivere una situazione così dolorosa. Non so come la ricercatrice in questione ne verrà fuori. Io ne sono uscita andando via, lasciando il laboratorio per ricominciare altrove, aggrappandomi a quella che per me non è mai stata una sbandata ma un vero amore: la scienza fatta di passione, integrità e rispetto delle regole».

Ed è una lezione limpida, cristallina di cui essere grati.

Buon martedì.

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Covid, per due mesi conferenze stampa quotidiane sulle regole da seguire. Ora che il distanziamento sociale è scomparso va tutto bene?

La scienza, si sa, è piena di dubbi per sua natura. Un governo, si sa, deve affidarsi alla scienza per prendere decisioni e per imporre regole chiare che siano rispettate da tutti. Insieme alle regole è nei doveri del potere anche il controllo e l’eventuale notifica della trasgressione. Su questo, almeno su questo, dovremmo essere tutti d’accordo.

Abbiamo passato gli ultimi mesi a essere bombardati di regole, regole nuove che hanno modificato profondamente i nostri comportamenti e soprattutto che hanno avuto un enorme impatto economico e sociale per molte famiglie, per molte attività e per molte imprese. Le conferenze stampa della Protezione Civile e del Presidente del Consiglio Conte per molti hanno significato una diversa quotidianità (anche lavorativa) a partire dal minuto dopo, allineandosi alle decisione con ingenti costi economici, sociali e perfino di programmazione del futuro. Ci si è messi tutti in fila, gran parte degli italiani hanno diligentemente cambiato i propri comportamenti e hanno ascoltato con fiducia le parole degli scienziati e delle organizzazioni sanitarie. Anche le statistiche dicono che nel periodo del lockdown e nella prima fase successiva sono stati pochissimi i multati, una percentuale minima di un Paese che si è messo in riga.

Perfetto, arriviamo a noi. Ci dicono che la mascherina è obbligatoria negli ambienti chiusi e che il distanziamento sociale (che poi è un distanziamento fisico pronunciato con le parole sbagliate) sia fondamentale per la salute pubblica. Non ci vuole molto per accorgersi che le regole con il tempo si sono sfilacciate, deteriorate e che vengono contravvenute praticamente in ogni occasione: su molte spiagge sembra l’estate del 2019, l’aperitivo è identico per modi e distanze a quello pre-pandemia, i treni dei pendolari sono affollati e costretti. Niente di male, per carità, se qualcuno avesse fatto una bella conferenza stampa per dirci che va bene così, se qualcuno ci spiegasse perché l’esercito che inseguiva i runner ora si è volatilizzato. E invece niente. Sembra, da fuori, l’atteggiamento di chi ha voluto che il Covid venisse sistematicamente dimenticato, come se il rilassamento generale fosse quasi stato programmato. Io non sono uno scienziato ma mi chiedo: non sarebbe il caso ora di fare una bella conferenza stampa per chiarirci il punto? Per dirci: liberi tutti oppure no, non va bene? Davvero è tutto a posto così?

Leggi anche: 1. Quella ridicola passerella di Bergamo e lo Stato incapace di chiedere scusa (di G. Gambino) /2. Negazionisti contro empiristi: la guerra tra i virologi che decide se siamo liberi o no (di L. Telese)

3. L’autista NCC: “Molti bergamaschi tornavano da Wuhan e non facevano quarantena” /4. Un cittadino di Bergamo attacca Gori, la durissima risposta di Cristina Parodi

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«Non si parla più della malattia di mia madre, perché la malattia sono io»

(Se volete leggervi uno dei migliori pezzi scritti di questi tempi ecco Paul B. Preciado)

Torno nella città dove sono nato per fare compagnia a mia madre, costretta a restare qualche giorno in ospedale dopo un’operazione. Questa città della Castiglia, dove corpi umani vagano avvolti da pellicce di animali che non hanno mai vissuto in questa regione e in cui le finestre delle case sono decorate con bandiere spagnole, mi spaventa.

Mi dico che la pelle degli stranieri finisce con l’essere trasformata in cappotti, e che la pelle di quelli che sono nati qui si trasforma da un giorno all’altro in una bandiera. Passiamo i giorni e le notti nella camera 314. L’ospedale è stato ristrutturato di recente, ma mia madre ripete che questa stanza le ricorda quella in cui mi ha partorito. A me, proprio perché non mi ricorda niente, questa stanza di ospedale sembra più accogliente della mia casa natale, più sicura delle strade dello shopping, più festiva delle piazze con le chiese.

La mattina, dopo la visita di routine del dottore, esco a prendere un caffè. In questo ospedale, situato in una zona deserta, non c’è una caffetteria. Cammino lungo il fiume Arlanzón fino al bar più vicino, in un freddo luminoso che i castigliani chiamano “sole con le unghie”. Respiro un’aria gelida, pulita, come un getto di vapore compresso che punta l’angoscia che nascondo nel petto.

La sedia assegnata
Essere il figlio trans di una famiglia cattolica spagnola di destra non è facile. Il cielo castigliano è chiaro come quello di Atene, ma in Grecia è di un blu cobalto. Qui è d’acciaio. Ogni mattina esco fuori e desidero non tornare più. Disertare la famiglia come si diserta la guerra. Ma non lo faccio. Torno in ospedale a occupare la sedia da parente stretto che mi è stata assegnata. A cosa serve che la ragione avanzi se il cuore resta indietro, diceva Baltasar Gracián.

In ospedale, da mezzogiorno alle otto di sera, si alternano le visite. Questa camera si trasforma in una scena di teatro pubblico in cui io e mia madre lottiamo, non sempre con successo, per ristabilire i ruoli. Quando deve presentarmi, mia madre dice: “Lui è Paul, mio figlio”. La risposta è sempre la stessa: “Pensavo che avessi solo una figlia”. A quel punto mia madre dice, alzando gli occhi al cielo e cercando di immaginare una scappatoia a questa impasse retorica: “Sì, avevo solo una figlia e ora ho un figlio”. Uno dei visitatori deduce: “Ah, è il marito di tua figlia? Non sapevo che fosse sposata, congratulazioni…”.

Mia madre capisce di aver commesso un errore strategico e si affanna come chi cerca di riavvolgere freneticamente il filo di un aquilone volato già troppo in alto: “No, no, non è sposata, è mia figlia…”. Poi tace per un istante, durante il quale smetto di guardarla. “Mia figlia ora è mio figlio”. La sua voce disegna una cupola di Brunelleschi che si innalza per dire “figlia” e precipita per dire “figlio”.

Non è facile essere la madre di un trans in una città dove avere un figlio queer è peggio che avere un figlio morto. Allora, gli occhi del visitatore schizzano in tutte le direzioni, prima di rispondere con un piccolo sospiro.

Non è facile essere la madre di un trans vivendo in una comunità di sostenitori dell’Opus Dei

A volte sorrido: mi sento come un Louis de Funès in un film di fantascienza. Altre volte sono sopraffatto dallo stupore. Non si parla più della malattia di mia madre, perché la malattia sono io. Non è facile essere il figlio di una famiglia cattolica convinta che Dio non sbaglia mai.

Azioni e pensieri rasserenanti
Decidere di cambiare qualcosa significa contraddire Dio. Mia madre ha rinnegato la dottrina della chiesa. Dice che una madre è più importante di Dio. Continua ad andare a messa la domenica, ma ci va per fare i conti con l’aldilà, e la chiesa non deve immischiarsi. Lo dice a bassa voce, sa di essere blasfema. Non è facile essere la madre di un trans vivendo in una comunità di sostenitori dell’Opus Dei. Mi sento in debito verso mia madre perché non sono e non posso essere un buon figlio per lei.

Quando le sollevo le gambe per favorire la circolazione del sangue mi dico che sono più bravo come badante che come figlio. Quando aggiorno le app del suo telefono, riorganizzo lo schermo e installo nuove suonerie mi dico che sono meglio come tecnico informatico che come figlio. Mentre le acconcio in capelli in uno chignon e aumento il volume della pettinatura sopra la fronte mi dico che sono meglio come parrucchiere che come figlio. Quando scatto qualche foto per inviarla ai suoi amici che hanno superato gli ottant’anni e non possono venire a farle visita mi dico che sono meglio come fotografo che come figlio.

Sono meglio come garzone che come figlio. Sono meglio come compilatore dei suoi video preferiti di Rocío Jurado su YouTube che come figlio. Sono meglio come lettore del giornale locale che come figlio. Sono meglio come piegatore di vestiti che come figlio. Sono meglio come pulitore del bagno che come figlio. Sono meglio come infermiere notturno che come figlio. Sono meglio come aeratore della stanza che come figlio. Sono meglio come cercatore di chiavi perse in fondo alla borsa che come figlio. Sono meglio come distributore di pillole che come figlio. Sono meglio come fotocopiatore di documenti per la previdenza sociale che come figlio.

E tutte queste cose – curare, acconciare i capelli, riparare computer e telefoni, scaricare video, trovare chiavi, fare fotocopie – mi calmano i pensieri e mi rasserenano.

(Traduzione di Andrea Sparacino, fonte Internazionale)

Hanno scelto l’ignoranza

Scienziati di diversi paesi europei descrivono in questa lettera che, nonostante una marcata eterogeneità nella situazione della ricerca scientifica nei rispettivi paesi, ci sono forti somiglianze nelle politiche distruttive che vengono seguite. Quest’analisi critica, pubblicata contemporaneamente in diversi quotidiani in Europa, vuole suonare un campanello d’allarme per i responsabili politici perché correggano la rotta, e per i ricercatori e i cittadini perché si attivino per difendere il ruolo essenziale della scienza nella società.

I responsabili delle politiche nazionali di un numero crescente di Stati membri dell’UE hanno completamente perso contatto con la reale situazione della ricerca scientifica in Europa.

Hanno scelto di ignorare il contributo decisivo che un forte settore della ricerca può dare all’economia, contributo particolarmente necessario nei paesi più duramente colpiti dalla crisi economica. Al contrario, essi hanno imposto rilevanti tagli di bilancio alla spesa per Ricerca e Sviluppo (R&S), rendendo questi paesi più vulnerabili nel medio e lungo termine a future crisi economiche. Tutto ciò è accaduto sotto lo sguardo compiacente delle istituzioni europee, più preoccupate del rispetto delle misure di austerità da parte degli Stati membri che del mantenimento e del miglioramento di un’infrastruttura di R&S, che possa servire a trasformare il modello produttivo esistente in uno, più robusto, basato sulla produzione di conoscenza.

Hanno scelto di ignorare che la ricerca non segue cicli politici; che a lungo termine, l’investimento sostenibile in R&S è fondamentale perché la scienza è una gara sulla lunga distanza; che alcuni dei suoi frutti potrebbero essere raccolti ora, ma altri possono richiedere generazioni per maturare; che, se non seminiamo oggi, i nostri figli non potranno avere gli strumenti per affrontare le sfide di domani. Invece, hanno seguito politiche cicliche d’investimento in R&S con un unico obiettivo in mente: abbassare il deficit annuo a un valore artificiosamente imposto dalle istituzioni europee e finanziarie, ignorando completamente i devastanti effetti che queste politiche stanno avendo sulla scienza e sul potenziale d’innovazione dei singoli Stati membri e di tutta l’Europa.

Hanno scelto di ignorare che l’investimento pubblico in R&S è un attrattore d’investimenti privati; che in uno “Stato innovatore” come gli Stati Uniti più della metà della crescita economica è avvenuta grazie all’innovazione, che ha radici nella ricerca di base finanziata dal governo federale. Invece, essi mantengono l’irrealistica aspettativa che l’aumento della spesa in R&S necessaria per raggiungere l’obiettivo della Strategia di Lisbona del 3% del PIL sarà raggiunto grazie al solo settore privato, mentre l’investimento pubblico in R&S viene ridotto. Una scelta in netto contrasto con il significativo calo del numero di aziende innovative in alcuni di questi paesi e con la prevalenza di aziende a dimensione familiare, tra le piccole e medie imprese, con senza alcuna capacità d’innovazione.

Hanno scelto di ignorare il tempo e le risorse necessarie per formare ricercatori. Al contrario, facendosi schermo della direttiva europea mirante la riduzione del personale nel settore pubblico, hanno imposto agli istituti di ricerca e alle università pubbliche drastici tagli nel reclutamento che, insieme alla mancanza di opportunità nel settore privato, stanno innescando una “fuga di cervelli” dal Sud al Nord dell’Europa e al di fuori del continente stesso. Questo si traduce in un’irreversibile perdita d’investimenti e aggrava il divario in R&S tra gli Stati membri. Scoraggiati dalla mancanza di opportunità e dall’incertezza derivante dalla concatenazione di contratti a breve termine, molti scienziati stanno pensando di abbandonare la ricerca, incamminandosi lungo quella che, per sua natura, è una via senza ritorno. Invece di diminuire il deficit, questo esodo contribuisce a crearne uno nuovo: un deficit nella tecnologia, nell’innovazione e nella scoperta scientifica a livello europeo.

Hanno scelto di ignorare che la ricerca applicata non è altro che l’applicazione della ricerca di base e non è limitata a quelle ricerche con un impatto di mercato a breve termine, come alcuni politici sembrano credere. Invece, a livello nazionale ed europeo c’è una forte pressione per concentrarsi sui prodotti commercializzabili che non sono altro che i frutti che pendono dai rami più bassi dell’ intricato albero della ricerca: anche se alcuni dei suoi semi possono germinare in nuove scoperte fondamentali, affossando la ricerca di base si stanno lentamente uccidendone le radici.

Hanno scelto di ignorare come funziona il processo scientifico; che la ricerca richiede sperimentazione e che non tutti gli esperimenti avranno successo; che l’eccellenza è la punta di un iceberg che galleggia solo grazie alla gran massa di ghiaccio sommerso. Invece, la politica scientifica a livello nazionale ed europeo si è spostata verso il finanziamento di un numero sempre più limitato di gruppi di ricerca ben affermati, rendendo impossibile la diversificazione di cui avremmo bisogno per affrontare le sfide della società di domani. Inoltre, questo approccio basato sull’eccellenza sta aumentando il divario nella R&S tra gli Stati membri, poiché un piccolo numero di istituti di ricerca ben finanziati sta sistematicamente reclutando questo piccolo e selezionato gruppo di vincitori di finanziamenti.

Hanno scelto di ignorare la sinergia critica tra ricerca e istruzione. Anzi, hanno reciso il finanziamento della ricerca per le università pubbliche, abbassandone la qualità complessiva e minacciandone il ruolo di soggetti atti a favorire lo sviluppo di pari opportunità. E soprattutto, hanno scelto di ignorare il fatto che la ricerca non ha solo il compito di essere funzionale all’economia, ma anche di incrementare la conoscenza e il benessere sociale, anche per coloro che non hanno le risorse per pagarlo.

Hanno scelto di ignorare tutto questo, ma noi siamo determinati a ricordarglielo perché la loro ignoranza può costare il nostro futuro. Come ricercatori e come cittadini, formiamo una rete internazionale per promuovere lo scambio d’informazioni e di proposte. Ci stiamo impegnando in una serie d’iniziative a livello nazionale ed europeo per opporci fermamente alla distruzione sistematica delle infrastrutture di R&S nazionali e per contribuire alla costruzione di un’Europa sociale costruita dal basso. Sollecitiamo gli scienziati e tutti i cittadini a difendere questa posizione con noi. Non c’è altra possibilità. Lo dobbiamo ai nostri figli, e ai figli dei nostri figli.

Amaya Moro-Martín, Astrophysicist; Space Telescope Science Institute, Baltimore (USA); EuroScience, Strasbourg; spokesperson of Investigación Digna (for Spain).
Gilles Mirambeau, HIV virologist; Sorbonne Universités, UPMC Univ. Paris VI (France); IDIBAPS, Barcelona (Spain); EuroScience Strasbourg.
Rosario Mauritti, Sociologist; ISCTE, CIES-IUL, Lisbon (Portugal).
Sebastian Raupach, Physicist; initiator of “Perspektive statt Befristung” (Germany).
Jennifer Rohn, Cell biologist; Division of Medicine, University College London, London (UK); Chair of Science is Vital.
Francesco Sylos Labini, Physicist; Enrico Fermi Center, Institute for Complex Systems (ISC-CNR), Rome (Italy); editor of Roars.it.
Varvara Trachana, Cell biologist; Faculty of Medicine, School of Health Sciences, University of Thessaly, Larissa (Greece).
Alain Trautmann, Cancer immunologist; CNRS, Institut Cochin, Paris (France); former spokesman of “Sauvons la Recherche”.
Patrick Lemaire, Embryologist; CNRS, Centre de Recherche de Biochimie Macromoléculaire, Universités of Montpellier; initiator and spokesman of “Sciences en Marche” (France).Disclaimer: The views expressed by the signatories are not necessarily those of their employers.

Potete firmare qui.

Un piano regionale per i diritti degli animali. #davvero

Sarebbe bello immaginare i diritti custoditi ed estesi anche a chi non vota. Sarebbe bello immaginare la Lombardia all’avanguardia con un Piano Regionale dei Diritti degli Animali. Partendo da questo (bello, intelligente e praticabile) proposto dalla LAV:


39747_header_logoPROGRAMMA LAV 

Elezioni regionali 2013

REGIONE LOMBARDIA

 

PIANO REGIONALE DIRITTI ANIMALI 2013 – 2018

I candidati alla Presidenza della Regione Lombardia e al Consiglio Regionale possono comunicare il proprio personale impegno nel sostegno al Programma LAV, inviando mail a:

lav.lombardia@lav.it (specificando Partito/Lista e la Circoscrizione Elettorale).
Per richieste di incontro o informazioni contattare:
Simone Pavesi, Coordinatore LAV Lombardia – lav.lombardia@lav.it – 320 4788075 

 

  • PREMESSA

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………  

 

  • PIANO REGIONALE DIRITTI ANIMALI 2010-2015

 

  1. ANIMALI D’AFFEZIONE E PREVENZIONE DEL RANDAGISMO 

………………………………………………………………………………………………………………………………………………. 

  • Contrastare le più frequenti violazioni alla Legge Regionale 33/2009 Titolo VIII Capo II, come: esposizioni animali in vetrina, presso esercizi commerciali; animali in premio/regalo per eventi pubblici; carenza di controlli post-affido da parte delle ASL;
  • incrementare con risorse regionali i fondi per implementazione della L.r. 33/09;
  • vietare vendita ambulante animali e le fiere espositive;
  • limitare l’acquisto di cani e gatti presso i soli allevamenti e regolamentare l’apertura di nuovi allevamenti;
  • riconoscere e promuovere la presenza di strutture di ricovero per gatti (gattili) e istituire l’anagrafe felina;
  • istituire il 118 veterinario;
  • regolamentare la gestione e le modalità di detenzione di tutti gli animali d’affezione presso gli esercizi commerciali, i mezzi di trasporto pubblici, gli uffici pubblici, le istituzioni di cura, custodia, educazione.

 

  1. CACCIA E FAUNA SELVATICA

………………………………………………………………………………………………………………………………………………. 

  • rispetto normativa comunitaria e nazionale (no deroghe);
  • restrizioni al calendario venatorio (no abilitazione per under 21 e over 65, annuale verifica sanitaria abilitativa);
  • no importazioni e immissioni fauna “pronta-caccia”;
  • bocconi avvelenati: immediato stop caccia o attività correlate in aree contaminate;
  • alloctoni: divieto commercio specie alloctone e piano regionale straordinario di contenimento delle specie alloctone (scoiattolo grigio, nutrie, minilepri, ecc…) tramite sterilizzazione e non abbattimento.

 

  1. CIRCHI E SPETTACOLI

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

  • no ai circhi con animali.

 

  1. VIVISEZIONE

………………………………………………………………………………………………………………………………………………. 

  • indirizzare fondi regionali verso l’incremento di metodi sostitutivi.

 

  1. GESTIONE DELLE POLITICHE REGIONALI PER GLI ANIMALI
  • Prdisposizione di una Area Tutela Animali regionale.

 

PREMESSA

In questi ultimi anni è sempre più radicata nella società una coscienza di rispetto degli animali, in quanto esseri senzienti.

La recente vicenda di Green Hill e degli oltre 2mila cani beagle destinati alla vivisezione e per i quali milioni di cittadini si sono diversamente mobilitati (tra richieste di affido, assistenza, supporto anche economico, manifestazioni nazionali), è l’emblema di come la maggioranza dell’opinione pubblica rivendichi una più forte attenzione da parte delle istituzioni alle politiche di protezione degli animali. 

In vista delle prossime elezioni regionali, la LAV ha elaborato un programma di impegni che sottopone ai candidati alla Presidenza della Regione Lombardia e anche ai candidati per il Consiglio Regionale.

Sulla base delle risposte e delle eventuali decisioni di ogni singolo esponente politico assunte nel corso della Legislatura uscente (modalità di voto, proposte di legge, emendamenti, mozioni, ecc…), l’associazione elaborerà una lista di preferenze positive e negative che pubblicizzerà ai propri soci e simpatizzanti ed all’opinione pubblica, in modo assolutamente trasversale.

La LAV infatti, oltre ad essere un’associazione animalista che collabora con le istituzioni  ad ogni livello (dal piccolo Comune alla Comunità Europea) al fine di promuovere nuovi provvedimenti a tutela dei diritti animali è anche associazione apartitica che sostiene singoli politici impegnati concretamente ad attuare le nostre istanze, a prescindere dal partito o coalizione di appartenenza.

PIANO REGIONALE DIRITTI ANIMALI 2013-2018

  1. ANIMALI D’AFFEZIONE E PREVENZIONE DEL RANDAGISMO 

Nonostante la legge regionale attuativa della legge quadro 281/1991 sia stata approvata nel 2006 (poi trasposta nel T.U. delle leggi regionali in materia di sanità l.r. 33/2009, Titolo VIII Capo II), resta ancora troppo disapplicata per via della scarsa conoscenza delle disposizioni ivi contenute (compreso il relativo Regolamento Regionale 2/2008) da parte in primis delle stesse istituzioni (Comuni, ASL, Polizie Locali), ma anche dei cittadini. 

Le richieste della LAV:

  • Contrastare le più frequenti violazioni alla Legge Regionale 33/2009 Titolo VIII Capo II, come: esposizioni animali in vetrina, presso esercizi commerciali; animali in premio/regalo per eventi pubblici; carenza di controlli post-affido da parte delle ASL.
  • incrementare con risorse regionali i fondi per implementazione della L.r. 33/09;
  • vietare vendita ambulante animali e le fiere espositive;
  • limitare l’acquisto di cani e gatti presso i soli allevamenti e regolamentare l’apertura di nuovi allevamenti;
  • riconoscere e promuovere la presenza di strutture di ricovero per gatti (gattili) e istituire l’anagrafe felina;
  • istituire il 118 veterinario;
  • regolamentare la gestione e le modalità di detenzione di tutti gli animali d’affezione presso gli esercizi commerciali, i mezzi di trasporto pubblici, gli uffici pubblici, le istituzioni di cura, custodia, educazione.
  1. CACCIA E FAUNA SELVATICA

L’amministrazione regionale uscente si è ancora una volta contraddistinta per il particolare impegno a promuovere leggi poi giudicate illegittime dalla Corte Costituzionale nonché dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Commissione Europea.

Le richieste della LAV:

  • rispetto incondizionato della normativa comunitaria e nazionale (no deroghe);
  • restrizioni al calendario venatorio (no abilitazione per under 21 e over 65, annuale verifica sanitaria abilitativa);
  • no importazioni e immissioni fauna “pronta-caccia”;
  • bocconi avvelenati: immediato stop caccia o attività correlate in aree contaminate;
  • alloctoni: divieto commercio specie alloctone e piano regionale straordinario di contenimento delle specie alloctone (scoiattolo grigio, nutrie, minilepri, ecc…) tramite sterilizzazione e non abbattimento.
  1. CIRCHI E SPETTACOLI

Sono oltre un migliaio i grandi animali impiegati per gli spettacoli più classici del circo: si tratta prevalentemente di tigri, elefanti, cavalli e dromedari. A questi vanno aggiunti centinaia di rettili, ma anche cani, grossi bovini e addirittura pinguini. Un circo di medie dimensioni può arrivare ad occupare un’area compresa tra i 3000 e i 5000mq (roulotte, tendoni e camion compresi).

Per evidenziare l’insostenibilità di simili “attrazioni”, è utile ricordare che nelle strutture circensi italiane sono almeno 150 le tigri imprigionate: un numero di animali più che sufficiente per ripopolare una intera area dove questa specie rischia l’estinzione. 

Solo nel 2000 il Ministero dell’Ambiente ha emanato, tramite la Commissione Scientifica CITES e ai sensi della legge 150/92 sul commercio internazionale di specie di fauna e flora in via di estinzione, le Linee Guida per il corretto mantenimento di molti degli animali che continuano ad essere prigionieri del circo (Linee Guida integrate in data 19 aprile 2006 con prot. DPN/10/2006/11106). Tuttavia, grandi felini, elefanti, scimmie orsi ecc. continuano ad essere detenuti in condizioni che violano palesemente tali disposizioni, e sempre più frequenti sono le pronunce della magistratura in materia.

Inoltre, sempre più consolidata è l’attenzione rivolta nei confronti di tali strutture che spesso sono protagoniste di processi penali dati dalla violazione di normative generali in tema di benessere animale, a dimostrazione delle condizioni in cui versano tali animali (“impacchettati”, detenuti in gabbia, trasportati per chilometri e chilometri, con ogni condizione atmosferica) anche quando i criteri CITES siano rispettati.

Le richieste della LAV:

  • no ai circhi con animali (regolamentare sul territorio regionale l’uso degli animali in spettacoli circensi e similari, ai fini di una maggiore tutela degli animali, del personale addetto e del pubblico nonché in favore del sostegno e rilancio del circo contemporaneo e degli artisti di strada che non usano animali).

 

  1. VIVISEZIONE

 

Nel triennio 2007-2009 (dati pubblicati sulla G.U. n.53 del 03.03.2010 ai sensi del decreto legislativo 116/92) 2.603.671 è il numero di animali uccisi a fini sperimentali, numeri ancora troppo alti visto il quadro scientifico e legislativo europeo che prevede la promozione dei metodi alternativi alla sperimentazione animale e la chiara posizione contraria dell’opinione pubblica alla vivisezione.

Le specie più rappresentate continuano ad essere topi (1648314) e ratti (682925), seguono uccelli (97248), altri roditori e conigli (73362), pesci (59881): animali largamente impiegati a causa del loro basso costo e perché facilmente maneggiabili, piuttosto che per ragioni strettamente scientifiche. 

Inoltre, è in aumento il ricorso alle scimmie (sia ceboidea che cercopothecoidea), specie regolamentate dal Decreto in modo fortemente restrittivo che dovrebbe rappresentare una deroga eccezionale e sicuramente non incoraggiarne l’aumento. I primati non umani, come i cani, sono utilizzati per esperimenti fortemente invasivi che comportano alti e prolungati livelli di dolore come studi di tossicità e indagini legate a problematiche nervose e mentali umani e cancro.

Il dato numerico, già di per sé allarmante, è fortemente sottostimato visto che non rientrano nelle statistiche invertebrati, embrioni, feti e animali utilizzati già soppressi.

Le sperimentazioni senza ricorso ad anestesia sono le più dolorose per gli animali, eppure nel 2008-2009 sono state effettuate ben 350 procedure senza il ricorso ad alcuna forma di lenizione: esperimenti che hanno inflitto agli animali intensi e prolungati livelli di dolore.

Dal Rapporto LAV elaborato su dati diffusi dal Ministero della Salute, risulta inoltre che dei oltre 600 stabilimenti utilizzatori (dove si pratica vivisezione) presenti in Italia, 133 sono nella sola Lombardia, mentre per quanto riguarda gli allevamenti di animali per la vivisezione, tra gli 8 dei più importanti, 4 sono in Lombardia. 

Presso il Consiglio Regionale della Lombardia, nelle ultime tre legislature, sono state depositate numerose proposte legislative da diversi schieramenti politici ma nessuna legge è poi mai stata approvata.

Le richieste della LAV:

  • indirizzare fondi regionali verso l’incremento di metodi sostitutivi;
  • aumentare la diffusione dei metodi alternativi grazie a corsi di formazione presso Università e centri di ricerca;
  • diffondere la legge sull’obiezione di coscienza n.413 del ’93.

 

  1. GESTIONE DELLE POLITICHE REGIONALI PER GLI ANIMALI

Con la finalità di assicurare la migliore implementazione delle norme esistenti e di migliorare dunque la convivenza con gli animali, è indispensabile definire una figura delegata alla gestione dell’Area Tutela Animali, ovvero di pochi uffici specializzati, idonei ad assorbire tutte le competenze in materia di animali e coordinare il lavoro dei corrispettivi uffici comunali e delle ASL veterinarie. 

Le richieste della LAV:

  • Predisposizione di una Area Tutela Animali regionale.

Domande sulla scienza: hanno risposto

Avevo ripreso qui l’interessante dibattito sulla scienza nei programmi dei candidati alle primarie del centrosinistra. Hanno risposto (ed è un punto da segnare per i proponenti, sicuramente) e tutto quello che pensano lo trovate qui.

Per partigianeria (e nettezza) vale la pena leggere il pensiero di Nichi Vendola sulla Legge 40 e testamento biologico:

Io credo si debba cancellare una delle leggi più oscurantiste, pericolose e ingiuste nei confronti delle donne. I limiti della legge 40, bocciata anche dalla Corte Europea dei Diritti Umani, sono continuamente confermati dai tanti ricorsi vinti da quelle coppie che si rivolgono ai tribunali per vedersi riconoscere un principio fondamentale di libertà e di giustizia. Abbiamo con urgenza bisogno di una nuova legge di civiltà, moderna, giusta e umana.
Sostengo con convinzione il rispetto della libertà di scelta per il fine vita. L’obbligo di soffrire per legge non è umano e dignitoso, non è più rinviabile una legge sul testamento biologico.

Primarie nazionali: sei domande per la scienza

E la scienza? Nel recente confronto televisivo tra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra, i problemi della scienza e della ricerca non sono comparsi, né trovano particolare spazio nel dibattito politico in corso a dispetto della loro centralità per lo sviluppo nazionale.

Un gruppo di giornalisti scientifici, blogger, ricercatori e cittadini, constatata la mancanza di domande ai candidati alle primarie del centrosinistra sulle loro posizioni politiche in materia di scienza e ricerca, e ritenendo invece che da queste politiche dipenderà il futuro sociale ed economico a medio e lungo termine del paese, ha quindi deciso di chiedere ai candidati di rispondere a sei temi di grande respiro, in modo da offrire ai cittadini un panorama più completo della loro proposta politica.

1. Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?

2. Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?

3. Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo?

4. Quali politiche intende adottare in materia di fecondazione assistita e testamento biologico? In particolare, qual è la sua posizione sulla legge 40?

5. Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?

6. Qual è la sua posizione in merito alle medicine alternative, in particolare per quel che riguarda il rimborso di queste terapie da parte del SSN?