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scioperare

E domani, chi li difenderà?

Ieri tutti i quotidiani (e anche oggi sulle edizioni cartacee) si sono improvvisamente svegliati sulle condizioni di lavoro dei dipendenti di Amazon. Sdegno e sconcerto sparso a fiumi come se la politica e il giornalismo avessero bisogno di uno sciopero per rendersi conto delle condizioni in cui si ritrovano moltissimi lavoratori (mica solo di Amazon, eh) e una diffusa “first reaction shock” per abusi che si sapevano da anni. C’è una buona notizia, comunque: scioperare serve ancora, anche alla faccia di chi in questi anni ha voluto svilire lo sciopero come bighellonaggine senza senso. Lo sciopero di ieri dei dipendenti di Amazon in Italia (con un’adesione altissima, circa il suo 75%, tenendo conto dei metodi feroci che l’azienda mette in campo contro qualsiasi suo dipendente che si permetta di alzare una qualsiasi osservazione) è stato uno sciopero nobile perché ha visto l’Italia in prima fila nel mondo: «Vogliamo augurare a tutti voi, fratelli e sorelle italiani, buona fortuna per il vostro sciopero nazionale. Questa è una lotta globale, una lotta di giustizia e siamo dalla vostra parte. Vogliamo ringraziarvi, esprimere la nostra solidarietà e condividere il nostro sostegno», è il messaggio arrivato ieri dal costituendo sindacato dei lavoratori Amazon in Alabama.

Ieri ci si è accorti che esistono aziende che impongono ritmi di lavoro insostenibili, calcolando tempi di spostamento che immaginano strade deserte e incessanti giornate di sole. «Basta essere schiavi dell’algoritmo», dice qualche politico giustamente sdegnato. Qualcuno li informi però che dietro la progettazione degli algoritmi ci sono gli uomini e tanto che ci siamo qualcuno dica ai media e alla politica (che improvvisamente si ridestano attenti sul tema) che ci sono aziende che non hanno algoritmi eppure imprimono ritmi massacranti ai propri lavoratori allo stesso modo, con una ferocia forse meno matematica ma con lo stesso risultato di perdita della dignità.

Lo stesso discorso vale per gli stipendi da fame (giustamente ieri i lavoratori Amazon facevano notare che nonostante facciano le notti non arrivino a prendere 1.300 euro) e allo stesso modo il problema dei contratti che durano solo qualche mese sono un problema diffuso anche fuori dai magazzini di Amazon. Insomma: se ieri in molti finalmente hanno riconosciuto che quelle condizioni non siano sostenibili allora adesso si potrebbe fare il passo successivo e ascoltare i troppi lavoratori che sono nelle stesse condizioni anche senza essere stipendiati da una multinazionale. Ieri, incredibile, per un giorno è diventato finalmente un tema di discussione l’indegna condizione di alcuni lavoratori in Italia. Se ne sono accorti perfino quelli che ci spiegavano come fosse bello consegnare cibo in bicicletta, inventandosi un genere letterario.

Poi ci sarebbe un’altra domanda: questi che esistono solo se scioperano, negli altri giorni, tutti i giorni, chi li difende?

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

La produttività secondo Ryanair: «Non permettetevi di scioperare»

Ai piloti italiani di Ryanair è arrivata una lettera come regalo di Natale. Dice: «Sarete a conoscenza che il sindacato dei piloti Alitalia Anpac sta provando a incoraggiare i piloti Ryanair a non lavorare. Ci aspettiamo che tutti i nostri piloti lavorino normalmente e lavorino con noi per minimizzare gli inconvenienti per i nostri clienti». Poi arriva la minaccia: «Tutti i piloti di Ryanair e l’equipaggio di cabina devono fare rapporto come sempre il 15 dicembre nella sala equipaggio» poiché «ogni azione intrapresa da ogni dipendente risulterà nella perdita immediata del roster 5/3 (la turnazione che prevede ogni cinque giorni di lavoro tre giorni di riposo, nda) per tutto l’equipaggio di cabina».

Il 28% dei 300 piloti italiani ha annunciato che aderirà allo sciopero, in barba al medievale senso della produttività di una compagnia aerea che qui in Italia sembra avere un nugolo sfegatato di tifosi, soddisfatti dall’idea di trasformare anche i lavoratori in merce, in nome di un’economia che non considera più le persone se non nelle vesti di clienti o fornitori di servizi.

Ryanair, vale la pena ricordarlo, non è nuova a notizie becere di questo tipo: sono quelli che si incazzano con i dipendenti se vendono pochi profumi, sono gli stessi che sottopagano giustificandosi di farsi sottopagare per i loro servizi, sono gli stessi che cercano di convincerci che i diritti siano un peso.

Avanti così.

Buon mercoledì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2017/12/13/la-produttivita-secondo-ryanair-non-permettetevi-di-scioperare/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui.