Sedriano, Alfredo Celeste e la mafia inosservata (la sentenza completa)
Ha urlato per anni al complotto, insultando il prefetto di Milano, il ministro degli Interni, gli oppositori politici, la stampa e persino i commissari mandati da Roma a Sedriano, per ‘ripulire’ quel comune del Milanese che nell’ottobre del 2013, primo e unico caso in Lombardia, era stato sciolto per mafia.
E’ un personaggio eccentrico e bizzarro, il primo cittadino. Ostenta fede e valori, vestendo i panni del moralizzatore. Ma le sue pubbliche ‘virtù’ nascondo i suoi ‘vizi’ privati. Secondo la relazione riservata del ministero degli Interni, richiamata nella sentenza del Tar, “il sindaco e altri membri dell’amministrazione frequentavano soggetti ‘controindicati’”. Uno di loro è Eugenio Costantino, imputato assieme a Celeste a Milano e detenuto in una clinica psichiatrica: “Soggetto che aveva assunto uno ruolo di rilievo nell’associazione criminale ‘ndrangheta, avendo rivestito una partecipazione nell’attività di riscontrato ‘voto di scambio’ per le elezioni regionali lombarde del 2010. (Costantino) era riuscito anche a ottenere l’elezione nel giugno 2009, nel corso di un patto ‘politico-mafioso’, di sua figlia a consigliere del comune di Sedriano”. Altro personaggio ‘pericoloso’ frequentato dal sindaco è “un medico chirurgo marito di consigliera comunale di Sedriano”. Si tratta di Marco Scalambra, anche lui imputato nel processo politica-mafia, esperto di urbanistica, edilizia e cooperative, nonché marito di Silvia Fagnani, già capogruppo di maggioranza a Sedriano. Famoso un sms che Scalambra invia a un candidato alle elezioni comunali di Rho nel 2011: “Ho cercato di portarti i voti della lobby calabrese ma purtroppo sono già impegnati. Ne rimangono circa 300, fai sapere entro domani se ti interessano come elettori”.
Secondo la relazione riservata Celeste non si limita a frequentare personaggi ‘oscuri’. Ma promette “di compiere una pluralità di atti contrari ai suoi doveri d’ufficio”. Come per esempio “la promessa, a sostegno degli interessi del sodalizio criminale operante sul territorio, dell’assegnazione di un appalto della manutenzione delle aree verdi comunali, pur se l’assegnazione risultava definitivamente in favore di altro soggetto, comunque imparentato con altra famiglia ‘mafiosa’; la promessa al suddetto medico chirurgo (Scalambra) di assegnazione di lavori di ristrutturazione di alcuni immobili”.
Il sindaco agiva inoltre da ‘dominus’ sui dipendenti del comune: “Generalizzata e illegittima ingerenza degli organi politici sull’operato di quelli burocratici, soprattutto in settori economici”. E ancora: “Risultavano tra le varie figure professionali ausiliarie del comune diversi soggetti con precedenti penali”. Inoltre: “Riorganizzazione uffici comunali nel 2009 e area tecnica divisa in due settori, di cui uno assegnato a soggetti vicini ad ambienti ‘controindicati’ (…) Lavori di messa in sicurezza di un manufatto comunale affidati a impresa i cui soci presentavano legami con criminalità”. L’elenco è lungo. Si legge anche di un “generale contesto di illegalità negli appalti”, di “affidamento lavori ad aziende prive di documentazione antimafia” e di una presenza inquietante: “Risultava operativa anche nel territorio di Sedriano un’organizzazione criminale facente capo a famiglia originaria di Platì, il cui ambito criminale riguardava il monopolio del movimento terra, il controllo dei cantieri, il settore dell’intermediazione immobiliare, con infiltrazioni negli appalti di servizi e opere pubbliche”.
Neppure gli assessori erano liberi di agire senza il permesso del sindaco. Al punto tale che alcuni di loro sono affiancati da un ‘tutor’, scelto dal primo cittadino in persona: “In particolare, risultava che all’assessore ai Servizi sociali era affiancata una consigliera comunale, moglie del medico chirurgo che esercitava notevole influenza sul Sindaco (il citato Marco Scalambra, oggi imputato a Milano nel processo mafia-politica, ndr); all’assessore ai Lavori pubblici risultava affiancato un geometra, all’epoca coordinatore del partito politico di appartenenza del sindaco; all’assessore all’urbanistica ed edilizia privata era affiancato proprio il detto medico chirurgo (…) Non si comprende per quale ragione il Sindaco aveva proceduto alla nomina dei componenti della giunta per poi avere l’intenzione di affiancare loro altri soggetti di supporto, salvo non ritenere una concezione personalistica e dirigistica della struttura comunale e di tutta l’amministrazione, finalizzata, più che al perseguimento degli interessi della collettività, al perseguimento di interessi personali e privatistici”.
A completare un quadro di sottomissione ai voleri di un sindaco amico (lui dice senza saperlo) dei ‘boss’, ci sono pure i silenzi complici dell’allora segretario comunale, Susanna Pecorella, colei che avrebbe dovuto esercitare il controllo sugli atti: “In riferimento alla figura del segretario comunale con funzioni di direttore generale (si rileva) la sua responsabilità per il silenzio serbato su alcune illegittimità da cui erano affetti provvedimenti emanati dall’amministrazione comunale (…) in ordine ad alcuni appalti assegnati, limitando la sua attività all’apposizione del ‘visto’ sotto un profilo meramente formale, risultando così evidente accondiscendenza ai voleri del sindaco e della giunta”.
E non finisce qui. In quello che è stato definito “il regno di Sua Maestà Alfredo Celeste”, c’è spazio pure per gli incarichi legali assegnati fra il 2009 e il 2013 a Giorgio Bonamassa. Si legge nella sentenza: “Il consulente legale del comune e avvocato difensore del sindaco in pregressi procedimenti penali a suo carico otteneva numerosi incarichi giudiziari e di consulenza extragiudiziale dal comune medesimo, di notevole rilievo e per consistenti importi totali, già dal 2009, a fronte di risultati non proporzionati agli importi ricevuti”. L’amico-avvocato di Celeste, per essere più precisi, ha incamerato in 4 anni la bellezza di 430 mila euro: una cifra surreale per una cittadina di 11 mila abitanti. A lui, che è un penalista, fu affidata addirittura la stesura dello strumento urbanistico comunale, una consulenza costata ai cittadini circa 100 mila euro e poi cestinata nel 2013, dopo lo scioglimento per mafia.
Sognava in grande, l’ex sindaco Celeste. Parola del ‘boss’ della ‘ndrangheta Costantino, che svela al telefono i suoi progetti per l’amico Alfredo: “Fare il sindaco non gli basta, ha attorno persone molto megalomani, vogliono portarlo a Roma come senatore”. Oggi è tutto finito. Eppure Celeste non si arrende: prepara il ricorso al Consiglio di Stato e annuncia la sua ricandidatura a sindaco per le elezioni di fine anno. Intanto, per volontà della Curia, può continuare sereno a insegnare religione ai ragazzi del liceo europeo di Arconate (Milano) e dell’istituto tecnico di Castellanza (Varese). Alla Diocesi, da mesi, insistono nell’affermare che, del caso Celeste, non ne sanno nulla. Aggiungono però che si informeranno.
(fonte)