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Fare il Civati

Tra le parole che costruiscono macerie ultimamente nella politica italiana c’è il distorto concetto di fedeltà. Viene invocata ogni volta che i dirigenti di qualche partito si ritrovano in cul de sac e non trovano più obiezioni logiche o condivisibili per la propria sfrontata incoerenza e devono chiudere in fretta la partita: la fedeltà che viene usata come una sciabola per chiudere il confronto, meglio ancora senza mai iniziarlo.

Una delle caratteristiche più difficili da “raccontare” nel fare politica è il canale di comunicazione interno. Ho parlato per ore con persone che si rivolgevano a me credendo che fossi partecipe alle consultazioni o alle decisioni che includevano anche me nelle conseguenze “attive” oppure i più disillusi speravano comunque che avessi notizie di prima mano: no, non è così, spesso spessissimo le informazioni “interne” (a cosa poi, verrebbe da domandarsi) sono banalmente quelle che leggiamo sui quotidiani con al massimo qualche parere tra colleghi. La mancata partecipazione interna ai partiti (che è una frase che ormai fa venire i conati per l’abuso) esiste sul serio ed è più banale del previsto: tre o più persone decidono azioni e strategie chiedendo agli eletti e alla base di impegnarsi nel renderle più digeribili possibile. Tutto qui. Nessun arcano meccanismo così difficile da raccontare e nemmeno grandi strategie sotterranee: stare in un partito è come avere un coinquilino che gestisce la casa e ti concede le chiavi dell’ingresso stabilendo anche gli orari del rientro.

Alcuni decidono, i più si allineano diversamente variegati, alcuni grugniscono ma solo in famiglia e poi ci sono quelli che chiedono spiegazioni. Orrore! Quelli che chiedono spiegazioni sono i vili traditori mentecatti che spaccano il partito, urlano tutti. In questi giorni quelli che chiedono spiegazioni sono i “Civati” e vengono raccontati come un pericolosissima specie politica che rischia di sfasciare tutto (tutto cosa, verrebbe da chiedersi) e che cerca solo visibilità.

Ora, io Pippo ho la fortuna di averlo amico ormai da qualche anno (un’era fa, c’era ancora Formigoni faraone in Lombardia ed era impensabile ipotizzare due ministri ciellini al governo) e questa volta mi sembra anche più lineare del solito nel suo ragionamento: abbiamo fatto delle promesse – dice – tra cui non andare mai con B, abbiamo chiesto agli elettori di dare fiducia ad una coalizione PD-SEL, abbiamo irriso i punti di programma del centrodestra ed ora andiamo a braccetto tutti insieme senza che nessuno ci abbia raccontato il percorso politico. Non mi sembra così difficile da capire, ammetto.

E credo che le stesse domande oggi dovrebbero essere urlate sbattendo i pugni sul tavolo anche da SEL, ancora prima di promettere un’opposizione costruttiva. Perché se nessuno ce lo spiega e se sono troppo pochi (e troppo timidi) coloro che pretendono una spiegazione viene il dubbio che i fessi siano gli elettori.

‘Fare il Civati’ racconta come la politica sia il luogo dell’impunità nel mantenere relazioni sociali leali, prima di tutto il resto, e come sia eroico provare a scindere la fedeltà dalla servitù. Ma questo è un vizio antico.

SEL: domani noi votiamo Rodotà

Bene:

“Abbiamo appoggiato una candidatura eccellente come quella di Rodotà ed il PD ha detto di NO.

Abbiamo votato Romano Prodi, la candidatura migliore tra quelle proposte dal PD, e cento franchi tiratori democratici l’hanno impallinato

Non solo, in maniera meschina almeno 50 di loro hanno votato Rodotà per far ricadere i dubbi sui parlamentari di SEL.

Ma noi abbiamo siglato le nostre schede con “R.Prodi” ed abbiamo dimostrato che siamo persone serie ed affidabili.

Adesso però BASTA.

Se vogliono fare il Congresso del PD lo facciano pure senza di noi e ci dicano quando hanno finito, SEL da domani se non c’è più Prodi vota nuovamente RODOTA””.

Nichi Vendola

Prodi

Ora dicono Prodi. Ma l’applauso di cui si dice è l’applauso liberatorio di una riparazione dopo il disastro: non scambiamo il sollievo per giubilo, per favore.

Rimane addosso la brutta sensazione che si prova quando la curiosità legittima non viene soddisfatta: qualcuno che chiaramente ci dica perché no a Rodotà. Senza problemi, senza alambicchi: se è un strategia politica che ce la spieghino, con coerenza. Perché la “piazza” è ancora lì che aspetta di sapere cosa è cambiato e perché, quale evoluzione e per chi.

(Ah, l’augurio ovviamente è caduto nel vuoto.)

SEL secondo Monica

La minuscola SEL, che le profezie volevano fagocitata dalla coalizione col PD; dileggiata perchè si dava per scontato che avrebbe rinunciato al proprio programma pur di sedere sui banchi del Parlamento; accusata dalla sinistra di aver spaccato l’unità a sinistra per buttarsi al centro (leggenda urbana pari solo a quella che vuole Bertinotti colpevole di aver fatto cadere Prodi).
Questa piccola grande SEL è l’unico barlume di sinistra che rimane in piedi.
E mi auguro sia destinata a raccogliere e rimettere insieme pazientemente i cocci di un’identità frantumata. Un’eredità pesantissima, dolorosa e appassionante perchè, comunque vada, non c’è idea di sinistra che esca dalle macerie del PD (al massimo una manciata di giovani turchi volenterosi). Non è sinistra quella che con buona parte della Prima Repubblica si afferra al potere al prezzo di perpetuare, anzi, perpetrare Berlusconi. Non lo è l’alternativa di Renzi, per il quale l’articolo 18 è tabù almeno quanto per Confidustria. Mentre la proposta di Barca poteva essere tutto, non fosse stato per quel tempismo da legge di Murphy.
SEL un programma di sinistra ce l’ha, intatto.
Una dignità di sinistra l’ha conservata e dimostrata, votando compatta Rodotà, sfilandosi con coraggio da una coalizione che non rappresenta più da un pezzo i propri votanti (e nemmeno sé stessa, in buona parte).
Lo scrive Monica Bedana su Resistenza Internazionale e in queste ore è il pensiero di molti dei nostri militanti. Se ora riusciamo a raddrizzare la barra della votazioni di un Presidente all’altezza del cambiamento (dopo avere tenuta diritta la nostra, di barra) il nostro dovere l’abbiamo compiuto. Con serenità e contenuti. Prima di andare in mare aperto.

Un’ultima cosa prima del voto

Se il PD vota Marini la coalizione PD-SEL “Italia bene comune” è defunta, eh. Ovvio, vero? Perché non si affonda per solidarietà politica nelle scelte ingiustificabili. Mai.

Convergenti

Nichi Vendola ha dichiarato che Sinistra Ecologia e Libertà è “largamente convergente sul nome di Rodotà” e la cosa di certo rincuora. Pesa però la convergenza sempre abbastanza storta (e tendente a destra come succede nei peggiori gommauto) con il Partito Democratico che a questo punto spreca un occasione in cui non ci si può permettere di essere complici.

Quindi o ci ripensiamo (ci mescoliamo, dicevamo qualche giorno fa) con un soggetto più grande unico a sinistra che nasca indipendentemente dal PD (o da alcuni pezzi del PD in un’eventuale scissione) oppure alla fine anche a “sinistra” non avremo nemmeno la faccia di chiedere credibilità. Perché il condizionamento e gli aghi della bilancia devono essere fruttiferi altrimenti diventa manierismo di sinistra e poco di più. E non possiamo permetterci di continuare a sperare di spostare un PD che è sempre di più un sasso nella melma di se stesso.

Tutto questo al netto di eventuali ravvedimenti. Sperati. Con noi poco speranzosi.

Incapaci

Bisogna essere degli inetti per pensare a Marini. Niente contro Marini, per carità (certo non ne tengo il poster in camera di fianco a Berlinguer) ma farsi sorpassare in “sentimento collettivo” da un codice binario (altresì detto “internet”) significa avere la coscienza politica di una caffettiera. Oppure avere tutta l’intelligenza occupata per nascondere altro.

Che schifo.

Chapeau

Il Movimento 5 Stelle ha deciso di votare come Presidente della Repubblica Stefano Rodotà. Non ho lesinato critiche al Movimento sull’immobilismo dei giorni scorsi e su alcune meccaniche comunicative sulle Quirinarie ma oggi loro sono arrivati dove avremmo dovuto arrivare noi, da qualche giorno. E concedono al centrosinistra un’occasione d’oro per il “governo di cambiamento” di cui Bersani (e noi) ha parlato un minuto dopo le elezioni. Oggi un centrosinistra che non vota Rodotà alla Presidenza della Repubblica sarebbe il fallimento degli elettori, degli eletti e di un progetto a quel punto nemmeno potabile. Punto.

Quello che penso su Rodotà l’avevo scritto in tempi non sospetti qui.

Pd-SEL: bam!

Un commento che mi arriva quasi subito sul “mescolarsi” con il PD. E che merita di essere il post successivo:

Bam! Preso in pieno. Un rimescolamento, se ci deve essere, deve essere funzionale ESCLUSIVAMENTE alla creazione di un NUOVO soggetto politico di SINISTRA.
Per far ciò, il PD si DEVE spaccare. Se non lo fa, semplicemente finiremo con l’annullarci nel già affollato orizzonte democratico.
E siccome non si spacca, boh.
Rimarremo senza casa.

E’ di Carlo Lasorsa.