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Adesso, a sinistra

Sulla mia proposta semplice semplice si vede che anche Civati (ma sono in tanti, vedrete) concorda e a Livorno presenterà azioni uscendo dalle discussioni. Basta ascoltarsi e rilanciare, confrontarsi e agire, mettersi insieme per contare. Contarsi, invece, lo facciamo dopo e se tutto viene fatto seriamente sarà una bella sorpresa. Sicuro. Io, su questo, ci sono. Subito.

Quando il tempo era Migliore

“Si disconosce il luogo comune e pubblico del confronto, si disconosce la validità delle sedi collettive del partito e però si vuole mettere di fronte al fatto compiuto il partito nel suo complesso dicendo ‘siete voi che ci rendete la vita impossibile'”.

marzo 2007, Gennaro Migliore parla di Turigliatto.

I Miglioristi

migioreClaudio Fava e Gennaro Migliore si dimettono da SEL (dimostrando che la scissione dell’atomo a sinistra è sempre possibile) e dichiarano “venuta meno la fiducia”.

Hanno ragione: è venuta meno la fiducia di un congresso che ha deciso una linea politica che loro hanno finto (male) di sopportare e la maggioranza di SEL ha votato per non essere stampella del PD, ancora meno con Renzi. Hanno fatto bene. Avete fatto bene: in epoca di “veni, vidi, Renzi” si sapeva che prima o poi ci sarebbero stati anche i “miglioristi” di SEL. Ma non è propriamente Sel a perdere pezzi, sono loro che tornano a casa.

«A me risulta che altri lasceranno, nei prossimi giorni»

Il deputato Michele Ragosta, eletto nel partito Sinistra Ecologia Libertà, ha annunciato di aver deciso di cambiare gruppo parlamentare, passando a quello del Partito Demcratico. In una breve intervista su Repubblica, Ragosta – che si dice “uno dei fondatori di SEL” – spiega che quello è “rimasto un partito del Novecento, inadeguato” e che lui viene dal PCI e “oggi torno a casa”. E aggiunge:

«A me risulta che altri lasceranno, nei prossimi giorni»

(link)

Nella terra di mezzo non c’è più quasi nessuno

Sono politicamente molto lontano dalle posizioni di Claudio Fava e in generale con tutti gli “irresistibilmente attratti” dal PD ma concordo con lui sulle critiche alla non-posizione uscita ieri dall’assemblea di SEL in cui si è deciso di non decidere. La sinistra guardinga e timida finisce sempre per essere risucchiata verso il centro o diventare malinconicamente residuale e oggi a SEL è chiesto di decidere se fare grande il germoglio delle ultime europee oppure farsi piccola ma sicura nel confortevole PD: il resto è esercizio oratorio.

Poi magari un giorno qualcuno avrà il coraggio di dire che Vendola ha esaurito la sua parabola di spinta. Poi. Magari.

La lettera di Barbara Spinelli

Barbara Spinelli ha optato per il seggio del Centro e sarà deputata europea.

Cari tutti, cari elettori, cari candidati e garanti della Lista “L’Altra Europa con Tsipras”,

ho molto meditato quel che dovevo fare, in considerazione della domanda sempre più insistente che veniva dagli elettori e da un gran numero di candidati, e ritorno sulle mie decisioni: accetterò l’elezione al Parlamento europeo, dove andrò nel gruppo GUE-Sinistra Europea, ripromettendomi di garantire la fedeltà al primo manifesto della Lista italiana «L’Altra Europa con Tsipras» e ai 10 punti di programma che abbiamo proposto agli elettori. Sin dalla conferenza stampa del 26 maggio avevo lasciato in sospeso la mia decisione: e non solo perché sorpresa dalla quantità di preferenze ma anche in considerazione del fatto che la situazione politico-elettorale stava precipitosamente cambiando.

La linea maestra alla quale intendo attenermi è di operare nel Parlamento europeo – e anche nella comunicazione scritta, come rappresentante degli elettori europei – per una politica di lotta vera all’ideologia dell’austerità e della cosiddetta «precarietà espansiva», alla corruzione e alle minacce mafiose in Italia; per i diritti dei cittadini; per la realizzazione di un’Europa federale dotata di poteri autentici e democratici: quell’Europa che sinora, gestita dai soli governi in un micidiale equilibrio di forze tra potenti e impotenti, è mancata ai suoi compiti. Il Parlamento in cui intendo entrare dovrà, su spinta della nostra Lista e delle pressioni che essa eserciterà in Europa e in Italia, essere costituente. Dovrà lottare accanitamente contro lo svuotamento delle democrazie e delle nostre Costituzioni, a cominciare da quelle italiane e dal vuoto democratico che si è creato in un’Unione che non merita, oggi, il nome che ha.

Mi ha convinto a cambiare opinione anche la lettera di Alexis Tsipras. La domanda che mi rivolge di accettare il risultato delle elezioni è per me decisiva e – ne sono certa – lo sarà per la Lista nel suo complesso. Alle innumerevoli sollecitazioni ricevute dall’interno (garanti, elettori, comitati, candidati) si aggiungono infine sollecitazioni dall’esterno (deputati del GUE e non solo).

So che molti sono delusi: il proposito espresso all’inizio di non andare al Parlamento europeo sarebbe disatteso, e questo equivarrebbe a una sorta di tradimento. Non sento tuttavia di aver tradito una promessa. I patti si perfezionano per volontà di almeno due parti e gli elettori il patto non l’hanno accettato, accordandomi oltre 78.000 preferenze. Mi sono resa conto, il giorno in cui abbiamo conosciuto i risultati, che sono veramente molti coloro che mi hanno scelto neppure sapendo quel che avevo annunciato: anche loro si sentirebbero traditi se non tenessi conto della loro volontà. Inoltre, come garante della Lista, ho il dovere di proteggerla: le logiche di parte non possono comprometterne la natura originaria. Proprio le divisioni identitarie che si sono create sul mio nome mi inducono a pensare che la mia presenza a Bruxelles garantirebbe al meglio la vocazione, che va assolutamente salvaguardata, del progetto – inclusivo, sopra le parti – che si sta costruendo.

Per quanto riguarda la scelta che sono chiamata ufficialmente a compiere, annuncio che essa sarà in favore del Collegio Centro: è il mio collegio naturale, la mia città è Roma. È qui che ho ricevuto il maggior numero di voti. A Sud non ero capolista ma seconda dopo Ermanno Rea, e da molti verrei percepita come «paracadutata» dall’alto. Mi assumo l’intera responsabilità di quest’opzione, che mi pare la più giusta, nella piena consapevolezza dei prezzi e dei sacrifici che essa comporterà.

La mia più grande gratitudine va a Marco Furfaro  [che le sarebbe subentrato per la circoscrizione Centro – n.d.r.] per la generosità che ha messo nella campagna e che spero dedicherà ancora all’avventura Tsipras. Sono certa che gli elettori delle più diverse tendenze, battutisi con forza per la nostra Lista, approveranno e comunque accetteranno una scelta che è stata molto sofferta, visti i costi che saranno sopportati dal candidato del Centro designato come il primo dei non eletti. Conto non solo sulla loro fedeltà alla Lista ma sulla loro partecipazione immutata al progetto iniziale, che ha come prospettiva un’aggregazione di forze (di sinistra, di delusi dalla presente democrazia rappresentativa, di emigrati nell’astensione) alternativa all’odierno centro-sinistra e alle grandi intese.

Augurando a tutti voi e noi il proseguimento di una battaglia unitaria e inclusiva al massimo, vi saluto con grande affetto e gratitudine,

Barbara Spinelli

Ora c’è da scommettere che qualcuno userà questa decisione nel dibattito interno in SEL e per Fratoianni si fa tuttp più difficile.

La Cosa Seria (ancora)

E’ il progetto su cui ci siamo spesi moltissimo anche se ai tempi volevano farci credere una sparuta minoranza. In fondo con l’esperienza della lista Tsipras alle europee già si vedeva la luce di quella Cosa Seria di cui tanto avevamo scritto (e tanto avevamo fatto) e in fondo quel nostro manifesto oggi riprende ancora più vigore, forza e modernità. Per questo vale la pena sostenere l’appello degli amici di Esse che trovate qui. E discuterne, anche ad alta voce se serve, discuterne fino a realizzarlo.

Le ombre dopo le europee e Tsipras

Ne scrivevo qualche giorno fa e come prevedevo oggi stanno uscendo le diverse posizioni dentro SEL, con molta intelligenza alla fine di una campagna elettorale che regala comunque alla lista L’Altrea Europa con Tsipras un risultato ottimo vista la situazione ambientale. Una difficile situazione ambientale esterna e interna: perché mentre la lista faticava a farsi riconoscere e avere un minimo di visibilità all’interno di SEL il dibattito è rimasto silenzioso per “rispetto” alla campagna elettorale ma non sopito. Per questo non mi stupisce l’articolo di oggi de Il Manifesto in cui escono le diverse posizioni che non convergono sul progetto di una “Syriza” italiana e nemmeno su un eccessivo allontanamento dal PD e Renzi.

Una proposta concreta sul lavoro. Da SEL.

La proposta di SEL è scaricabile qui. 
Da Eddyburg un bel pezzo di commento:

Dall’opposizione Sinistra ecologia libertà prova a inserirsi in grande stile nel dibattito sulle prime misure economiche annunciate dal nuovo presidente del consiglio Matteo Renzi. Ieri Giorgio Airaudo ha presentato la proposta di legge per la «istituzione di un programma nazionale sperimentale di interventi pubblici denominato «Green New Deal italiano» contro la recessione e la disoccupazione», da attuare tramite l’istituzione di una Agenzia nazionale per gli anni 2014-2016.

Airaudo, presentando la proposta, ha ricordato i dati sconvolgenti pubblicati dall’Istat nell’ottobre 2013, quando i disoccupati erano arrivati a 3.189.000 e ha evidenziato che con queste cifre, anche «se il quadro economico mutasse e vi fosse un boom, occorrerebbero non meno di 15 anni per riportare l’occupazione a livelli che si possano considerare fisiologici e non si riuscirebbe comunque a tornare ai livelli precedenti (ad esempio al dato del 2005, che ha costituito l’anno migliore del nuovo secolo per l’occupazione nei Paesi Ue), tenendo presente che la maggior parte delle imprese stanno provvedendo a sostituire in misura e rapidità crescente il lavoro umano con varie forme di automazione».

Sel parte da una convinzione che è l’esatto contrario della ricetta neoliberista: «È l’occupazione che genera sviluppo, non il contrario. I dati relativi al tasso di disoccupazione nel nostro Paese mostrano un quadro di assoluta gravità che continua a peggiorare. Si tratta di una vera e propria emorragia di posti di lavoro, che colpisce gli under 30, ma non di meno tutte le altre fasce di età. Quello che più turba è l’enorme crescita di quanti si dicono “scoraggiati”, che hanno smesso di cercare lavoro perché ritengono di non trovarlo. La disoccupazione continua a crescere anche nell’ambito del lavoro precario, a riprova del fatto che la scelta di favorire contratti non a tempo indeterminato ha poco o scarso impatto sul problema occupazionale, mentre priva i lavoratori di molti diritti fondamentali».

Airaudo, in una conferenza stampa con Luciano Gallino, vero ispiratore del Green New Deal, ha detto che l’obiettivo della proposta di legge è quello di «creare 1 milione e mezzo di posti di lavoro in tre anni, impegnando circa 17 miliardi, con lo Stato che diventa datore di lavoro di ultima istanza». Si tratta della trasposizione in proposta legislativa di quell’Agenzia per l’occupazione ipotizzata da tempo dal sociologo torinese, che ha descritto più di un anno fa anche sulle pagine di greenreport.it.

Gallino ha dunque sottolineato che «la priorità di questo Paese è il lavoro, che è una cosa molto concreta che richiede risposte precise. Se ci si affida al mercato e agli incentivi è impossibile risolvere il problema della disoccupazione». Per Gennaro Migliore, capogruppo di Sel alla Camera, il Green New Deal italiano sarebbe «uno choc positivo per l’economia che però dovrà avere effetti benefici anche sull’ambiente e non devastarlo. Anche la competitività delle imprese italiane non verrebbe intaccata dall’impegno pubblico. Non si può affidare al mercato quello che il mercato non vuole e non può fare».

Ma dove prendere i soldi? 17 miliardi di euro non sono così pochi, di questi tempi. Airaudo ha però puntualizzato subito che «la copertura dell’investimento triennale dovrebbe venire dall’uso dei fondi della Cassa depositi e prestiti, anche attraverso l’emissione di obbligazioni, e dai Fondi strutturali europei. Con una responsabilizzazione degli enti locali, attraverso l’allentamento del patto di stabilità interno. Ma attenzione, con una clausola sull’occupazione netta: chi vincesse a livello locale questi appalti dovrebbe non aver licenziato nei 24 mesi precedenti e impegnarsi a non licenziare nei 24 mesi successivi». Un punto controverso, questo. Se da una parte si tratta di una strategia per evitare escamotage da parte dei soliti furbi, dall’altra rischia di penalizzare anche quelle imprese che negli ultimi due anni hanno giocoforza dovuto affrontare licenziamenti per poter sopravvivere.