Il sindaco di Seregno, lo zerbino dei mafiosi: le carte dell’inchiesta
Dopo «7 anni» di indagini sulla ‘ndrangheta in Lombardia «posso dire che c’è un sistema» fatto di «omertà» e di «convenienza da parte di quelli che si rivolgono all’anti Stato per avere benefici». Così il procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini ha commentato il maxi blitz avvenuto all’alba di martedì: 24 arresti – tra cui il sindaco di Seregno Edoardo Mazza e un dipendente della Procura di Monza, Giuseppe Carello – nelle province di Monza, Milano, Pavia, Como e Reggio Calabria, nell’ambito di un’inchiesta su infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mondo dell’imprenditoria e della politica in Lombardia, inchiesta che vede tra gli indagati anche l’ex vicepresidente della Regione Mario Mantovani. Boccassini ha commentato che oggi, a 7 anni dell’operazione Infinito, «è facile» per le cosche «infiltrarsi nel tessuto istituzionale». L’inchiesta è coordinata dalla Procura di Monza e dalla Procura Distrettuale Antimafia di Milano. In tutto, 27 le misure cautelari: 21 in carcere, 3 ai domiciliari e 3 interdittive, firmate dai gip Pierangela Renda e Marco Del Vecchio. Le accuse: associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale.
In particolare, un terremoto giudiziario scuote l’amministrazione di Seregno. Agli arresti domiciliari per corruzione è finito il sindaco in persona, il forzista Edoardo Mazza. Sotto accusa i suoi rapporti con il costruttore Antonino Lugarà (in carcere), considerato uomo vicino ad esponenti della ‘ndrangheta. L’imprenditore, come notato dagli inquirenti che hanno ascoltato le intercettazioni, trattava il sindaco come «uno zerbino». L’ipotesi sostenuta dai pm di Monza Giulia Rizzo e Salvatore Bellomo è che Lugarà abbia ottenuto la concessione di un’area del Comune brianzolo, la cosiddetta area «ex Dell’Orto», sulla quale realizzare la costruzione di un supermercato, come contropartita del sostegno e consenso elettorale procurato al sindaco di centrodestra durante la campagna elettorale del 2015. «Ogni promessa è debito», gli dice infatti il sindaco in un’intercettazione. Agli arresti domiciliari anche un consigliere comunale di Seregno, e inoltre sono state emesse tre misure interdittive all’esercizio di pubblici uffici, una delle quali riguarda l’assessore Gianfranco Ciafrone.
Avvocato civilista, 38 anni, Edoardo Mazza è stato eletto nel 2015 nelle fila di Forza Italia alla carica di sindaco di Seregno, paese di 45mila abitanti in provincia di Monza. Per la sua elezione Lega e Forza Italia si sono compattate per sostenerlo. Molto attento ai social network, Mazza ama comunicare servendosi di Facebook. In alcuni di questi interventi, si è distinto per aver preso in mano un paio di forbici quando parlava degli stupratori di Rimini, o per le sue campagne contro i mendicanti, invitando i suoi cittadini a non dare l’elemosina per scoraggiare il loro arrivo in città.
La solidità della coalizione di centrodestra ha mostrato i primi scricchiolii tra maggio e giugno di quest’anno, con le dimissioni del leghista Davide Vismara da segretario di sezione, alle quali sono seguite quelle della collega di partito Barbara Milani da assessore alla Pianificazione territoriale ed all’edilizia privata e poi quelle di due consiglieri comunali, anch’essi del Carroccio. Una «fuga» che alla luce dell’esecuzione della misura cautelare emessa nei confronti del primo cittadino dal tribunale di Monza per corruzione, suona oggi come una presa di distanza preventiva.
L’inchiesta dei carabinieri, partita nel 2015, e che porta la firma dei pm monzesi Salvatore Bellomo, Giulia Rizzo e del Procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti e dei pm della Dia Alessandra Dolci, Sara Ombra e Ilda Boccassini, rappresenta una costola dell’indagine «Infinito», che nel 2010, sempre coordinata dalle procure di Monza e Milano, aveva inferto un duro colpo alle «locali» ‘ndranghetiste in Lombardia.
Anche un dipendente dell’ufficio affari semplici della Procura di Monza, Giuseppe Carello, è stato arrestato in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari con l’accusa di rivelazione di segreti d’ufficio. Il procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti ha riferito: «Attraverso le sue credenziali accedeva alla nostra banca dati e rispondeva alle domande dell’ imprenditore di Seregno indagato. Viene ascoltato mentre elenca gli indagati davanti alla nostra schermata, poi abbiamo una fotografia che inquadra l’imprenditore con il nostro dipendente». Il procuratore poi ha aggiunto: «Giuseppe Carello, ai domiciliari, ha violato la fiducia del procuratore e del personale giudiziario ed amministrativo che sono totalmente estranei ai fatto. Ha violato il giuramento alle istituzioni».
Come riferito da Boccassini, «è stata individuata una delle persone che era rimasta fuori» dagli arresti dell’operazione Infinito del 2010, e che partecipò in quell’anno al noto summit in un centro intitolato alla memoria di Falcone e Borsellino a Paderno Dugnano. Sono stati identificati i boss della locale di Limbiate, ed è stato sgominato un sodalizio dedito al traffico di ingenti quantitativi di cocaina, con base nel Comasco, composto prevalentemente da soggetti originari di San Luca (RC), legati a cosche di ‘ndrangheta di notevole spessore criminale. Nel corso dell’indagine sono stati ricostruiti, ha spiegato Boccassini, «episodi brutalmente e stupidamente violenti». Per esempio, un cittadino di Cantù che andava al lavoro alle 5 di mattina fu colpito con il calcio di una pistola ma non ebbe il coraggio di denunciare: «Non me lo chiedete perché ho paura e so che sono pericolosi», disse agli inquirenti.
«La ‘ndrangheta è l’associazione mafiosa più pericolosa perché si insinua nel tessuto economico e ha rapporti con le istituzioni. Bisogna scoprire questi legami e tagliarli di netto»: così il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, ex ministro dell’Interno ha commentato la maxioperazione in Lombardia. «Chi rappresenta il popolo nelle istituzioni – ha spiegato Maroni ai microfoni di Radio 24 – deve ovviamente stare lontano e rifiutare ogni rapporto con queste persone. Se poi qualcuno ci casca, è giusto che venga estromesso immediatamente dalla politica alle istituzioni».
Mario Mantovani, consigliere regionale lombardo di Forza Italia ed ex vicepresidente della Lombardia, già arrestato due anni fa in un’altra inchiesta, è indagato per corruzione (non gli vengono contestati reati di mafia) in un filone dell’indagine. Da quanto si è saputo, l’accusa riguarda i suoi rapporti con l’imprenditore Antonino Lugarà, lo stesso che ha intrattenuto rapporti con il sindaco di Seregno. Mantovani ha scritto su Facebook: «Avvenuta perquisizione questa mattina presso i miei uffici in relazione ai fatti (su cui indaga la procura di Monza) di cui nulla so, che apprendo dai media di stamane e che sono lontanissimi dal mio agire politico e personale. Nulla è emerso. Sempre a disposizione della trasparenza e della legalità». Secondo la ricostruzione delle indagini, Lugarà avrebbe dato «la disponibilità e l’impegno a procurare consenso elettorale e l’appoggio politico» durante la campagna elettorale del maggio e giugno 2015 a favore di Mazza «nonché assicurando l’appoggio di Mantovani». «Ciao Mario ti ringrazio molto per la vittoria di Seregno è anche merito tuo, quando puoi ti vorrei incontrare», scriveva Lugarà in un sms.
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