Hanno sgomberato il Cara di Mineo. Sì, ma come?
«Abbiamo sgomberato il Cara di Mineo»: il ministro dell’Interno Matteo Salvini annunciava festoso qualche tempo fa l’ennesimo sgombero, da parte di chi, incapace di costruire, esulta ogni volta che riesce a distruggere qualcosa come è nella sua indole da ruspatore sempre in favore di telecamera incapace di stare nel posto dove dovrebbe stare e sempre alla ricerca di nuove demolizioni (di persone o di diritti) per mantenere la propria immagine da duro.
Alcuni degli sfollati del Cara di Mineo invece sono finiti (ma va?) stipati nell’ex-caserma Gasparro nel rione Bisconte di Messina e le condizioni di vita (era difficile riuscirci, in effetti) sono addirittura peggiori di quelle a cui erano abituati. Il ministro dell’Interno ha pensato bene di stipare decine di letti a castello in stanze dove, le immagini parlano chiaro, non ci sono nemmeno i centimetri per poter passare tra un letto e l’altro. Con una capienza massima di 250 posti la caserma ospita oggi almeno 300 persone, tutte in attesa che venga valutata la propria richiesta di asilo e tutti in fila nei pochi bagni che la struttura ha a disposizione.
Ma non è tutto, no, no, aspettate. Nel Cara di Mineo c’erano circa mille e cinquecento persone che sono state (per così dire) distribuite tra Palermo, Agrigento, Messina e Trapani. Perché, nonostante la retorica salviniana le persone, come si sa fin da piccoli, non spariscono nel nulla nonostante le premesse e le condizioni dei diversi centri siano tutte assolutamente emergenziali.
Anzi, no. Non è vero. Spariscono le persone. Eccome. Si dissolvono nel nulla quando vengono caricati sui pullman (di cinquanta in cinquanta, come merce da spargere in giro, come sacchi dell’umido da nascondere negli anfratti perché tutto intorno sembri pulito) e scappano inoltrandosi nella campagna cercando soluzioni per raggiungere altri Stati europei. Un disastro organizzativo che sta facendo indignare tutte le associazioni umanitarie che tengono sott’occhio la situazione ma che non riesce a trovare spazio sulle pagine dei giornali e figurarsi nel dibattito pubblico.
Rimane un’immagine, iconica e solitaria, del ministro che ripete in ogni intervista: «Sul Cara di Mineo stiamo mantenendo le promesse.»
Contento lui. Intanto ci piacerebbe sapere dove sia, tutta questa sicurezza tanto decantata.
Buon martedì.
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