Turbativa formale, i giudici scoprono il ruolo politico dei sindaci
Sono parole che in un Paese normale aprirebbero un sano dibattito sul potere di discrezionalità quelle con cui la Corte d’Appello di Milano motiva l’assoluzione per l’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, finito nel tritacarne politico per una condanna in primo grado per turbativa nel bando di gestione delle piscine comunali che gli è costata dieci giorni di carcere poi una condanna a 10 mesi. Le giudici Rosa Polizzi, Angela Fasano e Roberta Nunnari hanno analizzato i profili penali «scevri da ogni lettura indotta da impostazioni soggettive, non immuni da una polemica politica o locale» (e sarebbe un’ottima postura anche per la politica e il giornalismo) rivenendo «la coerenza degli obbiettivi perseguiti da Uggetti».
Scrive la Corte che «non risulta essersi verificato alcun sviamento di potere, nemmeno nell’esplicazione di quel margine discrezionale di intervento riconosciuto dalla legge per l’esercizio di potere e di indirizzo; nemmeno, secondo la Corte, può fondatamente affermarsi che l’obbiettivo di un’incidenza indebita e collusiva sul bando di gara, atta ad integrare il reato come contestato, abbia animato le intenzioni degli imputati». Ma le motivazioni della sentenza di assoluzione spingono a una nuova e più ampia lettura del reato di turbativa, al di là del singolo caso. Scrive la Corte: «Ci si deve, infatti, confrontare con la necessità di non punire indiscriminatamente le mere irregolarità formali attinenti all’iter procedimentale, irregolarità che, invece, devono essere idonee a ledere i beni giuridici protetti dalla norma, non essendoci un interesse fine a se stesso a garantire la regolarità e la trasparenza della gara, essendo la tutela della mera regolarità formale dell’asta e della pubblica amministrazione non il bene tutelato dall’articolo 353 c.p., ma un presidio per la libera concorrenza, strumentale al perseguimento dell’interesse della Pubblica Amministrazione».
«Dunque – scrivono le giudici – la turbativa non ricorre in presenza di qualsiasi disordine relativo alla tranquillità della gara, essendo necessaria una lesione, anche potenziale, agli scopi economici della Pa e all’interesse dei privati di poter partecipare alla gara, dovendosi comunque guardare alla realizzazione delle condizioni per la migliore soddisfazione delle esigenze utilitaristiche della Pa»· Insomma, il sindaco non è un mero esecutore di norme e meccanismi burocratici ma evidentemente gli tocca fare anche il politico. E anche sulla contestata questione dei contatti dell’ex sindaco con realtà associative del territorio (che tanto ha fatto gridare allo scandalo certi superficiali manettari) nella sentenza si legge che l’esercizio della responsabilità politica «può comportare e tollerare, purché non ne sia fuorviato, certo la consulenza ma anche l’ascolto dei soggetti della società civile interessati»· Il ministro Di Maio in luglio aveva rivolto le sue scuse per «l’imbarbarimento del dibattito associato ai temi giudiziari». Ora, uscite le motivazioni, si aspettano tutti gli altri che, vedrete, non arriveranno.
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