LEFT (da domani in edicola e oggi online): cosa ci abbiamo messo dentro
Io continuo il mio racconto sulle rotte dei migranti. Questa volta sono andato a Ventimiglia.
Poi direi che la copertina dice già molto:
Trovate tutti gli argomenti qui.
Io continuo il mio racconto sulle rotte dei migranti. Questa volta sono andato a Ventimiglia.
Poi direi che la copertina dice già molto:
Trovate tutti gli argomenti qui.
Una mia lettera a Civati, Fratoianni e Fassina ma in generale a chi ha a cuore costruire a sinistra.
La trovate qui.
Gli affezionati che seguono questo piccolo blog sanno come da qualche settimana io abbia in testa il tarlo del “quando abbiamo smesso di essere buoni”. Ne ho scritto qui e qui e anche in redazione abbiamo avuto modo di interrogarci.
Per questo penso che il numero di Left in edicola da oggi sorprenderà i miei lettori per il tema in copertina: “elogio della gentilezza”.
Ho avuto modo di parlarne per la storia di copertina con Cecilia Strada, presidente di Emergency, e mentre parlavamo di buoni e buonisti abbiamo finito anche per riflettere sulla sinistra. Nello stesso numero ho intervistato anche Fabio Rustico, ex giocatore dell’Atalanta, ex assessore al Comune di Bergamo e calciatore “atipico” per cultura, istruzione e prese di posizioni. Oggi è finito a gestire un’azienda agricola che si occupa di biodinamica a Pantelleria
Per il resto trovate tutto qui
(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)
Ho intervistato Pippo per provare a capirci (e far capire) qualcosa su quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi. Ovviamente io e Pippo (aggiungo: fortunatamente) abbiamo tropee cose in comune per perderci nei tatticismi quindi credo che l’intervista almeno sia limpida. La trovate su Left cliccando qui.
di Luca Sappino
QUEI GRILLINI DELUSI DA BEPPE
di Ilaria Giupponi
UNA RETE DAL BASSO PROPONE IDEE
di Donatella Coccoli e Raffaele Lupoli
DELL’ITALIA DEI NO NON SI FA A MENO
di Tiziana Barillà
ANCHE STEFANO FASSINA SULL’USCIO DEL PD
di Giulio Cavalli e Luca Sappino
25 MOTIVI PER DIRE NO A RENZI
di Michela A.G.Iaccarino
CONSIGLI PER GUARIRE DAL RENZIPENSIERO
di Giorgia Furlan
speciali regionali
IL CAPOLAVORO DC DI DE LUCA
di Raffaele Lupoli
ALL’OMBRA DELL’ULIVO RINSECCHITO
di Vincenzo Cramarossa
diritti
IL CARCERE HA FALLITO
di Luigi Manconi
LA GALERA SERVE A CHI STA FUORI
di Ascanio Celestini
lavoro
UNA TRANQUILLA GIORNATA DI LOTTA
di Tiziana Barillà
L’ULTIMA FRONTIERA, PIÙ COLF PER TUTTE
di Marco Craviolatti
spagna
IL PODEMOS DI CENTRO ALLA PROVA DEL VOTO
di Tiziana Trotta
grecia
IN GIOCO È LA DEMOCRAZIA EUROPEA
di Andrea Ventura
califfato
LA VIOLENZA DELL’IS CONTRO LE DONNE
di Umberto De Giovannangeli
israele
GLI ULTIMI NOMADI DEL DESERTO
di Michela A.G.Iaccarino
festival di cannes
NIENTE SELFIE, SIAMO FRANCESI
di Daniela Ceselli
salone del libro
SIGNORELLI: «IL MIO DE MARTINO, LAICO E UMANISTA»
di Simona Maggiorelli
scienza
COMINCIA L’ERA DELLA MEDICINA AD PERSONAM
di Pietro Greco
cinema
SOLARINO: «SE UNA COSA È BELLA BISOGNA DIRLO»
di Alessandra Grimaldi
Ne ho scritto per L’Espresso qui.
Oggi mi tocca essere d’accordo in toto con Alessandro Gilioli:
Non so se mi sono perso qualcosa, ma credo che da questo breve ritratto vi sia chiaro perché da alcuni mesi qui scrivo praticamente di tutto – dall’eutanasia alla Libia – ma non della sinistra italiana: non essendo questo un blog comico.
Siamo alla sinistra ad personam: ciascuno con il suo bastone, a segnare il cerchio attorno a se stesso, come Doris nella pubblicità della banca Mediolanum, e gli altri fuori.
Il resto è qui.
Nel numero di questa settimana di LEFT (in edicola a partire da ogni sabato) abbiamo voluto vedere “da sinistra” l’elezione del Presidente della Repubblica e i fatti della settimana. Si apre così la mia collaborazione con il settimanale e quindi se cercate LEFT dentro troverete (anche) me. Questo è il mio editoriale di questo numero:
Quando ero bambino una volta alla settimana toccava obbligatoriamente la minestrina. Non si sfuggiva: ogni settimana era un supplizio inevitabile condito dall’entusiasmo descrittivo di mia madre che me la impiattava con iperbolici aggettivi ogni settimana nuovi e diversi, eppure ogni settimana era poi sempre solo la solita minestrina. Un mio compagno di giochi, avremo avuto sì e no cinque o sei anni, mi raccontò di essere riuscito a superare la minestra di casa convincendosi che fosse buonissima. «Ma ti piace?», gli chiesi e lui: «No, ma se mi convinco che è buona prima o poi magari la mangio volentieri». Fu così che capii che i problemi sono spesso comuni ma le soluzioni invece sono molto differenti.
Matteo Renzi, in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, come spesso accade, ha voluto essere la mamma con la minestrina obbligatoria e contemporaneamente l’amichetto furbo che ti aiuta a scamparla, e non stupisce che ci sia riuscito ma atterrisce il come: ha capito che per portare a compimento il proprio processo politico (rivestire di sinistrofila modernità la stantia democristianità) serviva aggiungerci i sapori giusti dell’antimafia, del lutto, della mitezza, di un consono cattolicesimo, e il menù fisso sarebbe stato un successo. E infatti i sempiterni democristiani Fioroni e Rosy Bindi (ma anche qualche forzaitaliota e i nuovicentrodestri) hanno pianto lacrime di gioia sull’elezione di Sergio Mattarella. Dicono che Renzi sia stato bravissimo a trovare un candidato che il centrodestra non poteva non votare, scrivono i giornali in uno spaventoso coro unanime che Renzi ha spaccato il centrodestra, esultano i morotei, esultano i miglioristi, esultano i fanfaniani.
E la sinistra? Non pervenuta: inghiottita nel conformismo del pensiero unico e disarmata dall’odore di incenso. Non sia mai che si parli di un famigliare vittima di mafia uscendo dal pietismo piallante, non sia mai che si metta in discussione un democristiano solo perché democristiano, un cattolico solo perché cattolico, o un politico solo perché riservato: in questo Paese la mediazione al ribasso è una vittoria politica, il servilismo intellettuale un cromosoma trasversale e il dibattito è solo un esercizio stanco da campagna elettorale e così la laicità, la lotta sindacale, i diritti (verrebbe da scrivere: la sinistra) sono stati sospesi per apparecchiare tranquilli al nuovo Presidente.
I resti della “sinistra” (a sinistra del Pd e a sinistra nel Pd) ci dicono che poteva andare peggio, anzi ci invitano a brindare, ad apprezzare l’unità popolare, da Sel addirittura sottolineano che fu quello stesso Mattarella che si dimise per protesta contro Berlusconi e il voto sulla legge Mammì (era il 1990: Matteo Renzi aveva 15 anni, per dire) e che anzi dovremmo tutti concordare sul fatto che l’assenza dal dibattito politico sia un requisito presidenziale obbligatorio. No, scusate, non mi convinco, no: non ha vinto Renzi, ma ha abdicato questa sempre più logora sinistra che non ha gli strumenti culturali per descrivere uno slancio, per riuscire a vivere il momento “politicissimo” delle elezioni presidenziali un po’ più “in alto” di una settenaria riunione condominiale, per raccontare un’altra storia (come si diceva da queste parti prima di diventare tutti così vecchi e fiacchi).
Eravamo ai preliminari con i safari “sinistrosi” tra Syriza e Podemos, ci siamo sorbiti i pavoneggianti delle Leopolde sinistre e ora dovremmo esultare per la minestrina? No, grazie. Grazie, no. Scrive Mark Cirino che «la gente che dorme sotto la coperta del conformismo riposa bene, si fa le sue belle otto ore di sonno, ma fa sogni squallidi». Noi qui facciamo tanto per stare svegli, invece.
Sulla sparizione (ennesima) del pensiero di sinistra, accordati tutti al pensiero unico ne ho scritto per L’Espresso qui.