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Carelli (M5s) a TPI: “No ai responsabili. Riapriamo il dialogo con Renzi senza parlare del Mes”

Emilio Carelli è una voce autorevole e ascoltata all’interno del Movimento 5 Stelle. Ieri l’ex direttore di SkyTg24, in un’intervista al Corriere della Sera, ha aperto la porta a una nuova interlocuzione con Renzi e Italia Viva per scongiurare la crisi di governo, pur sapendo di essere in contrasto con i vertici del Movimento. Si è aperto un dibattito sull’affidabilità di Renzi e dei suoi. L’abbiamo intervistato per TPI.

Carelli, ieri ha detto le stesse cose che da giorni circolano anche nel Movimento ma che nessuno ha il coraggio di dire: riaprire a Renzi. Ne è ancora convinto dopo il dibattito che ha suscitato la sua affermazione?

Resto convinto. Anche perché il mio ragionamento parte da una premessa: in questo momento l’Italia ha bisogno di un governo con una maggioranza politica forte per gestire l’epidemia, il Recovery Fund e per guidare il G20. Non ho mai creduto alla soluzione dei “responsabili” che è lontana dai valori del M5S. A questo punto l’unica soluzione resta coinvolgere Italia Viva.

Però per coinvolgere Italia Viva bisogna cedere su alcuni punti politici. Per esempio: Renzi chiede il MES ma sul MES voi del Movimento non sembra disposti a intavolare discussioni…

Io penso che se procediamo con i veti e con i ricatti non andiamo da nessuna parte. Qui c’è di mezzo il futuro dell’Italia. Qualora ci sedessimo intorno a un tavolo dovremmo puntare su un patto di fine legislatura che trovi l’accordo su alcuni punti. La mia proposta è che i punti su cui l’accordo non c’è vengano accantonati. In questo momento il MES è un argomento divisivo, meglio metterlo da parte. Abbiamo 223 miliardi del Recovery Fund da spendere, cominciamo a fare dei progetti su questi. Sarebbe già una rivoluzione per il Paese.

Conte però sembra rimanere sulla sua stessa linea, ovvero mai con Renzi. Anche sulle sue dichiarazioni gli elettori del M5S si sono divisi. Come si può superare questo stallo?

In politica non bisogna mai dire mai, la politica è la scienza del possibile. Ho fatto un appello a Renzi: se lui ci offrisse degli spunti e delle garanzie per tornare a essere affidabile, perché rifiutarsi? Anche perché l’alternativa sarebbero le elezioni anticipate. In Italia in questo momento ci sono centinaia di morti ogni giorno, decine di migliaia di contagiati, provvedimenti da prendere a favore di chi rimane senza lavoro, e noi sospendiamo tutto per alcuni mesi?

Se si va a elezioni anticipate ci sono circa due mesi di campagna elettorale, un altro mese prima che si insedino le Camere, un altro ancora prima che si formi il governo. Sarebbero 4-5 mesi di stallo. Chi gestirebbe la situazione in una situazione del genere? Chi ragiona di politica deve tenerne conto.

Nel caso in cui non vada a buon fine la riappacificazione con Renzi, in uno scenario di Conte ter con i cosiddetti “responsabili”, vedrebbe la possibilità di un governo con margini di manovra?

Ogni volta che si è fatto ricorso a questo tipo di voti la situazione non è durata molto. Sarebbe un governo più debole, più fragile rispetto a un esecutivo che abbia alla base un accordo politico forte. A meno che i responsabili non si costituiscano in un gruppo organizzato di moderati di centro, fuoriuscendo dai loro partiti. Al momento, però, non vedo all’orizzonte questa soluzione.

Leggi anche: 1. Dilemma Ursula: tradire Conte e riaprire a Renzi può spaccare l’alleanza tra Pd e M5s? / 2. Bettini: “Renzi dia segnali di apertura, Conte imprescindibile”

L’articolo proviene da TPI.it qui

Antimafiosi solo per gli abbonati SKY

imageCattleya, la società di produzione della serie TV “Gomorra”, ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo che deve fare chiarezza sull’estorsione subita durante le riprese e così è riuscita a mandare in onda la propria puntata più brutta: come i maghi che per errore mostrano il trucco per uno svolazzo del telo.

La notizia è qui:

La procura di Napoli ha chiesto oggi al giudice del tribunale la condanna a complessivi 27 anni per i tre imputati accusati di estorsione nei confronti della società cinematografica Cattleya per la produzione televisiva di “ Gomorra la serie ”. L’inchiesta ruota attorno all’imposizione del pagamento di somme di denaro in favore di un clan camorristico di Torre Annunziata. E a versarlo sarebbero stati gli uomini della casa di produzione impegnata nella realizzazione di episodi per la tv che ha avuto grande successo che si ispirano a un marchio, quello di Gomorra, che in Italia e soprattutto nelle regioni con maggiore presenza mafiosa è diventato un importantissimo riferimento per quanti si impegnano a lottare le mafia, nelle istituzioni e nella società civile, e per quanti nutrono la speranza di un paese senza criminalità.

A sposare questi elementi è stata proprio Cattleya, che però, dall’inchiesta dei carabinieri, coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Napoli, ne esce come una vittima costretta a pagare i boss pur di girare senza aver problemi in una villa del clan. A questo punto, seguendo le linee di coerenza che il marchio Gomorra impone, ci si sarebbe aspettati che nell’udienza di oggi davanti al giudice, in cui si apriva il giudizio abbreviato per gli imputati, la casa di produzione Cattleya chiedesse di costituirsi parte civile. Un segnale importante per un territorio ostaggio dei clan. Ma nessuno della società che ha prodotto Gomorra lo ha fatto. Diversamente dalla Federazione nazionale antiracket che ha chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile contro questi tre imputati: il boss di Torre Annunziata Francesco Gallo, il padre, Raffaele, e la madre, Annunziata De Simone.

Gomorra e il pizzo alla camorra

Il brand Gomorra sviscerato da Sky con una serie che voleva essere educativa lancia il messaggio peggiore. Lanciare messaggi di legalità con atteggiamenti non etici e, peggio ancora, illegali è lo sport del duemila:

img1024-700_dettaglio2_gomorra-la-serie-skyEstorsione aggravata dal metodo mafioso alla casa cinematografica Cattleya per la produzione televisiva ‘Gomorra la serie’: per questi motivi sono stati arrestati tre esponenti del clan Gallo-Pisielli. Si tratta di Francesco Gallo, attualmente detenuto e ritenuto uno dei capi del clan, e dei genitori Raffaele Gallo e Annunziata De Simone. Secondo gli inquirenti, i rappresentanti della società sarebbero stati costretti a versare una somma ulteriore rispetto a quella pattuita da contratto per girare alcune scene a Torre Annunziata (Napoli), in un’abitazione di proprietà di uno dei parenti del boss. Per le riprese avvenute lo scorso anno, infatti, la società di produzione Cattleya aveva individuato come location l’abitazione di Francesco Gallo a parco Penniniello a Torre Annunziata, usata come casa della ‘famiglia Savastano’, protagonista della serie. Cattleya aveva accettato di pagare 30mila euro in cinque rate, ma dopo il versamento della prima, a marzo 2013, il 4 aprile Francesco Gallo è stato arrestato per associazione camorristica e la sua abitazione, dove stavano per iniziare le riprese, è stata sequestrata e gestita dall’amministratore giudiziario. Nel corso diintercettazioni telefoniche e ambientali è emerso che i parenti di Gallo avevano ottenuto da alcuni addetti alla produzione il pagamento di un’altra rata, anche se il canone doveva essere versato solo all’amministratore giudiziario nominato dal giudice. Una parte dell’inchiesta, inoltre, riguarderebbe inoltre una talpa che avrebbe avvisato gli uomini del boss sulle indagini in corso.

Lo scorso 6 maggio Il Fatto Quotidiano, in un servizio a firma di Antonio Massari, aveva annunciato l’esistenza di un’indagine sulla serie Gomorra con le ipotesi di estorsione e favoreggiamento. E ancor prima, a metà settembre 2013, sempre il nostro giornale aveva dato notizia dell’affitto pagato da Cattleya alla famiglia del boss. In entrambe le circostanze, la casa di produzione aveva aveva scritto al Fatto: la prima volta (nel 2013) per spiegare la vicenda della pigione versata ai parenti del boss, la seconda (maggio 2014) per negare l’esistenza dell’indagine. Oggi, però, sono arrivati gli arresti.