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spettacoli

Preparatevi: Salvini e Meloni per il 2 giugno faranno qualcosa di grosso per farsi notare a tutti i costi

Preparatevi perché domani il duo Salvini-Meloni proverà a fare più schizzi possibile per farsi notare e per ricordarci che esistono ancora. Scomparsi dal radar dell’agenda politica, infilati nella guerra al’Europa che invece ha dimostrato di esistere nel sostegno economico all’Italia, rinchiusi nella guerra agli Stati che non vogliono italiani in vacanza dimenticandosi del loro rincorrere chiusure e frontiere e ora balbettanti di fronte a una Festa della Repubblica che vorrebbero usare per racimolare qualche minuto di attenzione. Forti Meloni e Salvini, festeggiano il 2 giugno senza sapere che non ci sarebbe stato nessun 2 giugno senza il 25 aprile. E per farsi notare un centimetro in più avevano deciso di farsi un bel video deponendo una corona d’alloro ai piedi del Milite Ignoto, sostituendosi al Presidente della Repubblica per fare una foto spalmare sui social.

Simpatica la Meloni che si dichiara inorridita per non avere ricevuto l’autorizzazione di fare la controfigura, la brutta copia, del Presidente Mattarella. Ora dovrà inventarsi in tempi brevi qualche altra sceneggiata. E forte anche Salvini che al 2 giugno non si è mai fatto vedere (l’anno scorso lo festeggiava in Polonia camuffandosi da provincialissimo uomo internazionale) e che ora si dimostra fieramente innamorato di quella stessa bandiera italiana su cui ha sputato per anni. Visti da lontano i due sono un indecente spettacolo di quello che diventa la politica quando ha bisogno di trasformarsi in recita pur di farsi notare: spettacoli che durano solo il tempo di qualche articolo su qualche giornale mentre si consuma una guerra fratricida. Eh sì, perché nel centrodestra italiano tira anche una brutta arietta mica male con gli uomini di Forza Italia europeisti che stonano con gli altri due, con Salvini terrorizzato da Giorgia Meloni lanciata nei sondaggi e pronta a oscurarlo e Fratelli d’Italia che si sforza di essere di destra senza farsi superare a destra dai partitini di destra ma che deve essere moderata per andarsi a prendere i voti dei moderati. Sullo sfondo, come sempre, i fascisti in piazza rinchiusi nelle loro piccole sigle da prefisso telefonico per risultati elettorali.

Preparatevi perché la pandemia e la politica europea richiedono ai due commedianti di fare qualcosa di grosso, di dire qualcosa di forte per rubare qualche inquadratura: sarà il solito indecente spettacolo. Sarà l’ennesima festa nazionale usata per scopi di propaganda. Pronti a tutto e al contrario di tutto.

Qui gli altri articoli di Giulio Cavalli

L’articolo proviene da TPI.it qui

«Io mi sento di dire grazie a Giulio per questo romanzo (per gli altri due, per i suoi spettacoli per il blog che leggo come un quotidiano) e di suggerirlo, portarlo nelle scuole, perché è un dono d’amore»: Marco Radessi recensisce Carnaio

GIULIO CAVALLI – CARNAIO FANDANGO EDITORE

A DF il pescatore Giovanni Ventimiglia trova un morto all’attaccatura del pontile e poi Fitto, il cane della Lilly, ne annusa un altro sulla spiaggia. In breve, la superficie del mare è un sipario orizzontale che si apre e sfonda del tutto paratie e quinte e sputa sul palcoscenico del paese cadaveri tutti simili per dimensioni e colore della pelle. I corpi occupano ogni spazio calpestabile di DF: nel parlare quotidiano diventano ‘quelli’, per restare separati dagli indigeni.
La città è in preda ad un’invasione di pelle e organi umani: maschi giovani e ugualmente muscolosi rendono necessaria la reazione delle autorità cittadine (sindaco, medico, parroco, commissario). Roma se ne frega delle richieste di aiuto e si decide per l’azione pensata e costruita in casa. Come liberarsi di questi morti? Come trasformare l’operazione di ripristino della normalità in una dimostrazione di ‘città del fare mica del parlare’ e in un tornaconto elettorale? L’imprenditore fatto in casa ha pronto il progetto. E’ necessario governare il tempo, ripristinare la misura giusta, borghese della città (parole della Lilly, mica…). Sì, la trovata c’è ed è geniale. Grazie al sindaco, proprio ‘uno di noi’, e al buon cuore dell’imprenditore locale che finanzia l’impresa, questa comunità di morti restituirà, a costo zero di manodopera, il paese ai ‘vivi’ che li ha (r)accolti, consegnando alla parola tolleranza il più atroce e delirante – ma non per questo incredibile – dei significati. Inizia così – per accelerazioni narrative e immagini iperboliche ben salde sotto il controllo preciso e puntuale dell’autore – l’unico finale possibile per questo paese che ha scelto l’isolamento. .
Il ritmo sostenuto della scrittura e l’acuta vitalità della storia di Giulio Cavalli, rende impietoso il ritratto di DF. Immagini crude e roventi come lapilli ci rimbalzano sotto il naso fino a ustionarci: lasciano il segno e mettono in moto la domanda: ma qual è il limite, a che punto si fermeranno? Fino a quanto oltre è disposto a spingersi il paese (che poi sono i vivi: persone, cittadini, autorità comunali e clericali…) per darsi ragione e autogratificarsi?
A un terzo della lettura mi sono chiesto qual è il gancio che mi tiene appeso a questo libro, al litorale, ai personaggi e al succedersi di fatti tanto deliranti e rocamboleschi. Cosa mi porta a calpestare questi cadaveri e perché non mi sento in un racconto di fantascienza?
Ho proseguito la lettura e la mia memoria ha ‘riportato a galla’ il ricordo dei trecentosessantotto morti e i venti dispersi di Lampedusa; tutti gli altri ‘futuri mancati’, mutati in semplici addendi da sommare; il blocco delle partenze nei ‘porti sicuri’ dell’Africa (aspetto che qualche genio in divisa organizzi, da papà, una colonia estiva per i bambini, in nome della lotta alla povertà (o ai poveri?); i porti chiusi, qui non sbarca più nessuno; Mimmo Lucano; la nave Diciotti della guardia costiera non può attraccare; barche, gommoni ed esseri umani usati come voto di scambio di una battaglia erlettoralnavale, fino alle frittelle solo per bambini italiani regalate al luna park e ‘mica prendiamo una di Palermo’ Altro che DF, Giulio! Ancora un paio di alzate di genio, riusciamo ad andare oltre.
Poi vado ad un incontro sul decreto sicurezza e sento che a gennaio febbraio 2017 gli sbarchi sono stati 9448 (nell’anno 119.000); negli stessi mesi del 2018, 4731 (nell’anno 23.000); nello stesso periodo 2019, 215 e penso a ‘quelli’ fermi nelle zone sicure della Libia. Sento che con cinque milioni circa di immigrati regolari che qui lavorano, pagano le tasse e lasciano alla fine un bel gruzzolo nelle casse dell’Inps, il problemone del momento è stato per settimane come evitare lo sbarco di 47 migranti dalla Sea Watch.
Allora ho detto ok, Carnaio di sicuro non è fantascienza.
Non so se il termine ‘narrativa civile’ sia già in uso, ma questo romanzo (con tema diverso da ‘Santamamma e ‘mio padre in una scatola di scarpe’) gli appartiene, proprio per il filo che lo lega a questi giorni, che ormai sono anni, di crudeltà e legnosità mentale verso un problema che nessun mare, paratia o interesse elettorale trasformato in interesse per gli italiani, (af)fondato sulla paura e la miseria, può fermare.
La mareggiata è pericolosa, mortale, trascina in fondo anche col mare basso.
Io mi sento di dire grazie a Giulio per questo romanzo (per gli altri due, per i suoi spettacoli per il blog che leggo come un quotidiano) e di suggerirlo, portarlo nelle scuole, perché è un dono d’amore, per la sua scrittura esilarante e puntuale, mai ‘scontata’ e senza ‘sconti intellettuali’, dalla schienadritta come il suo teatro. Sono quei momenti in cui mi capita di respirare il profumo di quella pulizia e trasparenza ormai rari che a me personalmente scalda il cuore, tiene allenata la memoria e mi offre la possibilità di un’informazione senza sconti e pelosità.

Marco Radessi

I fascistelli a Milano non hanno capito come entrare in consiglio comunale

Siccome quegli sparuti di Casapound sono una pozzanghera che non hanno i numeri nemmeno per diventare amministratori di condominio ieri a Milano hanno pensato bene di inscenare un patetica protesta durante il consiglio comunale di Milano al grido «questa è la casa di tutti i milanesi» dimenticandosi, per scarsa dimestichezza con la matematica, che tra «tutti i milanesi» loro rimangono (per fortuna) una minoranza fin troppo tollerata nonostante la legge ne vieti l’esistenza.

Al di là della protesta contro il sindaco Sala non sono riusciti a trattenersi (gli capita spesso) dall’inscenare il loro torvo saluto romano oltre che qualche coretto da campetto di periferia. «Sono intervenuto andando verso di loro e gli ho ricordato, non proprio sottovoce, che i fascisti qua dentro non possono entrare e non hanno alcun diritto di parola. Non starò mai zitto su questo», ha scritto il consigliere comunale Paolo Limonta.

Non è finita qui. Dopo lo sconcio spettacolino i fascistelli in libertà hanno pensato bene di prendersela con i pacifici manifestanti dell’associazione Nessuna Persona è Illegale (una delegazione di NPI, invitata in comune dal Capo di Gabinetto del Sindaco per illustrare i contenuti del presidio di richiesta della residenza organizzato per oggi) mandando al Pronto soccorso una persona di sessant’anni.

Sorge però una domanda: ma perché la Questura di Milano (così prodiga e attenta per il decoro della Stazione Centrale) non riesce ad arginare quattro teppistelli? Perché, ancora una volta, si sente quel brutto odore dei “forti con i deboli” che non riescono ad essere ugualmente “forti” con i prepotenti?

A voi la risposta.

Buon venerdì.

(continua su Left)

Ci si muove. Ci si muove.

Giulio-CavalliHo abbandonato un po’ il blog. E torno subito. Perché sono stati giorni densi tra scrittura, programmazione e prove. Costruire, costruire.

Andiamo con ordine: ho già la valigia pronta per partire per Macomer dove è già cominciato il festival Conta e Cammina (qui la pagina Facebook) dove presento il mio romanzo ‘Mio padre una scatola da scarpe‘, incontro le scuole e per la prima volta presentiamo il nostro reading ‘Una storia in una scatola da scarpe‘. Tra le altre cose visto che sono da quelle parti presento anche il bel libro di Margherita Asta e Michela Gargiulo ‘Sola con te in un futuro aprile’ (lo potete comprare qui). Direi che i sardi hanno occasione di incrociarmi visto che mi fermerò tre giorni. Il programma del festival lo trovate qui.

L’amico degli eroi‘ si è fatto libro (trovate tutto qui) e all’edizione digitale tra poco affiancheremo anche quella di carta. Ne sono molto contento perché il nostro scopo era quello di preparare una “cassetta degli attrezzi” che contenesse gli atti giudiziari, il copione dello spettacolo e un’analisi della sparizione della memoria e credo che alla fine abbiamo cucito un bel libro. Aspetto i vostri commenti.

Sempre libri: molti di voi mi hanno scritto per dirmi che ormai è introvabile il mio primo libro ‘Nomi Cognomi e Infami‘. Ci sono molto affezionato e mica per niente è il padre di un monologo che, con tutte le sue naturali evoluzioni, ancora oggi mi trascina in giro per l’Italia. Ebbene, il libro di carta è qui. Eccovi accontentati.

Buona serata. Intanto.

(ah, tutti i miei appuntamenti sono qui)

CAVALLI DI BATTAGLIA, ci si vede a Milano

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Tutti per una stagione.
Serata inaugurale stagione 2015/16 CAVALLI DI BATTAGLIA
Mercoledì 16 settembre 2015 – h 20:30

Festeggiamo insieme agli artisti e alle compagnie in cartellone, che presenteranno estratti dei loro spettacoli.
Saranno presenti, tra gli altri, il direttore artistico Renato Sarti, Giulia Lazzarini, Bebo Storti, Alessandra Faiella, Margherita Antonelli, Rita Pelusio, Claudio Batta, Diego Parassole, la Filarmonica Clown, Max Pisu, Domenico Pugliares, Giulio Cavalli.

Conducono la serata: Margherita Antonelli, Alessandra Faiella e Rita Pelusio.

A fine serata sfizioso rinfresco per tutti.

INGRESSO LIBERO SU PRENOTAZIONE
02 6420761
info@teatrodellacooperativa.it

Informazioni qui.

Io me lo ricordo bene. Una mia storia.

Me lo ricordo talmente bene che potrei mettermi con una matita a disegnare tutti i dettagli se solo sapessi disegnare. Dico il giorno che avevo avuto la sensazione di avere il dovere di farcela. Ero giovanissimo egocentrico ma con il dosaggio contenibile dei ragazzi e mi ero detto che sarebbe stato bellissimo raccontare storie di professione, scritte e orali come all’esame di maturità, sul palco o sul foglio immaginando già che sarei finito a rovesciare fogli sul palco e palchi sul mio foglio. Il luogo davvero non era un granché originale visto che stavamo in fondo al corso dove tutti i ragazzini della città si strisciavano sperando di impigliarsi in qualche femmina: Corso Roma, come tutti i corsi Roma di tutte le città che mi è capitato di girare in Italia, tutti i corsi Roma come se tutte le città fossero finite ad essere qualcos’altro tentando di essere Roma. Io mi ricordo bene il sapore di quella speranza lì, che era una sfida certo ma aveva anche il corrimano delle possibilità, che insomma nessuno mi diceva che non fosse fattibile ma piuttosto che non fosse fattibile da lì,  in quel posto, da uno come me. Quindi impossibile non per me ma per quelli come me che erano tutti i lodigiani che al sabato di tardo pomeriggio sfilano per impigliarsi in Corso Roma e poi dopo la domenica è già lunedì e si frequenta il liceo dei figli della città bene, quelli che di lavoro faranno i figli dei propri genitori, almeno che non siano proprio scemi o diventino tossici.
Mi ero seduto al tavolino del bar di capolinea al corso, verso la periferia nella direzione che si allontana dalla piazza e c’era quel caldo alcolico che diventa sudore il primo secondo dopo il primo sorso di spritz. Eravamo io e Marco, anzi, io e Marco e chi ci aveva presentati perché pensava che ci dovessimo parlare io e Marco perché Marco veniva da Venezia (che fa sempre molto teatro per tutti i lodigiani del mondo), aveva studiato teatro (a Venezia, eh, per di più) e voleva mettere in piedi una compagnia teatrale proprio lì, proprio a Lodi, proprio in fondo alla coda sul culo di Corso Roma. Non ci eravamo nemmeno salutati con un garbo particolare, niente di più del rispetto per la presentatrice condivisa che stava seduta come se dovesse accadere la Creazione universale un’altra volta. Lo spritz era talmente mediocre, caldo e guarnito con una fragola troppo matura e sdraiata tutta molliccia, che mentre mi sorbivo l’introduzione che introduce tutte le presentazioni conto terzi mi ero ritrovato a pensare che sarebbe fallito in qualsiasi altro quartiere della città quel bar con quegli spritz caldi e il cadavere di fragola. Parlammo di tutto ciò che potesse essere potabile come prologo, di tutte quelle cose lì che ci prepariamo tutti come breve biografia pronta all’uso, solo con l’aggiunta di qualche momento di enfasi che ci era concesso a noi che volevamo fare gli attori, del resto.
Poi ricordo perfettamente, alcuni mesi dopo, quando io e Marco ci eravamo vestiti meno sbracati del solito ma con il solito tocco di enfasi, fermi nell’anticamera dell’ufficio dell’assessore alla cultura che era anche il vicesindaco di Lodi, era una donna, una donna in gamba che a ripensarci oggi è stata con noi più mamma che vicesindaco, Paola Tramezzani si chiamava, e quell’antisala ci sembrava una stanza ducale, o forse almeno a me perché Marco da Venezia era già più avvezzo agli stucchi, lui. Mi ricordo l’espressione che teneva, il vicesindaco, mentre noi le comunicavamo di essere già una compagnia teatrale bell’e finita, mancava solo che se ne accorgessero gli altri, lei per prima.
Ecco, io ho ancora nelle narici e sotto i polpastrelli quella nostra ambizione lì, così visionaria ma riconosciuta come un diritto da esercitare, quella voglia di prenderci il nostro posto nel mondo, mica il mondo, così ingenui e autentici ma con la sensazione che fosse possibile.
Oggi, non so se lo penso solo io, oggi manca questo senso di possibilità, che è diverso dalla speranza nuda e cruda e che innesca la meglio gioventù: quella che riforma, evolve e coglie la bellezza dell’affermazione. E ci rende un paese abitabile, denso.

Nelle accuse a Grillo facciamo i seri

Oggi leggevo Sergio Boccadutri nella pagina dell’attività istituzionale di SEL accusare Grillo di fare propaganda a pagamento perché

“Su internet sono facilmente reperibili le date e i prezzi di un tour a pagamento di Beppe Grillo in primavera che toccherà diverse città italiane proprio a ridosso delle elezioni europee, dal titolo non casuale, Te la dò io l’Europa”.

Io non amo i metodi di Grillo, non amo il suo linguaggio, non amo l’ignoranza esibita di alcuni suoi eletti e non amo lo svilimento della democrazia però non sopporto l’abbassamento del dibattito anche nel tentativo di demolirlo. Provo a spiegarmi: nel 2010 durante la mia campagna elettorale per le elezioni regionali in Lombardia alcuni esponenti del Popolo delle Libertà (a quel tempo Forza Italia si chiamava così) mi accusavano di fare politica nei miei spettacoli oppure di fare spettacoli nella politica. Ne ridevamo tutti. Insieme ci dicevamo quanto fossero vili nell’accusare le professioni intellettuali come conflitto di interessi. Poi è venuto il tempo di Celentano ma, a proposito di politica, già nel 1974 Gigi Proietti faceva politica negli spot per il NO all’abrogazione della legge sull’aborto (per i ficcanaso curiosi potete guardarvelo qui). Accusare Beppe Grillo di “fare propaganda a pagamento” è un attacco che non ha senso. Qualcuno mi dice “l’importante è che non faccia comizi” ma vi chiedo: se qualcuno vuole pagare i comizi di Grillo è un problema per la democrazia? No, non credo. Il tour di Grillo risponde a logiche commerciali e non a logiche politiche e in più non pesa sulle casse dello Stato. Io non amo Grillo ma non vedo gravità nei suoi spettacoli a pagamento nel Paese che finanzia Libero o Il Giornale. SEL che attacca Grillo nella sua attività attoriale (che può piacere o meno ma è “altro”) è una brutta caduta di stile. Prepari uno spettacolo Boccadutri, faccia un musical Renzi o prepari un circo Angelino Alfano, con soldi propri, con spettatori per scelta: questo sarebbe un Paese migliore.

Per il resto parliamo di politica, per favore. E la scelta della Boldrini di non dare spazio alle opposizioni è stata una pessima scelta.

Questo vi dovevo. Con tutta la mia lontananza da Grillo e dagli ultimi atteggiamenti di alcuni dei suoi.