I rigurgiti sul ‘volto di Dio’ di Castellucci
A Milano si muove un dibattito sull’opportunità di uno spettacolo teatrale. Mica 500 anni fa. Oggi. Anche il Vaticano dice la sua definendo l’ospitalità inopportuna. Quel Vaticano che ha tace su Don Verzè (tempestivamente indultato dal Signore), che abbandona i preti antimafia in trincea e che tace sulla moralità della classe dirigente di questo Paese. Quel Vaticano si dedica alla critica teatrale. Ecco l’appello pubblicato da www.ateatro.it
I “se” e i “ma” su uno spettacolo o su un’opera d’arte sono materia del dibattito critico o delle sempre legittime reazioni del pubblico. Ma quando la censura preventiva prende il posto del dissenso e diviene intimidazione, non è più questione di questa o quella interpretazione, è la libertà stessa di interpretare che viene messa in pericolo. E’ quanto sta accadendo con lo spettacolo di Romeo Castellucci “Sul concetto di Volto nel figlio di Dio” in programmazione al Teatro Franco Parenti di Milano: un’orchestrata campagna di minacce e di anatemi lo ha preceduto nel tentativo, sfacciatamente dichiarato, di non farlo andare in scena. Di fronte allo sconfortante avanspettacolo dell’intolleranza che si traveste da diritto di critica e dell’intimidazione che si richiama alla libertà di parola, pensiamo di non potere e di non dovere restare indifferenti. Tanto meno indifferenti nel momento in cui l’offensiva integralista contro lo spettacolo ha rivelato la sua vera natura investendo la persona della direttrice del Franco Parenti André Ruth Shammah con le espressioni dell’antisemitismo più classico ed abietto. Non si tratta di scegliere tra chi dice di aver scritto il suo spettacolo come una preghiera e chi, senza averlo visto, lo accusa di essere blasfemo (due cose che in molte opere d’arte del novecento si sono spesso confuse senza che questo generasse guerre di religione). Si tratta semplicemente di garantire a Romeo Castellucci la prima ed essenziale libertà di ogni arte e di ogni artista: quella di essere compreso o frainteso con cognizione di causa, di essere giudicato secondo la sua opera e non secondo il pregiudizio di un manipolo di fondamentalisti che agita la fede in Cristo come una clava identitaria. Chiediamo ai cittadini, agli intellettuali, agli artisti e a chiunque consideri la libertà dell’espressione artistica un cardine irrinunciabile della nostra esistenza civile, di non lasciare Romeo Castellucci e la sua opera nel cerchio di solitudine che l’alleanza tra il fanatismo di pochi e la reticenza di molti rischia di creargli attorno. “Sul concetto di Volto nel figlio di Dio” deve andare in scena. Massimo Marino (critico di teatro), Attilio Scarpellini (critico di teatro), Oliviero Ponte di Pino