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teatro civile

Recitare a schiena dritta. Intervista per Infooggi.

MILANO, 23 LUGLIO 2013 – Giulio Cavalli è attore ed è sotto scorta dal 2008. La ‘Ndrangheta non gradisce gli attacchi che lancia dal palco, le verità che racconta al pubblico di quel Nord dove per molti ancora vale il ritornello: «qui la mafia non esiste». I suoi spettacoli si ispirano a fatti realmente accaduti, al presente civile, sociale e politico dell’Italia. Da Linate 8 ottobre 2001: la strage (2007) sull’incidente aereo, a Bambini a dondolo (2007), sul turismo sessuale infantile, a Primo L. 174517 (2008), uno spettacolo ispirato al romanzo Se questo è un uomo di Primo Levi, agli spettacoli sul tema della mafia: Do ut Des, spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi (2008), A cento Passi dal Duomo (2009), Nomi, cognomi e infami (2009) e L’innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto (2011). Nell’aprile 2010 all’impegno teatrale ha affiancato quello politico, ed è stato eletto come consigliere regionale indipendente nella lista dell’Italia dei Valori in Lombardia; successivamente ha aderito al gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà, che oggi rappresenta nel consiglio regionale lombardo.

Nasce come artista di teatro. I suoi spettacoli si ispirano a fatti realmente accaduti, al presente civile, sociale e politico dell’Italia. Ha affermato che il teatro deve essere un «mezzo per mantenere vive pagine importanti della nostra storia». Deve avere l’obbligo morale di prendere una posizione netta in merito agli avvenimenti che accadono, un teatro di controinformazione. Crede che il teatro possa avere la capacità di influire sulla coscienza civile di un Paese?

Certo. Non lo dico io ma lo dice la storia del teatro. Attraverso la parola si costruisce il pensiero e, nel migliore dei casi, si coltiva la capacità di analisi collettiva. Il teatro poi, a differenza di un libro e soprattutto della televisione, richiede anche allo spettatore una “costrizione” fisica che non può esimersi da una partecipazione attiva: in teatro devi scegliere di andare, scegliere di vedere proprio quello spettacolo e difficilmente si riesce a liquidare l’esperienza in pochi minuti uscendone. In più in teatro ci si mette la faccia e il corpo ed è molto più facile capire se il portatore delle parole sia intellettualmente onesto. É una visione tattile, direi.

Diversi suoi spettacoli nascono da sentenze giudiziarie. In che modo avviene il processo di trasformazione di una sentenza in un’opera teatrale?

Cercando di cogliere all’interno delle carte giudiziarie la storia profondamente umana e il paradigma sociale. All’interno di molti processi si sono scritte verità che esulano dall’ambito giudiziario e descrivono comportamenti di questo tempo. Spesso gli atteggiamenti non sanzionabili per legge (ma comunque inopportuni) sono più significativi delle sentenze. L’umanizzazione delle carte giudiziarie è una scultura che è già disegnata nel cubo, basta farla venire alla luce. E’ un lavoro che ha bisogno di una buona arte di togliere e di una buona umiltà nel non aggiungere.

Dal 2010 è passato anche all’impegno diretto in politica; si è candidato alle elezioni regionali della Lombardia come indipendente nella lista dell’Idv. Come mai ha deciso di affrontare anche questo tipo di impegno? L’approccio culturale non era sufficiente a cambiare le cose? Una volta eletto ha aderito al gruppo di Sel, perché?

Perché il mio teatro è profondamente politico. Ed è politica tutto ciò che decide di non accettare le verità precostituite o semplicemente andare a fondo delle situazioni. Non credo nel “teatro civile” che si illude di fare cronaca o memoria. Si può essere apartitici, certo, ma una posizione politica sta in ogni narrazione che si rivolga alla coscienza civile di un Paese. L’attività all’interno delle istituzioni quindi non ha nulla di innaturale rispetto ad uno spettacolo, un articolo o un libro. L’appartenenza a questo o quel partito è semplicemente un mezzo. Che trovo poco interessante. In Italia la coerenza rispetto ad un’idea spesso è più ferma dei programmi o delle dinamiche di partito.

Dopo aver passato anni a negarne l’esistenza, si può dire che oggi la presenza della mafia al nord Italia è riconosciuta? Qual è la situazione attuale in Lombardia?

Certo è più sentita. Ma siamo ancora a livello di sterile litigio politico o semplice allarme. Manca il percorso di responsabilizzazione e di studio. Oggi il nord ha l’occasione di prepararsi alle mafie facendo tesoro del sud migliore ma è ostaggio di un federalismo che è più un embargo di esperienze positive che altro.

È autore del volume “Nomi, Cognomi e Infami”, racconta quale sia lo stato e le collusioni della criminalità organizzata nel settentrione, perché mettere in scena una realtà cruda come quella delle mafie?

Perché mentre chiedevamo di non avere paura siamo finiti sotto minaccia. Ed era inevitabile accettare la sfida.

Le mafie hanno uno o più lati disonorevoli?

Moltissimi. Spesso le mafie sono l’associazione organizzata dei vizi della malapolitica, dell’imprenditoria spericolata e della cittadinanza incostituzionale. E infatti sono i suoi compagni preferiti.

Per lo spettacolo “Do ut Des”, nel 2008, hai subìto delle intimidazioni mafiose. Da quel momento le è stata assegnata la scorta. Immaginava che il suo spettacolo potesse provocare un simile effetto? 

Non parlo di minacce. Mi annoia questa epoca di minacciati fascinosi come bomboniere della legalità. Sono stato minacciato come è minacciata più in concreto la bellezza e la moralità in Italia.

Cos’è la libertà e cosa rappresenta per lei?

Riconoscermi in tutto quello che faccio.

Se potesse tornare indietro, rifarebbe tutto?

Certo. Altrimenti sarei stato un omertoso, no?

Giulia Farneti (da qui)

Le categorie e i tipi umani cioè io

1giostraC’è qualcosa che mi sfugge nella lettura della politica che si sta propagando in questi ultimi anni. Fermi tutti: non voglio parlare di crisi di governo di soluzioni salvifiche o di alleanze per un nuovo centrosinistra. Niente di tutto questo. Parlo proprio di politica, quella con la p maiuscola che sta nei modi (e nei mondi) dello stare insieme, nel come ci guardiamo negli occhi, ci stringiamo la mano, interpretiamo il nostro essere colleghi, compagni, amici, amati o conoscenti.

Quando ho cominciato a fare politica (che poi seguendo il mio incipit si potrebbe dire “mai” nel senso di “da sempre”) mi sono accorto di un meccanismo perverso che ammalia tutte le classi intellettuali senza distinzioni di reddito o di istruzione:  la politica si può fare se eletti e una volta eletti si entra in un maleodorante pentolone da cui non ci si riesce a sciacquare nemmeno per tutti gli anni a venire. E non è un caso che quando si parla di impegno politico si usino diversi verbi di spostamento (scendere, salire, buttarsi) dando per scontato che la politica si trovi comunque “altrove”, in luoghi diversi secondo i partiti e le inclinazioni ma comunque non qui. Dove “qui” sta a significare il pascolo delle persone normali e i politici quindi diventano merce rara da riverire o vaffanculare a seconda dei propri umori; l’importante è che il sentimento sia comunque iperbolico.

Ecco, io non so se veramente il politico più lucido di tutti questi anni ad esempio non sia stato Don Ciotti, o forse il Ministro della Salute Internazionale non sia stato Gino Strada e Pasolini alla Coesione Sociale e Fo alla Cultura più di quanto non abbiano fatto molti altri ministri di cui non ricordiamo il nome se non è rimasto attaccato a qualche riforma da macelleria sociale. Come se il campo politico (o meglio sarebbe dire dei “condizionamenti sociali e culturali” che sono poi politica) si sia versato (ed è un bene) dappertutto e tutti continuino a fissare un bicchiere pressoché vuoto con solo i fondi di qualcosa che è Stato.

Quando ho cominciato a fare teatro, nella torbida provincia di Lodi per intendersi, in molti mi dicevano che “non era cosa”, che bisognava stare abbottonati senza lanciarsi in sfide senza prospettive (e senza reddito, perché che con la Cultura non si mangia l’ha detto uno ma lo pensano in molti). Quando la nostra sbrindellata compagnia ha cominciato a fare spettacoli proprio a forma di spettacoli che ormai non si potevano più annoverare tra le recite ci hanno detto che avevamo avuto fortuna e le conoscenze giuste. Così ci avevano detto. E tutti noi a chiedersi se veramente non fossimo riusciti a costruire un enorme assalto al mondo dello spettacolo lodigiano con macchiavellica incoscienza, roba da starci in analisi per qualche decina d’anni, per dire.

Poi abbiamo iniziato a costruire spettacoli “di teatro civile” (sì, lo so, civile e incivile sono cartellini buoni per un’esposizione fieristica ma volevo semplificare perché mi sta uscendo l’articolo più lungo degli ultimi mesi e mi chiedo sempre se viene la voglia di leggerlo tutto, un articolo del genere) e ci hanno detto che volevamo fare politica. Proprio così: troppo politicizzato, mi dicevano, anzi peggio, troppo comunista, barbone e capelli lunghi e tutte quelle cose lì che si dicono a quelli comunisti con la barba e i capelli lunghi che scrivono qualcosa che abbia cognomi di persone vere con condanne vere. Non si stava nemmeno male a fare il politicizzato: ti chiamano a fare il teatrante ma ti trattano da compagno come dovrebbero trattarsi i compagni sapendo che non ti sarebbe mai venuto in mente di prendere una posizione in un Congresso. Un compagno ma non troppo, nei luoghi e nei modi giusti, di quei compagni messi in condizione di non potere nemmeno sbagliare, direi.

Poi ci siamo detti che è una cosa strana questa cosa di dovere fare il politicizzato figlioccio dei politici (quelli della lettura propagata in questi ultimi anni) e alla fine non essere quasi mai d’accordo con loro, e fare la corrente di minoranza da un palcoscenico dietro le quinte non è proprio cosa, troppo fuori scena, troppo oscena. Facciamo politica, ci siamo detti. No, non farla, a ciascuno il suo, mi hanno risposto. Ed è una delle risposte che mi ha fatto arrabbiare di più di tutti questi ultimi anni. Poi siamo stati eletti. E’ stato eletto perché ha giocato la carte del vivere sotto scorta, mi dicevano.

Perché in tutto questo enorme catalogo di tipi che mi sono ritrovato ad attraversare c’è anche il fenomenale uomo scortato che in questa Italietta di stomaco e bocca piuttosto che cuore e cervello è una garanzia. Ma di questo ne ho già scritto e detto fin troppo e non tocca tornarci su. Per chi vuole informarsi c’è in giro parecchio materiale.

Ora succede anche che mi capiti (che fortuna) di scrivere. Scrivere proprio a forma di scrivere nel senso di libri a forma di libri. Quando per la prima volta avevo confessato di sognare un libro mi hanno guardato come mi hanno guardato quella volta lì che dicevo di volere fare teatro.

Poi è successo che nella vita si fanno delle scelte e ogni tanto la famiglia si declini al plurale. E allora diventano famiglie e diventa una scelta che in questo cattolicissimo Paese di preti troppo banchieri e puttane troppo parlamentari un padre che si separa è sempre un padre dissennato. Figurati poi se il letteratissimo, scortatissimo, politicizzatissimo decide di accompagnarsi con una donna di un’altra specie: vergogna, vergogna, una delusione, uno spreco, tutti uguali (e non si capisce mai chi a chi) oppure come scriveva De Gregori e poi tutti pensarono dietro i cappelli lo sposo e’ impazzito oppure ha bevuto. Anche su questo di materiale ce n’è fin troppo in giro ma non lesinerò una mia spiegazione una volta per tutte nei prossimi giorni, perché il sassolino voglio tenerlo in mano per qualche minuto anch’io.

Ora siamo qui, nella terra di mezzo come direbbe l’amico Fois, e in fondo ci sembra di essere nel luogo dove siamo sempre stati. Ma comincio a trovare noioso questo accalappiacani che vorrebbe insegnarci i tipi, le etichette e le normomodalità. Facciamo la nostra parte. In tutte le parti in cui ci è possibile dire qualcosa.

Se vi disturba, beh, se vi disturba allora funziona.

Teatro anti-borghese

delbonoMenzognaIl teatro deve sollecitare qualcosa che ha a che fare con l’inconscio e con l’andare oltre le convenzioni della mente. Questo, secondo me, significa fare un teatro anti-borghese: andare nel profondo delle cose. Quando la tipica abbonata da teatro stabile mi chiede di “capire che cosa significa lo spettacolo”, credo che stia chiedendo all’arte le stesse convenzioni della più banale narrazione televisiva, nel senso che vuole essere garantita e rassicurata nel suo livello di comprensione più superficiale.

Quando si va nel corpo, si entra nelle ferite del corpo in una comprensione autentica del corpo, il risultato è radicalmente diverso: lo spettatore mette in gioco le sue emozioni, anche le più oscure. Questo, per me, è l’effetto politico che il corpo senza menzogna può produrre sulla scena.

Un giorno, facendo una lezione alla Scuola d’Arte, dissi ai ragazzi: quando andate a vedere un grande museo, mettiamo il Louvre, cinquanta o cinquecento sale, magari vorreste averle viste tutte, però non ce la fate, per voi è troppo. Provate una specie di senso di colpa culturale, sentite che manca qualcosa. Non esistono musei che espongono un solo quadro, e invece potrebbe essere meraviglioso. L’arte ha senso solo se la percepisci in profondità, se ti cambia qualcosa dentro. E allora sì che basta solo un quadro.

[…]

*

Estratti da Pippo Delbono. Corpi senza mezogna. A cura di Leonetta Bentivoglio. Barbès: Firenze, 2009.

Tra teatro civile, memoria e impegno: sabato ci vediamo nel nostro Piccolo Nebiolo

Per il nostro piccolo e impegnativo (e impegnato) Centro di Documentazione Teatro Civile ci vediamo sabato con Daniele Biacchessi, Tiziana Di Masi, Massimo Priviero (e me) per discutere della bella iniziativa dell’Associazione Arci Ponti di Memoria.

In tempi bui di cultura e teatro forse è davvero il momento di fermarsi a pensare, pensarci e ripensarci se è il caso. Ci si vede lì.

Ecco il comunicato del nostro Piccolo Teatro Nebiolo:

Il prossimo appuntamento con la Stagione del Teatro Nebiolo è SABATO 1 DICEMBRE alle ore 21:00. DANIELE BIACCHESSI, GIULIO CAVALLI, TIZIANA DI MASI E MASSIMO PRIVIERO, diversi ospiti insieme a Tavazzano che, partendo dalle esperienze di teatro, musica e giornalismo, racconteranno il progetto dell’associazione “Ponti di memoria”. Una serata per riflettere sul valore della memoria.

Partendo dal lavoro svolto dal Centro di Documentazione per il Teatro Civile, dagli incontri organizzati, dai temi affrontati, discussi e approfonditi, non poteva mancare a Tavazzano una serata dedicata al valore della memoria. Prendendo spunto dalla nascita dell’Associazione Ponti di Memoria, il Nebiolo dedica una serata alla memoria, strumento fondamentale per leggere e rispondere agli stimoli che ci offre il presente. Memoria storica, ma anche impegno civile e sociale, ne parleranno con il pubblico il giornalista e autore Daniele Biacchessi (presidente della neo nata Associazione), Giulio Cavalli e Tiziana Di Masi che si soffermeranno sulla propria esperienza teatrale e il musicista Massimo Priviero.

Vi aspettiamo SABATO 1 DICEMBRE ore 21:00 – Incontro Centro di Documentazione per il Teatro Civile

Ponti di Memoria Con Daniele Biacchessi, Giulio Cavalli, Tiziana Di Masi E Massimo Priviero

Ingresso libero INFO: Teatro Nebiolo, Tavazzano Con V. (Lo) Via 4 Novembre, Snc. BIGLIETTERIA: orario per informazioni e prenotazioni LUN/VEN dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18. RECAPITI: tel. 0371.761268, cel. 331.9287538, m@il info@teatronebiolo.org  sito www.teatronebiolo.org

 

 

Saverio Tommasi intervista Giulio Cavalli

Da Fanpage.it

Giulio Cavalli è un attore e realizza spettacoli di teatro civile, ed è consigliere regionale della Lombardia. Giulio Cavalli è da anni sotto scorta perché minacciato dalla ‘ndrangheta: “Sono l’unico consigliere regionale che entra con i carabinieri, non esce con i carabinieri dal consiglio regionale”. Il nostro Saverio Tommasi ha deciso di passarci una giornata per raccontare, in esclusiva per Fanpage.it, l’uomo Cavalli. Il politico. L’attore. Il cittadino. L’arlecchino. Lo zanni. L’antimafioso. Lo scrittore. Giulio Cavalli ha avuto tante definizioni, non tutte corrette e non tutte date con affetto. Ma lui è tranquillo, sorride e s’impegna. E scherza: “Un tempo i giullari venivano seppelliti fuori dalle mura della città perché non erano ritenuti degni di stare con gli altri cittadini nemmeno da morti, come le prostitute. E se pensi che oggi un giullare e una prostituta sono nel consiglio regionale della Lombardia questo ti dà l’idea dello stra-ordinario”. Giulio Cavalli ci ha condotto nei luoghi di ‘ndrangheta, raccontandoci la famiglia Cosco di via Montello, a Milano, a due kilometri dal Pirellone, sede della regione Lombardia. E poi a Buccinasco, vero cuore della ‘ndrangheta milanese. Giulio Cavalli ci ha parlato di ‘ndrangheta, ma anche di scorta, di figli e di politica. E lo ha detto chiaramente: lui è candidato alle primarie perché “si è rotto i coglioni della faccia più democristiana del PD”, ed è convinto che il cambiamento, in Lombardia “non potrà venire da una faccia più onesta di Formigoni ma incapace di applicare politiche diverse”, ma potrà venire solo da un “deciso evoluzionario. Direi ‘rivoluzionario’, ma poi la Digos segnala. Perciò dico prepotente evoluzionario”. Perché Giulio Cavalli è così, gioca con le parole, ne riscopre alcune e tenta di strapparne altre alla cultura mafiosa. Tra queste anche “uomo d’onore”, una dizione spesso utilizzata riferendosi a personaggi mafiosi, ma che troviamo anche nella nostra Costituzione fra le qualità che un buon amministratore deve possedere.

La cultura che si oppone alle mafie

Video della conferenza su “La cultura che si oppone alle mafie”, del 18 maggio 2012, tenuta da Giulio Cavalli autore di teatro civile e Danilo Chirico, giornalista e scrittore.
Si tratta del penultimo incontro del corso di formazione “Legalità, cittadinanza e istituzioni dello Stato nell’ambito della lotta alle mafie”.
Gli incontri, in programma fino a luglio 2012, sono stati organizzati da Ascrid insieme alla Fondazione Basso e si inseriscono all’interno di un progetto della Tavola Valdese.

Intervento di Giulio Cavalli

Con Daniele Biacchessi, Andrea Riscassi e Paolo Bolognesi per interrogarsi sulla bomba della stazione di Bologna

Conoscere il passato per acquisire le chiavi di lettura sul presente. Vi aspetto

Il Teatro di Tavazzano (Lo) per la seconda serata del ciclo di incontri ad ingresso gratuito del “Cento di Documentazione per il Teatro Civile”, in programma venerdì 16 MARZO 2012 alle ore 21:00, si concentra sul più grave attentato mai compiuto in Italia e lo fa con Paolo Bolognesi, presidente dell’ “ASSOCIAZIONE TRA I FAMILIARI DELLE VITTIME DELLA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980”. Partecipano alla serata, Giulio Cavalli direttore del Nebiolo e i giornalisti Andrea Riscassi (Rai) e Daniele Biacchessi (Radio 24).


E’ il 2 agosto 1980, è mattina e la stazione centrale di Bologna è piena di gente e di treni in arrivo e in partenza. Alle 10,25 una bomba di eccezionale potenza scoppia nella sala d’attesa di seconda classe. L’esplosione, che investe anche alcuni vagoni fermi sotto la pensilina, provoca una strage: 85 morti e 200 feriti.

Nell’immediatezza dell’attentato, la posizione ufficiale del Governo italiano fu quella dell’attribuzione dello scoppio a cause fortuite, ovvero all’esplosione di una vecchia caldaia; tuttavia, a seguito dei rilievi svolti e delle testimonianze raccolte, apparve chiara la natura dolosa dell’esplosione, rendendo palese una matrice terrorista. Cominciò così una delle indagini più difficili della storia giudiziaria italiana.

L’1 Giugno 1981 si costituisce l’”Associazione Tra I Familiari Delle Vittime Della Strage Alla Stazione Di Bologna Del 2 Agosto 1980″ con lo scopo statutario di : “OTTENERE CON TUTTE LE INIZIATIVE POSSIBILI LA GIUSTIZIA DOVUTA”. (Statuto della Associazione, art. 3).
Tra depistaggi e disinformazione, lentamente e con fatica, attraverso una complicata e discussa vicenda politica e giudiziaria, e grazie alla spinta civile dell’Associazione, si giunse ad una sentenza definitiva della Corte di Cassazione. Ma a causa del protrarsi negli anni delle vicende giudiziarie e dei numerosi comprovati depistaggi, intorno ai veri esecutori e ai mandanti dell’attentato si sono sempre sviluppate numerose ipotesi e strumentalizzazioni politiche divergenti dai fatti processuali che hanno portato alle condanne definitive dei presunti esecutori materiali della strage.

Di quanto accaduto e delle vicende processuali ne parlerà il presidente Bolognesi durante l’incontro che verrà coordinato da Giulio Cavalli e che vede la straordinaria partecipazione dei due giornalisti ANDREA RISCASSI della Rai di Milano (caposervizio alla Tgr Lombardia) e DANIELE BIACCHESSI DI Radio 24 (Vicecaporedattore di Radio24-Il Sole24ore).

TEATRO NEBIOLO, VENERDÌ 16 marzo ORE 21:00 CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PER UN TEATRO CIVILE INCONTRO CON PAOLO BOLOGNESI “LA STRAGE DI BOLOGNA, 2 AGOSTO 1980” INGRESSO LIBERO E GRATUITO

Cambiamento climatico, questo sconosciuto

E’ stata una bella serata interessante e formativa quella con Stefano Caserini al Teatro Nebiolo per sfatare i miti sui cambiamenti climatici e provare ad analizzare il tema più a fondo. Qui il video completo della serata con la descrizione.

Tutti ne parlano, a volte a torto, altre a ragione. Quali siano davvero gli effetti e le cause del riscaldamento globale, però, è spesso materia ignota ai più. E, tra i non addetti ai lavori, circolano vere e proprie leggende alimentate da tanta cinematografia moderna e catastrofista e su cui l’ingegnere ambientale Stefano Caserini, lodigiano doc, dottore di ricerca in ingegneria sanitaria e titolare del corso di mitigazione dei cambiamenti climatici del politecnico di Milano, non potrà fare a meno di sorridere. È lui il primo ospite della rassegna di incontri del Centro di documentazione per un teatro civile del teatro Nebiolo di Tavazzano, in programma per questa sera alle 21 nella sala via IV Novembre. Tutti ad ingresso gratuito, gli incontri sono ormai un appuntamento fisso della stagione del Nebiolo e nel corso degli anni hanno ospitato scrittori, magistrati, attori; voci “impegnate” con l’intento di svegliare la coscienza critica dello spettatore. Ad aprire il cartellone del nuovo anno, ci sarà una serata a metà tra il racconto scientifico e le riflessioni ironiche dal titolo Il riscaldamento globale. Questo misconosciuto… e a cui prenderà parte anche il direttore artistico del Nebiolo, Giulio Cavalli, in veste di interlocutore sul palco. Un racconto che muoverà i primi passi attraverso una spiegazione semplice del problema dei cambiamenti climatici per poi passare agli atteggiamenti dell’opinione pubblica sul tema, passando dagli estremi del negazionismo all’esagerato catastrofismo attraverso articoli di giornale, dati, brevi video e spezzoni di film con cui si spiegherà, in modo anche ironico, la grande dimensione etica del problema climatico. E che riguarda, in larga parte, le generazioni future che si troveranno dinnanzi a un pianeta con un clima profondamente diverso da quello attuale. Se la responsabilità umana sulla “crisi climatica” è chiarissima alla comunità scientifica, è ancora ampia la diffusione di argomentazioni che negano la sua esistenza. Il risultato? Il pianeta “ribolle” anche se fuori dalla finestra nevica, anche se l’uomo non se ne accorge e continuerà a farlo fino a che le conseguenze nei prossimi decenni non sfoceranno in cambiamenti pericolosi che non potranno più essere ignorati. Da qui l’idea di affrontare nella serata anche la necessità delle piccole, e grandi, azioni quotidiane per offrire il proprio contributo e invertire la tendenza.


Venerdì parliamo di clima. Sul serio.

Per la prima serata del ciclo di incontri ad ingresso gratuito del “Cento di Documentazione per il Teatro Civile”, in programma venerdì 18 novembre alle ore 21:00, l’incontro con l’esperto lodigiano Stefano Caserini che – con la partecipazione di Giulio Cavalli – spiegherà in modo semplice e leggero il problema dei cambiamenti climatici, mostrando i pericoli del negazionismo ottuso e dell’esagerato catastrofismo a breve termine.

“Contrordine, fa più freddo”, ”Dov’è finito il riscaldamento globale?”. “Se il riscaldamento è globale…perché nevica?”

I titoli sulla questione climatica a volte sorprendono. Sembra che ad ogni inverno prolungato o primavera ritardata dovremmo mettere in discussione l’esistenza del problema del surriscaldamento globale. Sarà difficile, ma bisogna abituarsi: anche con il riscaldamento globale le ondate di gelo invernale saranno possibili. Saranno solo meno frequenti, mentre più frequenti saranno le ondate di calore, le estati con i giorni e le serate molto calde; come quelle, che ancora ricordiamo, dell’agosto del 2003. La responsabilità umana sulle variazioni climatiche degli ultimi decenni è chiarissima alla comunità scientifica, che ritiene in stragrande maggioranza inequivocabile l’attuale surriscaldamento del pianeta e considera elevata la probabilità che nei prossimi decenni il pianeta dovrà fronteggiare cambiamenti climatici, originati dalle attività umane, molto pericolosi per le persone e gli ecosistemi che abitano il pianeta. Nonostante questo, l’ampia diffusione di argomentazioni senza fondamenti scientifici, che negano l’esistenza della crisi climatica, a volte veri e propri miti e leggende metropolitane, fa sì che la percezione pubblica delle cause della crisi climatica non stia progredendo di pari passo con la crescita del problema. L’incontro si svilupperà attraverso la spiegazione del problema dei cambiamenti climatici, passando dagli estremi del negazionismo all’esagerato catastrofismo, fino ad arrivare ai più recenti dati pubblicati nella letteratura scientifica. Tra articoli di giornale, informazioni e dati, brevi video e spezzoni di film si spiegherà, anche in modo ironico, la grande dimensione etica del problema climatico, che riguarda in larga parte le generazioni future, a cui lasceremo un clima diverso da quello attuale. Infine verranno mostrate le possibili soluzioni, la azioni piccole e grandi che possono dare una mano per contrastare i cambiamenti climatici.TEATRO NEBIOLO, VENERDÌ 18 novembre ORE 21:00 CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PER UN TEATRO CIVILE, INCONTRO CON STEFANO CASERINI INGRESSO LIBERO E GRATUITO – INFO: Tel 0371 761268 Cel. 331 92 87 538 / e-m@il. info@teatronebiolo.org / sito www.teatronebiolo.org

Pietri e la maratona del Nebiolo

Un’anteprima del nuovo spettacolo di Cavalli per presentare il cartellone di Tavazzano

Un’apologia dei “secondi” per la quinta stagione del teatro

Il soffio della polvere ancora nelle orecchie, il cuore che martella nel petto, la solitudine di 42 chilometri, e «qualche centinaia di metri di resto», attaccata al cuore. Un «tonfo trionfale» davanti a 75 mila persone in visibilio nella Londra del 1908; un capitombolo nella Storia per Dorando Pietri, corridore di Correggio, classe 1885, ex garzone di pasticceria, finito a rincorrere il sogno dell’oro olimpico vinto e poi annullato. Una storia, quella di Dorando, scelta per intrecciare un’Apologia dei secondi, prossima produzione della lodigiana Bottega dei Mestieri Teatrali per il progetto Etre di Fondazione Cariplo e “anticipata” sabato sera, nella serata di presentazione della stagione del Teatro Nebiolo di Tavazzano, residenza della Bottega. Nebiolo n°5, «il titolo che è un eccesso di creazione e di intelligenza – ha scherzato il direttore artistico Giulio Cavalli – scelto per un anno importante che nasce da una rete e da molti incontri che hanno permesso di fare in modo che il Nebiolo sia sempre più la casa di tutti». Tra i nomi del teatro della stagione, Vittorio Vaccaro (12 novembre) con le Voci del Po, Walter Leonardi con Milano 70 Allora (11 febbraio), Marco Baliani con il suo Kohlnass (2 marzo, «maestro a cui tutti dobbiamo qualcosa che siamo fieri di poter avere tra noi»), lo stesso Cavalli con L’Innocenza di Giulio – Andreotti non è stato assolto con le musiche originali di Stefano “Cisco” Bellotti (19 maggio) e Urge di Alessandro Bergonzoni (23 febbraio) incluso nella stagione delle Vigne, a cui potranno accedere anche gli abbonati del Nebiolo. Due gli appuntamenti in musica (Yo Yo Mundi e i lodigiani Aca Beicho), nel nuovo cartellone torna la rassegna di filodrammatiche con le compagnie Il Pioppo di Luciano Pagetti (14 aprile) e Teatro Indirigibile (21 aprile). Novità del nuovo anno, il cineforum organizzato con la parrocchia e la commissione cultura, ma anche gli incontri dedicati alla memoria del paese (Tavazzano si racconta). Il lodigiano Stefano Caserini, Nando Dalla Chiesa, Paolo Bolognesi (presidente del comitato delle vittime della strage di Bologna), oltre a Daniele Biacchessi (con la collaborazione dell’Anpi lodigiano), sono i primi ospiti confermati del Centro di Documentazione per un teatro civile, che quest’anno aprirà anche al pubblico per la consultazione. «Il Teatro Nebiolo è una realtà importante del nostro territorio, in cui si fa cultura, ci si incontra – ha detto il sindaco di Tavazzano Giuseppe Russo – ed è ormai un punto di riferimento per il Lodigiano». Anche l’assessore alla cultura Marina Bertoni si è complimentata con la gestione «per una stagione profumata, come quella fragranza a cui rimanda il titolo, e di qualità». A portare il suo saluto anche l’assessore alla cultura del comune di Lodi, Andrea Ferrari, che in un videomessaggio ha ringraziato gli amici del Nebiolo per «l’intelligenza con cui hanno proposto un’integrazione e una collaborazione concreta tra i tre teatri del Lodigiano». Dalla sala di Tavazzano viene, infatti, l’idea di «una sorta di turismo teatrale» con gli abbonati di ciascuna sala che possono accedere al prezzo ridotto nelle altre due. «Abbiamo diminuito gli eventi per aumentare la partecipazione e ci siamo messi in rete – ha chiuso Cavalli – , ma noi abbiamo bisogno di voi. Vi chiedo quindi di esserci, di voler bene al teatro, al vostro teatro». Primo appuntamento con il Nebiolo, venerdì 4 novembre con Le canzoni di Garibaldi, spettacolo originale di Musicarte, organizzato dall’associazione culturale Amici del Nebiolo e compreso nella rassegna di serate ad ingresso gratuito sotto l’egida del comune. Rossella Mungiello