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teatro civile

Lecco: il 13 teatro civile contro la mafia

“A CENTO PASSI DAL DUOMO”
(lo spettacolo di teatro civile contro la mafia)
GIULIO CAVALLI sarà a Lecco venerdì 13 novembre,
ore 21, presso l`Officina della Musica.

“La mafia non esiste”. Figurarsi al Nord. “La mafia a Milano non esiste”. Non è mai esistita.
“E` tutta una montatura per screditare il ricco, produttivo, avanzato, civile, Nord Italia”.

C`è un`altra Italia che, fortunatamente, alle menzogne non s`è ancora piegata.
C`è un ragazzo di Lodi, di mestiere fa l`attore, che si chiama Giulio Cavalli.
Ha avuto una pessima idea: parlare di mafia nei suoi spettacoli (oltreché del disastro di Linate).
“Che gli attori facciano gli attori”, gli contestano i tutori dell`omertà.
Lui invece s`è convinto che il teatro possa e debba parlare di temi spesso “dimenticati” da politici, giornali e televisioni.
E così s`è permesso di parlare di mafia. Non solo (sfacciato!): addirittura di mafia a Milano.
Di quella Milano “da bere” che fin dagli anni `50 conobbe infiltrazioni mafiose nel mondo dell`economia, della finanza, della società, della cultura.
Eppure a parlarne, secondo i camerieri della disinformazione, non si fa che “screditare” i milanesi, i lodigiani, i lecchesi. Si manca di rispetto.

Molto meglio il silenzio.
Quello stesso silenzio che fa di Milano (e del Nord Italia) il nuovo centro operativo delle mafie.
Specialmente della `Ndrangheta.

Ospite della Carovana Antimafie, GIULIO CAVALLI porterà in scena lo spettacolo “A CENTO PASSI DAL DUOMO”, scritto insieme al giornalista Gianni Barbacetto.
Una fotografia lucida che ritrae la distratta Milano dall`assassinio di Giorgio Ambrosoli arrivando fino ad Expo 2015.
Perché a Milano la mafia c`è da un bel pezzo.

Per info/prevendite riguardanti lo spettacolo contattare:
lecco@arci.it – duccio4@gmail.com
Il prezzo del biglietto è di 5 euro!

La `Ndrangheta non ammorba soltanto Milano. La nostra città, Lecco, è anch`essa crocevia di traffici di droga, di armi, nonché roccaforte della famiglia calabrese dei Trovato, imparentata con i potentissimi De Stefano di Reggio Calabria.
Nonostante le inchieste della magistratura, le sentenze e gli ergastoli, la `Ndrangheta a Lecco (come nel resto del Nord Italia) continua a rigenerarsi senza sosta, grazie, soprattutto, al profondo legame di sangue che lega i componenti delle cosche.
Purtroppo però, senza l`apporto decisivo di una parte non ininfluente della classe imprenditoriale “pulita” lecchese e la presenza di un deserto culturale colpevolmente creato da istituzioni assenti, tale fenomeno non avrebbe mai potuto raggiungere un simile livello di forza e potere di pressione.
La consapevolezza del tessuto sociale sul tema dell`infiltrazione mafiosa è importante tanto quanto una sentenza di tribunale.
L`omertà e la sottovalutazione del fenomeno sono l`ossigeno di cui gli `ndranghetisti necessitano.

Parlare di mafia significa non restare indifferenti.

“Milano è la vera capitale della `Ndrangheta”
Vincenzo Macrì, Pm antimafia, estate 2008

Carovana Antimafie – gruppo di Lecco

DA MERATEONLINE

L’ARTICOLO QUI

Teatri della Legalità 2009/10: il teatro civile per studenti e famiglie

Prenderà il via il 4 novembre da Baronissi (Sa) la terza edizione de I teatri della Legalità, il progetto teatrale, culturale e sociale che mira a portare a teatro circa 65mila studenti in 22 comuni sparsi su tutto il territorio campano.

Esponenti della nuova drammaturgia italiana ed artisti riconosciuti a livello internazionale sono stai coinvolti: tra questi Emma Dante che presenta una sua produzione appositamente pensata per i ragazzi. Accanto a lei nomi che hanno fatto la storia del teatro civile in Italia come Marco Baliani, Ciro Pellegrino e Giulio Cavalli.

Ad aprire e chiudere (il 19 marzo, giornata regionale di lotta alla camorra) la rassegna sarà lo spettacolo La ferita di Mario Gelardi su testi di Ciro Marino, Angelo Petrella, Raffaele Cantone, Giuseppe Miale di Mauro, Roberto Saviano ed altri che confluirà poi nell’omonimo progetto letterario dedicato ale vittime innocenti di camorra.

Tra i vari testi proposti segnaliamo La Malacarne (Il 6 novembre al San Ferdinando di Napoli): un omaggio che Fortunato Calvino fa ai suoi peronaggi femminili ed alle sue attrici (Antonella Morea, Loredana Simioli, Roberta Serrano ed altre) proponendo brani da alcuni suoi spettacoli più noti come “Cravattari”, “Malacarne”, “Cuore Nero”, “Cristiana Famiglia” e “Donne di Potere” (questi ultimi due inediti).

Diversi i temi affrontati nel corso delle 170 rappresentazioni che vedono impegnate 65 compagnie: dalla lotta alla criminalità organizzata, l’immigrazione e i clandestini, i malesseri giovanili e i rapporti figli-genitori, le regole della democrazia e la cittadinanza attiva, la diversità e la malattia mentale.

In particolare il tema del bullismo viene affrontato in due spettacoli: Fuori Gioco (14 e 15 gennaio) scritto ed interpretato da Stefano Filippini, Gabriele Marchioni ed Enrico Montalbani; Nemico di Classe (4 e 5 marzo) con gli attori della Scuola di Teatro Ragazzi di Casa Babylon.

Numerosi i titoli proposti in occasione del 27 gennaio, giornata della memoria dell’olocausto tra i quali segnaliamo Idroscalo 93 (incentrato sulla morte di Pier Paolo Pasolini, diretto ed interpretato da Ivan Castiglione) e Arbeit Macht Frei di Aldo de Martino, ispirato a testi di Primo Levi, Anna Frank ed altri.

Quest’anno il progetto promosso nell’ambito di Scuole Aperte da Corrado Gabriele (Assessore al Lavoro, Istruzione e Formazione della Regione Campania) sotto la direzione artistica di Mario Gelardi ed il coordinamento organizzativo di Luigi Marsano, intende coinvolgere oltre ai ragazzi anche le famiglie con spettacoli al di fuori dell’orario scolastico.

Per info: 081 033 06 19 | 081 544 60 53 | info@iteatrini.it | iteatrini.it | teatridellalegalita.it

DA http://www.napoligaypress.it/?p=4122

«Teatri della legalità»: la genealogia civile della scena, da Baliani, Giulio Cavalli a Emma Dante

Sette mesi di spettacoli, 65 compagnie, 170 repliche, 300 professionisti: si recita anche negli ex covi dei clan

NAPOLI – I numeri quasi non sono da teatro: sette mesi di spettacoli, da novembre a maggio, 65 compagnie coinvolte in 170 repliche che vedono impegnate 300 persone tra attori, registi ed operatori delle istituzioni, della scuola e dello spettacolo.

Parliamo di «Teatri della Legalità», il progetto presentato all’Agis e promosso nell’ambito di «Scuole Aperte» dall’assessorato al lavoro, istruzione e formazione della Regione Campania guidato da Corrado Gabriele. A dirigerlo Mario Gelardi (regista del Gomorra teatrale) col coordinamento organizzativo di Luigi Marsano de I Teatrini, mentre a corare la sezione dedicata alle scuole c’è l’attrice Rosalba De Girolamo. Si parte il 4 novembre con «La ferita. La giusta parte».
Scritto da una pattuglia di autori (Riccardo Brun, Raffaele Cantone, Rosario Esposito La Rossa, Mario Gelardi, Giuseppe Miale Di Mauro, Ciro Marino, Angelo Petrella, Peppe Ruggiero e Roberto Saviano) vede in scena Ivan Castiglione, Daria D’Antonio, Giuseppe Gaudino, Giuseppe Miale Di Mauro, Adriano Pantaleo. Drammaturgia e regia di Mario Gelardi (dopo l’esordio a Baronissi per Exposcuola, giovedì 5, alle 11, lo spettacolo si trasferisce al teatro San Ferdinando, venerdì 6 novembre, a Mondragone, teatro Ariston lunedì 9 novembre al Castel Volturno, teatro Bristol).

LA GENEALOGIA DEL TEATRO CIVILE – Nella Campania della camorra, il teatro diventa il luogo civile in cui fare prevenzione con spettacoli, ma anche incontri, laboratori.
Schierata tutta le genealogia del teatro civile italiano, dal ceppo principale di Marco Baliani a Emma Dante, passando per Nando Dalla Chiesa, Giulio Cavalli, Armando Punzo e della sua Compagnia della Fortezza e Mimmo Borrelli.
Proprio a quest’ultimo si deve uno dei progetti più originali, «Sepsa», uno spettacolo messo in scena sui vagoni della società omonima e dedicato agli avvenimenti tragici legati alla ferrovia napoletana a partire dalla morte del rumeno Petru.
In rassegna anche storie di donne coraggiose (in «Croci Rosa» di Rosario Esposito La Rossa e «Anna Politkovskaja» di Ferdinando Maddaloni), frammenti di memoria (nelle «Storie di Guerra» di Stefano Cipiciani e in «Idroscalo 93» di Ivan Castiglione), racconti di guerra, di infanzia negata e di emigrazione (in «Stupidorisiko» della fondazione Emergency, «Piccoli fiammiferai» spettacolo sul lavoro minorile di Giovanna Facciolo, «Impronte digitali» la storia dei Rom raccontata da Tina Femiano). Tante le produzioni dedicate ai ragazzi portate in scena da artisti come Fortunato Calvino, Giovanni Meola, Rosalba Di Girolamo, Stefano Jotti, Antonello Cossia, Pietro Pignatelli, Prospero Bentivegna e Mara Baronti. Tutti gli spettacoli sono a ingresso gratuito.

BULLISMO E CAMORRA – «I temi – spiega Gabriele – sono: bullismo, conflitti e sfruttamento dei bambini-soldato, immigrazione e clandestinità, lavoro minorile e morti bianche, regole in democrazia e cittadinanza attiva, ambiente, diversità e malattia mentale. Questo teatro parla ai ragazzi in prima persona, li coinvolge nel presente, in tutto ciò che circonda le loro e le nostre esistenze. Nostro preciso dovere è offrire gli strumenti per comprendere tutto ciò e ostacolarne la pericolosa deriva».

IN VENTUNO COMUNI – Ventuno i comuni coinvolti. Oltre che a Napoli (dal San Ferdinando al Totò, passando per il Pan, il Pierrot e San Lorenzo Maggiore) gli spettacoli andranno in scena, spesso in strutture confiscate ai boss della camorra, a Marano di Napoli, Castellammare di Stabia, San Giorgio a Cremano, Ercolano, Afragola, Procida, Pompei, Santa Maria Capua Vetere, Mondragone, Piedimonte Matese, Casal di Principe, Castelvolturno, Salerno, Eboli, Pagani, Laurino, Ascea, Vibonati, Benevento, Avellino e Napoli città. «Nella costruzione del programma – commentano i curatori Mario Gelardi e Luigi Marsano – abbiamo voluto unire autori ed interpreti di primo piano nel panorama teatrale italiano, e non solo. Esponenti della nuova drammaturgia, artisti dal talento riconosciuto chiamati a pensare e proporre spettacoli per le giovani platee della nostra regione».
Info: 0810330619; www.teatrini.it e www.teatridellalegalita.it

LE GIORNATE DELLA MEMORIA – Il progetto prevede anche l’iniziativa «Le giornate della memoria», mobilitazioni culturali in date particolarmente simboliche, dal l 27 gennaio dedicata all’Olocausto al 19 marzo, anniversario della morte di Don Peppino Diana, proclamata giornata regionale di lotta alla camorra.

PROGETTI EDITORIALI – Due i progetti editoriali legati a spettacoli proposti, realizzati in collaborazione con la giovane casa editrice «ad Est dell’Equatore»: «La ferita», una raccolta di testimonianze in memoria della vittime innocenti di camorra, con la prefazione del Magistrato Raffaele Cantone ed il patrocinio di Libera. E «presente indicativo»: 18 scrittori napoletani debuttano a teatro raccontando la contemporaneità

DAL “CORRIERE DEL MEZZOGIORNO”

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LA MAFIA ALL’OMBRA DEL DUOMO

LA SCELTA DI SARA CHIAPPORI

All’operosa ombra della Madonnina, la mafia penetra, prolifera, fa affari, si installa nei luoghi del potere, contamina la società civile. Una criminalità organizzata efficiente,
ben camuffata con i suoi abiti firmati e ben introdotta con i suoi agganci negli ambienti giusti. Invisibile in superficie, ma non per questo meno pericolosa. Dopo Do ut des e nonostante le minacce ricevute, Giulio Cavalli torna a parlare di mafia nello spettacolo A cento passi da Duomo, scritto con Gianni Barbacetto (ancora oggi al Teatro della Cooperativa). Un bell’esempio di teatro civile, documentatissimo e coraggioso. Musiche dal vivo di Gaetano Liguori.

DA LA REPUBBLICA

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Giulio Cavalli in scena contro la mafia del Nord

L’unico attore sotto scorta. In prima linea come Saviano, combatte con i suoi spettacoli Cosa nostra in Lombardia «A cento passi dal Duomo» debutta al Teatro della Cooperativa di Milano: «È qui la vera capitale della ’ndrangheta»
MILANO –  Torna sul tema mafia Giulio Cavalli, l’unico attore sotto scorta, per colpa di Cosa nostra, appunto. Dopo il coraggioso Do ut des, l’attore e sceneggiatore che dirige artisticamente il Teatro Nebiolo di Tavazzano, nel Lodigiano, ha debuttato ieri sera in prima nazionale con A cento passi dal Duomo scritto con il giornalista Gianni Barbacetto (musiche di Gaetano Liguori). A ospitare lo spettacolo, che sarà adottato dall’associazione Libera, il Teatro della Cooperativa di Milano (fino a domani e poi dal 15 al 18). L’approfondimento sarà sulle famiglie mafiose al Nord. Cavalli, che l’altra sera era ospite di Santoro ad Annozero, spiega: «Il mio nuovo spettacolo, basato su inchieste giornalistiche e atti processuali, ha inizio con il silenzio milanese che ha accompagnato l’omicidio di Giorgio Ambrosoli e il suo funerale. Tra il 1974 e il 1983, in Lombardia ci sono stati 103 sequestri di persona per mano di mafia e ’ndrangheta calabrese. Sono stati dimenticati, come del resto i dieci maxiprocessi vissuti come fenomeni che hanno radici altrove, nel Sud. Anche oggi la nostra regione è intrisa di mafia. Milano è la vera capitale della ’ndrangheta: è parola del pm Antimafia Vincenzo Macrì. Il mio è un atto d’accusa contro il silenzio. Milano non percepisce i nuovi mafiosi in giacca e cravatta, le cui famiglie sono radicate sul territorio. Quando porterò il mio spettacolo a Buccinasco, sarà bello citarli a casa loro».
Come parte la sua vicenda personale? Non ha mai paura?
«No. Parte con amicizie siciliane: Rosario Crocetta (sindaco di Gela) e Giovanni Impastato (fratello di Peppino, il giornalista ucciso dalla mafia nel ’78) vogliono mettere in scena uno spettacolo che andasse a colpire arlecchinescamente Cosa nostra. Questo nel 2006. Nasce così il mio Do ut des, ispirato alle invettive satiriche che Peppino Impastato indirizzava al boss Badalamenti. Lo porto nelle piazze siciliane, ma i boss non hanno il senso dell’umorismo. Ricevo minacce di morte via lettera; fanno disegnare una bara con il mio nome sulla parete esterna del teatro che dirigo… Quindi scatta la protezione. Ho una scorta fissa di due persone da aprile».
Lei traccia nel suo spettacolo una mappa della criminalità organizzata in Lombardia e dintorni oggi.
«Sì, parlo di Piacenza, Cremona, Brescia, persino della tranquilla Lodi, degli arresti proprio di qualche giorno fa. Parlo del pentito Angelo Bernasconi legato alla famiglia gelese che occupa il mercato delle carni al Nord».
La Bergamasca ne è immune?
«Non credo che ci siano casi eclatanti. Tuttavia Vincenzo Macrì dice che non c’è zona lombarda immune. Però è vero che le collusioni tra mafia e politica sono meno evidenti in Lombardia. Dovremmo sfruttare questo stato di cose per fare prevenzione, anche in previsione di Expo 2015. Dobbiamo creare un’alfabetizzazione antimafia».
Come spiega il gesto del sindaco leghista che ha tolto la targa in onore a Peppino Impastato dalla biblioteca di Ponteranica?
«La lotta alla mafia è anche fatta di simboli. Ma non credo che gli amministratori lombardi siano in malafede. È una questione di non conoscenza».
Ha la solidarietà dei suoi colleghi?
«Io mi sento abbandonato dal mondo del teatro. Ho solo l’appoggio di Dario Fo e di Paolo Rossi. Mentre sento la vicinanza affettuosa di giornalisti e magistrati».
Roberto Saviano, debuttando a teatro con La bellezza e l’inferno, ha parlato del bisogno di spazio puro per la sua parola.
«Sono d’accordo con lui. Credo che il teatro sia ancora uno spazio genuino, non manipolabile. Ma altra cosa è l’istituzione teatro. È omertosa. Il teatro viene considerato di serie B. E sempre più spesso si fa un teatro civile spettacolare che non denuncia. E la critica basa tutto su valutazioni estetiche. A me e a Roberto questo non interessa perché siamo caduti dentro le cose che raccontiamo».

Mariella Radaelli

Cavalli sul palcoscenico con la scorta «Ecco la mafia a cento passi dal Duomo»

di LUCA VIDO — MILANO — GIULIO CAVALLI, milanese, classe 1977. Professione, attore, o quasi. Nel 2001 fonda, nel Lodigiano, la «Bottega dei mestieri teatrali», che troverà la sua sede solo nel 2007 con il Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco (Lodi), e firma le sue prime prove da autore e regista. Solo nel 2006 sale sul palco, spinto da quel geniaccio che risponde al nome di Paolo Rossi. E a quella del signor Rossi, in verità, molto assomiglia la sua parlata. Già, perchè Giulio Cavalli parla, dal palco, e non sta zitto. Nemmeno quando gli tagliano le gomme, gli mandano lettere minatorie, lo minacciano di morte e, tanto per gradire, gli fanno trovare una bella bara disegnata sulla porta di casa. Da allora è sotto scorta. Tutto è iniziato, ma non concluso, con «Do ut des» dall’esplicativo sottotitolo «spettacolo teatrale su riti e conviti mafiosi», in cui ridicolizza, proprio così, la mafia. E di mafia, e dintorni, tratta anche «A cento passi dal Duomo» che debutta questa sera, in prima nazionale, al Teatro della Cooperativa.
Vuoi dire che la piovra è arrivata anche sotto l’ombra della Madonnina?
«No, non proprio. Mi sono accorto che ridicolizzare la mafia funziona dove c’è un substrato…»
Ti interrompo… A questo punto ci sta a pennello l’aneddoto di Alcamo…
«Non la dimenticherò mai quella serata in Sicilia, è stato il momento in cui ho preso coscienza di quello che era veramente uno spettacolo come “Do ut des” in cui si gioca, come in una clownerie, sulla “punciuta”, ridicolizzando proprio il momento sacrale, il giuramento che il “picciotto” fa per entrare in Cosa Nostra. In piazza, ad Alcamo, non solo non ha riso nessuno ma la gente se n’è andata. Lì ho capito che non esiste solo il racket economico della mafia, ma anche il racket culturale. Ed è lì che noi operatori culturali dobbiamo lavorare».
Tornando a Milano?
«A Milano non c’è questo substrato mafioso, ma anche qui bisogna fare opera di alfabetizzazione per sensibilizzare. Esempio: Expo 2015. Certo, non bisogna fare entrare nel progetto, nei cantieri, imprese che abbiano legami con la mafia. Tutti d’accordo. Ma in “A cento passi dal Duomo”, scritto insieme a Gianni Barbacetto, vogliamo fare opera di sensibilizzazione perché ci sono imprese dal volto pulito che in realtà sono teste di ponte per il riciclaggio di denaro sporco. E il problema non è di tenere fuori dagli appalti queste imprese, ma di buttarle fuori, perché negli appalti già ci sono».
Roba da farsi rafforzare la scorta… A proposito come si sente un attore sotto scorta?
«Premettendo che trovo kafkiano dovermi difendere devo dire una cosa che sembrerà impopolare: sono schifato da questo voyerismo sulle scorte che si concentra solo su certi personaggi. Siamo a migliaia sotto tutela, impresari, politici, giornalisti, semplici negozianti. Mi piacerebbe ci fosse una solidarietà maggiore e non solo là dove il personaggio catalizza l’attenzione dei media. Io non mi sento il nuovo Saviano ma piuttosto il panettiere di Palermo che ha denunciato il pizzo e che, alle quattro di mattina, va a fare il pane con la scorta».
La tua vita quotidiana è cambiata?
«Faccio una vita molto nomade: al posto di avere due tecnici e tre collaboratori al seguito, in tournèe siamo due tecnici, tre collaboratori e le forze dell’ordine. Ma il sorriso, quei quattro imbecilli, non me lo tolgono».
Cos’è, per te, il teatro civile?
«Un istinto di sopravvivenza nato cinquecento anni fa, quando i giullari denunciavano che “il re era nudo” ma dovevano farlo senza poi morire di fame. Oggi somiglia di più a un funerale laico. Il teatro civile oggi lo fanno i giornalisti di inchiesta. Il teatro civile sta diventando molto incivile».
«A cento passi dal Duomo», da questa sera al Teatro della Cooperativa, via Hermada 8, info: 02.64749997.

DA IL GIORNO

2009-10-09

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Sul palco racconto la mafia a cento passi dal Duomo

La prima parte del titolo, «A cento passi», suona un po’ tetro ed evoca agli amanti del cinema il film-verità di Marco Tullio Giordana su Peppino Impastato, il sindacalista che pagò con la vita il coraggio di ribellarsi a Cosa nostra. La seconda parte, «dal Duomo», ha invece un effetto rassicurante ma è soltanto un’impressione. «A cento passi dal Duomo» è infatti uno spettacolo teatrale che parla di cosche in terra padana. Già. Regista, Giulio Cavalli, attore milanese da quasi un anno sotto scorta per le sue rappresentazioni di «teatro civile» contro la mafia. A Impastato, il piccolo grande eroe siciliano che sfidò don Tano Badalamenti, Cavalli si è probabilmente anche un po’ ispirato quando ha cominciato a trasmettere la sua rubrica «Radiomafiopoli» in onda sull’emittente Agoravox. Ma nel mirino di qualche mafioso, questo Saviano lombardo potrebbe esserci finito quando decise di mettere in scena, al Franco Parenti di Milano, la piéce «Do ut des», una parabola comica che sbeffeggia riti e conviti di Cosa Nostra: dalla «punciuta mafiusa», il giuramento di affiliazione dei picciotti, ai «pizzini» di provenzana memoria.
La voglia di ridere sembra essergli passata dopo le lettere anonime e il passaggio dalla «tutela dinamica» a quella «totale» da parte dei carabinieri di Lodi. La voglia di fare teatro a modo suo però, quella gli è rimasta. E allora eccolo oggi portare sul palco del Teatro della Cooperativa, in prima nazionale, il suo monologo musicale dedicato alla mafia giù al nord. Stavolta, però, niente guasconate, non ci saranno le burle di «Totò Nessuno» che da apprendista diventa sindaco di Mafiopoli. Sul palco saliranno soltanto i fatti: dati, condanne, inchieste giudiziarie e giornalistiche ricavate da atti pubblici e dall’Osservatorio milanese sulla criminalità organizzata al nord. L’io narrante di Cavalli dipingerà una mappa poco letteraria e molto neorealista delle attività della mafia (soprattutto ’ndrangheta) in terra lombarda, «che non porta la coppola ma dialoga con i colletti bianchi».
Nella sua lettura parte da lontano, «dal silenzio assordante» che accompagnò il delitto Ambrosoli, ai 103 sequestri avvenuti in Lombardia per mano di Cosa nostra tra il 1974 e il 1983, ai maxiprocessi sulle attività in padania, fino ai giorni nostri. «I giorni nostri -dice al Giornale- sono quelli delle famiglie che gestiscono il narcotraffico, come i Barbaro e i Papalia che controllano l’area di Buccinasco, i Rispoli che agiscono nell’area di Legnano, il clan Emmanuello che controlla l’hinterland meridionale. Non dimentichiamoci che Milano oggi è la capitale della cocaina e del riciclaggio. Molte società apparentemente pulite sono il frutto del lavaggio di denaro». Cavalli, però,si considera un ottimista e non ci sta a mettere il magone agli spettatori. «In realtà qui siamo ancora in una terra privilegiata perchè la società civile, e anche la politica, hanno gli anticorpi per difendersi». Sul palco l’attore fa nomi e cognomi, anche dei politici collusi. «Ma non parlo dei partiti, perchè il marcio sta dappertutto». Come pure il coraggio. «Ad esempio ho elogiato il consigliere leghista che a Lonate Pozzolo ha denunciato le infiltrazioni della famiglia Filippelli in alcuni cantieri di Malpensa. L’edilizia da queste parti fa molta gola».
Della grande torta dell’Expo, però, nello spettacolo quasi non si parla. «Non sono un populista e voglio evitare il rischio di facili strumentalizzazioni. In realtà è più utile guardarsi dietro l’angolo. Il pizzo, ad esempio, esiste ancora in Lombardia». Ma il «teatro civile» serve davvero a smuovere le coscienze? «A volte sì, e ne ho avuto conferma anche quando ho portato in scena al Piccolo la pièce sulla strage di Linate 2001 o quando, in Bambini a dondolo, ho rappresentato la piaga mondiale del turismo sessuale sui minori, di cui gli italiani purtroppo reggono la bandiera».

Mimmo Di Marzio

L’ARTICOLO QUI

A CENTO PASSI DAL DUOMO. Debutto nazionale al Teatro cooperativa dal 9 al 18 ottobre

Cari amici del Teatro della Cooperativa,
siamo felici di annunciarvi l’inizio ufficiale della nuova stagione. Un inizio doverosamente dedicato a Giulio Cavalli, artista coraggioso da sempre impegnato su temi scomodi. Impegno che purtroppo l’ha reso soggetto alle intimidazioni della criminalità organizzata. Quindi orgogliosi di ospitare, in prima nazionale il suo ultimo lavoro: dal 9 all’11 ottobre e dal 15 al 18 ottobre – prima nazionale

A CENTO PASSI DEL DUOMO
di Giulio Cavalli e Gianni Barbacetto
con Giulio Cavalli
musiche in scena di Gaetano Liguori

Giulio Cavalli dedica ancora una volta al tema della mafia la sua nuova proposta di teatro civile. Questo lavoro, che vede la luce al Teatro della Cooperativa, è stato scritto in collaborazione con il giornalista Gianni Barbacetto e si concentra sulla presenza delle famiglie mafiose al Nord. Una ninna nanna dolce per un risveglio brusco di quella Lombardia che si crede immune dalla mafia.
INFO Tel/fax: 02.64749997 e-mail: info@teatrodellacooperativa.it

A Cento passi… dal Duomo di Milano

Autore di testi satirici improntati a mettere in ridicolo anche un soggetto prettamente tragico come la mafia, Giulio Cavalli presenta da venerdì 9 a domenica 18 ottobre al Teatro della Cooperativa di Milano il nuovo spettacolo scritto con il giornalista Gianni Barbacetto, autore di una approfondita indagine sulla penetrazione mafiosa nel tessuto urbanistico e imprenditoriale milanese.

Cavalli, con spettacoli come Do ut des aveva già destato le “attenzioni” della criminalità organizzata, ricevendo pesanti minacce presso il Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villanesco (Lodi) che dirige da alcune stagioni. Malgrado ciò, questo giovane autore e attore nato a Milano nel 1977 non si è fatto intimidire, proseguendo nell’azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica che punta a non far calare l’attenzione sul fenomeno mafioso. A cento passi dal Duomo, questo il titolo dello spettacolo – che riecheggia il celebre film di Marco Tullio Giordana dedicato a Peppino Impastato – parte dall’omicidio eccellente di Giorgio Ambrosoli per ripercorrere le tappe del radicamento nel Milanese delle associazioni criminali – Cosa nostra e ‘ndrangheta in particolare – le quali risalgono addirittura ai primi anni Settanta. Una presenza certo meno visibile che nelle regioni tradizionalmente affette dal fenomeno mafioso, ma tenace e in costante espansione, che spesso si veste di tutto punto per riuscire gradita nei circoli cittadini più esclusivi. Da decenni i loschi affari delle famiglie mafiose e ‘ndranghetiste si compiono all’ombra della Madonnina, al punto che il pubblico ministero antimafia Vincenzo Macrì è giunto ad affermare nel 2008 – solo un anno fa, dunque – che “Milano è oggi la vera capitale della ‘ndrangheta”. Una Gomorra nel cuore finanziario d’Italia, insomma. Cavalli si esibirà accompagnato in scena al piano da un valido musicista come Gaetano Liguori.

Come detto, l’attività di Giulio Cavalli si esplica abitualmente nell’ambito del Teatro Nebiolo, nato nel 2007 per volontà della piccola amministrazione comunale del Lodigiano, che ha riadattato a centro civico un’antica cascina. Qui opera l’Associazione Culturale Bottega dei Mestieri Teatrali, fondata dallo stesso artista assieme al Centro di Documentazione per un teatro civile, che vuole recuperare e valorizzare l’impegno sociale del fare teatro. Un impegno che di recente è stato riconosciuto anche dalla Fondazione Cariplo, la quale ha incluso la sala di Tavazzano nel Progetto Etre di residenze teatrali e nel circuito dell’Associazione Etre. L’attività di Giulio Cavalli è sostenuta anche dall’Amministrazione comunale di Tavazzano, dalla Provincia di Lodi e dalla Regione Lombardia.

Il cartellone del Nebiolo si è aperto in questi giorni con il testo della Compagnia Teatrale Dionisi Patate. Una parola senza denti sulla guerra, per la regia di Renata Ciaravino. In programma anche Scarlattine Teatro, llinx Machine, AmnesiA vivacE con Circo Bordeaux ma anche testimoni veraci della canzone popolare come Nanni Svampa. De segnalare poi il ciclo di incontri organizzati dal Centro di Documentazione per un teatro civile, che vedrà intervenire testimoni autorevoli della lotta alla criminalità organizzata come don Luigi Ciotti ma anche giornalisti e scrittori impegnati sul fronte dell’informazione, da Carlo Lucarelli a Marco Travaglio. Il ciclo di incontri sarà inaugurato il prossimo 14 novembre da Gioacchino Genchi, il funzionario di Polizia di Palermo, grande esperto di informatica, che all’inizio di quest’anno era stato chiamato in causa ed indagato come presunto autore di intercettazioni illecite, venendo in seguito scagionato.

Www: Teatro della Cooperativa
Www: Teatro Nebiolo
Www: Il blog di Giulio Cavalli

http://delteatro.it/articoli/2009-10/a-cento-passi-dal-duomo-di-milano.php

Teatro civile, Cavalli fa “nomi e cognomi”

«È ora di raccontare storie e vicende che si trovano in molti atti processuali»
«Mi sono stancato di sentir parlare di propositi antimafia; è ora di fare i nomi, i cognomi e soprattutto sottolineare gli infami». Ci saranno le storie eccezionali di persone normali, che per scelta o per forza si ritrovano ad essere meno comuni di altre; ci saranno soprattutto i nomi e i cognomi di chi ha scelto di non piegarsi agli uomini d’onore, «perché l’onore quello vero è tutta un’altra cosa»; ci saranno anche loro, gli «infami». A chiamarli, uno per uno, dal palco del circolo Montecitorio di via dei Campi Sportivi a Roma, domani sera (alle 20), Giulio Cavalli, autore e drammaturgo lodigiano per l’evento-spettacolo Nomi, cognomi e infami, con la musica in scena di Davide Savarè. L’occasione è la tavola rotonda sul tema “Informazione, cittadinanza e legalità”. Tra i relatori, anche Andrea Purgatori, giornalista e autore per il cinema e la televisione, Sergio Nazzaro, giornalista e scrittore (autore di Io per fortuna c’ho la camorra), coordinati da Michele Meazza, vice direttore di Rai International. Don Peppe Diana, i magistrati Bruno Caccia e Paolo Borsellino, le storie di Piera Aiello e quella di Rita Atria, la vicenda di Giuseppe Fava riletta attraverso gli occhi del figlio Claudio; tanti i volti silenziosi a cui ha dato voce Giulio Cavalli, in questo ultimo anno di attività, con una serie di monologhi portati in giro per l’Italia. Saranno questi testi, riadattati per l’occasione, ad animare il palco del circolo Montecitorio, come luogo simbolo della politica, «perché è ora di giustificare la propria posizione facendo dei nomi che ci sono, che sono sugli atti processuali, che sono la testimonianza di una politica coinvolta tutta nella vicenda, cercando una volta per tutte di svestire i discorsi sulla mafia di quella forma che crea tantissimi eroi e che fondamentalmente fa pochissimo male a loro, agli uomini d’onore».Il grido d’allarme, è chiaro. Gli infami non sono solo loro, gli uomini “d’onore” o “disonore” sbeffeggiati da Giulio Cavalli. «Gli infami, nella storia di Bruno Caccia, magistrato ucciso a Torino, sono nella Procura in cui stavano soci in affari dei mandati del suo omicidio». Nella sua, di storia, primo attore sotto scorta d’Italia, l’infamia è un’arma sottile, «che ha una modalità mafiosa, lavora nella delazione ed è identica a quella di camorra, mafia e ‘ndrangheta solo che avviene negli aperitivi post consiglio comunale – spiega lui -; c’è una storia esterna, che è un puzzle che si compone di tutto ciò che è pubblico, e c’è una storia privata, che invece ha dentro zone grigie, persone scorrette, detrattori di professione che forse un giorno, per raggiungere la catarsi, renderò pubblici». “Milano e la memoria” saranno invece al centro della rassegna di reading, teatro e musica del prossimo sabato. Tra i partecipanti anche Giulio Cavalli, sul palco (a partire dalle 11) nella biblioteca nazionale braidense di via Brera, insieme a Daniele Biacchessi e Gaetano Liguori con «Le mani sulla città».

Rossella Mungiello

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