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Prima i 49 milioni, poi il pieno di furbetti del bonus: è la Lega, quella che urlava contro la “casta”

I nomi escono a grappoli, dentro c’è di tutto: il bonus da 600 euro che è finito nelle tasche di parlamentari e consiglieri regionali, gente che sicuramente non aveva bisogno di quei soldi e soprattutto gente che avrebbe dovuto mantenere un comportamento etico rispettando il proprio ruolo con disciplina e onore come chiede la Costituzione, è l’argomento di cui tutti parlano nelle chat dei parlamentari. È una di quelle cose che fa schifo a tutti ma che non ne parla quasi nessuno perché si rischia di farsi molto male e così accade, nell’indifferenza generale, che lo stesso Salvini che chiedeva le immediate dimissioni dei parlamentari che si sarebbero ritrovati coinvolti ora cambia linea e parla semplicemente di “immediata sospensione”.

Perché? Perché sono leghisti Elena Murelli e Andrea Dara, i due parlamentari che hanno deciso di venire allo scoperto prima di essere scoperchiati dall’audizione del presidente Inps Pasquale Tridico e volendo vedere è leghista anche il vicepresidente del Veneto Gianluca Forcolin, quello che ha provato a spiegarci che la sua richiesta è partita “in automatico” (ma davvero, ma che significa?): probabilmente si è giocato la ricandidatura. Zaia, a differenza di Salvini, sembra molto più duro del suo segretario. In Veneto ci sono anche due consiglieri regionali leghisti: Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli (che ha provato fuori tempo massimo a stornare i 600 euro alla Protezione Civile). Male anche per loro, Zaia ha già detto che non ci sarà nessuna ricandidatura.

È leghista anche il consigliere regionale dell’Emilia Romagna Stefano Bargi, come Ivano Job, consigliere leghista in Trentino che con il contributo della Provincia si è messo in tasca 5mila euro. Eppure i leghisti sono i moralisti, quelli della “Roma padrona” e della politica che avrebbero dovuto “ripulire”. Sono quelli che a parole difendono i soldi dei lavoratori contro gli sprechi della politica e poi si intascano i soldi dei lavoratori. Sono quelli che sull’indignazione e sull’antipolitica (quella politica che usano a tradimento svilendola nei fatti e nelle parole) costruiscono le platee elettorali e poi balbettano quando si tratta di loro che sono presi con le mani nel sacco.

Lo stesso accade per il deputato 5 stelle Rizzone e per il pentastellato sindaco di Campobasso: contribuire alla pessima politica con le scelte imperfette della propria classe dirigente è un errore imperdonabile. Eppure alla fine sono loro: i duri e puri che basta che gratti un po’, appena appena, e scopri che sono ancora peggio degli altri.

Leggi anche: Bonus Inps, il leghista Bocci e quelli che “è sempre colpa dei commercialisti” 

L’articolo proviene da TPI.it qui

In Lombardia mafia con il certificato antimafia

C’è anche un appalto della Tangenziale esterna est Milano (Teem), grande opera connessa a Expo2015, nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia che oggi ha portato all’arresto di 13 persone, compreso un ex consigliere comunale del Pd di Rho, la città alle porte di Milano sul cui territorio sorgono i cantieri dell’Esposizione universale. Una società riferibile a Giuseppe Galati, uno dei presunti boss ammanettati dal Ros dei carabinieri, avrebbe acquisito lavori nell’appalto. Si tratta della Skavedil, un’impresa che “ha avuto la certificazione antimafia” per lavorare in due subappalti del valore di “450mila euro”, ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, nel corso della conferenza stampa alla quale hanno partecipato i vertici dei carabinieri di Milano e il capo del Ros, il generale Mario Parente.

Boccassini ha spiegato che l’impresa è riuscita ad ottenere la certificazione “ordinando che le sue quote nella società passassero ai suoi cognati”. L’impresa ha così ottenuto da una azienda di Modena, appaltante per l’opera, due subappalti. Secondo Boccassini, è difficile pensare che “poteva non sapere a chi si davano quei subappalti”. Il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati, ha chiarito “ci sarà una segnalazione alla Prefettura che ha già svolto un lavoro imponente per l’Expo”.

Giuseppe Galati, già detenuto per traffico di stupefacenti, nipote dell’indagato Antonio Galati, avrebbe “continuato a gestire dal carcere, attraverso alcuni familiari, due società operanti nel settore edile, titolari tra l’altro di alcuni subappalti in alcuni cantieri della Teem”, si legge in una nota degli inquirenti. Nel procedimento, Giuseppe Galati è indagato per i reati di partecipazione ad associazione mafiosa, importazione e detenzione abusiva di armi da fuoco.

Dopo l’operazione Infinito del 2010, la più grande di sempre ‘ndrangheta in Lombardia, “nulla cambia, è una riflessione da fare”, ha commentato Boccassini. Riguardo all’operazione di questa mattina, coordinata dai pm Paolo Storari e Francesca Cellesi, si tratta di “un segmento di notevole importanza perché conferma quanto sancito dalla Cassazione con Infinito” e cioè dell’”esistenza in Lombardia delle locali (le articolazion i territoriali della mafia calabrese, ndr)” le quali hanno “autonomia nella nostra regione con un controllo capillare e pesante del territorio”. E quando l’organizzazione è in pericolo, “reagisce con una violenza inaudita”, ha spiegato il magistrato antimafia. Per uscire dall’associazione mafiosa ci sono due modi, “o con la morte o diventi collaboratore e ti dai allo Stato”.

(fonte)