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tesseramento

Il problema del PD non sono le tessere ma i favori

Chissà se Emanuele Fiano (spedito di gran carriera a Napoli nel ruolo di pezza) capirà in fretta che il problema non è l’impennata di iscrizione (come continua blandamente a ripetere il flebile Orfini, con la solita energia da trovarobe di bottega) ma piuttosto il “modo” in cui quelle iscrizioni sono state coltivate.

Ma davvero crediamo che lo scandalo delle tessere PD sia nell’impennata dei tesserati (a proposito: è successo qualche settimana fa per il congresso di Sinistra Italiana, per dire) e non nelle frasi terrificanti registrate nel video di Repubblica? L’anziana signora registrata dice di tesserarsi «per far salire un’altra volta a lui quando ci saranno le elezioni» riferendosi al capobastone del PD Michel Di Prisco, ex presidente della municipalità già caduto in uno scandalo simile nel 2011 in occasione delle primarie poi annullate.

Un’altra dice: «per esempio io voglio un piacere da Ciruzzo? Mi devo fare la tessera per lui». e l’altra risponde: «me lo fa Michel? mi devo fare la tessera per Michel».

(continua su Left)

Organizzare l’eresia, tesserandosi

(Scritto per i Quaderni di Possibile qui)

Ma perché bisognerebbe iscriversi a un partito politico nei primi giorni di un anno in cui potrebbe accadere di tutto? Ma perché bisognerebbe dare credito ai partiti, alla politica, in un tempo in cui la politica (e i partiti) dovrebbero essere ai minimi storici? E perché non ci si dovrebbe accomodare tra chi aspetta “la sinistra che verrà” o peggio tra chi “tanto non verrà niente”? Per essere eretici, intanto: perché il “non c’è alternativa” (così come il più sottile “aspettiamo l’alternativa”) sono le migliori garanzie dell’esistente, sono il siero prodotto in gran quantità per garantire l’autopreservazione della classe dirigente. Questo, intanto. Ma non solo.

Mentre gli altri esultano perché hanno una banca o una giuria popolare noi siamo una comunità. Una comunità lunga come tutta l’Italia e larga quanto sono larghe le declinazioni dei talenti e delle intelligenze. Possibile è un “ufficio del cambiamento” aperto dal pubblico tutti i giorni tutto il giorno. Possibile è il perimetro in cui si studia, si propone, si scrive, si considerano le posizioni e le soluzioni: si fa politica, insomma. E non la si fa aspettando il big bang; si fa per partecipare al big bang e dargli i colori che riteniamo indispensabili per un Paese più giusto.

Possibile è già un’organizzazione. Un’organizzazione fallibile, come tutte le organizzazioni umane, con un cuore grande e in mare aperto. Un’organizzazione che si traduce concretamente in una “cassetta degli attrezzi” per fare politica: per organizzare una lista alle prossime elezioni della vostra città, per trovare le competenze specifiche su un tema, per avere una spalla in campagna elettorale e per organizzare il coraggio, che ne serve moltissimo. Qui non si discute di processi fondativi: ci si ingegna sul programma di governo dell’Italia che vorremo, ci si confronta su come rendere migliori le città, le regioni. Noi, in fondo.

Possibile non è una tessera del tifoso. In Possibile ogni comitato è autonomo (entro il naturale spazio del Patto Repubblicano da cui Possibile nasce) e di comitati ce ne sono già quasi 200. Se siete una decina di persone con la voglia di applicare la Costituzione siete un comitato Possibile. La politica si commenta, si critica ma soprattutto si pratica. E, credetemi, ne vale la pena.
Nei primi giorni di gennaio abbiamo ricevuto un importante numero di rinnovi e soprattutto di iscrizioni nuovissime. Pensateci. Noi vi aspettiamo.
[ISCRIVITI O RINNOVA L’ISCRIZIONE A POSSIBILE]

Filare per le tessere

Non è vero che le questioni dei tesseramenti nel PD non sono una priorità per la politica del Paese. Non sono d’accordo. Se il più importante partito del centrosinistra in Italia (di cui ognuno può pensare ciò che vuole, per carità) non riesce a governare il momento più “democratico” del proprio percorso di scelta della classe dirigente diventa difficile pensare al governo dell’Italia. E non c’è niente di cui rallegrarsi: il mors tua vita mea in politica porta inevitabilmente allo scollamento e la sfiducia; ne perde la democrazia.

Come dice Civati:

Se ci si candida alla segreteria del Pd, ci si deve occupare anche di questo. Si deve lavorare per un rispetto religioso delle regole e per la tutela del voto democratico, all’insegna di una credibilità che non possiamo certo ritrovare facendo cose incredibili.

A me dispiace che la cosa colpisca solo me. E che sia il solo a pensare che per occuparci bene di disoccupati e di altre questioni più importanti, si debba avere un partito rigoroso e libero, che raccolga un mucchio (sì, un mucchio) di persone perbene e non masnade di cialtroni: che sia, in una parola, democratico.

Non posso che esserne d’accordo.

I Giovani (poco) Democratici di Catania

I giovani del PD di Catania preparano un bel filmatino promozionale per il tesseramento. E vi prego di guardarlo qui e vi prego di spiegarmi quale sia il senso del messaggio pubblicitario. Anche perché Catania è la terra di Pippo Fava, tanto per capirsi. E perché un video (e, generalmente, un messaggio) per il tesseramento è il manifesto programmatico detto in pochi secondi e in poche righe.

Aggiornamento. I commentatori (che ringrazio) mi fanno notare che il video è la parodia di un video virale di un Panda che distrugge tutto quando gli viene detto di no. Ringrazio per la segnalazione. Ma l’efficacia mi lascia perplesso (si può, no?). Pippo Civati, del resto, è d’accordo con me. Sull’accanimento contro il PD (o GD) sorrido. Perché come scrive Giulia (proprio su questo argomento, qui) l’importante è farsi capire. (PS: comunque l’attività dei ragazzi di Catania è rintracciabile sul loro sito ed è da ammirare, escluso lo spot)