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Tsipras: ascoltare per capire

(Sempre a proposito di quello che si diceva qui)

Sull’edizione greca dell’Huffington Post ieri è stato pubblicato un intervento di Alexis Tsipras, il primo che potrebbe anche essere l’inaugurazione di una più lunga collaborazione, intitolato “Sull’orlo di un cambiamento di portata storica”.

Il leader di Syriza parla del suo movimento e del suo rapporto con l’Europa e con l’euro. In particolare, il cambiamento di cui parla nel titolo è quello che la Grecia affronterà, in positivo, dopo le elezioni del prossimo 25 gennaio, ed è un cambiamento che deve riguardare tutta l’Europa, infatti scrive:

“Il 25 gennaio il popolo greco verrà chiamato a cambiare la storia col proprio voto, a disegnare uno spazio di cambiamento e di speranza per tutti i popoli d’Europa, condannando i fallimentari memoranda dell’austerity, e dimostrando che quando la gente lo vuole, quando osa, e quando vince la propria paura, le cose possono cambiare”

Tsipras spiega che Syriza “non è l’orco, né la grande minaccia per l’Europa”, ma è la “voce della ragione” e una “sveglia” che tara svegliare l’Europa dal letargo e dal sonnambulismo. Non è dunque un pericolo, ma uno stimolo al cambiamento.

Poi ammette che c’è una minoranza che non la percepisce come tale, in particolare la leadership conservatrice del governo tedesco e una parte della stampa che “insiste nel riciclare vecchie storielle e leggende sul Grexit”. Poi si scaglia contro il premier attuale Antōnīs Samaras che, dice, “non offre alcun programma”, ma solo la prosecuzione dell’austerity e continuerà a tagliare gli dipendi e le pensioni mentre dall’altra parte aumenterà le tasse perché

“sta occultando il fatto che la Grecia, in quanto membro dell’Eurozona, si è impegnata nel raggiungimento di alcuni obiettivi, e non piuttosto nella valutazione degli strumenti politici necessari al loro raggiungimento”

Siryza, invece, applicherà il Programma di Salonicco, indipendentemente dal negoziato con i suoi finanziatori, e adotterà una serie di azioni mirate per contenere la crisi umanitaria, con la giustizia fiscale e un piano di rilancio dell’economia. Inoltre, Tsipras punta ad attuare riforme radicali del modus operandi dello Stato nel settore pubblico per “cambiare tutto ciò che ha spinto il Paese sull’orlo di una bancarotta economica, ma anche morale”.

Poi Tsipras passa a parlare dell’euro e dice che Syriza non ne vuole il crollo, ma il salvataggio, ma sarà impossibile salvarlo finché il debito pubblico dei suoi Stati Membri sarà fuori controllo. Spiega che il problema del debito pubblico non è solo greco, ma europeo e dunque è l’Europa nel suo insieme che è in debito e che deve cercare una soluzione sostenibile. Poi chiarisce:

“Syriza e la Sinistra Europea sostengono che nella cornice di un accordo europeo, la stragrande maggioranza del valore nominale del debito pubblico debba essere cancellata, bisognerà imporre una moratoria sulla sua restituzione, e bisognerà introdurre una clausola per la crescita che si occupi della parte rimanente del debito, così da poter impiegare le rimanenti risorse per la crescita”

Tsipras sostiene che davanti al futuro dell’Europa ci sono due strategie completamente diverse:

– quella del ministro dell’Economia tedesco Schäuble, secondo il quale, “indipendentemente dal fatto che leggi e i principi concordati funzionino, dovremmo continuare ad applicarli”
– quella del “costi quel che costi” per salvare l’euro (espressione usata nel 2012 da Mario Draghi, Presidente della BCE)

e queste due strategie si scontreranno proprio in occasione delle elezioni greche del 25 gennaio. Tsipras è convinto che la seconda prevarrà perché, scrive,

“la Grecia è il paese di Sofocle, che con l’Antigone ci ha insegnato che esistono momenti in cui la legge suprema è la giustizia

(fonte)

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(La vignetta è di Mauro Biani, of course)

Le bugie su Tsipras e la grecia: i codardi seminano la paura

502090aaa141eeb6a7e9c96c891c3303bc976b1b8693e8f9024dc375Tanto per rimettere le cose a posto vale la pena riprendere tre articoli che (a differenza dei molti giornalai in giro) raccontano bene cosa succede (cosa potrebbe succedere, cosa succederà) in Grecia:

GIÚ LE MANI DAL VOTO GRECO
di Tommaso di Francesco


Sor­prende e allarma, in una parola pre­oc­cupa, il dispo­si­tivo di ter­ro­ri­smo psi­co­lo­gico di massa che i governi euro­pei e i rap­pre­sen­tanti della stessa Com­mis­sione euro­pea hanno messo in campo. 

Quello che accade in que­sti giorni e in que­ste ore in Gre­cia ci riguarda diret­ta­mente, la crisi infatti non è greca ma dell’intero sistema finan­zia­rio del capi­ta­li­smo glo­ba­liz­zato. Sono sette anni che il mondo occi­den­tale è in aperta reces­sione e le sole timide uscite segna­late sono quelle di paesi che hanno la capa­cità di sca­ri­care su quelli più deboli con­trad­di­zioni e costi, come fanno la Ger­ma­nia con i neo­sa­tel­liti dell’est e gli Stati uniti con l’intera eco­no­mia euro­pea. Il fatto che la sini­stra rap­pre­sen­tata da Syriza sia riu­scita a sven­tare a fine anno la mano­vra del pre­mier Sama­ras di eleg­gere un “suo” pre­si­dente della repub­blica per negare e riman­dare la veri­fica elet­to­rale è un avve­ni­mento di por­tata continentale.

Tutta l’Europa in que­sto momento guarda ad Atene e, certo, non tutti con la stessa aspet­ta­tiva. I mer­cati, vale a dire la finanza inter­na­zio­nale occi­den­tale, teme che la rine­go­zia­zione dei ter­mini del debito greco metta in discus­sione i cri­teri con cui l’Unione euro­pea ha sal­va­guar­dato le ban­che invece degli inve­sti­menti per il lavoro, l’occupazione, le spese sociali; l’establishment dell’Ue ha paura che l’arrivo sulla scena del governo greco di una forza alter­na­tiva di sini­stra fac­cia sal­tare l’impianto dei dik­tat che hanno por­tato alla crisi uma­ni­ta­ria non solo la Gre­cia. Ad Atene invece si apre uno spi­ra­glio di luce, una grande pos­si­bi­lità. Noi che in Ita­lia lavo­riamo a rico­struire una sini­stra alter­na­tiva ita­liana, men­tre siamo alle prese con la scom­parsa della sini­stra e con le scelte neo­li­be­ri­ste di un governo come quello del lea­der Pd Mat­teo Renzi all’attacco dei diritti dei lavo­ra­tori e del wel­fare, vediamo l’occasione straor­di­na­ria di una svolta pos­si­bile anche in Ita­lia e in tutta Europa. È un’opportunità euro­pei­sta, per­ché l’Unione euro­pea invece che nemica, com’è stata finora, diventi il con­ti­nente dei diritti e della democrazia.

Sor­prende e allarma, in una parola pre­oc­cupa, il dispo­si­tivo — fin qui — di ter­ro­ri­smo psi­co­lo­gico di massa che i governi euro­pei e i rap­pre­sen­tanti della stessa Com­mis­sione euro­pea hanno messo in campo. Dal pre­si­dente Junc­ker con le sue dichia­ra­zioni con­tro Syriza, al governo di ferro di Ber­lino, a quello di destra di Madrid alle prese con ele­zioni pro­prio nel 2015 e con la nuova for­ma­zione di sini­stra Pode­mos; con l’eccezione del pre­si­dente fran­cese Hol­lande che almeno invita Mer­kel e i governi Ue a rico­no­scere che alla fine «il popolo è sovrano». Que­sto attacco sub­dolo e scel­le­rato è con­tro il popolo greco che vuole deci­dere il pro­prio destino. Dopo tante chiac­chiere sulla demo­cra­zia, sco­priamo dun­que che i lea­der e i governi euro­pei la temono anzi­ché difen­derla e vor­reb­bero impe­dire che chi ha subìto i costi della crisi del capi­ta­li­smo finan­zia­rio possa votare con­tro la vio­lenza isti­tu­zio­nale che i tagli rifor­mi­sti hanno rap­pre­sen­tato per la con­di­zione di vita di milioni e milioni di cit­ta­dini e lavo­ra­tori con l’aumento della mise­ria e delle dise­gua­glianze. Così si strappa un velo: il capi­ta­li­smo glo­ba­liz­zato non ama la demo­cra­zia reale ma solo quella rituale e svuo­tata di senso — vista l’equivalenza dei par­titi — che allrga il bara­tro tra gover­nanti e gover­nati, ali­menta qua­lun­qui­smo e anti­po­li­tica, men­tre crol­lano le per­cen­tuali di voto e vince ovun­que l’astensionismo di massa e il con­flitto di tutti con­tro tutti. Fino a favo­rire una nuova destra estrema xeno­foba, raz­zi­sta, iper­na­zio­na­li­sta che difende nella crisi i più forti e usa i deboli con­tro i più deboli.

Allora, giù le mani dalle ele­zioni gre­che. Solo la demo­cra­zia reale sal­verà la Gre­cia e l’Europa dal disa­stro. Una demo­cra­zia reale che chiami il 25 gen­naio non ad un voto qual­siasi ma ad un impe­gno di pro­ta­go­ni­smo milioni di gio­vani, di donne, di lavo­ra­tori e disoc­cu­pati. Per­ché sosten­gano l’alternativa che Syriza e il suo pro­gramma già rap­pre­sen­tano, per­ché cre­sca la sua forza e si allar­ghi il suo soste­gno — nes­suno a sini­stra può restare solo a guar­dare. E per­ché il forte con­senso che avrà, e che noi auspi­chiamo, sia il primo passo per coin­vol­gere il popolo e i lavo­ra­tori nel governo della Gre­cia e nella svolta in Europa

L’EURO NON GREXIT
di Anna Maria Merlo

Europa. La Germania fa tremare i mercati. Ma Hollande frena Merkel: «Sarà la Grecia a decidere cosa fare». La Linke e i Verdi denunciano le «pressioni inappropriate» di Berlino sulle elezioni elleniche 

Con la gra­zia di un ele­fante in un nego­zio di cri­stal­le­ria, la Ger­ma­nia, minac­ciando Atene di Gre­xit – uscita dall’euro — in caso di vit­to­ria di Syriza alle legi­sla­tive anti­ci­pate del 25 gen­naio, ha squar­ciato un velo che rischia di avere un effetto boo­me­rang in tutta Europa: la demo­cra­zia sarebbe diven­tata sol­tanto un’operazione for­male nella Ue, ingab­biata dal rispetto del Fiscal Com­pact e delle regole di auste­rità? I cit­ta­dini non avreb­bero quindi più nes­suna libertà di scelta, dando cosi’ ragione a tutti gli euro­scet­tici (di estrema destra) che hanno ormai il vento in poppa nella mag­gior parte dei paesi dell’eurozona? Secondo Der Spie­gel, per Angela Mer­kel e il mini­stro delle finanze Wol­fgang Schäu­ble non c’è «nes­suna alter­na­tiva» all’applicazione del Memo­ran­dum, men­tre il Gre­xit sarebbe addi­rit­tura «quasi ine­vi­ta­bile» se Syriza al potere rifiu­terà di con­ti­nuare ad imporre le riforme impo­po­lari – e inef­fi­caci — che hanno ridotto gran parte dei cit­ta­dini greci alla povertà. Se Syriza chie­derà una mora­to­ria sul rim­borso del debito, la Gre­cia potrebbe venire costretta ad abban­do­nare la moneta unica, dice la Ger­ma­nia domi­nante. E que­sto non avrà con­se­guenze per la zona euro secondo Ber­lino, non ci sarà l’effetto domino, visto che a dif­fe­renza del 2011 e del 2012 ormai l’euro è pro­tetto dal para­ful­mine del Mes (il Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità, dotato di 500 miliardi) e le sue ban­che sono a riparo della recente riforma del settore.

I grossi zoc­coli con cui Mer­kel e Schäu­ble sono entrati in cam­pa­gna elet­to­rale ad Atene non hanno nes­sun riscon­tro nei Trat­tati. La can­cel­le­ria ha smen­tito mol­le­mente le rive­la­zioni di Der Spie­gel. In effetti, l’obiettivo era solo di fare paura, di spa­ven­tare l’elettore greco: o sce­glie Sama­ras e l’euro, oppure Tsi­pras e il caos. Già Jean-Claude Junc­ker ci aveva pro­vato, il 12 dicem­bre scorso, spe­rando di influire sul voto par­la­men­tare per il pre­si­dente della repub­blica: in un’intervista alla tv austriaca, il pre­si­dente della Com­mis­sione aveva affer­mato di pre­fe­rire dei «volti fami­liari« (cioè Sta­vros Dimas) per­ché «non mi pia­ce­rebbe che delle forze estre­mi­ste pren­des­sero il potere». Il risul­tato di que­sto inter­vento è stato la non ele­zione del pre­si­dente e la con­se­guente con­vo­ca­zione di ele­zioni anti­ci­pate. Con un comu­ni­cato, è inter­ve­nuto nel fine set­ti­mana anche il com­mis­sa­rio agli Affari eco­no­mici e mone­tari, Pierre Mosco­vici, invi­tando i greci a dare «un ampio soste­gno» al «neces­sa­rio pro­cesso di riforme» in corso (cioè votare per Nuova Demo­cra­zia e Pasok). Ma Ber­lino (e Mosco­vici) hanno esa­ge­rato. Ieri una por­ta­voce della Com­mis­sione, Annika Breid­thardt, ha cer­cato di spe­gnere l’incendio affer­mando che l’appartenenza all’euro è «irre­vo­ca­bile», stando ai Trat­tati. Il Trat­tato di Lisbona pre­vede la pos­si­bi­lità di un’uscita dalla Ue, su deci­sione del paese inte­res­sato (e non su impo­si­zione di altri), ma for­mal­mente un paese non Ue potrebbe con­ti­nuare ad uti­liz­zare l’euro (suc­cede con Kosovo e Mon­te­ne­gro, che usano l’euro senza essere nella Ue). Fra­nçois Hol­lande ha preso ieri mat­tina le distanze da Angela Mer­kel: «I greci sono liberi di deci­dere sovra­na­mente sul loro governo – ha affer­mato il pre­si­dente fran­cese in un’intervista a France Inter – e per quanto riguarda l’appartenenza della Gre­cia alla zona euro, tocca ad essa deci­dere». Però il governo, qua­lun­que esso sia, deve «rispet­tare gli impe­gni presi».

In Ger­ma­nia c’è imba­razzo per le rive­la­zioni dello Spie­gel. Solo gli euro­scet­tici dell’Afd hanno appro­vato l’intervento musco­lare di Ber­lino. Die Linke e i Verdi hanno denun­ciato le pres­sioni inap­pro­priate sugli elet­tori greci, il vice-cancelliere Spd, Sig­mar Gabriel, ha cer­cato di cor­reg­gere il tiro, indi­cando che «l’obiettivo del governo tede­sco, della Ue e anche del governo di Atene è di man­te­nere la Gre­cia nella zona euro». Dall’Europarlamento il gruppo S&D avverte: «La destra tede­sca deve smet­tere di com­por­tarsi come uno sce­riffo in Gre­cia» per­ché «non è solo inac­cet­ta­bile ma anche sba­gliato: atteg­gia­menti del genere pos­sono solo pro­durre rab­bia e rifiuto della Ue», con il rischio di «ero­sione demo­cra­tica» nella Ue.

Syriza vuole rine­go­ziare con la tro­jka i ter­mini del rim­borso del colos­sale debito (177 per cento del Pil). E ha ragione, per­sino stando alle prese di posi­zione di Bru­xel­les. L’Eurogruppo, nel novem­bre 2012, si era impe­gnato con Atene a rive­dere i ter­mini del rim­borso quando la Gre­cia avesse rag­giunto l’equilibrio di bilan­cio pri­ma­rio (esclusi cioè gli inte­ressi sul debito): Atene, al prezzo del rigore asso­luto, lo ha fatto già da fine 2013. Ma Mer­kel non vuole soprat­tutto che ven­gano ridi­scussi i ter­mini del Memo­ran­dum: Syriza pro­pone riforme diverse, con­cen­trate sul fun­zio­na­mento dello Stato, men­tre la troika insi­ste sui tagli ai salari e al numero di dipen­denti pub­blici. In Ger­ma­nia, anche la Cdu ha espresso pre­oc­cu­pa­zione per la mani­fe­sta­zione di arro­ganza tede­sca: in caso di default greco, a pagare sarebbe prima di tutto la banca pub­blica tede­sca Kfw, che ha in cassa una parte con­si­stente dei 260 miliardi di debito greco, assieme ai prin­ci­pali stati mem­bri della zona euro e alla Bce. La Ger­ma­nia si arroga un potere che non ha: solo la Bce, in linea di prin­ci­pio, potrebbe cau­sare il Gre­xit, tagliando i cre­diti alle ban­che gre­che. Ma così Dra­ghi met­te­rebbe fine alla difesa dell’euro «a qua­lun­que costo», aprendo il vaso di Pan­dora di un pos­si­bile effetto domino. A cui nep­pure la Ger­ma­nia potrebbe resi­stere: Ber­lino pensa di soprav­vi­vere senza la Gre­cia, ma l’economia tede­sca non ce la farebbe nel caso di uscita dall’euro dell’Italia e della Francia

SPERANZA CONTRO PAURA
di Pavlos Nerantzis

La spe­ranza per un avve­nire migliore in Gre­cia e nel resto dell’Europa, ma anche la volontà poli­tica di appli­care il pro­gramma eco­no­mico a favore degli strati sociali mag­gior­mente col­piti dalla crisi. È la rispo­sta di Syriza alla stra­te­gia della paura pro­mossa dai con­ser­va­tori della Nea Dimo­kra­tia e i loro soste­ni­tori, ter­ro­riz­zati dai son­daggi che con­ti­nuano a dare in testa la sini­stra radi­cale greca, tre set­ti­mane prima delle ele­zioni del 25 gennaio.

Syriza, secondo gli ultimi due son­daggi, si con­ferma in testa tra il 30,4 e il 29,4 per cento, con­tro il 22 per cento e il 27,3 di Nea Dimo­kra­tia del pre­mier Anto­nis Sama­ras. Al terzo posto si tro­vano i nazi­sti di Alba Dorata con il 5,7 per cento, secondo uno dei due son­daggi, men­tre secondo l’altro la terza forza sarebbe il Par­tito comu­ni­sta di Gre­cia (Kke) con il 4,8 per cento. I socia­li­sti del Pasok, invece, che hanno soste­nuto il governo di Sama­ras, rischiano di non essere eletti al par­la­mento (3–3,5 per cento). Alla domanda su chi sarebbe il miglior pre­mier al momento per il Paese, il 41 per cento si schiera a favore di Sama­ras con­tro il 33,4 per cento che pre­fe­ri­sce Tsi­pras. Il 74,2 per cento poi ha rispo­sto che la Gre­cia deve a ogni costo rima­nere nella zona euro.

La pro­spet­tiva della vit­to­ria di Syriza non piace, però, ai mer­cati come anche a una parte della stampa inter­na­zio­nale, che insi­ste sull’ even­tua­lità di un Gre­xit, nono­stante Ale­xis Tsi­pras non smetta di sot­to­li­neare che il suo par­tito non ha la minima inten­zione di uscire dalla zona euro. A que­sti timori è stato attri­buito il calo del 5,6 per cento, ieri, della Borsa di Atene e pure la ten­sione regi­strata sullo spread elle­nico, che è bal­zato a 876 punti, 21 in più rispetto al dato di partenza.

Pure la Grande coa­li­zione a Ber­lino, a leg­gere il set­ti­ma­nale Der Spie­gel, si pre­para a una uscita di Atene dall’euro, tenendo conto che «que­sto fatto non avrebbe riper­cus­sioni gravi al resto dell’ Ue». Ma Ber­lino per il momento smen­ti­sce. Ieri il por­ta­vove di Angela Mer­kel ha detto che il governo tede­sco non ha cam­biato posi­zione. Anzi, ha aggiunto, la can­cel­liera tede­sca «insieme ai suoi part­ner lavo­rano per raf­for­zare la zona euro nel suo insieme e per tutti i suoi mem­bri, Gre­cia inclusa».

L’ipotesi di un Gre­xit è stata respinta anche da Parigi e da Bru­xel­les che, oltre a far ricor­dare ad Atene che ci sono impe­gni che «vanno ovvia­mente rispet­tati», riba­di­scono che in base ai trat­tati dell’Ue non è pos­si­bile l’uscita di un paese mem­bro dalla zona euro. In altri ter­mini, come ha pre­ci­sato un por­ta­voce della Com­mis­sione euro­pea, la par­te­ci­pa­zione all’euro è irre­ver­si­bile, secondo l’articolo 140, para­grafo 3 del Trat­tato Ue. Quindi per un Gre­xit sarebbe prima neces­sa­ria una modi­fica del trat­tato, «la cui pro­ce­dura pre­vede l’ una­ni­mità dei paesi mem­bri, l’approvazione del par­la­mento euro­peo e ovvia­mente da parte dei par­la­menti nazionali».

Per il momento quindi i part­ner euro­pei, alleati di Anto­nis Sama­ras, fanno una mano­vra: sem­brano abban­do­nare la stra­te­gia della paura e le inter­fe­renze, come era suc­cesso durante le ele­zioni pre­si­den­ziali, lasciando Atene libera di deci­dere il pro­prio destino. Almeno appa­ren­te­mente, per­ché die­tro le quinte lavo­rano per affron­tare la que­stione prin­ci­pale, che il nuovo governo greco se sarà gui­dato da Ale­xis Tsi­pras met­terà sul tavolo dei col­lo­qui: il taglio del debito pub­blico greco. Una richie­sta che, nel caso venisse accet­tata da Ber­lino e ovvia­mente da Bru­xel­les — per­ché di fatto que­sti pre­stiti ad Atene non saranno mai rim­bor­sati per intero — rischie­rebbe un con­ta­gio poli­tico a Roma e a Madrid. Allora lo scon­tro tra un governo delle sini­stre e la can­cel­liera tede­sca sarebbe ine­vi­ta­bile e solo a quel punto si potrebbe par­lare del rischio di un Gre­xit pro­vo­cato da Berlino.

Intanto l’arresto ad Atene di Chri­sto­dou­los Xiros, espo­nente dell’organizzazione “17 Novem­bre”, con­dan­nato a sei erga­stoli e ulte­riori 25 anni di pri­gione ed evaso un anno fa dal car­cere di Kry­dal­los, è diven­tato un altro motivo di scon­tro tra Nea Dimo­kra­tia e Syriza. Il pre­mier Sama­ras, che pure nel pas­sato aveva accu­sato Tsi­pras di «andare a brac­cet­to­con i ter­ro­ri­sti» e di «rap­porti tra Syriza e orga­niz­za­zioni ter­ro­ri­sti­che», ieri ha accu­sato la sini­stra radi­cale di non aver emesso un comu­ni­cato stampa a favore degli agenti che hanno arre­stato il ricer­cato numero uno in Gre­cia. Xiros stava pre­pa­rando un attacco con­tro le car­ceri di Kory­dal­los per far eva­dere i dete­nuti dell’organizzazione “Cospi­ra­zione dei nuclei di fuoco”

(da Il Manifesto)

La Cosa Seria (ancora)

E’ il progetto su cui ci siamo spesi moltissimo anche se ai tempi volevano farci credere una sparuta minoranza. In fondo con l’esperienza della lista Tsipras alle europee già si vedeva la luce di quella Cosa Seria di cui tanto avevamo scritto (e tanto avevamo fatto) e in fondo quel nostro manifesto oggi riprende ancora più vigore, forza e modernità. Per questo vale la pena sostenere l’appello degli amici di Esse che trovate qui. E discuterne, anche ad alta voce se serve, discuterne fino a realizzarlo.

Tsipras (chi?) vince in Grecia

La sinistra è morta, la sinistra vince. In Grecia il partito greco della sinistra radicale Syriza è in testa ai sondaggi per le prossime elezioni europee. L’istituto Kapa Research lo dà infatti al 23% dei consensiprimo partito in Grecia, seguito da quello di centro-destra Nea Dimokratia, del premier Antonis Samaras, che viene dato al 21,7%. Certo in Grecia hanno dovuto subire il “sangue” sociale ed economico prima di votare ora sarà curioso capire come andrà qui da noi. Dipende anche da noi.

Perché aderisco alla lista #Tsipras

La mia intervista a Matteo Marchetti:

Schermata 2014-02-26 alle 11.36.17di Matteo Marchetti

Giulio Cavalli, 36 anni, già consigliere regionale in Lombardia, noto alle cronache per il suo grande impegno antimafia, aderisce all’appello per la lista L’Altra Europa con Tsipras.

«In Italia – ci dice – abbiamo avuto in questi anni una sinistra “diffusa”, ma nel senso più deleterio del termine: incastonata in luoghi diversi, preda di istinti di autoconservazione, incapace di guardare lontano. E invece oggi serve uno sguardo europeo, uno sguardo d’insieme. Questa lista esce dalle logiche di quartiere e porta un approccio finalmente costruttivo sui temi europei».

Votare per l’Altra Europa significa rifiutare sia l’approccio mercatista delle “larghe intese” (Ppe e Pse), sia il populismo dei vari euroscettici, dalla Lega a Forza Italia, al M5S, e dall’Ukip a Le Pen. «Questo progetto rifiuta quel “non c’è alternativa” che ci affligge dai tempi della Thatcher e che è pericolosissimo, perché sclerotizza qualsiasi creazione e creatività politica. Abbiamo bisogno di Europa, ma di un’Europa che non sia solo direttorio finanziario. Ci serve un direttorio sociale, di apertura a nuovi diritti, alla modernità, e che metta in pratica un’economia che sia a misura d’uomo».

A chi, magari per qualche scoria del vecchio “voto utile”, potrebbe preferire il socialdemocratico tedesco Schulz, Cavalli dice: «Non credo che il Pse sia “il male”. Credo però che sia ora di smettere di scegliere il meno peggio, in un continuo ribasso che infliggiamo da soli ai nostri sogni. Schulz è uno che che, semplicemente, segue politiche che non sono le nostre; magari in modo empatico, ma rispetto a noi è un’altra cosa, e le azioni sue e dei suoi compagni di partito in questi anni stanno a testimoniarlo. Tsipras è uno che guarda nella nostra stessa direzione».

In questa Altra Europa, Cavalli ci crede davvero: «Questa lista nasce basandosi sulla fattibilità della speranza. Non siamo nella letteratura, o nell’utopia che poi deve tradursi nella realtà: siamo in una dimensione strettamente politica, ma che si avvicina a quelle che sono da tempo le nostre speranze. Non è vero che “non si può fare”. Votare Tsipras significa finalmente sovvertire il pensiero unico dei liberisti; un pensiero che, purtroppo, in Italia si è impadronito anche di buona parte del centrosinistra».

Un pensiero, in conclusione, a qualche esperienza del passato, magari anch’essa partita bene, ma che ha poi perso lo slancio iniziale: «Bisogna assolutamente evitare che i soliti capibastone cerchino per l’ennesima volta di sfruttare l’occasione per autoperpetuarsi. Negli anni passati altri progetti politici hanno commesso l’errore di propugnare idee nuove affidandole però alle stesse persone che per vent’anni hanno assistito impotenti alla deriva che oggi combattiamo. Per questo sono molto d’accordo con la decisione, in questa prima fase, di escludere dalle liste chi ha già avuto incarichi politici. C’è bisogno di gente nuova. E dico questo ben sapendo di autoescludermi».

Tsipras: una lista necessaria

Le parole (condivisibili) di Fabio Mussi:

I-PROMOTORI-DELLA-LISTA-TSIPRASChe impressione ti ha ha fatto Alexis Tsipras? E perchè sceglierlo?

Tispras è una autentica personalità uno che ha testa politica. Il nostro interesse è nato dal fatto che in queste  elezioni per il Parlamento europeo ci troveremo davanti a due blocchi. Da una parte, certamente, una ondata di destra neo-nazionalista, populista, che si spingerà fino ai confini del neo-fascismo, e dall’altra le forze politiche di governo che probabilmente difenderanno questa Europa che si è rinsecchita, ristretta, che con le politiche di austerità ha provocato sulla società europea effetti simili a quelli di una guerra. Penso che sia utile avere una posizione come la nostra e di Tsipras di europeismo critico. Un europeismo intransigente. Su questo Tsipras è stato molto chiaro: noi siamo per l’Europa, un Europa larga che deve riformarsi profondamente.

Quindi aperta anche al dialogo…

Non solo può dialogare con quella parte dei partiti socialisti che vedono ormai l’impossibilità di continuare sulla strada imboccata con la guida di Merkel ed altri. Penso che una buona affermazione delle liste collegate a Tsipras può fare molto di più per aiutare a cambiare, per far maturare una svolta a sinistra di quelle forze in Europa, svolta inevitabile se il socialismo vuole avere un futuro.

Cosa ne penso prima delle elezioni europee (post politico, eh)

Sulla situazione politica e sul quadro prima delle elezioni europee ho risposto all’amico Alessandro che mi chiedeva cosa ne pensassi di questo e di questo. Lo riporto qui anche per rispondere ai molti che mi chiedono e mi scrivono. So già che qualcuno mi dice che qualche ora fa l’intervista di Vendola ha smentito le ipotesi riportate da Repubblica ma la mia sensazione attuale di poco cambia:

Io sono sfiancato da questa sinistra, ti dico la verità. Anzi, probabilmente sono sfiancato dalla mia idea di sinistra che continua a non intravedersi nemmeno possibile in uno scenario che a sinistra mi sembra diventare ogni giorno sempre più provinciale. Trovo che SEL si sia definitivamente affossata nel suo silenzio assenso ad un congresso del PD vissuto come spettatrice vogliosa dichiarando di non volere “interferire” in un processo politico che invece cade a valanga sui suoi programmi futuri. Credo che la sensazione che SEL sia nato come futuribile costola del PD sia evidente guardando le alleanze di qualsiasi elezione amministrativa in giro per l’Italia in cui L’Italia Bene Comune sembra essere una coalizione viva e vegeta e addirittura funzionante condonando il livello nazionale. In Italia serve una lista che abbia il coraggio di rinunciare al codardo limite dell’autopreservazione con lo stesso coraggio con cui Syryza s’è fatta partito come confederazione di bisogni e non di simboli. Ho sperato (poco) in Ingroia ma come sai ho sentito subito puzza di bruciato. Qui vogliono convincerci che il rinnovamento passi per la speranza di rinnovamento quotidiano dei soliti noti: si masturbano ma ci dicono che dobbiamo goderne anche noi. Con uno sguardo europeo credo che una lista di appoggio a Tsipras sia l’unica soluzione possibile per chi come me ritiene indispensabile essere radicale con se stesso ma a noi manca proprio la cultura dell’unione solidale tra le persone prima ancora che tra popoli e continuiamo a misurare chi ha la sinistra più lunga senza avere voglia di mettere in discussione nulla. Così alla fine l’antieuropeismo ingoia anche quelli che vorrebbero un rifondazione europea (che guarda sarebbe un nome bellissimo per una lista civica). Vendola ha avuto il coraggio iniziale di strappare creando orfani finalmente entusiasti e poi ha voluto riadottarli tutti lui: il mare aperto di cui parlava è un orizzonte lontano in cui vanno a cercare gli ultimi pesci gente come Ferrero, Di Pietro e altri che non hanno mai avuto la capacità di guardare l’orizzonte. Com’è possibile creare una lista in appoggio a Tsipras in un Paese analfabeta sull’europa e sulla differenza tra liberismo e solidarietà?
Insomma, questo è quello che penso. Vorrei non essere pessimista, Ale, non sai quanto lo vorrei.