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Ci hanno messo solo 37 anni: lo Stato condannato per i depistaggi sulla strage di Ustica

Il Dc9 dell‘Itavia che si inabissò nel mare di Ustica fu abbattuto da un missile. E dopo ci furono vari depistaggi. Per questo lo Stato dovrà risarcire, e non per la prima volta, oltre 17 milioni di euro a 29 familiari delle vittime della strage del 27 giugno 1980 (in tutto morirono 81 persone). A stabilirlo una nuova sentenza, depositata ieri, pronunciata dalla prima sezione civile della Corte di Appello di Palermo. I giudici hanno rigettato l’appello che l’Avvocatura dello Stato aveva presentato contro la condanna di primo grado del tribunale civile di Palermo del settembre 2011 (oltre 100 milioni di risarcimento per 81 familiari).

Secondo la Corte resta accertato il depistaggio delle indagini compiute all’indomani del disastro aereo. Il velivolo, che da Bologna andava a Palermo, con ogni probabilità fu abbattuto da un missile, ancora oggi non identificato, e a parere dei giudici civili i ministeri della Difesa e dei Trasporti non assicurarono adeguate condizioni di sicurezza lungo l’aerovia percorsa dal volo Itavia per raggiungere Punta Raisi. Per i giudici palermitani è esclusa l’ipotesi alternativa della bomba collocata a bordo o di un cedimento strutturale, in linea, quindi, con lo scenario della battaglia aerea e dell’intrusione di velivoli non identificati nella rotta del Dc9 già tracciato dall’istruttoria conclusa nel ’99 dal giudice Rosario Priore.

La Corte di Appello ha dichiarato la prescrizione del risarcimento per depistaggio, ma ha confermato il risarcimento “da fatto illecito” liquidando, in tutto, in favore dei 29 familiari oltre 17 milioni e 400mila euro di risarcimento. “Ancora una volta la magistratura ha fatto giustizia degli eventi accaduti quella tragica sera”, commentano all’Ansa i legali dei familiari delle vittime, Daniele Osnato e Alfredo Galasso. “L’aereo Itavia – aggiungono – è stato abbattuto da un missile non identificato e i ministeri dei Trasporti e della Difesa sono stati ritenuti colpevoli non solo di non avere garantito la sicurezza di quel volo civile ma di avere poi depistato le indagini. La corte di Appello ha cancellato ogni contraria ipotesi, bomba o cedimento strutturale, ed è ormai assodato che quella notte nei cieli di Ustica avvenne una battaglia aerea“.

Secondo i legali, il DC9 e i suoi 81 tra passeggeri e membri dell’equipaggio rimasero vittima “dei giochi di guerra di un Paese che ancora adesso non può essere identificato grazie al segreto di Stato“. “Segreto – proseguono Osnato e Galasso – che, nonostante la direttiva Renzi, è pervicacemente mantenuto. Nonostante le ragioni riconosciute ai parenti, la Corte di Appello ha ritenuto di dover ridimensionare i risarcimenti compensandoli con le eventuali indennità già ricevute. Questo consentirà allo Stato di ottenere un consistente, ed eticamente inaccettabile, sconto sulle somme che dovrà risarcire. Ma quello che è importante  è il riconoscimento dell’avvenuto depistaggio e delle conseguenti responsabilità nell’accaduto”.

(fonte)

Si sono perse le carte di Ustica. Così la desecretazione è diventata una truffa.

(Alessandra Ziniti per la Repubblica)

Dagli archivi desecretati è venuta fuori solo carta straccia. Niente che non si conoscesse già e soprattutto nessun documento dei giorni e dei mesi immediatamente successivi a quel 27 giugno 1980 quando “in uno scenario di guerra sul mar Mediterraneo” – come hanno accertato diverse sentenze – un aereo militare di non si sa quale nazione sparò un missile che, sul cielo di Ustica, colpì in pieno il Dc 9 dell’Itavia in volo da Bologna a Palermo.

Domani saranno 37 anni dalla strage e Daria Bonfietti dà voce alla rabbia e alla delusione dei familiari delle 81 vittime. “Avevamo molto sperato che la direttiva Renzi potesse davvero portare alla desecretazione di documenti che avrebbero potuto dirci chi c’era quella notte in cielo e in mare, consentirci finalmente di ricostruire uno scenario reale ma posso solo esprimere tutto il nostro sconcerto per un Paese che non è in grado di custodire la documentazione prodotta.

“Basta dire che – tre anni dopo la direttiva Renzi che dispone la desecretazione degli atti sulle stragi degli anni ’60-’70-’80 – il ministero dei Trasporti non ha depositato nulla se non qualche atto già noto della commissione Luttazzi. Alle nostre pressanti richieste gli uffici hanno risposto che non c’è ombra di documentazione alcuna e che non hanno neanche idea di dove dovrebbero essere i loro archivi “.

È una vicenda paradossale quella per la quale ora l’associazione dei familiari delle vittime di Ustica chiede un intervento politico e della magistratura per individuare i responsabili della “sparizione” di tutti i documenti coevi alla strage, Denuncia ancora Daria Bonfietti: “Non c’è nulla dell’aviazione civile né del gabinetto del ministro dei Trasporti, lo Stato maggiore della Marina non porta nessun documento dal 1980 al 1986, in prefettura a Bologna non è stato depositato nulla. Per non parlare della beffa dei documenti dei Servizi segreti: solo un’enorme rassegna stampa e schede sui giornalisti che scrissero articoli sul caso. E con i nomi in chiaro. Invece di indagare su quel che accadde quella notte, i nostri Servizi indagarono sui giornalisti”.

Per i familiari delle vittime di quel disastro aereo, la direttiva Renzi è un fallimento. Che si aggiunge alla delusione per le mancate risposte alle rogatorie internazionali chieste negli ultimi anni dai pm italiani ai colleghi di diversi paesi. “Oggi – osserva Bonfietti – diverse sentenze definitive sia penali che civili hanno messo nero su bianco che il Dc9 fu abbattuto da un missile in uno scenario di guerra e hanno condannato i ministeri italiani a risarcire i familiari delle vittime per non aver saputo garantire la loro sicurezza e aver nascosto la verità. Resta un grande vulnus nelle indagini, quello di riuscire a mettere una targa a quegli aerei”.

Dito puntato contro lo stato disastroso degli archivi italiani e contro la reale volontà della politica di mettere a disposizione i documenti secretati anche da parte di Ilaria Moroni, direttrice dell’archivio Flamigni e responsabile della rete degli archivi “Per non dimenticare”.

“A parte il fatto che non esiste alcuna digitalizzazione di questi documenti, noi non abbiamo gli strumenti per verificare se e che cosa ci sia. Certo, sembra incredibile che al ministero dei Trasporti nessuno sia in grado di dire dove  sia la documentazione della Marina e dell’Aviazione dal giugno 80 in poi. A cominciare dai registri amministrativi come quelli sulle presenze delle navi. Loro si appellano alla sciatteria della tenuta degli archivi, ma le carte non si muovono da sole. Se sono sparite qualcuno deve averlo fatto. E oggi deve essere chiamato a risponderne. Per questo oggi chiediamo che il governo faccia dei passi politici. Si ordini un’ispezione interna e si individuino le responsabilità “.

Pagate il muro di gomma

“tutti gli elementi considerati consentono di ritenere provato che l’incidente occorso al DC-9 si sia verificato a causa di un intercettamento realizzato da parte di due caccia, che nella parte finale della rotta del DC-9 viaggiavano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del DC-9 al fine di non essere rilevato dai radar, quale diretta conseguenza dell’esplosione di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l’aereo nascosto oppure di una quasi collisione verificatasi tra l’aereo nascosto ed il DC-9”. Lo dice una sentenza. E se ne parla proprio poco in giro.