Vai al contenuto

vacanze

Sindaco nega la cittadinanza a Liliana Segre, ma invitava Jennifer Lopez a trasferirsi nella sua città

Uno degli atteggiamenti più ridicoli e osceni di una classe politica inetta e in malafede consiste nel tentativo di dare spessore politico a piccoli odi personali, a deprimenti battaglie di quartiere e decisioni prese per posa senza nessun pensiero dietro. Ogni volta che un politico, di qualsiasi grado, si dimena per giustificare prese di posizione con motivazioni vuote appare per quello che è: piccolo, molto piccolo.

Gualdo Cattaneo è un piccolo comune di 5.000 abitanti in provincia di Perugia. Anche qui, come accade in tutte Italia, in consiglio comunale è arrivata la mozione per assegnare alla cittadinanza onoraria a Liliana Segre come presa di posizione nella lotta all’odio, alla violenza e al razzismo. Il sindaco di Gualdo Cattaneo, tal Enrico Valentini, è contrario. Posizione legittima, certo, solo che ogni volta che si nega di prendere posizione verso un certo periodo storico è curioso sentire le più disparate motivazioni e il sindaco e la sua maggioranza si sono superati.

Durante la seduta di consiglio che ha bocciato la mozione il sindaco, tra risate generali, ha spiegato che Liliana Segre “non può essere cittadina onoraria di Gualdo Cattaneo perché non ha legami storici con il territorio, non rappresenta il nostro Comune, non ha vissuto qui”. Ci sarebbe da discutere sul fatto che la cittadinanza solitamente va data a una persona per i valori che incarna e non per il fatto che abbia una casa per le vacanze nella piazza locale, ma Valentini dice che sulla Segre c’è in corso “una strumentalizzazione”: strumentalizzare la libertà, la lotta al fascismo e al nazismo e la democrazia è un chiodo fisso di certi amministratori. Ma tant’è.

L’aspetto grottesco però è che quel Enrico Valentini è lo stesso Enrico Valentini che un anno fa in un suo post su Facebook si era esibito in una lunga lettera a Jennifer Lopez in cui invitava la star americana a trasferirsi nel suo paese elencandole tutte le caratteristiche del luogo, dalla “gianna” che tira, al tartufo bianco e nero, le lumache alla pomontina, la porchetta, la frittella di Pozzo, il presepe di Marcellano. “Per ovvie ragioni legate alla distanza , ‘scelte lavorative e di vita differenti’ non ci conosciamo direttamente anche se ,da qualche parte, credo di averti visto nonostante fatichi a ricordare il dove”, scrive il prode sindaco, tutto barzotto e simpatico (e con evidenti problemi di punteggiatura).

Quindi funziona così: evidentemente Jennifer Lopez incarna lo “spirito” del sindaco, Liliana Segre no. E non c’è altro da aggiungere, mi pare.

L’articolo proviene da TPI.it qui

Migranti, la solidarietà dei cittadini di Nerano è uno schiaffo a chi tenta di aizzare una guerra tra disperati

Che bella la storia che arriva da Nerano, vicino a Capri, dove si scorge un’Italia così diversa da quella che naviga tra i social e tra la bile di qualche feroce politico che anche in pandemia tenta di aizzare la gente già sfiduciata e consumata dalla pandemia contro i migranti in questa eterna lotta contro gli ultimi degli ultimi, una guerra tra disperati che serve solo a rimestare voti.

Sedici migranti (14 uomini e 2 donne) provenienti da Iran e Iraq sono sbarcati nella baia di Ieranto e mentre cercavano un centro abitato attraverso tortuosi sentieri sono stati intercettati da una pattuglia dei carabinieri e da un’abitante di Massa Lubrense, quindi accompagnati al borgo di Nerano. Siamo nel pieno della costiera amalfitana, quella che gode della ricchezza di stranieri che passano qui le vacanze e che si è sentita in obbligo di restituire un po’ di serenità. Di notte, nel piccolo borgo, Salvatore Cioffi, un cittadino solidale che di questi tempi diventa addirittura una notizia, si è prodigato per dissetarli e in poco tempo anche gli altri concittadini hanno cominciato una gara di solidarietà. Il proprietario del ristorante “Lo Scoglio”, uno dei più rinomati della zona ha fatto preparare alcuni pasti caldi mentre Rosetta Esposito, che in paese ha un piccolo negozio di alimentari, ha alzato di notte la saracinesca per occuparsi dei profughi. Intanto si sono mosse anche le istituzioni: i medici hanno provveduto a un primo controllo medico e hanno preparato il giro di tamponi per testare le persone (risultate tutte negative) mentre il sindaco di Massa Lubrense Lorenzo Balduccelli si è attivato per una sistemazione per la notte in un salone (dal nome bellissimo e evocativo: Salone delle Sirene) all’interno del municipio. Ora la Procura indaga per capire chi ha trasportato i migranti, non sono state ritrovate imbarcazioni.

La storia fa il giro dei social e sotto, ovviamente, piovono i soliti insulti, il solito cattivismo, il solito razzismo di quelli che si dichiarano non razzisti. Eppure è una storia ordinaria, piccola, che racconta come esistano luoghi e esistano persone che tendono la mano a chi ne ha bisogno, senza troppe domande e senza troppi giri. “A Nerano – ha detto Rosetta Esposito al Corriere della Sera – gli stranieri portano ricchezza e benessere. Ma ora siano noi a dover essere accoglienti”. Perché capita a chiunque di ritrovarsi da una parte o dall’altra della barricata, ciò che conta è farsi trovare pronti, e etici. Sempre.

 

L’articolo proviene da TPI.it qui

Sardegna, mentre i contagi aumentano Solinas fa lo scaricabarile col governo (in stile Fontana)

Ricomincia lo scaricabarile e sarà un storia che durerà ancora per molto: mentre in Italia destano preoccupazione i casi di importazione di Covid che stanno facendo alzare il numero dei contagi giornalieri, ora le Regioni partono all’attacco del governo lamentando ritardi e incomprensioni. Sembra di essere tornati ai tempi dello scontro tra governo e Lombardia, quando il presidente Fontana chiudeva qualcosa in meno rispetto ai decreti governativi o apriva qualcosa in più tanto per farsi notare, giusto per chiarire che esistono anche loro.

L’ultimo attacco arriva dalla Sardegna e diventa ancora più incomprensibile alla luce delle testimonianze che arrivano dall’isola, dove al di là delle discoteche ormai chiuse si nota una movida (come in quasi tutte le località vacanziere) assolutamente fuori controllo. Il governatore della Sardegna, Christian Solinas, in un’intervista al Corriere della Sera chiarisce che “la Sardegna non ha mai avuto una circolazione virale autoctona”. “Tutti i casi – dice – sono di importazione o di ritorno, persone già positive testate una volta giunte in Sardegna o sardi infettati durante le vacanze all’estero”.

Come se ancora una volta il punto centrale sia quello di trovare un untore piuttosto che governare una situazione con cui si dovrà convivere probabilmente ancora a lungo, almeno fino all’arrivo del vaccino. Solinas rimarca la sua ostilità al governo: “Se il governo – dice – avesse accolto il modello che avevo proposto già mesi fa per accompagnare l’ingresso sull’isola di ciascun passeggero con un certificato che attestasse l’esito negativo del tampone, oggi non ci sarebbe la recrudescenza del virus”.

E, quando gli si fa notare che i controlli sono partiti solo ad agosto inoltrato, il governatore risponde: “Questo deve chiederlo a Roma. Quando noi lo abbiamo proposto a maggio, tutti si sono stracciati le vesti, attaccandomi con una violenza inaudita da tutti i fronti: politico, mediatico e scientifico”. E siamo al punto di partenza, ancora una volta, dopo tutti questi mesi: nonostante il ministro Boccia insista nel dire che il grado di collaborazione tra governo e Regioni è alto, continuiamo ad assistere al sovranismo del contagio, alla rivendicazione dell’uno contro l’altro come in una brutta operetta con tutti gli attori in commedia, con strali lanciati sui giornali piuttosto che nelle sedi opportune. Con la politica che diventa solo polemica. E mentre la polemica infiamma le diverse fazioni il virus gira, continua a girare.

Leggi anche: 1. Dopo i runner e i migranti, tocca alla discoteche: perché siamo sempre a caccia dell’untore? (di G. Cavalli) / 2. Il Governo decida: conta più la salute o il lavoro? (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

Le lezioni scolastiche? In discoteca

Il punto è sempre lo stesso: rifiutare la complessità, sempre, comunque, ostinarsi a banalizzare tutto, sempre, comunque, trovare particolari da rivendere come se fossero la fotografia del tutto e soprattutto, come nei peggiori trucchi, trovare un colpevole, sempre.

Il governo italiano si muove per serrare le discoteche. Il 16 agosto dell’anno 2020 della pandemia. Basterebbe scriverlo così per rendersi conto che c’è qualcosa di sbagliato se stiamo viaggiando su e giù per l’Italia (e per fortuna) in treno distanziati indossando la mascherina, c’è qualcosa di sbagliato se il teatro e lo spettacolo dal vivo continuano a essere pericolosamente claudicanti, quasi morti, c’è qualcosa di sbagliato se gli infermieri e i medici continuano a chiederci di ascoltarli e nel frattempo nelle discoteche italiane ci si può sudare addosso con la mascherina sotto il mento.

Perché i controlli in questa estate italiana non ci sono stati. Meglio: sono stati pochi. Infinitamente pochi se si pensa che siamo quello stesso Paese che qualche mese fa andava alla ricerca dei corridori solitari sulla spiaggia con tanto di drone e di esercito. Ma ve lo ricordate?

No, purtroppo siamo il Paese con il ricordo breve, corto, spesso distorto. E così il periodo del lockdown è diventato carne fresca per i complottisti ma ha perso tutta la sua eredità sociale e sentimentale. È tutto passato, non c’è più niente anzi forse non è mai esistito: il discorso Covid l’abbiamo chiuso così, come i bambini che strizzano gli occhi sperando di riaprirli e non c’è più la paura.

E mentre il governo richiude le discoteche (e ci dirà che è colpa “solo” delle discoteche, secondo la stessa logica di banalizzazione che ci ha portato a mirare coloro che portavano in giro il cane) ora si può ricominciare a sentirsi tranquilli. Chiuse le discoteche e tutto a posto.

Nel frattempo, tra le persone da ascoltare, ci sono i dirigenti scolastici che mi scrivono di avere rinunciato alle vacanze per girare classe per classe con il metro in mano, di avere provato a progettare la didattica integrata e di avere passato mesi a rispondere ai “monitoraggi urgenti” richiesti dal governo che dovevano essere pronti per il giorno successivo. Lo so, non se ne legge in giro, già. Eppure la riapertura della scuola è in imbarazzante ritardo e tra poco scoppierà il bubbone, appena si finisce questa risibile polemica sulle discoteche. E via così.

A pensarci bene i nostri ragazzi potrebbero studiare in discoteca, senza sudare, senza ballare. No?

Buon lunedì.

Commenti

commenti

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Il punto politico non è la barca ma gli amici degli amici

Lo scrive il Corriere della Sera molto chiaramente:

Il vero problema di Formigoni, infatti, non si chiama «Ad Maiora», lo yacht di Daccò che notoriamente ha ospitato spesso tra tanti amici anche il governatore senza che questi concorresse mai alle spese: questo (al pari degli aerei e delle ville) resta un problema serio di opportunità, che sinora non pare però essere stato molto avvertito dal governatore.

No, il vero problema di Formigoni si chiama «Ojala»: è un’altra barca di Daccò, ma la differenza è che in questo caso è come se Daccò nel 2007 avesse dato 144 mila euro a Formigoni attraverso l’affitto gratuito e l’utilizzo esclusivo di questa barca per quattro mesi. Talmente gratuito ed esclusivo che, essendo la barca totalmente a disposizione di Formigoni e del suo amico Perego senza la presenza a bordo del proprietario Daccò, la società austriaca di Daccò che possedeva la nave si preoccupò di fabbricare apparenti contratti di noleggio da parte di Perego: cioè documentazione che, in caso di controlli in mare, potesse giustificare Formigoni e Perego sulla barca e non li facesse passare per dei «pirati» che l’avevano rubata.

La rogatoria svizzera
Galeotta per Formigoni è stata una rogatoria inoltrata dalla Procura di Milano alle autorità svizzere, che in risposta hanno spedito in Italia anche alcuni contratti che uno dei collaboratori di Daccò, Giuseppe Danzi, aveva inviato a Giancarlo Grenci, il fiduciario elvetico di Daccò, per conto del quale gestiva la società austriaca «M.T.B».

I contratti riguardano l’apparente noleggio dell’imbarcazione «Ojala» nell’estate 2007 tra la titolare della barca, appunto la «M.T.B.» di Daccò, e Perego, un commercialista con società a Torino, come Formigoni aderente ai «Memores Domini» (comunità laicale cara a Comunione e Liberazione), in primo grado nel 2011 condannato a 4 mesi (pena sospesa) per falsa testimonianza per aver negato ai pm la invece documentata paternità di un conto bancario svizzero nell’inchiesta «Oil for Food» sul rappresentante personale di Formigoni in Iraq, quel Marco Mazarino De Petro la cui condanna in primo grado per corruzione internazionale si era prescritta in appello.

Contratti per coprire
Il problema di quei contratti di apparente noleggio della barca è che sono fittizi. Come ammette anche Daccò: «Sono contratti mai eseguiti, nel senso che non è mai stato pagato il corrispettivo previsto dai contratti».

La loro ragione stava nel fatto che, «dovendo ospitare Formigoni e Perego per alcune settimane, il mio fiduciario mi ha consigliato di stipulare contratti di questo tipo in modo che in caso di controlli da parte delle autorità, Formigoni e Perego potessero giustificare l’utilizzo della barca».

Questa copertura aveva cioè senso soltanto se i cosiddetti ospiti navigavano sulla barca da soli, cioè senza che a bordo ci fosse mai anche il proprietario Daccò (che negli altri casi, come per la barca «Ad Maiora», poteva invece sostenere di essere molto generoso e di ospitare a proprie spese gli amici).

Daccò conviene con i pubblici ministeri sul fatto che «la reale motivazione» di quei contratti è che si trattava appunto di «documenti pro forma per coprire gli utilizzatori della barca: «Effettivamente sì, sono contratti necessari a giustificare l’utilizzo dell’imbarcazione per quattro mesi da parte di Formigoni e Perego in via esclusiva e comunque senza la mia presenza in luglio, agosto, settembre e ottobre del 2007». E qui c’è il problema dei soldi: perché «non è stato pagato alcun corrispettivo per l’utilizzo dell’imbarcazione, nonostante nei contratti fosse previsto un corrispettivo di 36 mila euro al mese a carico di Perego».

Dunque Daccò in questo modo ha dato a Formigoni e Perego l’equivalente di 144 mila euro sotto forma di barca «Ojala»: non è bello, ed è anche pericoloso se si pone memoria al fatto che l’anno scorso il sindaco di un grosso comune dell’hinterland milanese è stato arrestato per aver ricevuto in uso gratuito per qualche tempo una Ferrari. Peraltro per un controvalore di «solo» 20mila euro in 40 giorni.

«Sapeva cosa facevo in Regione»
«Formigoni sapeva che svolgevo l’attività di intermediario nel settore della sanità in Regione» dove dal 1978 «sono accreditato, nel senso che rappresento grandi realtà ospedaliere» come via via negli anni «il Fatebenefratelli, la Fondazione Maugeri, il gruppo Ligresti in occasione dell’incidente alla Camera iperbarica», ma – assicura Pierangelo Daccò – «non ho mai parlato con Formigoni di queste questioni. Ovviamente, negli anni ho sfruttato la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi di fronte ai miei clienti».

Il presidente della Regione Lombardia usato dal suo amico come specchietto delle allodole per gli affari del suo amico: non è lusinghiero lo spaccato del Formigoni-uomo di governo che Daccò restituisce ai pubblici ministeri, pur palesemente tutto preso a difendere il presidente da ogni ombra.

Lo scrivevo ieri e lo sottoscrivo oggi: il problema di Formigoni non è recuperare gli scontrini ma prendere coscienza che questo suo ventennale insediamento ha piantato una rete antisociale di rapporti che stendono un’ombra sulle decisioni politiche lasciando l’eterno dubbio di non essere semplicemente figlie di posizioni e programmi. Alcuni recenti casi (Nicoli Cristiani con la cava di Cappella Cantone o Massimo Ponzoni con il piano di governo del territorio della città di Desio, per fare alcuni esempi) hanno evidenziato come essere vicino alle persone che contano sembra facilitare iter amministrativi. Insomma Formigoni è un “amico degli amici” in senso più ampio. Per Daccò varrebbe la famosa frase di Buscetta quando disse che amico degli amici è uno che può esternare di essere vicino alla gente che conta.
E per dissipare questa selva di ombre non servono (e non bastano) gli scontrini.

20120527-163907.jpg

La bugia a vela di Formigoni

La vicenda delle vacanze di Formigoni mi ha sempre entusiasmato molto poco. Mi annoiano generalmente le polemiche che gocciolano su vicende molto notiziabili mentre trascurano il punto politico: Formigoni è il Presidente eletto con firme false, Formigoni (e l’Aprea) stanno distruggendo la scuola pubblica, Formigoni è l’uomo spaventoso che emergeva già ai tempi di Oil for food, Formigoni ha devastato (devastato, sì) il suolo con un consumo dissennato e affaristico, Formigoni continua sistematicamente a privatizzare i servizi e lottizzare la sanità. Insomma, ho sempre prensato che il tema politico su Formigoni e Regione Lombardia sia grande come una casa e molto più ampio degli scontrini delle sue vacanze. Ma la dichiarazione di Daccò che si legge stamattina su Repubblica ha un senso anche politico:

MILANO – “Da anni, da giugno a settembre lo yacht Ad Maiora è a disposizione di Formigoni… Il presidente è stato mio ospite per tre capodanni ai Caraibi, non mi ha restituito nulla…”. Arriva dal carcere di Opera la risposta alla domanda che Repubblica pone da tempo a Roberto Formigoni su chi gli abbia pagato le recenti, lussuose vacanze. Arriva dal verbale rilasciato sabato scorso da Pierangelo Daccò, il lobbista-consulente-faccendiere, detenuto dal 15 novembre.

LA VERITÀ DEL MARINAIO
Non è raro che a bucare le versioni più blindate siano i dettagli. In questo caso è il marinaio responsabile dello yacht dal simbolico nome “Ad Maiora” a permettere ai pubblici ministeri un salto di qualità: “Tutte le estati, da giugno a settembre – questo si legge in sintesi sul verbale – lo yacht era messo nella disponibilità esclusiva del presidente della Regione Lombardia. Daccò usava l’altra barca, riservando “Ad Maiora” a Roberto Formigoni”.

A STAGIONE COSTA 50MILA EURO
Quando il procuratore aggiunto Francesco Greco e i suoi sostituti mettono questa verità portuale (e non politica) sotto gli occhi del milionario detenuto, Daccò reagisce. È ritenuto il perno delle inchieste nate sul crac dell’ospedale San Raffaele e sul dissanguamento dei conti della fondazione Maugeri. Cerca di trovare le parole giuste: “Non si può definire come un’esclusiva, perché qualche volta m’imbarcavo anch’io. Però effettivamente ogni anno, da diversi anni, da giugno a settembre “Ad Maiora” è a disposizione di Formigoni”. 

In Liguria, in Sardegna, per i week end, e con la mania del presidente per il fax, che costringe a deviazioni di rotta, in modo da poter ricevere e trasmettere ritagli di giornali e documenti. La barca costa, quanto?, domandano i magistrati. “I costi oscillano tra i 30mila e i 50mila euro a stagione”, è la risposta.

Contributi, divisione spese? Zero. Sa o no Roberto Formigoni che Eurosat Telecommunication Ltd, la società irlandese di Daccò, ha pagato quasi 150mila euro di costi vivi dello yacht “Ad Maiora”, escluse le spese del personale, che comprendono stipendio e carta di credito per le spese quotidiane? “Formigoni era mio ospite, non mi ha mai restituito nulla”, ammette Daccò. Tanti parlano di “amicizia”, in questa storia, e non di favori, benefici, regali di varia natura. Nemmeno parlano di lobby, anche se “Ricordo che Daccò mi disse che era opportuno continuare ad avere la disponibilità della barca perché – si legge nel verbale del “socio” di Daccò, l’ex assessore dc Antonio Simone – poteva servire per le pubbliche relazioni”.

Roberto Formigoni è un bugiardo. Ed è un bugiardo che è andato a sbriciolarsi sul caso di una barca al mare come un adolescente con i pantaloni abbassati in cameretta che nega all’infinito perché non ha più il senso della realtà, ha perso la responsabilità di dare delle risposte e si è arroccato come si arroccano quelli che sanno benissimo di non potere dare troppe spiegazioni su troppi punti.

Forse il governatore non si rende conto che essere smentiti da un faccendiere in carcere (e il suo marinaio) lascia un senso di desolazione generale peggiore del Trota o della Minetti su Regione Lombardia perché svela la bugia sistematica accettata come strumento di potere e di comunicazione con gli elettori, racconta di luoghi non istituzionali che puzzano di decisioni politiche prese “fuori scena” successivamente giustificate e travestite in Consiglio e Giunta e illumina uno stile completamente scollegato dai cittadini. Poi ci viene a dare lezioni sull’antipolitica. Lui.

 

Ah, ecco dov’erano tutti

Ce lo dice Repubblica: la responsabile dello Sport al Pirellone, Monica Rizzi, del Carroccio, ha praticamente rubato il posto alle tradizionali madrine al giro della Padania. L’assessore regionale alla Case, Domenico Zambetti, invece, ha passato gran parte delle sue ferie a organizzare un vero e proprio botto. Sabato pomeriggio farà saltare in aria con la dinamite due torri ormai fatiscenti del quartiere delle Rose a Pieve Emanuele da anni abbandonate e ricettacolo di sporcizia, rifiuti e degrado. Un campione della categoria può essere considerato senz’altro il Massimo Zanello (Lega). L’ex assessore lombardo alla Cultura, oggi sottosegretario di Formigoni al Cinema (carica istituita apposta per lui, visto che alle ultime elezioni del 2010 non era riuscito a farsi rieleggere), si è trasferito armi e bagagli in Laguna «per rappresentare la Lombardia» alla 68° mostra d’Arte cinematografica di Venezia. Tra divi e star internazionali Zanello si è distinto, fra l’altro, per aver partecipato a un convegno sul cinema digitale. A un incontro su «Cinema: la sfida dei mercati esteri». Alla conferenza stampa di presentazione dell’ottava edizione del concorso per giovani videomakers Movie&Co. A un convegno su cinema e territorio allo spazio conferenze dell’Excelsior al Lido. Non prima di essere stato il protagonista di un talk show in occasione della manifestazione Varese Cinema. Ogni volta con tanto di nota ufficiale diffusa da Lombardia notizie, l’agenzia ufficiale della Regione. Del resto, i lavori della giunta possono attendere visto che non sarà convocata prima della prossima settimana. Noi martedì siamo al nostro posto. A costo di essere sul marciapiede del Consiglio.