Vibo: il funerale del boss Carmelo Lo Bianco è privato. Ma il consenso è pubblico.
Si sono svolti all’alba, in forma strettamente privata, con la sola partecipazione dei congiunti più stretti e il divieto di cortei con autovetture o persone, i funerali di Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”, deceduto venerdì sera all’età di 71 anni nell’ospedale di Catanzaro dove si trovava ricoverato da qualche settimana per problemi cardiaci. A seguire il corteo dei soli familiari del boss, i poliziotti della Questura di Vibo chiamati a garantire l’ordine e la sicurezza pubblica così come disposto dal questore di Vibo Valentia, Filippo Bonfiglio. Carmelo Lo Bianco stava scontando ai “domiciliari” per motivi di salute una condanna definitiva a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa rimediata nel processo nato dall’operazione “Nuova Alba” scattata nel febbraio 2007 contro la quasi totalità dei componenti del clan Lo Bianco, da oltre 30 anni egemoni nella città di Vibo Valentia.
Nel 2005, Carmelo Lo Bianco era finito anche nell’inchiesta “Ricatto” dell’allora pm della Procura di Vibo Valentia, Giuseppe Lombardo (oggi pm di punta della Dda di Reggio Calabria), e dell’allora comandante della Stazione di carabinieri di Vibo, Nazzareno Lopreiato. Carmelo Lo Bianco era accusato di concussione per aver chiesto ad un imprenditore di Pizzo Calabro, in concorso con un impiegato dell’Asp di Vibo, delle somme di denaro ed una barca in cambio dello sblocco delle liquidazioni per dei lavori effettuati in alcuni ospedali dell’Azienda sanitaria vibonese. Il Tribunale di Vibo nel 2009 riqualificò per Lo Bianco il reato di concussione in quello più grave di estorsione, disponendo la trasmissione degli atti alla Procura di Vibo affinchè esercitasse nuovamente l’azione penale. Trasferito però il pm Fabrizio Garofalo (nel frattempo subentrato al pm Giuseppe Lombardo nella titolarità del processo “Ricatto”), la Procura di Vibo non ha più esercitato l’azione penale nei confronti di Carmelo Lo Bianco, con il fascicolo lasciato a “dormire” in qualche cassetto della Procura.
Il preoccupante consenso sociale del boss a Vibo Valentia. Fanno discutere, invece, o almeno dovrebbero far discutere se a Vibo Valentia esistesse una società civile degna di tal nome, le esternazioni di diverse persone che – anche attraverso l’uso dei social network – alla notizia della morte di “Sicarro” si sono affrettate a rendere pubbliche le loro condoglianze per la scomparsa del boss, esaltandone le doti di “uomo di rispetto” con anto di “carisma” ed “educazione”. Eppure Carmelo Lo Bianco, alias “Sicarro”, oltre che del grave reato di aver diretto e promosso un’associazione mafiosa (cercando di mantenere ben ferme le distanze dal clan Mancuso di Limbadi), è stato riconosciuto colpevole di uno dei reati più odiosi che possa esistere: il sequestro di persona. O meglio: il riciclaggio di denaro proveniente da ben due sequestri di persona compiuti a metà anni ’80 in provincia di Reggio Calabria. Nonostante ciò, in molti non hanno inteso prendere le distanze dal personaggio, segno del consenso sociale di cui – purtroppo – godeva il boss in alcune fasce della popolazione, diretta conseguenza della deriva socio-culturale in cui da oltre 30 anni è sprofondata la città di Vibo Valentia, incapace di distinguere ciò che è bene da ciò che è male, complice soprattutto la quasi totale assenza di una classe politica locale che – specie negli ultimi anni – non ha trovato di meglio che spalancare le porte di partiti e movimenti pure ai mafiosi, arrivando addirittura a celebrare personalità politiche che con la mafia per anni hanno camminato “a braccetto”.
(di Giuseppe Baglivo, fonte)