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La lezione di Antonio

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Al di là delle analisi da cui oggi saremo ricoperti, l’intervista più politica di queste ore è quella ad Antonio Tassora. No, nessun candidato particolare e nemmeno un analista: Antonio ha 104 anni e ha votato alle elezioni amministrative del suo paese, Beverino, in provincia de La Spezia.

Una storia minima in un paese microscopico che contiene però tutto il cuore che sembra andato perso nelle metropoli italiane: dice Antonio che ha voluto votare perché «70 anni fa ho votato per la Repubblica e il voto è un diritto-dovere che io intendo esercitare fino a quando ne avrò le facoltà». E così, in un colpo solo, il vecchietto dà una lezione di democrazia a tutti quelli che hanno bisogno di nemici o rottamazioni per sentirsi vivi.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Ma i 180 milioni di euro che la Lega ha preso (e speso indebitamente) da Roma ladrona?

(Un pezzo di Francesco Giurato e Antonio Pitoni per Il Fatto Quotidiano)

Dalla Lega Lombarda alla Lega Nord, transitando dalla prima alla seconda repubblica a suon di miliardi (di lire) prima e milioni (di euro) poi generosamente elargiti dallo Stato. Dal 1988 al 2013sono finiti nelle casse del partito fondato da Umberto Bossi e oggi guidato da Matteo Salvini, dopo la parentesi di Roberto Maroni, 179 milioni 961 mila. L’equivalente di 348 miliardi 453 milioni 826 mila lire. Una cuccagna, sotto forma di finanziamento pubblico e rimborsi elettorali, durata oltre un quarto di secolo. Ma nonostante l’ingente flusso di denaro versato nei conti della Lega oggi il piatto piange. Ne sanno qualcosa i 71 dipendenti messi solo qualche mese fa gentilmente alla porta dal Carroccio. Sorte condivisa anche dai giornalisti de “La Padania”, storico organo ufficiale del partito, che ha chiuso i battenti a novembre dell’anno scorso non prima, però, di aver incassato oltre 60 milioni di euro in 17 anni. Insomma, almeno per ora, la crisi la pagano soprattutto i dipendenti. In attesa che la magistratura faccia piena luce anche su altre responsabilità. A cominciare da quelle relative allo scandalo della distrazione dei rimborsi elettorali, che l’ex amministratore della Lega Francesco Belsito avrebbe utilizzato in parte per acquistare diamanti, finanziare investimenti tra Cipro e la Tanzania  e per comprare, secondo l’accusa, perfino una laurea in Albania al figlio prediletto del Senatùr, Renzo Bossi, detto il Trota. Vicenda sulla quale pendono due procedimenti penali, uno a Milano e l’altro a Genova.

MANNA LOMBARDA Fondata nel 1982 da Umberto Bossi, è alle politiche del 1987 che la Lega Lombarda, precursore della Lega Nord, conquista i primi due seggi in Parlamento. E nel 1988, anno per altro di elezioni amministrative, inizia a beneficiare del finanziamento pubblico: 128 milioni di lire (66 mila euro). Un inizio soft prima del balzo oltre la soglia del miliardo già nel 1989, quando riesce a spedire anche due eurodeputati a Strasburgo: 1,03 miliardi del vecchio conio (536 mila euro) di cui 906 milioni proprio come rimborso per le spese elettorali sostenute per le elezioni europee. Somma che sale a 1,8 miliardi lire (962 mila euro) nel 1990, per poi scendere a 162 milioni (83 mila euro) nel 1991 alla vigilia di Mani Pulite. Nel 1992 la Lega Lombarda, diventata proprio in quell’anno Lega Nord, piazza in Parlamento una pattuglia di 55 deputati e 25 senatori. E il finanziamento pubblico lievita a 2,7 miliardi di lire (1,4 milioni di euro) prima di schizzare, l’anno successivo, a 7,1 miliardi (3,7 milioni di euro). Siamo nel 1993: sulla scia degli scandali di tangentopoli, con un referendum plebiscitario (il 90,3% dei consensi) gli italiani abrogano il finanziamento pubblico ai partiti. Che si adoperano immediatamente per aggirare il verdetto popolare, introducendo il nuovo meccanismo del fondo per le spese elettorale (1.600 lire per ogni cittadino italiano) da spartirsi in base ai voti ottenuti. Un sistema che resterà in vigore fino al 1997 e che consentirà alla Lega di incassare 11,8 miliardi di lire (6,1 milioni di euro) nel 1994, anno di elezioni politiche che fruttano al Carroccio, grazie all’alleanza con Forza Italia, una pattuglia parlamentare di 117 deputati e 60 senatori. Nel 1995 entrano in cassa 3,7 miliardi (1,9 milioni di euro) e altri 10 miliardi (5,2 milioni di euro) nel 1996.

RIMBORSI D’ORO L’anno successivo, nuovo maquillage per il sistema di calcolo dei finanziamenti elettorali. Arriva «la contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici», che lascia ai contribuenti la possibilità di destinare il 4 per mille dell’Irpef(Imposta sul reddito delle persone fisiche) al finanziamento di partiti e movimenti politici fino ad un massimo di 110 miliardi di lire (56,8 milioni di euro). Non solo, per il 1997, una norma transitoria ingrossa forfetariamente a 160 miliardi di lire (82,6 milioni di euro) la torta per l’anno in corso. E, proprio per il ’97, per la Lega arrivano 14,8 miliardi di lire (7,6 milioni di euro) che scendono però a 10,6 (5,5 milioni di euro) iscritti a bilancio nel 1998. Un campanello d’allarme che suggerisce ai partiti l’ennesimoblitz normativo che, puntualmente, arriva nel 1999: via il 4 per mille, arrivano i rimborsi elettorali (che entreranno in vigore dal 2001). In pratica, il totale ripristino del vecchio finanziamento pubblico abolito dal referendum del 1993 sotto mentite spoglie: contributo fisso di 4.000 lire per abitante e ben 5 diversi fondi (per le elezioni della Camera, del Senato, del Parlamento Europeo, dei Consigli regionali, e per i referendum) ai quali i partiti potranno attingere. Con un paletto: l’erogazione si interrompe in caso di fine anticipata della legislatura.

ELEZIONI, CHE CUCCAGNA Intanto, sempre nel 1999, per la Lega arriva un assegno da 7,6 miliardi di lire (3,9 milioni di euro), cui se ne aggiungono altri due da 8,7 miliardi (4,5 milioni di euro) nel 2000 e nel 2001. E’ l’ultimo anno della lira che, dal 2002, lascia il posto all’euro. E, come per effetto dell’inflazione, il contributo pubblico si adegua alla nuova valuta: da 4.000 lire a 5 euro, un euro per ogni voto ottenuto per ogni anno di legislatura, da corrispondere in 5 rate annuali. E per la Lega, tornata di nuovo al governo nel 2001, è un’escalation senza sosta: 3,6 milioni di euro nel 2002, 4,2 nel 2003, 6,5 nel 2004 e 8,9 nel 2005. Una corsa che non si arresta nemmeno nel 2006, quando il centrodestra viene battuto alle politiche per la seconda volta dal centrosinistra guidato da Romano Prodi: nonostante la sconfitta, il Carroccio incassa 9,5 milioni e altri 9,6 nel 2007. Niente a confronto della cuccagna che inizierà nel 2008, quando nelle casse delle camicie verdi finiscono la bellezza di 17,1 milioni di euro.

CARROCCIO AL VERDE E’ l’effetto moltiplicatore di un decreto voluto dal governo Berlusconi in base al quale l’erogazione dei rimborsi elettorali è dovuta per tutti i 5 anni di legislatura, anche in caso discioglimento anticipato delle Camere. Proprio a partire dal 2008, quindi, i partiti iniziano a percepire un doppio rimborso, incassando contemporaneamente i ratei annuali della XV e della XVI legislatura. Nel 2009 il partito di Bossi sale così a 18,4 milioni per toccare il record storico con i 22,5 milioni del 2010. Anno in cui, sempre il governo Berlusconi, abrogherà il precedente decreto ponendo fine allo scandalo del doppio rimborso. E anche i conti della Lega ne risentiranno: 17,6 milioni nel 2011. La cuccagna finisce nel 2012 quando il governo Monti taglia il fondo per i rimborsi elettorali del 50%. Poi la spallata finale inferta dall’esecutivo di Enrico Letta che fissa al 2017 l’ultimo anno di erogazione dei rimborsi elettorali prima della definitiva scomparsa. Per il Carroccio c’è ancora tempo per incassare 8,8 milioni nel 2012 e 6,5 nel 2013. Mentre “La Padania” chiude i battenti e i dipendenti finiscono in cassa integrazione.

FINANZIAMENTI E RIMBORSI ELETTORALI ALLA LEGA NORD

(1988-2013)

1988 € 66.249,25 (128.276.429 lire)
1989 € 536.646,25 (1.039.092.041 lire)
1990 € 962.919,55 (1.864.472.246 lire)
1991 € 83.903,87 (162.460.547 lire)
1992 € 1.416.991,83 (2.743.678.776 lire)
1993 € 3.707.939,87 (7.179.572.723 lire)
1994 € 6.125.180,49 (11.860.003.225 lire)
1995 € 1.915.697,39 (3.709.307.393 lire)
1996 € 5.207.659,00 (10.083.433.932 lire)
1997 € 7.648.834,36 (14.810.208.519 lire)
1998 € 5.518.448,11 (10.685.205.533 lire)
1999 € 3.947.619,62 (7.643.657.442 lire)
2000 € 4.539.118,41 (8.788.958.807 lire)
2001 € 4.511.422,19 (8.735.332.610)
2002 € 3.693.849,60
2003 € 4.284.061,62
2004 € 6.515.891,41
2005 € 8.918.628,37
2006 € 9.533.054,95
2007 € 9.605.470,43
2008 € 17.184.833,91
2009 € 18.498.092,86
2010 € 22.506.486.93
2011 € 17.613.520,09
2012 € 8.884.218,85
2013 € 6.534.643,57

TOTALE 179.961.382,78

Elezioni: la differenza tra Renzi e Tsipras

E’ interessante la lettera che Lucia Annunziata, direttrice dell’Huffington italiano, scrive a Matteo Renzi:

Caro Presidente del Consiglio, leggendo di Tsipras, in queste ultime ore, ha provato qualcosa, una increspatura, un sobbalzo, un filo, anche solo un filo, di nostalgia? Nostalgia per quello che avrebbe potuto essere e non è stato?

Alexis Tsipras ha preso le decisioni che lei avrebbe potuto (e forse dovuto) prendere alcuni mesi fa. Sì, parlo di elezioni, di quelle che avrebbe dovuto (e potuto) chiedereappena eletto segretario del Pd, e che invece preferì dimenticare a favore di un passaggio di mano da nominato a nominato a Palazzo Chigi. E sì, lo so, è molto impopolare ricordargli di quelle elezioni mancate: a chi fin da allora le chiedeva di andare alle urne in rispetto del suo impegno con gli elettori, i suoi fan rispondevano con tracotanza, in giro per trasmissioni tv: “In sei mesi avrà fatto tante cose per questo paese che nessuno si ricorderà nemmeno più come è arrivato a Palazzo Chigi”.

Invece le elezioni – come dimostra la abilità con cui le manovra Alexis Tsipras – sono la migliore arma di rapporto con il popolo, e la loro efficacia sminuisce a strumenti vicari anche tv, web, twitter e tutti i media insieme. Cosi, oggi, sulla scorta di quel che è successo in Grecia, si potrebbe immaginare quanto diverso sarebbe stato il suo (e nostro) itinerario politico, e quanto più solido.

Continua qui.

 

Votare tutti

Persone con disabilità, persone con gravissime infermità. Per i residenti a Milano le informazioni sono qui.

Perché l’attenzione ai diritti è un dovere. Davvero.

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#preferenzepulite si riparte per un’ecologia del voto

Addiopizzostickerconsenso-300x225La nostra campagna #preferenzepulite lanciata da me e Pippo Civati per le scorse amministrative aveva fatto discutere, analizzare e ottenere risultati inaspettati (ad esempio qui e qui).

Scrivevamo:

Nelle ultime elezioni amministrative la criminalità organizzata ha avuto gioco facile nell’eleggere un consigliere all’interno delle istituzioni a cui fare riferimento e su cui esercitare le proprie pressioni. I dati elettorali degli ultimi anni indicano chiaramente come bastino qualche decina di voti per entrare nei consigli comunali di città importanti per dimensione, posizione e attività sul territorio. Ne parla spesso anche Nando Dalla Chiesa nel suo decalogo antimafia e le ultime operazioni contro le mafie (anche in Lombardia) hanno stilato l’elenco dei nomi e dei cognomi.

Se ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra utilizzano lo strumento del voto di preferenza meglio e più consapevoli della stragrande parte degli elettori il problema non è solo politico: è un problema di cittadinanza praticata troppo poco. Se le mafie dimostrano di conoscere gli strumenti democratici e di utilizzarli a proprio vantaggio significa che anche su questo punto noi dobbiamo provare ad essere più vivi. Il “porcellum mafioso” è garantito dagli argini troppo bassi.

Per questo chiediamo in questi ultimi giorni di campagna elettorale che i candidati sindaci, la stampa, i partiti, la rete e la società civile alzino la voce sull’uso responsabile della preferenza da esprimere nel seggio. Indicare un cognome di cui fidarsi e a cui affidarsi non è solo il modo per non delegare solo alla coalizione l’attenzione per i punti di programma e avere una persona di riferimento; dare il voto di preferenza significa alzare l’argine contro le mafie per rendere più difficile la loro gestione del consenso.

Votate. E date una preferenza.

Su twitter #preferenzepulite

Giulio Cavalli e Pippo Civati

In Lombardia dove l’assessore Zambetti alle ultime elezioni del 2010 ha comprato voti dalla ‘ndrangheta forse è il caso di ripartire subito. Insieme. Davvero.

Io non posso votare. Eppure l’Italia sono anch’io.

In Italia il suffragio è davvero universale? No, il 5,3% della popolazione non può votare!

Il prossimo 6 e 7 maggio si voterà in oltre mille comuni italiani. Di questi 28 sono capoluoghi di provincia e 4 anche capoluoghi di Regione. In totale, comprendendo i comuni delle regioni a statuto speciale, saranno chiamati al voto più di 9 milioni di elettori. Considerando solo i comuni maggiori, una percentuale in taluni casi superiore al 10% di potenziali elettori (per esempio a Como, Parma, Verona e Piacenza, dove si arriva addirittura al 14,4%) verrà esclusa dal voto perché non in possesso della cittadinanza italiana. Si tratta di cittadini di origine straniera non comunitari, residenti regolarmente in quei comuni spesso da anni, del tutto integrati nella vita della comunità in cui vivono, studiano e lavorano e che tuttavia si vedono interdetta la possibilità di partecipare alla scelta di chi dovrà amministrarli. Nei comuni capoluoghi che andranno al voto, solo 4024 persone, l’1,5% del totale degli stranieri residenti in quelle città, ha infatti ottenuto la cittadinanza nel 2010 e potrà partecipare alla consultazione. Una percentuale limitatissima, dovuta alle difficoltà di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti dalla legislazione attuale.

In totale, ad oggi, ben il 5,3% della popolazione residente non può votare. Per rendere visibile questa situazione, la Campagna l’Italia sono anch’io distribuirà, nei comuni interessati dalla consultazione, un adesivo con la frase ‘Io non posso votare’.

Per superare questa palese ingiustizia, più di 100mila cittadine e cittadini italiani hanno sottoscritto le proposte di legge di iniziativa popolare presentate dalla Campagna l’Italia sono anch’io, una sulla cittadinanza e l’altra per introdurre il diritto di voto alle consultazioni amministrative senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità.

Il testo che la Campagna ha adottato è stato elaborato dall’Anci nel 2005 e mette in atto un principio contenuto nella convenzione di Strasburgo del 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale. Il nostro Paese non ha mai ratificato la lettera C della Convenzione, che riguarda proprio il diritto di voto. La proposta di legge prevede invece che sia garantito il diritto all’elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali, provinciali e regionali anche a chi non sia cittadino italiano dopo cinque anni di regolare soggiorno in Italia.

La Campagna l’Italia sono anch’io, alla vigilia dell’importante consultazione amministrativa, ribadisce la necessità di approvare al più presto una normativa che assicuri questo fondamentale diritto anche a chi oggi ne è escluso. A supporto della proposta, una serie di dati (in allegato) che dimostrano quanto ampia sia la percentuale di esclusi soprattutto in alcune città, tanto da mettere in dubbio l’effettiva attuazione del principio del ‘suffragio universale’ previsto dalla nostra Costituzione.

Ricordiamo che L’Italia sono anch’io è stata promossa, nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, da 19 organizzazioni della società civile (Acli, Arci, Asgi, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cnca, Comitato 1° Marzo, Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, Emmaus Italia, Fcei, Fondazione Migrantes, Libera, Lunaria, Il Razzismo Brutta Storia, Rete G2, Sei Ugl, Tavola della Pace, Terra del Fuoco) col sostegno dell’editore Carlo Feltrinelli. Presidente del comitato promotore è il sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci Graziano Delrio.

Qui di seguito vi alleghiamo un documento con i dati raccolti dal comitato nazionale della Campagna“L’Italia sono anch’io” che delinea un quadro generale sulla situazione attuale dei cittadini stranieri non comunitari che non hanno ancora acquisito il diritto di voto amministrativo e sui bambini figli dell’immigrazione che avrebbero diritto all’acquisizione della cittadinanza italiana.

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