«È ora di raccontare storie e vicende che si trovano in molti atti processuali»
«Mi sono stancato di sentir parlare di propositi antimafia; è ora di fare i nomi, i cognomi e soprattutto sottolineare gli infami». Ci saranno le storie eccezionali di persone normali, che per scelta o per forza si ritrovano ad essere meno comuni di altre; ci saranno soprattutto i nomi e i cognomi di chi ha scelto di non piegarsi agli uomini d’onore, «perché l’onore quello vero è tutta un’altra cosa»; ci saranno anche loro, gli «infami». A chiamarli, uno per uno, dal palco del circolo Montecitorio di via dei Campi Sportivi a Roma, domani sera (alle 20), Giulio Cavalli, autore e drammaturgo lodigiano per l’evento-spettacolo Nomi, cognomi e infami, con la musica in scena di Davide Savarè. L’occasione è la tavola rotonda sul tema “Informazione, cittadinanza e legalità”. Tra i relatori, anche Andrea Purgatori, giornalista e autore per il cinema e la televisione, Sergio Nazzaro, giornalista e scrittore (autore di Io per fortuna c’ho la camorra), coordinati da Michele Meazza, vice direttore di Rai International. Don Peppe Diana, i magistrati Bruno Caccia e Paolo Borsellino, le storie di Piera Aiello e quella di Rita Atria, la vicenda di Giuseppe Fava riletta attraverso gli occhi del figlio Claudio; tanti i volti silenziosi a cui ha dato voce Giulio Cavalli, in questo ultimo anno di attività, con una serie di monologhi portati in giro per l’Italia. Saranno questi testi, riadattati per l’occasione, ad animare il palco del circolo Montecitorio, come luogo simbolo della politica, «perché è ora di giustificare la propria posizione facendo dei nomi che ci sono, che sono sugli atti processuali, che sono la testimonianza di una politica coinvolta tutta nella vicenda, cercando una volta per tutte di svestire i discorsi sulla mafia di quella forma che crea tantissimi eroi e che fondamentalmente fa pochissimo male a loro, agli uomini d’onore».Il grido d’allarme, è chiaro. Gli infami non sono solo loro, gli uomini “d’onore” o “disonore” sbeffeggiati da Giulio Cavalli. «Gli infami, nella storia di Bruno Caccia, magistrato ucciso a Torino, sono nella Procura in cui stavano soci in affari dei mandati del suo omicidio». Nella sua, di storia, primo attore sotto scorta d’Italia, l’infamia è un’arma sottile, «che ha una modalità mafiosa, lavora nella delazione ed è identica a quella di camorra, mafia e ‘ndrangheta solo che avviene negli aperitivi post consiglio comunale – spiega lui -; c’è una storia esterna, che è un puzzle che si compone di tutto ciò che è pubblico, e c’è una storia privata, che invece ha dentro zone grigie, persone scorrette, detrattori di professione che forse un giorno, per raggiungere la catarsi, renderò pubblici». “Milano e la memoria” saranno invece al centro della rassegna di reading, teatro e musica del prossimo sabato. Tra i partecipanti anche Giulio Cavalli, sul palco (a partire dalle 11) nella biblioteca nazionale braidense di via Brera, insieme a Daniele Biacchessi e Gaetano Liguori con «Le mani sulla città».
Rossella Mungiello