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Certo non è facile stilare delle liste con una legge elettorale indecente e con un taglio dei parlamentari che spaventa tutti. Enrico Letta però aveva promesso candidature innovative e “apertura alla società civile” e quello che ne è venuto fuori è una mediazione che ha i contorni del pasticcio.
Negli ultimi giorni il segretario del Partito democratico si è sfiancato per spiegare – giustamente – che con il Rosatellum non esistono coalizioni ma esistono solo “alleanze elettorali”: ogni lista ha il suo programma, il suo capo politico e gestisce le proprie candidature.
Il pasticcio delle liste Pd
La cosiddetta “generosità” di Letta però rischia di essere un boomerang per la tenuta del suo partito e indica che no, che non sarà questa la legislatura in cui il Pd riesce contemporaneamente a scrollarsi di dosso il suo passato renziano e liberarsi dell’insopportabile perso del suo apparato.
Sui renziani rimasti nel Pd per sabotarlo e che oggi si lamentano di essere stati esclusi basta un semplice dato: Base Riformista, la corrente nel Pd legata all’ex segretario fiorentino, non ha votato le liste durante la direzione nazionale.
Non è un dato da poco perché lì dentro c’è Luca Lotti (che ora si lamenta dicendo di avere “tenuto insieme il partito” e proditoriamente dimenticando di essersi autosospeso) ma c’è anche l’attuale ministro Lorenzo Guerini che si può tranquillamente accomodare come capolista con il seggio assicurato.
Se è vero che gli ultrà renziani potrebbero scannarsi meno e candidare nella propria lista i “competentissimi” per cui strepitano in queste ore (non sarebbe meglio Ceccanti candidato nella lista di Renzi e Calenda al posto di Gelmini? Sarebbe meglio per tutti, no?), è altresì vero che rivenderci Casini come “difensore della Costituzione” è una truffa: come può credere Letta che attivisti e elettori non osteggino la candidatura dell’ex amico di Cuffaro che entrerà nel Gruppo misto un secondo dopo essere entrato in Parlamento?
Come si racconta ai propri elettori di volere i diritti per le coppie gay candidando TeoDem che sono contrari al programma che sottoscrivono per garantirsi un posto? Qui non si tratta di alleanza, si tratta di posti nella propria lista.
La candidatura di Casini e Lorenzin e l’esclusione di Cirinnà sono, piaccia o meno, un segnale politico. Se a questo ci aggiungete che Cirinnà (come altri) dichiara di non accettare la candidatura in un seggio uninominale – salvo però poi ripensarci – parlando di “territori inidonei ai suoi temi” come se la politica non fosse una battaglia per il voto ma semplicemente un posizionamento di potere allora verrebbe da chiedersi cosa accadrebbe nel caso di una legge elettorale con le preferenze.
Perché, dobbiamo ammetterlo, l’apparato del Partito democratico (che è un maschio avanti con l’età, bianco e borghese) con una legge elettorale decente farebbe fatica a farsi eleggere amministratore di condominio.
Tutto e il contrario di tutto
Questa scena di politici che vorrebbero il seggio sicuro senza dover fare campagna elettorale, semplicemente in nome di una vicinanza a questo o quel segretario, è un ulteriore colpo alla credibilità e l’ennesimo assist all’astensionismo. Fingono di non saperlo ma lo sanno benissimo.
I “diritti e giovani come bandiera” non funzionano se non vengono messi in pratica. Cacciare gli ex renziani per fare liste innovative, spostate a sinistra, con nuove idee e con nuovi talenti e con persone che vengono dai territori sarebbe stato lo scatto necessario.
Il Pd è ancora la riserva degli ex Pci e ex Dc che si fanno la guerra. Il solito peccato originale. E se qualcuno cerca un po’ di coerenza si ritrova le due ex segretarie di Cgil e Cisl (così diverse da loro) compagne di partito. Sicuri che funzioni?
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