C’è un testimone di giustizia che ha perso 14 chili in 15 giorni per uno sciopero della fame, con intorno il silenzio di quasi tutti per chiedere che sia rispettata la legge e chiedere spiegazioni sulle gravi e molteplici anomalie verificatesi mentre si trovava sotto protezione. Angelo Niceta è un ex importante imprenditore tessile palermitano che nel 2013 cominciò a rendere spontaneamente dichiarazioni all’autorità giudiziaria di Palermo.
Il testimone di giustizia Angelo Niceta ha fatto il suo dovere. Ma le istituzioni l’hanno lasciato da solo
In seguito alle sue dichiarazioni, ravvisando un grave pericolo per l’incolumità di Angelo e dei suoi congiunti, la Procura di Palermo chiese, nelle persone degli allora pubblici ministeri Antonino Di Matteo e Pierangelo Padova, l’inserimento di Angelo e della sua famiglia nel programma speciali misure di protezione del Ministero dell’Interno riservato ai Testimoni di Giustizia e l’immediato trasferimento in località protetta.
Ma inspiegabilmente, quando già si trovava in località protetta, a Niceta venne comunicato, senza che mai fino ad oggi sia stata fornita la motivazione di questa decisione, che la Commissione Centrale del Ministero dell’Interno, allora presieduta dal sottosegretario Filippo Bubbico, lo aveva inserito nel programma di protezione come Collaboratore di Giustizia. Un pentito, insomma. Ritenendo offensiva questa scelta nel 2015 decise quindi di rinunciare al programma di protezione e di tornare a Palermo.
Nel frattempo continuò a rendere dichiarazioni. Nel giugno 2017 decise di iniziare uno sciopero della fame per chiedere il rispetto dei suoi diritti. In quei giorni vennero presentate tre interrogazioni parlamentari. Il 4 luglio del 2017 la Procura di Palermo chiese nuovamente, nelle persone dell’allora Procuratore della Repubblica Franco Lo Voi e dell’allora Procuratore Generale presso la Corte d’Appello Roberto Scarpinato, il programma di protezione per Angelo e la Famiglia nella qualità di Testimone di Giustizia.
Tale richiesta vedeva anche il parere favorevole della dottoressa Franca Imbergamo per la Procura Nazionale Antimafia. Il 12 luglio del 2017, dopo 43 giorni di sciopero della fame, Angelo venne nuovamente trasferito insieme ai suoi familiari (la moglie e i 4 figli) in località protetta, stavolta in qualità di Testimone di Giustizia. Ma la storia non finisce qui.
Angelo e la famiglia, pur vivendo in località protetta, contrariamente a quanto previsto dalla legge, vengono lasciati formalmente senza un programma di protezione, in uno status provvisorio che impedisce l’accesso ad alcuni diritti e prerogative riconosciuti ai Testimoni di Giustizia titolari di un programma di protezione.
Solo nella primavera del 2019, con due anni di ritardo, il programma venne approvato dalla Commissione Centrale del Ministero dell’Interno il programma. Nel frattempo per due volte nell’abitazione del figlio Enrico nel 2019 (e poi quest’anno) entrano degli estranei. Nel secondo episodio la casa viene vandalizzata e per terra vengono lasciati escrementi.
Oggi Niceta chiede allo Stato di rispettare le regole, visto che, nonostante l’esiguità del mensile rapportato ad un nucleo familiare di 6 persone, negli ultimi anni non gli sono stati effettuati regolarmente i rimborsi per le spese mediche e legate allo studio e per chiedere allo Stato risposte sulle troppe anomalie capitate negli ultimi anni a lui e alla sua famiglia.
Quando Niceta ha raccontato dei rapporti dei suoi famigliari con il boss Guttadauro, con l’ex sindaco Ciancimino e con Bernardo Provenzano l’hanno ascoltato e usato. Ora forse semplicemente non serve più.
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