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Torture nella questura di Verona: mele marce o sistema

Agli arresti, lo sappiamo, ci sono 5 poliziotti, accusati a vario titolo di tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto ed omissione di atti di ufficio e, infine, falso ideologico in atto pubblico. All’interno della questura di Verona essere stranieri o comunque fragili era la caratteristica fondamentale per prendersi botte, insulti e umiliazioni. I poliziotti si vantavano: nel delirio dell’abuso di potere ci si vanta di avere infilato la violenza nelle proprie funzioni.

L’assistente capo Michele Tubaldo e l’agente scelto Davide Cracco però erano già sotto indagine da mesi per un altro episodio. Risultavano iscritti nel registro degli indagati per tortura e lesioni per la denuncia presentata da tre cittadini nordafricani che li accusavano di averli pestati durante un controllo. La domanda che molti si pongono quindi è: perché la questora di quel tempo (Ivana Petricca) e il loro dirigente del reparto Volanti li hanno messi in condizioni di poter reiterare quel loro agire?

Non sono mele marce. Gli indagati nel reparto Volanti sono 22 su 104. Siamo ovviamente nelle fasi preliminari, ci sarà un processo che stabilirà le responsabilità. Ma 22 su 104 è un numero che rimanda a un “sistema” di violenza diffuso, inutile girarci intorno. Lo scrive con parole chiare la gip Livia Magri: “si deve prendere atto che la pluralità e la gravità dei reati contestati non rappresentano certamente episodi isolati di violenza od occasionali illeciti”. Nel corso delle intercettazioni c’è chi, come l’assistente capo Dario Fiore, invita i colleghi a essere più accorti limitando gli schiaffi “nei corridoi o nel tunnel come abbiamo sempre fatto”.

“Noi non facciamo i macellai!” si sfoga il poliziotto Giuseppe Tortora. Il primo passo per una reale consapevolezza sta nell’avere ben presente le proporzioni.

Buon giovedì.

 

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