Ricordate gli studenti nelle tende, l’agitazione all’interno del governo con la ministra all’Università Anna Maria Bernini che definiva “giuste” le proteste e prometteva interventi? Era maggio del 2023 e a settembre 2024 non è cambiato nulla.
Il trend dell’aumento degli affitti per gli studenti, una vera e propria emergenza abitativa, sta rapidamente erodendo le fondamenta del diritto allo studio, trasformando l’istruzione universitaria in un privilegio riservato a pochi anziché in un’opportunità accessibile a tutti.
Il caro affitti in cifre: una panoramica nazionale
Secondo i dati recentemente pubblicati dall’osservatorio del portale Immobiliare.it, il panorama delle locazioni studentesche in Italia sta subendo una metamorfosi drammatica. Le cifre parlano chiaro: Milano, Bologna e Roma, tradizionalmente considerate le mete universitarie per eccellenza, hanno registrato aumenti rispettivamente del 4%, 5% e 9% rispetto all’anno precedente. Gli incrementi si traducono in canoni mensili che raggiungono i 637 euro per una stanza singola a Milano, 506 euro a Bologna e 503 euro a Roma.
Tuttavia sarebbe un errore considerare questo fenomeno come circoscritto alle sole metropoli del centro-nord. L’ondata di rincari sta investendo l’intero territorio nazionale, colpendo anche le città del Meridione, tradizionalmente considerate più accessibili. Palermo ha visto un aumento dell’8%, con affitti che si attestano sui 282 euro mensili, mentre Bari ha registrato un incremento ancora più marcato dell’11%, arrivando a 357 euro. Persino Catania, nonostante rimanga tra le opzioni più economiche, ha subito un aumento del 3%.
L’incremento medio nazionale del 7% sui canoni di locazione, sia per stanze singole che doppie, si inserisce in un contesto di domanda in forte crescita, con un aumento del 27% nel 2024 rispetto all’anno precedente. Lo squilibrio tra domanda e offerta sta portando a una distorsione del mercato, con conseguenze particolarmente gravose per gli studenti fuorisede.
Come sottolineato da Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil, il problema investe circa 900.000 studenti fuorisede e le loro famiglie, costretti a confrontarsi con un’offerta concentrata principalmente nel settore privato. La scarsità di alloggi pubblici e di student housing, nettamente inferiore rispetto ad altri Paesi europei, acuisce ulteriormente il problema.
La gravità della situazione emerge con chiarezza se si considera che, a fronte di quasi 900mila studenti fuorisede (pari al 48% degli iscritti), i posti letto disponibili per il diritto allo studio sono appena 43.864, coprendo solo il 5% del fabbisogno. Questa carenza cronica di alloggi pubblici costringe la stragrande maggioranza degli studenti a ricorrere al mercato privato, esponendoli a costi sempre più insostenibili.
Proposte e richieste: alla ricerca di soluzioni concrete
Di fronte a questo scenario, emerge l’urgente necessità di un intervento strutturale e coordinato. Le proposte avanzate dal Sunia, in collaborazione con Cgil e Udu, puntano in primis all’aumento degli studentati pubblici: l’obiettivo è di aggiungere 60.000 nuovi posti letto ai 50.000 attuali, sfruttando i fondi del Pnrr. Parallelamente, si propone un ampliamento dell’offerta di alloggi a canoni concordati, legati alla disciplina della legge 431 del 1998, con incentivi fiscali mirati a favorire questa tipologia contrattuale.
Le richieste un anno dopo sono sempre le stesse: indirizzare in modo più efficace i fondi del PNRR verso il diritto allo studio. Si rende necessaria una programmazione di finanziamenti su scala pluriennale, accompagnata da un controllo più stringente sulle iniziative private, al fine di garantire una maggiore equità sociale nell’accesso all’abitazione studentesca. Le tende non sono mai state levate.
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